CONVEGNO SULL’AMIANTO
San Bassano (CR), 12 settembre 2008
RELAZIONE INTRODUTTIVA
Mariella Megna
Cittadini contro l’amianto
La ditta Cavenord srl, con sede legale a Bergamo, ha intenzione
di realizzare una discarica di rifiuti spe-ciali contenenti
amianto in località Cascina Retorto, comune di Cappella
Cantone (CR). La località scelta é una cava di inerti in
fase di esaurimento.
Quando si parla di Cavenord, o di Seraco, si parla dei Fratelli Testa.
La Cavenord è una partecipata dei Fratelli Testa e la Seraco
è una piccola azienda acquistata dai Fratelli Testa. La ditta
Testa è in pratica l’operatore che possiede la maggiore
potenzialità estrattiva dell’intera provincia di Cremona
perché ha delle cave aperte nelle zone di Cappella Cantone
località Retorto, San Bassano, Formigara, Santa Maria dei
Sabbioni. (Per inciso la Seraco figura nel 2004 come contribuente di
Forza Italia per un importo di 10mila euro).
La Regione Lombardia ha avviato il 22 agosto 2007 la procedura per il
VIA (Valutazione di Impatto Am-bientale) con annuncio pubblicato su La
Cronaca di Cremona.
I sindaci di Cappella Cantone, San Bassano, Soresina, Formigara,
Casalmorano, Castelleone, oltre al consiglio e alla giunta
provinciale, hanno espresso parere contrario a questa discarica. Una
delegazione di amministratori comunali e provinciali ha avuto
già due incontri al Pirellone con gli assessori competenti, che
sono Boni della Lega e Buscemi di Forza Italia. Da questi incontri
è scaturita la decisione di rinviare il tutto a fine settembre
2008. Nel frattempo sui quotidiani locali sono state pubblicate
dichiarazioni di contrarietà alla discarica anche da
associazioni di categoria degli agricoltori, quali la Coldiretti e
Libera, e da Lameri, la multinazionale del ce-reale che ha due
stabilimenti a San Bassano.
Queste le motivazioni sostenute dall'amministrazione provinciale
davanti alla Regione Lombardia (se-condo quanto dichiarato
dall'assessore provinciale all'ambiente Biondi in un’assemblea
pubblica) per indurla a fermare l'autorizzazione alla realizzazione
della discarica:
- incoerenza con il piano cave provinciale che prevede per la
zona interessata un recupero ambientale-agricolo,
- incoerenza con il piano rifiuti provinciale (che però è
in attesa di approvazione da parte della Regione Lom-bardia) che
non prevede discariche di rifiuti di amianto,
- mancanza di distanza minima tra discariche. Il piano rifiuti in
attesa di approvazione prevede una distanza minima tra discariche di 5
chilometri mentre la nuova discarica sarebbe a meno di 500 metri
dalla discarica ormai chiusa di rifiuti solidi della vicina frazione di
Corte Madama in comune di Castelleone;
- la zona é soggetta ad allagamenti dovuti all'esondazione del
Riotorto (in settembre 2007 vi è stata un’esondazione i cui
danni sono stati ingenti e che ha provocato la chiusura del raccordo
della Paullese proprio in prossimità della discarica in
questione) e ci sono falde affioranti che alimentano il torrente
Riotorto e la Roggia Montalbana (uno studio geologico era stato fatto
nel 1992, commissionato dal comitato contro la disca-rica di
rifiuti solidi di Corte Madama);
- la zona é a vocazione agro-alimentare, con coltivazioni
di mais destinato alle vacche da latte. Imoltre adia-cente alla
discarica in progetto vi é il Parco del Serio morto che potrebbe
avere come conseguenza un depaupe-ramento;
- la coesistenza in uno stesso contesto di attività di
escavazione e di discarica sono potenzialmente pericolose.
I nostri amministratori locali sono uniti e tutti contrari alla
discarica, quindi, secondo loro, noi cittadini do-vremmo dormire sonni
tranquilli. A fine settembre ci sarà la conferenza dei servizi
in cui saranno raccolti tutti i pareri degli enti coinvolti e siccome i
nostri sindaci diranno NO il problema si risolverà.
Bene, la questione è molto più complessa.
I cittadini sono e devono essere gli attori principali di questa
faccenda, ma in realtà sono stati scarsamente informati e
stimolati alla partecipazione attiva. E’ una sorta di circolo vizioso
che noi respingiamo in partenza.
Autorizzare una discarica di amianto comporta responsabilità
altissime perché è in gioco la vita o la mor-te delle
persone, oltre alla qualità della vita delle stesse. Occorre, in
questo caso, “disturbare il manovratore”. Quindi, chi meglio dei
cittadini stessi in prima persona possono tutelare la propria salute,
controllando che altri interessi non prevalgano?
A questo punto è legittimo porsi un interrogativo: le
istituzioni locali vogliono realmente impedire che in questo territorio
si compia un ulteriore attentato alla salute dei cittadini?
L’esclusione sistematica dei cittadini dalle decisioni principali fa
sorgere forti perplessità e preoccupazione su come è
stata gestita finora la questione e su dove si voglia andare a parare.
Il sindaco di Cappella Cantone era stato informato dalla stessa ditta
Testa dell’intenzione di realizzare la disca-rica già il 15
febbraio 2006 e anche l’amministrazione provinciale lo sapeva. Il
sindaco di San Bassano è stato informato della cosa dal sindaco
di Cappella Cantone nell’aprile 2006. Per cui quando è stata
avviata il 22 ago-sto 2007 la procedura dalla Regione Lombardia, gli
enti interessati avrebbero dovuto subito attivare tutti i mez-zi che la
legge mette a disposizione per esprimere dissenso. Per esempio,
informare che il progetto è a disposi-zione di qualsiasi
cittadino in Comune, in Provincia e in Regione e che qualsiasi
cittadino ha 60 giorni di tempo dall’avviso pubblico per presentare
osservazioni.
La partecipazione dei cittadini assume un ruolo rilevante nella
procedura di VIA che deve considerare ol-tre agli aspetti tecnici e
scientifici anche la molteplicità di interessi e conflitti
legati alla realizzazione dell’opera. E anche le linee guida della
Regione Lombardia per l’individuazione da parte delle Province delle
aree per il recupero e smaltimento dei rifiuti prevede fra le altre
voci “una buona accettazione da parte dei citta-dini”. Questo dice la
legge. NON E’ VERO che la protesta dei cittadini è
controproducente o inutile e NON E’ VERO che saranno valutate
nell’istruttoria solo le incongruenze normative, come qualche
funzionario della Regione ha dichiarato ai nostri amministratori.
Inoltre la Regione può indire un’inchiesta pubblica a cui sono
chiamati ad intervenire il Proponente dell’opera e gli Enti locali
interessati e a cui può partecipare qualsiasi cittadino.Tutto
questo deve avvenire però prima della conferenza di servizi che
è prevista entro fine settembre.
Perché gli amministratori non ce l’hanno ancora detto?
Come partecipazione diretta dei cittadini in Regione è arrivata
solo la petizione popolare con un numero ancora insufficiente di firme
perché scarsamente pubblicizzata, ed avviata, per esempio, dal
comune di San Bassano solo dopo l’11 marzo 2008.
Pensiamo che l’opposizione delle istituzioni locali sia condotta con
insufficiente determinazione.
Lo dimostra il fatto che in ogni occasione pubblica gli esponenti delle
stesse si premurano e si agitano nell’affermare l’assoluta non
necessità che siano costituiti comitati di cittadini che seguano
la questione.
Se non c’è un’opposizone vera, sia sul piano sociale che
su quello politico, la Regione Lombardia molto probabilmente ha
deciso di dare l’autorizzazione alla costruzione di questa
discarica.
Ci consigliano di aspettare fino a fine settembre per vedere cosa
uscirà dalla conferenza dei servizi, invece il momento di agire
per i cittadini è ora e subito e siamo molto in ritardo per i
motivi che ho appena spiegato.
Tutta la vicenda ha dei risvolti non chiari.
La ditta Cavenord dei Fratelli Testa aveva già cercato nel 2005
di acquisire il terreno in località Retorto per realizzare la
discarica, ma aveva ricevuto il diniego del proprietario, la
Fondazione Robbiani. E' tornata poi al-l'attacco comprando nel 2007 il
terreno adiacente da un privato, per una cifra doppia di quella di
mercato e poi ha avanzato la domanda in Regione. Ci chiediamo il
perché di tanta ostinazione. Si è portati a pensare che
la ditta aveva già avuto delle assicurazioni sulla
fattibilità della discarica.
Il progetto prevede una capienza di 200mila mc di rifiuti.
Il bacino della cava Ritorto è di 850mila mc e c’è la
possibilità che una volta avviato il procedimento di
autorizzazione si possa ottenere un ampliamento del sito.
La Regione Lombardia prevede di smaltire da qui al 2010 circa 800 mila
mc di rifiuti di amianto e allora ci chiediamo: li vorrà
smaltire in gran parte qui da noi?
E ci chiediamo ancora: perché gli enti preposti al controllo e
tutela del territorio non pianificano e programma-no le località
idonee per realizzare le discariche e poi valutano le domande, invece
di lasciare ai privati la pre-rogativa di proporre siti a loro certo
convenienti economicamente, ma non altrettanto sicuri per la salute dei
cittadini?
Perché gli interessi privati devono prevalere su quelli pubblici?
La nuova discarica di Cappella Cantone sarebbe, ed è,
addirittura improponibile se si osservassero le linee gui-da che la
stessa Regione Lombardia ha emanato, con la delibera di giunta n.
8/6581 dello scorso 1 febbraio 2008, per l’individuazione da parte
delle Province delle aree per il recupero e smaltimento dei rifiuti
(per chi vuole documentarsi la delibera è pubblicata sul
Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia del 15 febbraio
2008, 4° supplemento straordinario). Secondo questa normativa non
ci sarebbero le condizioni per garantire la tutela delle risorse
idriche, un buon impatto ambientale nel medio-lungo periodo, e nemmeno
la re-distribuzione della pressione ambientale all’interno del
territorio lombardo, in quanto la nuova discarica di Cappella Cantone
potrebbe accogliere da un terzo fino a oltre la metà dei
previsti 800mila metri cubi di rifiuti di amianto da smal-tire
provenienti da tutta la Lombardia, sarebbe la più grande della
Lombardia e tra le più grandi di Europa.
Anche a Cingia de’Botti dovevano costruire una discarica, in
partenza anche più grande di quella di Cappella Cantone, ma in
un mese la questione si è risolta. La Regione ha avviato la
procedura il 25 aprile 2008 e l’ha chiusa il 23 maggio 2008 con la
seguente motivazione: procedura non avviabile per mancanza di elementi
mi-nimi. Noi sappiamo che contro questa discarica il presidente della
provincia Torchio si è subito attivato e ha di-chiarato alla
Provincia il 13 maggio 2008 che non è possibile avviare una
discarica in un territorio che sarà inte-ressato dalla
costruzione di due autostrade.
E che dire del caso di Treviglio del 2003? 2500 cittadini hanno
presentato un esposto contro il progetto di rea-lizzazione di una
discarica di rifiuti industriali speciali e cemento-amianto nell’ex
cava Vailata di via Palazzo e l’ufficio VIA ha espresso parere
contrario per eccessiva vicinanza alla città, falde acquifere
affioranti e accesso stradale pericoloso.
Il sito scelto dai Fratelli Testa per realizzare la discarica non
è sicuro, e non è vero che lo smaltimento dei rifiuti di
cemento amianto non compromette la salute dei cittadini.
Non si tratta di essere pregiudizialmente contrari alle discariche di
amianto. Lo sappiamo bene che una volta ri-coperto, o meglio ancora,
una volta chiusa la discarica il cemento-amianto non costituisce
più un alto fattore di rischio per l’uomo. Ma chi afferma che la
discarica di amianto non è assolutamente pericolosa dice il
falso o non conosce a fondo il problema.
Il cemento-amianto è uno dei tanti rifiuti contentente
amianto. E’ considerato non pericoloso perché rispetto ad altri
rifiuti contenenti amianto è in matrice stabile e quindi le
fibre possono dispedersi più difficilmente, ma è pur
sempre un rifiuto speciale che va movimentato il meno possibile.
Il conferimento in discarica del rifiuto di amianto è una fase
delicata dell’operazione di smaltimento che può produrre
aerodispersione di fibre a causa, per esempio, di contenitori non
bonificati o peggio ancora di involucri lesionati che all’atto dello
scaricamento potrebbero perdere il loro contenuto, mettendo a ri-schio
gli addetti della discarica, ma anche le popolazioni circostanti
perché i venti trasportano facilmente e velocemente le fibre di
amianto.
Le prescrizioni da seguire per smaltire il cemento amianto sono molto
minuziose. Per citarne alcune: va movi-mentato il meno possibile,
posizionato su pallets, avvolto in telo plastico resistente a strappo
o, se di piccola pezzatura, in big-bag con chiusura ermetica ed
etichettato con il cartello “a”, caricato ed imballato ordinato e
stabile. Deve poi essere stoccato in pile che non devono superare i 3
metri di altezza, se un involucro è danneg-giato deve essere
subito sostituito, le ruote dei camion devono essere lavate…quindi
così sicuro non è lo smal-timento del cemento-amianto.
Gli abitati di Corte Madama (frazione di Castelleone), Oscasale
(frazione di Cappella Cantone) e San Bassano sono al massimo fra
1 o 2 chilometri di distanza. L’Istituto Superiore della Sanità
calcola che gli effetti di una discarica siano riscontrabili dalla sua
ubicazione fino ad una distanza che va da un minimo di 3 chilometri di
raggio ad un massimo di 7 chilometri. In questo caso sarebbero
coinvolti anche gli abi-tati di Formigara, Soresina, Castelleone,
Casalmorano.
Il Piano Amianto della Regione Veneto prevede che la distanza dai
centri abitati in relazione alla direttrice dei venti dominanti deve
essere oggetto di uno specifico studio
L’art 5 della direttiva CEE 91/156 prevede che lo smaltimento dei
rifiuti deve essere effettuato secondo il prin-cipio di
prossimità negli impianti appropriati più vicini. Per
evitare la dispersione per via aerea delle fibre di amianto, che
è pericolosissima, l’amianto va smaltito il più possibile
vicino al luogo dove è prodotto. Invece a Cappella Cantone cosa
si vuole fare? Attivare un notevole afflusso di camion provenienti da
tutte le parti della Lombardia su un'arteria a scorrimento veloce e
molto trafficata (SS415 Paullese) aumentando i rischi di
inci-denti. Non solo. C'é da considerare anche che in vicinanza
della discarica in progetto, e sempre sulla Paullese,
aumenterà il traffico di camion perché è in
costruzione una centrale a biomasse, nel comune di
Castelleone (comune confinante). Inoltre il tragitto dalla Paullese
alla discarica è molto lungo e i fattori di rischio aumenta-no
ancora di più.
Nelle linee guida della Regione Lombardia per la gestione del rischio
amianto del maggio 1998 si legge: “Il problema dello smaltimento dei
rifiuti contententi amianto (RCA) deve essere gestito nell’ottica di
una mini-mizzazione del possibile rilascio e dispersione di fibre
nell’atmosfera e del contenimento dei possibili inquina-menti delle
falde acquifere”.
Nel Piano Regionale Amianto Lombardia (PRAL), approvato nel dicembre
2005, si legge: “Le attività che at-tualmente possono generare
esposizione ad amianto sono quelle di manutenzione di edifici, di
impianti e mac-chine, di bonificia e di smaltimento.”
E la relazione della Cattedra di Medicina Legale e delle Assicurazioni
dell’Università degli Studi di Roma "La Sapienza" afferma che:
"le procedure di dismissione dell’amianto, ancorché eseguite nel
rispetto delle norma-tive vigenti e, quindi, con massima protezione
individuale degli addetti, potrebbe avere, comunque, determinato una
abnorme dispersione di cancerogeni nell’ambiente, favorendo
l’estensione della patologia alla popolazio-ne finora considerata non a
rischio."
E ancora cito il verbale della Commissione Tecnica Provinciale per
L’Ambiente della Provincia di Treviso del 9/11/04, relativo al diniego
della discarica di rifiuti di amianto Falzè di Sernaglia della
Battaglia, in cui si legge che "il rappresentante dell’ULSS n.7 ha
sottolineato che la discarica di rifiuti di amianto va ascritta fra le
atti-vità insalubri di prima classe di cui al Testo Unico delle
Leggi Sanitarie". Inoltre l’ULSS n.7, con parere del 24/09/2003, ha
scritto che "la nuova attività comporterà un
peggioramento generale della qualità della vita ed un possibile
incremento del rischio di salute per i residenti nei pressi del
sito…Sotto il profilo del rischio con-nesso alla manipolazione dei
materiali contenenti amianto il rischio puo’ essere apprezzabile (e
quindi non nullo) anche a livello di fibre disperse inferiori al limite
di rilevabilità delle metodiche di monitoraggio previste dalla
norma”.
Quindi il rischio per le persone c’è in prossimità delle
discariche di amianto, ma anche il danno ambien-tale è notevole.
Nel corso del convegno del 1999 tenutosi a Bruxelles sul problema
amianto è stato evidenziato che occorre ap-profondire il
problema del comportamento in discarica dei rifiuti di amianto a breve
e a lungo termine conside-rando che l’amianto non si degrada. E’ quindi
necessario considerare l’impatto ambientale a lunghissimo termi-ne
dello smaltimento in discarica.
Non è quindi così scontato che l’amianto non inquini e
non faccia male all’ambiente, e allora diciamo assolu-tamente NO ad una
discarica dove ci sono falde affioranti, sorgive e soprattutto in una
zona a vocazione agro-alimentare.
Non ci conforta assolutamente sapere che il progetto è stato
redatto da validi professionisti. Il progetto può es-sere
valido, ma è il sito che non va bene e non abbiamo garanzie
della professionalità dei gestori della discarica.
La normativa regionale prevede che le operazioni di smaltimento siano
effettuate da tecnici e coordinatori in possesso di attestato di
abilitazione.
I responsabili tecnici devono avere un patentino rilasciato dopo aver
frequentato non meno di 50 ore di appositi corsi di formazione.
In Italia non si contano più gli esempi di incuria e degrado
già documentabili per le discariche di amian-to.
Un esempio eclatante è il comune di Paese in provincia di
Treviso dove una discarica di amianto abbandonata a se stessa sta
avvelenando gli abitanti da tre anni.
Nel 2006 é stata dichiarata illegale dal Consiglio di Stato, ma
nel frattempo la società che gestiva il sito è fallita.
Nel 2005 i comitati territoriali hanno inoltrato esposti ai NOE (Nuclei
operativi ecologici dei carabinieri) di Treviso, e il risultato, almeno
fino a dicembre 2007, è stato che ventimila tonnellate di
rifiuti hanno continuato a rimanere accatastati uno sopra l’altro,
riparati solo da alcuni teli, del tutto deteriorati e a diretto
contatto con l’aria, in barba a tutte le norme, regole e codici di
comportamento che in Italia continuano a rimanere per la più
parte solo sulla carta e non producono quasi mai l’individuazione dei
colpevoli e il conseguente risarcimento per i danni procurati.
E non crediamo più alla favola dei controlli.
Ci sono effettivamente diversi enti presposti al controllo dell’aria,
dell’acqua e del sottosuolo, ma guardiamo vicino a noi, al caso TAMOIL
di Cremona. I cittadini hanno saputo solo dopo anni e anni che i pozzi
di ap-provvigionamento di alcune piscine erano inquinati da idrocarburi!
Il Piano Regionale Amianto Lombardia (PRAL) prevede
l’installazione di apparecchi di prelievo per il monito-raggio dei
livelli di concentrazione di fibre di amianto nell’aria, almeno una per
provincia.Sono state installate? Sono stati resi noti i risultati?
Sempre il PRAL prevede campagne di informazione per il cittadino ad
opera della Regione, delle province e dei comuni. Sono state
realizzate?
Addirittura la Regione Lombardia aveva previsto somme ingenti da
stanziare per la costruzione di un portale sul rischio amianto che non
risulta mai essere stato attivato.
E delle procedure di emergenza da adottare in caso di rilascio
accidentale di fibre di amianto nell’aria a causa di prevedibili
incidenti con cadute di rifiuti di amianto, rotture dei nylon di
protezione, errori umani ecc…ne vogliamo parlare visto che non ho
ancora sentito nessun amministratore o politico locale che si è
occupato di questi ed altri problemi enunciati?
Uno studio del 1997 a cura della Fondazione Maugeri di Pavia suggerisce
che, in generale, per le discariche venga effettuata l’analisi del
percolato ogni 6 mesi per accertare che nel giacimento non siano
stati conferiti ri-fiuti differenti da quelli ammessi e, nello
specifico, per quelle di amianto un’autocertificazione trimestrale
rela-tiva alle misure della dispersione nell’ambiente e alle misure
dell’esposizione del proprio personale a fibre di amianto aerodisperso.
Questo studio afferma che i fattori di rischio per la salute e
l’ambiente sono molto bassi, ma solo se i responsabili e gli operatori
della discarica organizzano e svolgono il lavoro con competenza e con
mezzi adeguati. I rischi quindi esistono e, difatti, tutti gli addetti
devono indossare tuta e mascherina. Ma i resi-denti nella zona vicino
alla discarica o gli ignari automobilisti che transitano sulla
Paullese, invece, come si de-vono proteggere in caso di incidente?
A Ivrea l’amianto è stato smaltito per lungo nei campi con falsi
certificati di trasporto e falsi certificati di analisi emessi
dall’azienda
Per tutti questi motivi ed altri ancora che emergeranno dagli
interventi di stasera invitiamo i cittadini alla più ampia
mobilitazione possibile, aderendo al nostro comitato e inviando lettere
di protesta in Re-gione Lombardia.
Se le adesioni saranno in numero adeguato prevediamo anche di
organizzare una manifestazione di protesta. Se non riusciremo a
bloccare l’apertura della discarica questo dipenderà
prevalentemente dalla disattenzione e sottovalutazione del problema da
parte dei cittadini. Allora, a questo punto, ognuno dovrà
assumersi le proprie responsabilità anche verso le generazioni
future.
Noi pensamo che la lotta dovrà continuare anche nella sfortunata
ipotesi che la Regione approvi il progetto. In quel caso la
mobilitazione potrà prevedere anche l’occupazione del sito da
parte dei cittadini della zona, conte-stualemente alla raccolta di
firme per indurre i comuni a ricorrere al TAR.