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Cari “Amici”, “Compagni”, “Condivisori di un pezzo di strada comune”,

Scrivo questa lettera indirizzata a tutti voi come se si trattasse di un ultimo, disperato, grido.
“Quello che più mi spaventa non è la scomparsa della sinistra dalle istituzioni ma lo sradicamento totale della cultura di sinistra dalla società”.
Ci stiamo incattivendo, la nostra anima sta diventando arida, lentamente stiamo perdendo il senso di essere uomini e non abbiamo più sogni collettivi da difendere; accettiamo le ingiustizie, le guerre, il razzismo come se fossero componenti normali della vita; stiamo morendo o forse siamo già morti?
Questa riflessione mi spinge oggi a scrivere a tutti voi cercando un confronto sincero.
Sono consapevole del fatto che la lettere è stata scritta di getto, quindi in alcune parti appare forse eccessivamente cruda,  chiedo scusa in anticipo se con le mie parole offendo la sensibilità di qualcuno e garantisco che non è mia intenzione attaccare e distruggere, il mio sogno oggi è costruire.
La fase storica e sociale che stiamo vivendo è caratterizzata da una esistenza in bilico fra un presente estremamente precario e incerto e un futuro buio, carico di nuvoloni e tempeste, il tutto è vissuto senza nemmeno più la consolazione dell’utopia che le grandi ideologie del secolo scorso concedevano agli individui.
La domanda che occorre porsi è la seguente: è possibile cambiare ancora le regole del gioco?
Fondamentalmente sento di rispondere in maniera positiva ma per fare in modo che questo avvenga occorre analizzare quali strumenti oggi abbiamo per incidere sul tessuto sociale che ci avvolge.
 Dopo il crollo del Comunismo la sinistra mondiale ha smarrito i propri punti di riferimento, ciò che prima veniva esaltato come “il paradiso in terra” si è mostrato carico di contraddizioni. Occorreva un nuovo orizzonte da inseguire, una nuova alba da fare brillare davanti agli occhi di noi tutti, invece ragnatele d’ombra sono scivolate sui nostri occhi oscurando la visuale, il caos ha dominato i nostri pensieri e ancora oggi non abbiamo la capacità di tracciare nuovi confini entro i quali identificarci e muoverci.
Parte della sinistra vedendo affondare il sogno del Comunismo mondiale balza sul carro dei vincitori, lentamente acquisiste l’idea che non esistono e non possono esistere modelli alternativi al liberismo economico, la rassegnazione al “non-cambiamento” si manifesta nelle alleanze, nel modo di pensare, nella maniera di procedere. La trasformazione del P.C.I. in P.D.S. e poi in D.S. e infine la fusione nel P.D. descrive meglio di ogni parola il lento processo che la sinistra italiana ha subito.
Non possiamo chiaramente negare l’esistenza di  forze  antagoniste che hanno mantenuto un legame con le grandi ideologie: i così detti “cespugli”, queste forze hanno però in seguito dimostrato che tale legame era più formale che sostanziale, ancora esistono dei sotto-cespugli che cercano di salvaguardare forma e sostanze ma per fare questo si barricano dietro prospettive ottocentesche e oramai superate, forze incapaci di offrire risposte concrete e moderne ai bisogni della gente. Realtà talmente spaventate dal futuro che vuole e può cancellarle che si rifugiano nel passato della propria identità, in particolare mi riferisco a realtà come il P.C.I.M.L.
Non tutto comunque è da buttare, dentro ogni organizzazione ci sono esseri umani, con la loro vita e le loro speranze, con il loro vissuto personale, è a queste persone che l’articolo si rivolge, non alle strutture ma alla gente che anima le strutture, perché dagli uomini occorre ripartire se si vuole ridare un senso alla politica e ricominciare.
A queste persone io chiedo: Cosa vuole dire essere di sinistra?
Iniziamo dal chiederci cosa vogliamo dal futuro, come desideriamo trasformare il nostro mondo. Già in questo primo punto tutti noi entriamo in confusione, la sinistra non ha più la capacità di proiettarsi nel domani, non ha progetti concreti da proporre agli elettori.
Non basta affermare un concetto scontato come il No al precariato, occorre innanzitutto spiegare tramite quale progetto politico si vuole invertire tale tendenza. Chi si presta a rappresentare i cittadini non può limitarsi ad esprimere solo opinioni, altrimenti succede quello che è successo a Rifondazione Comunista: il partito dell’allora segretario Bertinotti affronta una campagna elettorale sventolando la bandiera del pacifismo: “contro la guerra senza se e senza ma”, ma non appena i membri del partito si insediano nei palazzi del potere esprimono un voto favorevole al riarmo della missione militare in Afganistan. Questo è successo perché non esisteva nessun progetto alternativo ai rapporti bellici fra gli Stati, nessuna proposta concreta da portare avanti, nessuna strategia politica, solo un sogno, un piccolo e fragile sogno e che è morto prima ancora di nascere schiacciato dai rapporti globali fra gli Stati e dagli equilibri parlamentari.
La sinistra deve ricominciare a progettare e non può più prendersi il lusso di rilassarsi su facili e fragili opinioni intellettuali che lasciano il tempo che trovano appena dalle parole occorre passare ai fatti.
Cosa può fare oggi un cittadino di sinistra che vuole impegnarsi?
La cosiddetta “sinistra ufficiale” sembra avere smarrito totalmente il proprio senso nella storia, circoli sparsi nel territorio sempre più distanti dalla gente che fungono al 50% da uffici di collocamento per precari e disperati e all’altro 50% da trampolini di lancio per giovani rampolli arrivisti.
I cespugli invece sono sempre più chiusi e isolati nel loro vivere ai margini del mondo, senza prospettive e senza sogni, duri e puri nella sicurezza dei loro NO che raramente sono seguiti da proposte nuove e alternative. Sono assenti sul territorio, lontani dalla gente, impegnati nelle lotte intestine fra correnti contrapposte,  poi, all’improvviso, come una tempesta che arriva a ciel sereno, sbucano fuori dalle loro sedi con delle iniziative d’immagine utili solo a fare appurare la propria esistenza.
Non mi consola neppure la scelta di molti ex militanti politici di aderire alle associazioni; le associazioni sono certamente un bene per la nostra società, persone valide e stimabili portano avanti progetti, spesso, seri e indispensabili per il nostro presente e per il nostro avvenire, ma non è possibile sostituire la politica con l’associazionismo, le due strade possono anche incrociarsi, anzi è opportuno che questo avvenga, ma non possiamo rifugiarci nelle associazioni snobbando partiti e movimenti politici.
Il rischio che si corre è quello di creare delle oasi perfette, occuparci di curare una fetta della torta mentre il resto del dolce si copre di muffa.
Sono consapevole delle critiche che tale articolo potrà sollevare, ma in totale buona fede il mio intento non è quello di sparare a zero contro tutto e tutti, al contrario desidero aprire un dialogo con le associazioni esistenti sul territorio, la sinistra istituzionale e la sinistra radicale, più esattamente desidero aprire un dialogo con le persone che hanno deciso di impegnarsi nelle associazioni, nella sinistra istituzionale e nella sinistra radicale, un dialogo che ha l’obiettivo di capire se è ancora possibile scoprire una identità di sinistra moderna e progettare concretamente il cambiamento sociale e politico del nostro mondo; non dobbiamo e non possiamo rassegnarci a morire rimanendo intrappolati nella fisima delle istituzioni da raggiungere ad ogni costo, o nella radicalità d’un pensiero che viene sempre più emarginato dalle dinamiche frenetiche del nostro tempo.
Quello che io chiedo, e lo chiedo a tutti coloro che hanno voglia di fare, è di cominciare un dialogo serio sulle varie problematiche, studiare e comprendere i fenomeni che ci circondano, valutarne l’essenza e le dinamiche, riflettere sul nostro ruolo e riscoprire ciò che ci accomuna. Ridisegnare insieme nuove prospettive e nuovi orizzonti da raggiungere, rivedere vecchie strategie e inventarne delle nuove, superare tutto ciò che deve essere superato e salvare quello che deve essere salvato, ritornare a lavorare fra la gente e con la gente, ritornare in una sola parola vivi, così come eravamo vivi ieri.
Non è un nuovo partito o una nuova associazione quella che cerco ma una rete di idee per affrontare insieme un argomento che riguarda tutti prima che sia troppo tardi, ciò non toglie che la realtà nascente possa anche prendere posizioni su argomenti sociali e politici purché non si sostituisca mai ai partiti e alle associazioni.
Partiamo da presupposti sicuri:
1. la sinistra italiana sta male, molto male;
2. la sinistra italiana non si vuole sporcare più le mani, è lontana dalla gente, non è un caso infatti che i quartieri popolari sono in mano alla destra;
3. la sinistra non è più capace di programmare la politica futura, si limita ad esprimere opinioni  e le opinioni in politica non bastano.
4. Berlusconi non è il vero problema, prima o poi dovrà ritirarsi dalla politica, il vero problema è la politica liberista e selvaggia che lui porta avanti; ma la sinistra non ha un programma alternativo serio, non ha indicato una via credibile alternativa al liberismo selvaggio;
5. non facciamoci illusioni, senza un programma concreto, valido e alternativo, la sinistra continuerà a scivolare nel caos, la base è quasi scomparsa, l’astensionismo a sinistra è senza precedenti, le brutte figure istituzionali ormai non si contano più;
6. la sinistra non ha punti di riferimento, non sa pensare al futuro e noi non sappiamo più cosa vuol dire essere di sinistra.
Chi sente il bisogno di interrogarsi su questo non deve più perdere tempo, VEDIAMO, SENTIAMOCI, creiamo una rete di mail, incontriamoci in un posto da decidere insieme, coinvolgiamo più gente possibile.
L’obiettivo non un nuovo partito ma un collante di idee che guardi al passato per aprirsi al futuro.
Vederci e iniziare una collaborazione seria e stabile non rappresenta la salvezza, non sono un illuso, forse è solo un piccolo sasso che muoviamo ma almeno abbiamo fatto qualcosa, in caso contrario ci tocca aspettare la morte nel silenzio pesante della nostra sconfitta.

Con affetto,
Fabio Conti