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Preparare lo sciopero generale e costruire organismi di contro potere proletario

28 gennaio 2011 tutti in piazza per la giornata di mobilitazione e di lotta per contrastare e bloccare il piano del capitale,
che vuole annientare tutte le conquiste dei lavoratori, e per cacciare il  fuorilegge Berlusconi

Assediamo i centri del  potere economico e politico in tutte le principali città del paese

In questi anni è aumentato lo sfruttamento, sono diminuiti i salari reali, è stato portato un attacco frontale alla scuola pubblica (privatizzazione e crescita invadente dell'egemonia cattolica, ciellina e vaticana) e sono state radicalmente ridimensionate tutte le conquiste sociali frutto di 40 anni di lotte (pensioni, sanità, diritto alla casa, trasporti, limitazione della libertà di sciopero ecc...).

In sostanza, le conseguenze della crisi di sovra- produzione del sistema capitalistico sono state fatte ricadere, come sempre, sulle spalle dei lavoratori salariati. A fronte di questa crisi strutturale ed irreversibile del capitalismo mondiale, i comunisti e la sinistra rivoluzionaria non sono ancora riusciti a contrapporre modelli, strumenti, obiettivi e programmi in grado di contrastare il piano del capitale e di costruire consenso ed egemonia attorno alla proposta di un nuovo modello di società basato sui principi del marxismo rivoluzionario: cioè una società comunista, liberata dalla schiavitù del lavoro salariato e dall'oppressione dell'apparato statale contro la maggioranza della popolazione (Dittatura della borghesia = Democrazia rappresentativa borghese). Questo tipo di società non ha ancora avuto una sua espressione reale e positiva  nella storia dell'umanità. Questo, però, non significa sottovalutare rivoluzioni e tentativi di costruzione di società socialiste realizzate nel secolo scorso in paesi in cui il capitalismo non era ancora sviluppato ( URSS, CINA, VIET-NAM, CUBA  e anche in parte in Venezuela ecc.).

Da queste esperienze, in diversa misura, si debbono trarre degli insegnamenti fondamentali, poiché tutte sono inizialmente nate per costruire società socialiste e per liberare l'umanità dalla schiavitù del lavoro salariato e del profitto, anche se oggi nessuno di questi modelli può essere riproposto con automatismo, perché alcuni di essi hanno fallito nella costruzione di una società socialista, intesa come fase di transizione alla società comunista.

La sfida dei comunisti e dei rivoluzionari di oggi è quella di dare un contributo decisivo  all'abbattimento della dittatura del capitale e della borghesia e alla conseguente costruzione di una società comunista in paesi a capitalismo sviluppato in crisi irreversibile e in presenza di sistemi politici basati sulla mistificante democrazia rappresentativa borghese. E' evidente, quindi, che in Italia e nei paesi a capitalismo avanzato il processo rivoluzionario assume e assumerà  forme, contenuti e percorsi diversi che nel passato, anche per non ripetere errori e, in alcuni casi, esiti catastrofici che le esperienze sopra citate hanno avuto. Fermo restando che il capitalismo e le forme diverse di governo che storicamente si dà NON SONO RIFORMABILI dal suo interno, né superabili con un pacifismo impotente e che non ci sarà una rivoluzione dei rapporti di proprietà senza un partito comunista forte ed organizzato.

Oggi in Italia, ma anche in Europa, è drammatica l'assenza di una formazione politica capace di raccogliere e rappresentare gli interessi unitari del nuovo proletariato. Questo è uno degli elementi che favorisce  la passività operaia e proletaria e permette, ovviamente, una maggiore aggressività del Kapitale (vedi piano Marchionne, ma non solo) e del suo Stato, attualmente gestito dalla banda Berlusconi. Questa passivizzazione e sfiducia delle classi sfruttate si spiega anche con l'assenza di una proposta politica forte e chiara di una società radicalmente diversa da quella attuale e non più basata sul profitto e sull'oppressione del modello capitalista e borghese della società.

Per quanto riguarda la così detta opposizione istituzionale, si può dire che è sostanzialmente assente e comunque inefficace. Il PD (che costituisce il partito maggiore di “opposizione”) è un agglomerato di formazioni in perenne contraddizione fra loro. Non è classificabile né come partito socialdemocratico, né come partito d'ispirazione cattolico-popolare. In sintesi lo si può definire un ibrido impotente e funzionale al mantenimento dello status quo. Attualmente la sua impotenza e la sua non volontà di opporsi al governo corrotto di Berlusconi permette a quest'ultimo di rimanere in carica nonostante che questo governo  stia attuando il più grande progetto di eversione istituzionale dell'Italia post fascista.

Siamo l'unico paese al mondo in cui in presenza di un'evidente crisi di un governo basato sul clientelismo banditesco, sul nepotismo, sulla corruzione, sugli intrecci mafiosi e sull'uso violento e manipolatorio dei mezzi di informazione l'opposizione parlamentare  non fa nulla di concreto e di coerente per cacciare il governo. L'opposizione istituzionale, con la sua insipienza, la sua incapacità, la sua malafede ed il suo egoismo, privilegia la propria auto-conservazione rispetto alla volontà dell'elettorato che dovrebbe rappresentare. E' di fatto complice oggettivo dell'attuale drammatica situazione.

Per quanto riguarda i rimasugli della così detta “sinistra radicale”, di cui ci occuperemo più a fondo in un altro intervento, è meglio stendere un velo pietoso, ma non certamente assolutorio. Il dato più rilevante di quest'area politica, in questa fase, è la sua “irrilevanza” sociale e conseguentemente politica. Senza più rappresentanza parlamentare sta pagando la sua assenza di radicamento nei luoghi di lavoro e nelle scuole e una politica decennale dissennata del bertinottismo-vendolismo parolaio e massimalista.

Di fronte ad un panorama così complesso, ma paradossalmente anche molto chiaro nel delineare le diverse responsabilità di chi è o non è responsabile di questa crisi del sistema, dobbiamo cominciare a dire NO e ad opporci con metodo ed in modo determinato ed organizzato al piano del Kapitale e al governo del fuorilegge Berlusconi. Si devono costruire nelle lotte organismi unitari e democratici fra lavoratori salariati (nuovo proletariato), studenti e disoccupati, al cui interno le avanguardie rivoluzionarie possono e devono avere un ruolo determinante di stimolo e supporto politico-organizzativo. La lotta degli operai di Pomigliano e di Mirafiori contro il piano di destrutturazione di Marchionne non deve essere lasciata isolata. Il progetto Marchionne e la contro-riforma della scuola Gelmini sono due facce della stessa medaglia. Con queste due scelte il capitalismo italiano vuole imporre un nuovo modello di società più “ordinato”, più “controllato” e, di fatto, vuole ridefinire i rapporti di classe a favore del capitale e della borghesia. Si vuole, in sostanza, chiudere una fase economica, politica e sociale durata circa 40 anni, basata su un welfare diffuso e strumento di minor tensione fra le classi, per passare ad una forma di società ancor più autoritaria di quella precedente, in cui il nuovo proletariato sia totalmente dominato e subordinato alle esigenze del profitto e dell'impresa.  In questo contesto il precariato costituisce un mezzo formidabile per costruire una società basata sulla paura, sull'incertezza del futuro e sulla frammentazione e divisione degli interessi del nuovo proletariato.

Oggi i compiti immediati sono quelli di creare le condizioni per organizzare un vero sciopero generale ad oltranza che paralizzi i gangli principali del paese e con l'obiettivo primario di bloccare e rovesciare il piano di Marchionne e di cacciare Berlusconi e la sua banda. Prendiamo esempio dalle giornate del luglio 1960, quando migliaia di lavoratori e studenti scesero in piazza per molti giorni consecutivi con l'obiettivo di cacciare il governo Tambroni sostenuto dai fascisti del MSI.

Anche allora, nonostante la presenza di un forte e strutturato PCI, non si delegò la lotta ad alcun partito. Così dobbiamo fare oggi. Nessuna delega! Costruiamo organismi di massa del contropotere proletario.

Dobbiamo far sentire ai nemici di classe il fiato sul collo. Non dobbiamo dar loro tregua.

 
Giorgio Riboldi – SU LA TESTA l'altra Lombardia

26 gennaio 2011