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La scelta strategica, riguardante anche giunte precedenti a quelle di Formigoni, è stata quella di potenziare, sostenere e finanziare la sanità privata attraverso convenzioni scellerate, ridimensionando ed indebolendo quella pubblica.
Questi dati sulla diminuzione dei posti letto parlano da soli:
1981 posti letto in Lombardia - 530.000
1992 posti letto in Lombardia - 365.000
2010 posti letto in Lombardia - 245.000
2017 posti letto in Lombardia - 191.000
Oltre a questo dato, già di per sé criminogeno, si registrano altri devastanti effetti come:
1) l’aumento del costo dei tickets sanitari che sono tra i più alti rispetto al resto del paese
2) il numero dei presidi sanitari è stato ridimensionato e ridotto, come anche il numero di letti destinati alla terapia intensiva.
3) le attese per esami e controlli sono aumentate, costringendo i cittadini a defatiganti attese o a rivolgersi a pagamento alle strutture private.
Si è scelto di non avere un progetto strategico per potenziare le strutture pubbliche, privilegiando criminalmente la ricerca del profitto a discapito della salute dei cittadini e della qualità della vita.
Eppure la Lombardia, fino a poco tempo fa, era considerata un esempio di “eccellenza” dalla propaganda di regime, in realtà questo modello definito di “sussidiarietà” ha prodotto corruzione e ladrocini vari (vedi il caso Formigoni - clinica Maugeri).
Inoltre non si deve dimenticare che alcuni assessori alla sanità, in tempi diversi, hanno dato “asilo” a dirigenti fortemente criticati in altre realtà come Antonio Cuzzoli e Alessandra Massei, rispondendo a logiche di spartizione e di lottizzazione tra i vari partiti di centro-destra.
I risultati di queste scelte scellerate e delle sfrenate privatizzazioni perseguite dalle varie Giunte Regionali lombarde si sono progressivamente manifestati e sono esplosi in occasione dell’emergenza Covid 19. La mancanza di letti in terapia intensiva, che ha causato ritardi e problemi vari nella cura tempestiva dei malati, è il frutto dell’inadeguatezza della sanità pubblica lombarda svuotata e indebolita per aver favorito le strutture private. Se ci fossero stati più letti a disposizione quanti morti si sarebbero risparmiati e quanto tempo in meno i contagiati sarebbero stati “parcheggiati” nei Pronto Soccorso in attesa che si liberassero letti lasciati “liberi” dai deceduti?
Dal 21 febbraio al 2 marzo nessuna di queste strutture convenzionate e finanziate dal pubblico sono state in prima linea nella cura del Coronavirus e pensare che rappresentano più del 50% degli ospedali in Lombardia. In questo periodo le uniche strutture di ricovero in Lombardia sono state tutte pubbliche.
Il presidente della giunta della Regione Lombardia Fontana (Lega) e l’assessore regionale alla sanità Gallera (Forza Italia) hanno enormi responsabilità nell’aver affrontato in ritardo e superficialmente la gestione dell’emergenza legata al Coronavirus.
La giunta regionale, incomprensibilmente, nella fase iniziale dell’emergenza approva una delibera per chiedere alle case di cura per anziani di ospitare i malati di Covid 19 non in terapia intensiva.
Questa scelta ha in parte condizionato l’estendersi dell’epidemia, infatti ad oggi il 53.4% dei decessi riguarda le varie fasce di anziani gran parte ospitati dalle RSA. Una situazione analoga pare si sia verificata anche in Emilia Romagna.
A tutt’oggi risulta inspiegabile questa decisione e non si capisce bene che cosa l’abbia ispirata. Grave è anche il fatto che sul piano politico non ci sia stata un’adeguata reazione delle forze istituzionali di opposizione, né in Lombardia né in altre regioni, contro i responsabili delle morti.
I contagi e le morti in Lombardia rappresentano circa la metà di quelli verificatesi sul piano nazionale e questo si spiega con le scelte errate o anche le non scelte della giunta leghista-forza-italiota che anziché privilegiare la cura e l’assistenza ai cittadini contagiati si è “impegnata” quasi quotidianamente per oltre 2 mesi a fare concorrenza in peggio, con la regia di Salvini, ai provvedimenti del governo nazionale, cercando di farlo cadere sfruttando l’emergenza coronavirus. Obiettivo ovviamente fallito.
Un altro gravissimo fatto accaduto in questa regione è ciò che è successo nel bergamasco e in parte nel bresciano. Dopo il primo provvedimento restrittivo del governo che prevedeva la chiusura di quasi tutte le attività lavorative salvo quelle strettamente necessarie, in questi territori l’attività produttiva è continuata quasi totalmente come prima a prescindere dal tipo di produzione.
Bastava un’autocertificazione al prefetto dei titolari di fabbriche e fabbrichette per mantenere aperta l’attività anche senza alcun dispositivo di sicurezza, né controlli efficaci nell’ambiente di lavoro. Risultato: decine di lavoratori contagiati e morti, senza che la Giunta regionale leghista muovesse un dito. Ha prevalso la filosofia classica e idiota “produttivista” e “lavorista” diffusissima nelle vallate bergamasche e bresciane a guida leghista e non solo.
Hanno tentato di tutto pur di far emergere “ l’eccellenza” in Lombardia fallendo miseramente.
Hanno progettato perfino la costruzione di un nuovo ospedale destinato completamente alla terapia intensiva con 400 posti letto previsti. Questa struttura, a cui hanno lavorato 500 operai e tecnici, e tanto esaltata da Fontana e da quel Bertolaso inquisito per le malefatte del post-terremoto dell’Aquila, non ha mai ospitato più di 50 malati ed è costata oltre 20 milioni di euro.
Mentre scriviamo ospita 4 malati e si pensa di chiuderla entro la fine del mese di maggio. Oltre la beffa il danno visto che quelle donazioni potevno essere impiegate per potenziare i servizi pubblici compresi i tamponi. Anche su questo sarà bene aprire un’inchiesta sociale oltre che una giudiziaria. Non si può delegare solo alla magistratura l’opposizione politica e il contrasto al malaffare.
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LA TESTA l'altra Lombardia
20 Maggio 2020