inchiesta
12.02.07
aggiornamenti
gennaio-febbraio 2009
INDIRIZZI:
- Alfredo Davanzo
- Bruno Ghirardi
CASA CIRCONDARIALE, VIA VIGENTINO 85, 27100 - PAVIA.
- Vincenzo Sisi
- Massimo Gaeta
- Salvatore Scivoli
CASA CIRCONDARIALE: VIA GRAVELLONA 240, 27029 - VIGEVANO, Pavia.
- Massimiliano Toschi
CASA DI RECLUSIONE DI ALESSANDRIA, VIA CASALE 50/A,
15040 - San. Michele, ALESSANDRIA.
- Claudio Latino
- Davide Bortolato
CASA CIRCONDARIALE, VIA DELLE NOVATE 65, 29100 - PIACENZA
DATE FISSATE PER IL PROCESSO
Febbraio
Lunedì 2
Giovedì 5
Martedì 10
Lunedì 16
Venerdì 20 ore 9.30
Lunedì 23 ore 12
AL --PRESIDENTE DELLA I°
SEZIONE DELLA CORTE DI ASSISE DI MILANO
DOTT. LUIGI DOMENICO CERQUA
NOI NON CI SAREMO
Noi, militanti comunisti imputati in questo processo, dichiariamo che
oggi e nelle prossime udienze abbandoneremo l’aula nel momento in cui
sfileranno i cosiddetti pentiti o collaboratori di giustizia. Un solo
compagno rimarrà in aula in semplice qualità di
osservatore.
Questa decisione ci coinvolge tutti perché non vogliamo
legittimare in alcun modo, nemmeno con la nostra presenza critica, la
produzione e l’utilizzo giudiziario di queste figure. Figure di
testimoni della corona, aberrazioni giuridiche che caratterizzano oggi
il diritto borghese e che ne svelano anche la natura di strumento di
oppressione in mano alla classe dominante.
La produzione di queste figure sembra ormai essere il principale scopo
di questa giustizia. Si coltiva la prostituzione dell’identità
dei singoli con l’intento di utilizzare il tradimento e l’infamia come
armi di distruzione di massa contro la collettività; nel nostro
caso contro comunisti che lottano per la difesa strategica degli
interessi della loro classe.
Anche nell’inchiesta che ci ha coinvolto, infatti, è stato fatto
il massimo sforzo per produrre figure di questo tipo, come testimoniano
il trattamento particolare riservato agli imputati, i mesi e gli anni
di isolamento, le speciali condizioni di detenzione in reparti di tipo
punitivo che hanno interessato diversi di noi. Questo lavoro di cui il
PM si è dimostrato tenace cultore ha prodotto unicamente il
cosiddetto pentimento di Rossin. E basta leggere i verbali dei suoi
interrogatori per avere una chiara visione di come “il gioco del gatto
con il topo”, condotto dalla pubblica accusa, ha portato alla
distruzione dell’identità e alla prostituzione di una persona
che è stata trasformata in un rottame, portandolo così a
dire, anche se con una certa “fatica”, tutto quello che da lui si
è voluto fosse detto.
Ma evidentemente non è bastato visto che, nei mesi successivi
agli arresti del 12 febbraio 2007, per gli inquirenti, la compattezza
degli imputati era da considerarsi così negativamente da essere
motivo di non concessione degli arresti domiciliari per alcuni. Quindi
si è pensato bene di colmare la carenza attingendo a figure
“storiche” dell’infamità criminale appartenenti alla cosiddetta
mafia del Brenta. Ecco così letteralmente comparire nel processo
Felice Maniero, alias “Faccia d’Angelo” e alcuni suoi accoliti, tutti
personaggi della malavita locale veneta poi convertiti in spacciatori
internazionali di eroina per approdare, in conclusione, al ruolo di
collaboratori dello stato.
Un personaggio, il Maniero che ha sempre saputo tutelare bene i suoi
interessi nelle trattative con le bande armate dello stato come si era
potuto vedere anche nella eclatante vicenda del mento di S.Antonio,
sottratto alla Basilica del Santo a Padova per essere scambiato,
tramite restituzione concordata, con un trattamento di favore da parte
di alti ufficiali dell’Arma dei carabinieri che su questi intrallazzi
coglievano i meriti per fare carriera. Nell’accordo di “pentimento”
finale poi è stata compresa la salvaguardia dell’intero
patrimonio costituito dai proventi delle attività cosiddette
illecite, a testimonianza del fatto che lo stato borghese può
accogliere il “figliuol prodigo” riconvertendolo in stimato
miliardario, coperto da una nuova identità, nonché
titolare di alcune fabbriche tessili in modo che possa regolarmente
realizzarsi nel ruolo di pescecane sfruttatore.
Evidentemente la moralità non ha più niente a che fare
(se mai ne ha avuto) con la borghesia e con la sua giustizia.
Ma, lasciando perdere le questioni morali, che dovrebbero sorgere in
merito all’utilizzo ai fini di giustizia di queste persone, a noi
interessa denunciare politicamente che questo utilizzo viene messo in
atto nel processo con l’intento di destabilizzare l’identità
collettiva comunista e rivoluzionaria di noi imputati.
Anche questa è un’altra evidenza della debolezza politica
dell’accusa che deriva dalla debolezza politica della borghesia di
fronte alla crisi del suo sistema e alla lotta di classe condotta dai
lavoratori e dal proletariato.
Per cercare di negare la possibilità e la necessità della
rivoluzione proletaria tutte le armi sono buone e tutti i collaboratori
vengono chiamati all’appello.
Con questi personaggi noi non abbiamo niente a che fare mentre molto ne
hanno i solerti e prezzolati funzionari dello stato che con loro hanno
trattato, con cui hanno fatto accordi miliardari.
Con questi accordi la borghesia li ha accolti tra le braccia della sua
legalità e oggi pagano l’ennesima rata del loro infame tributo,
testimoniando tutto quello di cui vengono imbeccati.
Per parte nostra possiamo solo ribadire che abbiamo invece a che fare
con i proletari che lottano, con gli operai che si organizzano contro i
padroni, con i rivoluzionari che combattono l’oppressione e lo
sfruttamento, con i popoli che lottano contro l’imperialismo.
MILITANTI COMUNISTI PRIGIONIERI
DEL PROCESSO AL PC P-M
Milano 04-12-2008
Udienza del 22 gennaio 2009
La prima udienza dopo la pausa natalizia inizia con l’eccezione di
nullità sull’udienza presentata dalla difesa
in quanto numerosi imputati prigionieri non erano presenti in aula,
costretti a rinunciarvi per il massacrante viaggio di trasferimento dal
carcere di Siano Catanzaro alle carceri del nord. I compagni sono stati
deportati in quel carcere, di soli prigionieri politici, nonostante la
Corte, con l’assenso della Pm, avesse negato il nulla osta per lo
spostamento dei detenuti rispondendo positivamente alle richieste della
difesa che avevano denunciato, nel caso di spostamento, la violazione
del diritto alla difesa.
Un trasferimento senza il nulla osta dei giudici, un trasferimento
illegale deciso esclusivamente dal Dap (Dipartimento Amministrazione
Penitenziaria). L’avv. Giuseppe Pelazza chiede che la Corte intervenga
acquisendo agli atti il dispositivo del Dap in quanto in esso
potrebbero esserci elementi che configurano il reato di abuso di
ufficio. La Corte non accetta la nullità, ma acconsente
all’acquisizione dell’ordinanza di trasferimento. Questo è
l’aspetto giuridico della faccenda, ma quello più concreto che
noi abbiamo vissuto, è la lontananza forzata per più di
un mese dei nostri compagni, amici e parenti, impossibilitati a fare i
colloqui e, per due settimane incerti su dove essi si trovassero,
quindi in difficoltà anche con la corrispondenza o i pacchi che
durante le festività natalizie volevamo spedire.
Per loro un’attesa snervante, ogni sera con il bagaglio pronto per la
partenza e impediti a fare la spesa per l’imminente possibile
spostamento. Per di più un viaggio massacrante di due giorni in
blindato, con un forte freddo e ammanettati.
Facciamo notare, inoltre, le notevoli spese di soldi pubblici che sono
impiegati per queste operazioni assurde al punto che, alcuni imputati,
sono stati spediti a Siano Catanzaro dopo il 3 di gennaio!
L’udienza è continuata con i contro interrogatori, in
videoconferenza, del Rossin che, rispondendo alle richieste di
chiarimenti sulle sue accuse ai compagni da parte della difesa, ha
continuato a confondere e cambiare date e orari e a cambiare le
versioni sui fatti, cosa già avvenuta più volte durante i
lunghi e numerosi interrogatori rilasciati dopo l’arresto davanti alla
Pm. L’avv. Pelazza ha richiesto l’acquisizione agli atti della
relazione della psicologa su Rossin.
Udienza del 23 gennaio 2009
Scenario da grande evento al tribunale!
Arriva il senatore del Pd Pietro Ichino con uno staff esagerato di
giornalisti e televisioni, con scorta, digos e polizia di ogni tipo
rafforzata fuori e dentro il tribunale.
Arriva per spiegare alla Corte i motivi della sua costituzione di parte
civile contro i compagni, cosa che aveva ampiamente pubblicizzato
durante la scorsa campagna elettorale che lo ha portato a sedersi a
Roma tra i senatori.
Ancora una volta i giornalisti mostrano la loro sudditanza alle
verità del potere visto che la maggior parte di essi mai si
è preoccupata, in questi lunghi mesi di processo, di riportare
notizie su quello che stava succedendo in aula o in carcere (compresi i
pestaggi degli imputati). Molte cose avvenute in aula, del resto,
contraddicono quello che i giornali hanno riportato nella pesante e
terroristica campagna di criminalizzazione degli imputati lanciata
subito dopo gli arresti.
All’inizio dell’udienza il compagno operaio Davide Bortolato prende la
parola per denunciare come la presenza in aula di Pietro Ichino,
assieme alle altre parti civili, lo stato e i fascisti di Forza Nuova,
mostrino il carattere politico del processo e la parte chiara in cui
egli si colloca. Le guardie carcerarie, viscidamente zelanti, cercano
di strappargli il microfono di mano.
Il prof. Ichino lamenta i danni per aver dovuto subire la scorta ma
l’“allarme” per la sua persona risale al 1999 e la scorta gli è
stata intensificata nel 2003, ancora prima che iniziasse questa
inchiesta!
A più riprese si dilunga a parlare di D’Antona e Biagi e, sotto
le pressanti domande della difesa che gli chiede di parlare su questo
processo e su questi imputati, ribadisce più volte che è
stato il prefetto a convocarlo e a imporgli il rinnovo della scorta. Ci
è sembrato di capire quindi che la necessità della scorta
è derivata dalle istituzioni dello Stato, come ha espresso in
aula l’avvocato Clementi.
Gli viene chiesto anche come mai non si sia costituito parte civile
contro Rossin.
Ichino prosegue spiegando i suoi scritti e le problematiche del mondo
del lavoro, un vero e proprio fiume di parole, un comizio sui
cambiamenti che hanno eroso le conquiste dei lavoratori. Tutte
problematiche che sicuramente lui non vive visto che già nel
2005 aveva dichiarato 350.000 euro di reddito.
I compagni nelle gabbie, molti di loro operai, non reggono l’insulto e
urlano: “sfruttatori, lui è un massacratore di operai! Gli
operai della Tyssen sono morti e nessuno ha pensato alla loro
sicurezza!”.
Il Giudice Cerqua fa espellere i compagni dall’aula, il pubblico si fa
sentire protestando.
Gli avvocati della difesa chiedono la revoca dell’ordinanza di
allontanamento.
Verrà revocata solo al termine della comparizione di Ichino.
Ichino continua a “narrare” il suo calvario parlando
dell’università, delle contestazioni di operai e studenti.
Per avvalorare la tesi dell’accusa, cioè del pericolo a cui
sarebbe stato esposto “narra” di scritte minacciose nella
facoltà. Peccato che le uniche scritte comparse sui muri di
Scienze Politiche di Milano, anzi sui muri di un bagno della
facoltà, si riducano a “Fuori le pistole degli sbirri di Ichino
dalla facoltà” e “Non vogliamo gente che nasconde le pistole
sotto il doppiopetto in facoltà”. Frasi, quindi, nemmeno contro
la sua persona bensì contro la polizia, vergate sopra un water,
ma evidentemente necessarie a creare un martire in campagna elettorale
tanto da essere riprese e amplificate da un giornale universitario che,
scopriamo ora, essere un giornale di cui l’illustre professore è
il direttore responsabile.
È un giornale finanziato dall’università in cui scrivono,
guardacaso, studenti del suo partito.
Durante tutta l’udienza abbiamo assistito alle crisi isteriche della Pm
di fronte alla domande della difesa. Ogni volta che venivano fatte
domande che non le piacevano interrompeva stizzita tanto da spazientire
perfino il Giudice Cerqua. In particolare, a una serie di domande
serrate dell’avv. Clementi: “Ma lei li ha mai visti questi terroristi?
Li ha mai sentiti? Ha ricevuto minacce concrete?”, la Pm
Boccassini è andata su tutte le furie, interrompendo
ripetutamente l’avvocato nel tentativo di ostacolare la difesa, ma
ciò ha solo dimostrato l'inconsistenza dell'impianto accusatorio.
Alle 12.40 termina la sceneggiata del “famoso” quanto disprezzato
professore.
È infatti un dato certo che sia continuamente contestato da
operai e studenti, come d'altronde egli stesso ha confermato in udienza
e questo sicuramente non può essere una colpa addebitata agli
imputati e al pubblico presente in aula.
L’udienza prosegue con l’esame degli imputati Tonello e Rotondi, gli
unici che hanno accettato l’esame dell’accusa in aula. Nei loro
interrogatori emergono, ancora una volta, pesanti contraddizioni con le
testimonianze del Rossin.
La prossima udienza si svolgerà lunedì 2 febbraio.
Invitiamo tutti i compagni, gli amici
e i solidali a prepararsi per partecipare all’udienza finale del
processo di cui non si sa ancora con precisione la data, ma si presume
agli inizi di marzo.
Informiamo tutti che due compagni,
processati dal tribunale di Rieti, con l’accusa di apologia e
istigazione a delitti di terrorismo (art. 414, comma 1 n. 1, comma 3 e
comma 4 c.p.) per aver distribuito volantini e esposto uno striscione
contenente l’espressione “Terrorista è lo stato della reazione,
non i compagni che lottano per la rivoluzione” durante una
manifestazione di solidarietà, sono stati assolti in primo grado
perché il fatto non sussiste.
Anche Il processo contro i compagni
arrestati a Milano, subito dopo gli arresti, sempre per l’affissione di
striscioni, è imminente.
Vogliono criminalizzare la
solidarietà, rispondiamo rafforzandola!
Pietro Ichino (Milano, 22 marzo 1949)
è un giurista, giornalista e politico italiano.
È docente ordinario di Diritto
del lavoro nell'Università statale di Milano. Ha inoltre svolto
l'incarico di deputato dal 1979 al 1983, come indipendente di sinistra
nelle file del PCI. Nel 2008 è stato eletto senatore nella
circoscrizione della Lombardia per il Partito Democratico.
Associazione Solidarietà Parenti e Amici Degli Arrestati il
12-02-07
parentieamici@libero.it
CORRISPONDENZA DALLE GABBIE
Questo 23 gennaio era l’udienza di riapertura dopo la pausa “feste”,
conto tenuto che quella del giorno precedente era stata da noi
disertata essendone protagonista l’infame-collaboratore.
Per noi era l’occasione di ritrovarci dopo le solite vicissitudini
carcerarie: la maggior parte trasferiti a Catanzaro, per un solo mese,
affrontando così due massacranti viaggi in furgone di due giorni
ciascuno. Ritroviamo anche il nostro compagno ristretto all’E.I.V. di
Alessandria dove sono impegnati nella settimana di sciopero della fame
contro l’ergastolo.
Che questa giornata fosse particolare lo si è capito d’entrata.
La discesa in campo del senatore Ichino, in quanto presunta parte lesa,
e ben più reale agente delle politiche governative
antiproletarie, era accompagnata dall’apparato politico-mediatico. Si
trattava, all’evidenza, di un momento importante per lo stato borghese,
nella sua strategia di contrasto e delegittimazione dell’istanza
rivoluzionaria. Così, ci siamo disposti a rispondere.
Siamo intervenuti, a preambolo, per precisare il nostro punto di vista:
“ Va benissimo che venga in aula questo personaggio, a completare ed
evidenziare i due campi di lotta. Da una parte gli agenti del capitale,
della borghesia imperialista, insieme ai fascisti-razzisti, come quelli
di Forza Nuova, ed allo stato borghese, nella rappresentanza del
Consiglio dei Ministri. Dall’altra noi militanti, a diverso titolo,
della classe operaia, del proletariato e dei popoli oppressi, della
loro comune lotta contro l’imperialismo.
Le barbare aggressioni in corso, contro il mondo del lavoro e contro i
popoli oppressi, dimostrano come il campo borghese si muova in logica
di vera e propria guerra di classe. E fa di tutto per tenere il
proletariato in stato di divisione e di confusione, facendone massa di
manovra per le proprie consorterie di potere e le proprie farneticanti
ideologie reazionarie.
Perciò a noi, al nostro campo, spetta il compito politico
inderogabile di porsi al livello della guerra di classe, come unico
terreno adeguato su cui rispondere all’incessante ondata reazionaria e
su cui sviluppare la prospettiva rivoluzionaria.”.
“Armati” di pazienza abbiamo poi dovuto ascoltare le lamentele di
questa presunta povera vittima (potenziale per di più!).
Partecipante all’osceno spettacolo odierno per cui la classe degli
sfruttatori, affamatori, bombardieri e torturatori, che guida il mondo,
si atteggia sempre a vittima…costretta a rispondere alla “follia”
terroristica degli oppressi. A Gaza, la più orripilante delle
sue interpretazioni. Ma a tutto c’è un limite.
Sentirlo pontificare sulla “libertà di pensiero” e sulla pretese
di “riforme nell’interesse dei lavoratori”.era davvero troppo!
Così siamo saltati su a ribattere, a ristabilire la semplice
verità: “La vostra è libertà di sfruttare...siete
una banda di sfruttatori, massacratori di operai, agenti della guerra
di classe .ecc”
Espulsione! Cui è stato associato anche il pubblico, visto che
anche certi militanti operai presenti non ci hanno visto più
davanti a tali servi del padrone e si sono solidarizzati nella critica
politica.
Il tutto, in fin dei conti, è stato positivo. Si è
tradotto in un ennesimo momento di scontro e chiarificazione.
Ciò che si può ben verificare nei segni di simpatia che
ci si manifestano attorno, qui tra i proletari prigionieri in queste
occasioni.
Ancora, in finale di udienza, c’è stato un momento
significativo. All’appello del giudice per programmare gli
interrogatori, si è risposto con una bella sequela di “No”. Da
parte di tutti, salvo due casi particolari.
Questo, pur nella legittima differenza di posizioni politiche e
giuridiche, ha dato concretezza a quella “unità nella
lotta”-“lotta nell’unità”, che è possibile stabilire come
base comune a tutte le forze militanti sinceramente interessate
all’avanzamento della prospettiva rivoluzionaria.
Tracciando chiaramente, in teoria e prassi, gli elementi di linea
politica capaci di orientare il campo di classe e delimitandolo
rispetto alle tendenze opportuniste. Lottare insieme, alla ricerca
della via rivoluzionaria.
E imparare nello sviluppo della prassi.
I seguenti commenti dei funzionari di Goebels sono molto interessanti.
I soliti loro insulti “fanatici, isolatissimi…malati da curare.”, in
evidente contraddizione con le preoccupazioni manifestate: “Potrebbero
inserirsi nel montante malcontento sociale provocato dalla crisi e dar
luogo a pericolosi sviluppi..”.
E dicono ciò con l’occhio inquieto guardando alla Grecia, alla
Francia, ma anche ai recenti sviluppi di massa nell’Europa dell’est.
Eh si, avete ragione. Faremo la nostra parte per concretizzare i vostri
incubi.. che sono i sogni di liberazione degli oppressi, dei “dannati
della terra”.
Guerra all’imperialismo! Viva la Rivoluzione Proletaria!
Alcuni compagni del processo PCP-M di Milano
Gennaio 2009
Cronaca dell’Associazione Solidarietà Parenti e Amici degli
Arrestati il 12/02/07 sulla 31° udienza del processo in corso a
Milano contro i compagni e la compagna arrestati nell’ambito
dell’operazione “Tramonto”.
Udienza 3 febbraio 2009
Due secoli di galera! Questa la richiesta della pm Bocassini al termine
della sua requisitoria contro i compagni arrestati il 12 febbraio 2007.
Una lunga requisitoria con ripetute cadute di stile, offese, mancanza
di rispetto e denigrazione nei confronti degli imputati come il dubbio
più volte espresso sulla loro sanità mentale! Un continuo
di sgrammaticature, un confondersi e sbagliare i nomi degli imputati e,
nemmeno una sola parola giuridica. Sorge il fondato dubbio sulla sua
cultura generale. Passi, ma ciò che risulta più evidente
e grave è l’assenza totale di basi minime sul sapere in campo
giuridico.
Dal suo solito pulpito, circondata dalla scorta, agenti di polizia,
digos, telecamere e fotografi, la Bocassini ha riassunto col suo
“sermone” le tesi dell’impianto accusatorio alla maniera scandalistica
di solito usata dalla stampa. Sembrava di leggere i giornalacci dopo
gli arresti: “Li abbiamo fermati prima di uccidere, avevano legami con
la malavita e la mafia ecc”. Per lei la fase istruttoria e
dibattimentale nella quale le accuse più provocatorie, come
quella di voler attentare alla vita di Ichino o, quelle assurde, del
legame con la criminalità organizzata, sono state smontate senza
ombra di dubbio dalle testimonianze e dal collegio difensivo, è
carta straccia.
La pm ha così ribadito il suo ruolo di rancorosa nemica della
lotta di classe, figlia delle ideologie reazionarie e poliziesche che
hanno caratterizzato la più oscena lotta contro il movimento
antagonista e rivoluzionario in Italia, ideologie patrocinate da
Pecchioli e Violante, passate nella magistratura e ben interpretate, ad
esempio, da Spataro, che ha diretto questa inchiesta e dal “compagno”
Salvini che ne è stato il Gip.
Il suo rancore è stato alimentato dal fatto che, a suo dispetto,
il processo si sia mostrato quale era, un processo politico e che gli
imputati si siano mostrati fieri della loro identità comunista.
Non pazzi isolati ma avanguardie amate e riconosciute dai compagni di
lavoro e di lotta.
I compagni non sono mai rimasti soli, anzi, la solidarietà che
hanno ricevuto, da amici o semplici conoscenti, dai colleghi di lavoro,
da realtà di movimento ha dimostrato che sono riconosciuti dalle
masse ed interni, parte integrante, alla lotta di classe.
Forse non molti ci avranno riflettuto ma, la democratica signora,
difenditrice dei valori della Costituzione (ama spesso ammantarsi di
questo), ha richiesto di fatto l’ergastolo per una parte di compagni.
Infatti, nel concreto, è questo quello che significa richiedere
22 anni di galera per persone che hanno superato i 50 anni di
età!
Le richieste esorbitanti, soprattutto se confrontate con i fatti
concreti sotto processo, sono comunque una manifestazione della
debolezza e della paura che lo stato borghese ha, di fronte alla crisi
sempre più profonda ed un immiserimento continuo delle masse
popolari, che il malcontento si organizzi e diventi lotta politica.
Attraverso attacchi repressivi, anche preventivi, e attraverso
punizioni esemplari verso tutti coloro che alzando la testa, si cerca
di annientare ogni idea e pratica per il cambiamento dello stato di
cose presente.
I due secoli di galera richiesti sono contro tutti coloro che pensano
che oggi si possa ancora alzare la testa, lottare e organizzarsi per
conquistare un mondo diverso, senza sfruttamento e guerre.
parentieamici@libero.it
Cronaca dell’Associazione
Solidarietà Parenti e Amici degli Arrestati il 12/02/07 sulle
udienze 25, 26, 27, 28, 29 e 30 del processo in corso a Milano contro i
compagni e la compagna arrestati nell’ambito dell’operazione “Tramonto”.
Le udienze si sono svolte dal 2 al 23 febbraio.
Mai è mancata la presenza solidale del pubblico formato da
parenti e amici, da compagni, operai, colleghi di lavoro e di
università degli imputati.
Dal 2 al 20 febbraio sono passati davanti alla Corte i testi chiamati a
deporre dalla difesa.
Decine di operai e di colleghi di lavoro dei compagni in carcere sono
venuti a testimoniare davanti alla Corte della vita in fabbrica degli
imputati e dell’impegno di lotta al loro fianco per migliori condizioni
di vita e di lavoro. A dispetto di Ichino, dell’accusa e di tutta la
stampa prezzolata che ha parlato dei nostri familiari e amici come di
“estranei al mondo del lavoro”, di gente isolata e criminale, noi, che
siamo stati in aula abbiamo visto, invece, quanto i compagni erano e
sono amati e riconosciuti nel loro posto di lavoro.
Naturalmente di tutto ciò non si è vista nemmeno una riga
sui fogliacci della stampa borghese che dà notizie sul processo
solo quando vengono in aula i testi “vips” dell’accusa tra cui
personaggi veramente loschi e criminali che nulla hanno a che fare con
la trasparente storia di militanza e di vita dei nostri cari,
ricordiamo a titolo d’esempio l’infame Maniero e altri elementi
della sua banda. Non ci stupisce che l’accusa vada a braccetto con
simili individui oltre che con Forza Nuova.
Sono venuti in aula anche numerosi studenti di Scienze Politiche di
Milano a parlare della vita e della lotta all’università a
fianco di Amarilli e di Alfredo ora sotto processo.
Molti giovani ma, anche pensionati, hanno illustrato le attività
politiche e sociali sia del Centro Popolare Gramigna che
dell’Associazione “Nicola Pasian” organismi attivi a Padova da decenni
e riconosciuti da centinaia e centinaia di giovani, studenti,
lavoratori, disoccupati, precari, donne e frequentati da famiglie
proletarie con viva e allegra presenza di numerosi bambini.
Ci sono stati anche molti testimoni, estranei all’ambiente dei
compagni, che hanno fatto cadere pezzo dopo pezzo alcune accuse
specifiche nei confronti degli imputati.
A titolo d’esempio, la testimonianza del comandante dei vigili del
fuoco che ha svolto l’intervento per spegnere un incendio alla sede di
Forza Nuova di Padova di cui sono stati accusati due imputati di questo
processo. L’intervento è stato richiesto alle 4.58 mente la
presenza dell’auto con i due compagni nella zona dell’incendio è
stata segnalata dalla digos alle 2.00. É apparso chiaro, anche
dagli interrogatori fatti dalla difesa ai poliziotti, che i nomi dei
compagni nelle indagini sono stati aggiunti a posteriori, per
deduzione.
E noi aggiungiamo per incastrarli e portare così elementi (visto
che veramente scarseggiavano) a favore dell’accusa per il reato
associativo. Del resto, a più riprese, durante queste udienze
pezzi grossi della digos sia di Padova sia di Milano hanno beatamente
detto in aula che era loro convinzione che i compagni inquisiti fossero
colpevoli perciò era logico che fossero stati loro a commettere
i reati.
Va segnalata anche la testimonianza di un semplice vicino di casa di
Andrea Scantamburlo che ha rivendicato l’appartenenza di alcune mappe
di Albignasego (paesino del padovano dove secondo l’accusa sarebbe
avvenuto un tentato furto a un bancomat) che gli servivano per un
progetto di architettura, mappe sequestrate nel “locale biciclette”
della palazzina il 12/2/2007, tanto che ne ha chiesto e ottenuto il
dissequestro. Ricordiamo che Andrea, dopo essere stato messo ai
domiciliari, è stato riarrestato e si trova ancora in carcere.
Nell’udienza del 10 febbraio i compagni dalle gabbie hanno chiesto la
parola, concessa dalla Corte, ma appena Vincenzo Sisi, operaio
rivoluzionario, ha iniziato a parlare, la solita Bocassini ha iniziato
a inveire impedendo la lettura del comunicato. Era un comunicato di
solidarietà agli operai di Pomigliano caricati vigliaccamente il
5 febbraio dalla polizia mentre manifestavano per la difesa del posto
di lavoro.
La Bocassini crede di perseguire così l’intento di dimostrare
che questo non è un processo politico, per lei solo Ichino ha
diritto di utilizzare il tribunale per fare propaganda politica, ma
così facendo mostra esattamente l’opposto.
Nell’udienza del 20 febbraio il compagno Alessandro Toschi, detenuto ai
domiciliari, ha letto una dichiarazione spontanea anche a nome di altri
imputati ai domiciliari riguardo alla loro militanza al Centro Popolare
Gramigna di Padova.
Alleghiamo di seguito entrambe le dichiarazioni
SOLIDARIETÀ AGLI OPERAI IN LOTTA COLPITI DALLA REPRESSIONE
Negli ultimi giorni abbiamo avuto modo di vedere lo Stato democratico
all'opera con le manganellate sulle teste degli operai FIAT di
Pomigliano d'Arco in lotta per difendere il posto di lavoro.
Con tre brutali cariche a freddo, le forze della repressione hanno
cercato di impedire che la giusta lotta degli operai valicasse i
cancelli della fabbrica coinvolgendo la popolazione con il blocco
dell'autostrada.
Cogliamo oggi l'occasione per esprimere tutta la nostra vicinanza e
solidarietà agli operai FIAT di Pomigliano così come a
tutte quelle situazioni che lottando, non intendono subire passive gli
effetti della crisi del capitalismo.
È proprio nel contesto della crisi economica che governo e
padronato applicano la solita ricetta di farne pagare i costi alla
popolazione gettando nel lastrico centinaia di migliaia di famiglie con
la cassaintegrazione ne il licenziamenti.
Per il capitalismo, si sa, i lavoratori sono solo un costo, un costo da
tagliare pesantemente in tempi di crisi.
Ma non basta, occorre annichilire ogni possibilità di protesta e
di lotta. "Subire e stare zitti" è l'imperativo dei padroni
rivolto agli operai.
Per questo lo Stato, garante dell'ordine borghese, bastona pesantemente
gli operai che osano lottare; per questo si incarcerano i comunisti che
intendono attrezzarsi per farla finita con il loro sporco modo di
produrre e di organizzare la società.
Ma ancora non basta: eminenti economisti, intellettuali, giuslavoristi
si prodigano tutti i giorni a fare capire agli operai che i sacrifici
sono necessari, che serve ancora una volta rinunciare a qualche piccolo
diritto per il bene di "tutti".
Contratto unico, flexsecurity, modifiche allo statuto dei lavoratori,
nuovi modelli contrattuali, ecc: tutte ricette per far pagare ai
lavoratori l'inevitabile crisi provocata dal modo capitalistico di
produrre.
E quegli stupidi lavoratori che non vogliono capire e si ribellano,
diventano automaticamente dei "criminali".
Così si sono sentiti chiamare dal pacato e moderato Pietro
Ichino i metalmeccanici che nel 2006 invasero le autostrade dell'intero
paese contro l'arroganza di Federmeccanica che concedeva miseria per il
rinnovo del CCNL. Chissà come definirà ora gli operai di
Pomigliano, disposti a prendersi le manganellate pure di difendere il
posto di lavoro. Chissà come verranno definiti se oseranno
reagire.
Più gli effetti della crisi evidenziano la miseria cui il
capitalismo sta spingendo le masse popolari del nostro paese e del
mondo intero, più si rende evidente una cosa: che il capitalismo
non ha difetti, è esso stesso il difetto. Per questo non
c'è altra via d'uscita positiva dalla crisi che il superamento,
l’abbattimento del capitalismo e l'instaurazione di una società
socialista.
PIENA SOLIDARIETÀ AGLI OPERAI FIAT DI POMIGLIANO IN LOTTA.
LA CRISI LA PAGHINO I PADRONI, NO AI SACRIFICI
LA RIVOLUZIONE È NECESSARIA, LA RIVOLUZIONE È POSSIBILE.
Milano, 10 Febbraio 2009
I militanti comunisti prigionieri
Bortolato Davide,
Latino Claudio,
Sisi Vincenzo,
Davanzo Alfredo,
Gaeta Massimiliano,
Ghirardi Bruno,
Toschi Massimiliano.
DICHIARAZIONE SPONTANEA
Con questa dichiarazione vogliamo chiarire il significato che noi
attribuiamo all’esperienza del Centro Popolare Occupato Gramigna.
Dentro quest’aula abbiamo sentito parlare del Gramigna come un fortino
accessibile ai soli stretti militanti, totalmente isolato dal quartiere
e dalla cittadinanza.
Questa è un’enorme falsità, perché per più
di vent’anni il Gramigna ha rappresentato un punto di ritrovo per
moltissimi giovani e per gli abitanti dei quartieri. Nessuno meglio di
noi, che lo abbiamo fatto vivere, può ricordare come in questo
spazio tolto al peggior degrado e abbandono, si svolgessero
costantemente concerti molto partecipati, dibattiti su tematiche come
la guerra o i licenziamenti, tornei di calcio con giovani del quartiere
e operai di fabbriche padovane, cineforum universitari e per bambini;
si poteva inoltre consultare una biblioteca o suonare in una sala prove.
E, nonostante qualcuno si sia sorpreso nel sapere che il Gramigna era
frequentato anche da pensionati, noi diciamo ancora una volta che
questo spazio era vissuto e appoggiato da moltissimi giovani e non,
perché era uno spazio aperto al quartiere e alla cittadinanza.
Questa esperienza rappresenta per noi la pratica dell’essere comunisti,
cioè un’esperienza oggettiva di controinformazione e di
autorganizzazione.
Eppure in questo processo si è cercato di criminalizzare questa
esperienza, soprattutto con la testimonianza del dirigente della digos
di Padova Pifferi, il quale ha voluto mentire affermando che il
Gramigna fosse paragonabile a un “fortino”. Che interessi può
avere un dirigente della digos padovana a distorcere l’immagine del
Gramigna?
Noi pensiamo che queste affermazioni, palesemente false, confermino che
questa inchiesta ha una natura politica. Solo così possiamo
spiegarci perché l’accusa e alcuni testimoni della polizia hanno
tentato di criminalizzare le nostre idee e le nostre pratiche,
facendole apparire rivolte a pochi eletti o per i soli stretti
militanti, gettando un’ombra di “sovversione” sulle nostre
attività.
Non possiamo accettare che questa descrizione distorta del Gramigna
entri pretestuosamente nel processo, perché la vera immagine del
Gramigna rappresenta per noi la nostra pratica e la nostra esperienza,
e la rivendichiamo consapevoli di aver contribuito alla vita di uno
spazio davvero popolare.
Toschi Alessandro, Salotto Federico,
Mazzamauro Alfredo, Caprio Amarilli, Magon Michele.
Udienza del 23 febbraio
Altra giornata da “vips” al Tribunale di Milano! Arriva Mario Mori!
Folla di giornalisti e Tv. Nessuno però il giorno dopo sui
giornali stiverà che Mori, ex-capo dei Ros dei carabinieri e del
Sisde (Servizio segreto ora chiamato di sicurezza) e che oggi dirige
l’ufficio di sicurezza del Comune di Roma, è stato sotto
processo per favoreggiamento a Cosa Nostra. Ed è recente, dei
primi di gennaio, la dichiarazione davanti al tribunale di Palermo del
colonnello Michele Riccio:
«Il generale Mori mi disse di non citare nel mio rapporto i nomi
di tutti i politici, tra questi c’era anche Marcello Dell'Utri: una
persona importante, molto vicina ai nostri ambienti. Se lo metto,
pensai, succede il finimondo». Proprio una bella persona! Non ci
stupiamo, del resto un suo caro collega dirigente dei Ros, il generale
Giampaolo Ganzer, attualmente è sotto processo a Milano con
l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico e
raffinazione di droga, al peculato e al falso. Poco o niente ne hanno
parlato i giornali di queste faccende e, quando simili criminali
compaiono in aula per accusare i compagni, sembrano delle educande e
sono trattati come degli eroi della “democrazia”.
A parte questi commenti e il triste ma reale spettacolo che dà
di se la “democrazia” in aula, una nota di allegria è stata
portata verso la fine dell’udienza da una battuta dalle gabbie. Alla
citazione della Corte degli avvocati è risultato assente
l’avvocato Fiore, parte civile per Forza Nuova, si è sentito
urlare : “Sarà impegnato in una ronda!”
Mori, dirigente del Sisde dal 2001 fino a dicembre 2006, ha risposto a
domanda degli avvocati della difesa che il loro Servizio ha sempre e
costantemente fatto inchiesta sui movimenti di sinistra e che su questi
imputati ha iniziato a indagare dal 2003, quando comparve il primo
numero del giornale “Aurora”.
Secondo le valutazioni del Sisde, alcuni articoli richiamavano
posizioni brigatiste e, attraverso una loro fonte (informatore) hanno
individuato alcuni degli imputati.
La difesa ha chiaramente chiesto quali prove di reati sono state
raccolte nei tre anni di indagini. A questa domanda il Mori ha cercato
di glissare dicendo che tutto era contenuto nell’informativa consegnata
alla questura di Milano e poi alla Pm il 24/10/2006. La difesa ha fatto
presente l’obbligo di investire l’autorità giudiziaria quando si
rilevano reati in corso e a questo punto Mori ha affermato che fino
alla consegna dell’informativa non avevano raccolto nessun elemento di
reato in corso.
A parecchie domande Mori a risposto con dei secchi no o non ha dato
risposta trincerandosi dietro la segretezza e mantenendo una
recitazione molto educata ma sbugiardata quando si è lasciato
scappare: “A noi non ce ne frega nulla dell’autorità
giudiziaria!”.
Una domanda interessante è stata fatta dall’avv Pelazza:
"É vero che uomini del Sisde collaboravano alla rivista
'Intelligence' nel cui comitato scientifico c'è il Gip di questa
indagine Guido Salvini?" Ovviamente Mori ha detto che non conosce
nemmeno la rivista.
Quando termina l’interrogatorio assieme a Mori si alzano e se ne vanno
dall’aula uno stuolo di giornalisti e Tv che dimostrano ancora una
volta di che tipo sia la loro informazione e quanto poco gli interessi
veramente seguire lo svolgimento processuale.
Nella seconda parte dell’udienza parlano i tecnici periti balistici e
quelli delle intercettazioni.
Il tecnico della difesa ha presentato una perizia circostanziata e
approfondita che smonta scientificamente pezzo a pezzo la perizia
svolta dalla scientifica di Roma per conto dell’accusa tesa a
dimostrare che alcune particelle rinvenute, una su un guanto, un’altra
su un’auto degli imputati, sono sicuramente derivate da polvere di
colpi di armi da fuoco. Scientificamente la provenienza di quelle
particelle non è univoca, possono provenire ad esempio da
polvere di frenatura, dall’uso di attrezzi meccanici o altro.
E, solo una comparazione con le particelle di polvere del colpo
specifico, potrebbe dare più possibilità di valutazione.
Prova che l’accusa si è guardata bene dal fare.
La Bocassini in questa occasione ha mostrato tutto il suo rancore e la
sua bassezza attaccando personalmente il perito senza nemmeno entrare
nel merito delle questioni da lui poste. Ha cercato di diffamarlo e
denigrarlo chiedendogli il titolo di studio, che strumenti di sua
proprietà avesse per fare gli esperimenti, cercando di farlo
passare per un poveraccio senza arte ne parte. Ma le è stato
ribadito che la strumentazione utilizzata è quella più
avanzata in Italia, si trova a Torino, e che il perito svolge
egregiamente il suo lavoro da più di 20 anni.
Altro colpo all’accusa viene inferto dalla perizia su
un’intercettazione gestita dall’accusa come intercettazione chiave in
particolare in relazione al presunto attentato alla vita di Ichino che
oramai sembra essere il “leit motiv” di questo processo. Si tratta
della famosa intercettazione ambientale fatta a Raveo nel dicembre
2006. La perizia acquisita agli atti con tanto di grafici e spiegazioni
scientifiche dimostra che la frase incriminata non poteva starci nello
spazio temporale e la non corrispondenza delle parole ai suoni. E la
difesa chiede anche di ascoltarla in aula per dissipare ogni dubbio. La
Bocassini si oppone. Come mai? Se fosse stata sicura che la
trascrizione non è una prova inventata l’avrebbe fatta
certamente ascoltare.
Tra l’altro la trascrittrice di questa intercettazione, abbiamo sentito
in aula, era presente agli interrogatori di garanzia dopo gli arresti
del 12 febbraio (per registrare, ha detto all’avv. della difesa) e
moglie del Cancelliere. Ma, ha detto, non ho mai parlato con mio marito
di cose che riguardano il lavoro. C’è da crederle!
Quando la Corte ha negato l’ascolto in aula dell’intercettazione dalle
gabbie sentiamo: "Ve la cantate e ve la suonate da soli, qui non
c'è contraddittorio” e poi, "Questa mattina abbiamo sentito la
testimonianza di un generale amico degli stragisti".
La prossima udienza si terrà il 3 marzo, ci sarà la
requisitoria della pm Bocassini
Il 18 marzo interverranno gli avvocati per le parti civili: Forza
Nuova, lo Stato, Ichino.
Sono state fissate le seguenti udienze: 27 marzo, 20 e 21 aprile in cui
inizieranno le arringhe della difesa.
Sicuramente dopo la requisitoria della Bocassini si fisseranno tutte le
udienze necessarie per la fine del processo, indicativamente entro fine
aprile.
INVITIAMO TUTTI A PREPARARSI, TENERSI LIBERI, COINVOLGERE PIÙ
PERSONE POSSIBILI PER IL PRESIDIO CHE COME PARENTI CONVOCHEREMO PER
L’ULTIMA UDIENZA.
I NOSTRI COMPAGNI NON SONO MAI STATI LASCIATI SOLI NELLA LORO TENACE
RESISTENZA. CREDIAMO CHE LA SENTENZA CHE SI STA PREPARANDO NON
COINVOLGA SOLO LORO E NOI MA TUTTI COLORO CHE CREDONO ANCORA POSSIBILE
PENSARE E AGIRE OGGI PER CAMBIARE QUESTA SOCIETÀ!
FEBBRAIO 2009
Associazione Solidarietà Parenti e Amici degli Arrestati il
12/02/07
parentieamici@libero.it - www.parentieamici.org