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Perché non mi iscrivo al PRC

Bisogna riconoscere che la lettera di Tony Della Pia,
neosegretario provinciale del PRC irpino, è stata scritta
con i tre organi fondamentali che ogni buon comunista
dovrebbe saper usare: cervello, cuore e... stomaco.  Ma non
basta una lettera, sebbene così ben scritta, per
risollevare le sorti del Prc. Occorre ben altro.  Credo che il partito
non debba rivolgersi solo ai "militanti", ossia a coloro che
sono già iscritti, ma debba sforzarsi di recuperare un
rapporto, ormai logoro e consunto, con gli ex militanti,
ossia con coloro che non sono più iscritti e che hanno
abbandonato il partito (magari da anni) per svariate
ragioni. Inoltre, ritengo che il partito debba avviare
un'intensa ed incisiva campagna di proselitismo per attrarre
a sé le nuove generazioni. E' su questi tre fronti,
interni ed esterni, che deve svilupparsi una capillare e martellante
opera di propaganda, da esercitare con le parole ma
soprattutto con i fatti, ovvero con le azioni e con le
lotte.  Insomma, esorto il vostro partito ad intraprendere
quelle iniziative, non solo verbali, che possano convincere
gli ex iscritti a riavvicinarsi e a riprendere un dialogo
che, nel mio caso, è già in parte ripreso, nonostante la
chiusura presuntuosa ed autoreferenziale di taluni compagni.
Il mio è un modesto invito ad agire tempestivamente ed
efficacemente per cercare di persuadere chi, a differenza
del sottoscritto, si è allontanato dal partito in maniera
difficilmente rimediabile, si rifiuta ostinatamente di
dialogare e di rapportarsi e non intende più avere a che
fare con il vostro partito, anche a causa di atteggiamenti
quasi snobistici ed arroganti. E vi assicuro che uno dei
principali difetti, non solo del Prc ma della sinistra in
genere, difetti che sono molto percepiti all'esterno dalla
gente comune, è esattamente un atteggiamento di
presunzione e di chiusura autoreferenziale. Credetemi, è esattamente
così.  Per quanto concerne il mio caso personale, sono
prevalenti le ragioni del no, ossia i motivi per cui non mi
iscrivo al Prc. Anzitutto perché nel mio paese non esiste
un Circolo di Rifondazione Comunista. Quello che c'era prima
s'è dissolto a causa della recente scissione interna che
ha portato via quasi tutti gli iscritti e i militanti,
traghettandoli dalla parte dei vendoliani, o condannandoli
allo sbando.  Personalmente non sono più iscritto al Prc
da anni, esattamente dal 2003. Preciso, però, che l'ex
Circolo del Prc esistente nel mio paese, è stato fondato nel 1995
grazie soprattutto all'iniziativa del sottoscritto, ma tale
dato storico è stato completamente dimenticato o ignorato
col tempo: si sa che l'ingratitudine umana non ha limiti,
come altre caratteristiche umane. Insomma, il sottoscritto
si è allontanato dal partito per varie ragioni, sia
politiche che personali, ma in questo caso è davvero
difficile distinguere tra pubblico e privato, nel senso che
anche le motivazioni che possono sembrare di ordine
personale (pure i gesti minimi, gli atteggiamenti e i
comportamenti di natura umana apparentemente irrilevanti)
nascondono implicazioni e significati di tipo politico. A
riguardo potrei citare numerosi esempi pratici, ma
preferisco tacere per non urtare la suscettibilità di
nessuno. Lo so per esperienza diretta.  Le ragioni
palesemente politiche sono ben note: la progressiva
degenerazione interna in senso burocratico-verticista, la
deriva autoritaria e antidemocratica del partito durante la
gestione bertinottiana, la crescente subalternità e
debolezza delle ragioni e delle istanze di classe, sia
all'interno della piattaforma politico-programmatica del Prc
, sia all'interno del programma centrista, neomoderato e
neoconservatore che ha ispirato le decisioni del governo
Prodi, in cui le rivendicazioni e le posizioni sostenute da
Rifondazione e dall'intera "sinistra radicale" sono state
assolutamente ignorate o tradite. Fino ad approdare alla
cosiddetta "svolta a sinistra" annunciata e sancita
verbalmente in occasione dell'ultimo congresso nazionale del
partito, svoltosi a Chianciano nel luglio scorso, ma che nei
fatti è ben lungi dal realizzarsi. E lo stesso
neo-segretario, Paolo Ferrero, ai miei occhi (e non solo ai
miei) non ha mai riacquistato quella credibilità morale,
personale e politica, persa in tanti anni in cu i si è
praticamente compromesso, per non dire sputtanato, con la
leadership bertinottiana e con le scelte governiste di mera
passività rispetto ai poteri forti e dominanti nel nostro
paese.  Mi fermo qui per non tediare troppo chi legge.
Vorrei concludere con una invocazione (quasi
un'implorazione) di aiuto e solidarietà: proponetemi le
ragioni che possano davvero convincermi a cambiare giudizio
sul Partito della Rifondazione Comunista, pur sapendo che
solo i fatti concreti potranno indurmi a mutare il mio
parere e le mie attuali convinzioni. Mi rivolgo a voi in
quanto compagni, se ancora si può dare un senso autentico
e riconoscibile a tale vocabolo.

Lucio Garofalo

30 marzo 2009