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Agli iscritti della sezione Anpi di Malo (Vi)
e p.c.
alle sezioni Anpi dell’Alto Vicentino
e p.c.
alle antifasciste e agli antifascisti
Care compagne e compagni
è con rammarico che vi inviamo questa
lettera con la quale
vi comunichiamo
la nostra intenzione di dimetterci dalle cariche ricoperte
all’interno
dell’
associazione e dall’associazione stessa.
Purtroppo la nostra partecipazione alla vita dell’Anpi è
divenuta
incompatibile con le posizioni che questa è andata
assumendo -
soprattutto
nell’ultima fase - e che, a nostro avviso, sviliscono il
patrimonio e
la
memoria della Resistenza, che è stata lotta contro il
fascismo,
contro il
nazismo, ma anche contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Quando abbiamo pensato, assieme ad altri compagni, di rifondare la
sezione
ANPI di Malo, avevamo ben presenti i rischi di agibilità
politica che tale
organizzazione poteva consentire. Sapevamo, infatti, che
tale
associazione
era legata alla politica dei DS (come in passato lo era stata a
quella
del
PCI).
Eravamo consapevoli del povero dibattito esistente all’interno,
sapevamo
della vocazione alla “commemorazione” e la scarsa inclinazione
alla
pratica
di intervento sociale, teso a riaffermare i valori resistenziali
della
solidarietà, della giustizia, della libertà, del
totale
rifiuto della
guerra.
Eravamo consapevoli di come l’antifascismo - quello vero - dei
partigiani,
fosse stato trasformato in un antifascismo “di facciata”
funzionale ad
una
logica di “identità nazionale”, una logica secondo cui
l’interventismo
armato italiano (10.000 militari in giro per il mondo) viene
chiamato
”missioni di pace” e non quello che in realtà esso
è,
ovvero la difesa degli
interessi strategici delle grandi imprese italiane.
Non pensavamo, sia chiaro, di poter invertire la rotta
revisionista che
l’
ANPI ha da anni intrapreso, seguendo ovviamente le orme del
partito di
riferimento.
Pensavamo di potere reimpostare, anche se solo a livello locale,
un
lavoro
politico che mettesse al centro del dibattito e delle iniziative i
valori
della Resistenza, la sua storia, la sua attualità. Eravamo
convinti di poter
coinvolgere una parte dei giovani iscritti e simpatizzanti in una
lettura
della Resistenza in chiave di attualità di quel messaggio,
di
quella lotta.
Della enorme valenza politica, umana e di solidarietà che
quell’esperienza
ha avuto per il nostro paese nella sua storia recente.
L’errore che abbiamo compiuto - e ce ne assumiamo le
responsabilità - sta
nel non aver compreso come prima o poi la costante avanzata della
politica
di “pacificazione nazionale”, voluta e portata avanti dai vertici
DS,
ci
avrebbe costretto a compromessi inaccettabili da un punto di vista
politico,
umano, di dignità, nei confronti di quanti, rifiutando
compromessi, hanno
sofferto carcerazioni, torture, immolando la propria vita nel
tentativo
di
liberare l’Italia dal nazi-fascismo.
La “goccia che ha fatto traboccare il vaso” (un vaso ormai colmo
da
tempo, a
ben vedere) è stata la sottoscrizione da parte dell’ANPI e
di
altre forze
politiche e sindacali del comunicato di convocazione del presidio
antifascista del 9 luglio a Schio. In quella lettera si parla
esplicitamente
di richiamo alla “concordia”. Ma quale concordia possiamo
perseguire
con chi
si riconosce in “valori” contro i quali si batterono i partigiani
nel
‘43-‘
45 (e dopo) e contro i quali ci battiamo noi oggi e cioè i
“valori” dell’
intolleranza, del razzismo, dell’odio, dello sfruttamento ?
Se si fosse trattato di una “svista” (per quanto gigantesca) si
sarebbe
potuto porvi rimedio con un comunicato di correzione. Ma non si
è trattato
di una svista e dunque non poteva (e non potrà esserci)
alcuna
correzione.
Si è trattato, anzi, dell’inevitabile conclusione di un
percorso
di
”riconciliazione” che va avanti da anni e viene condotto
soprattutto da
esponenti e forze della cosiddetta “sinistra”; da Violante, che
all’atto di
insediamento come Presidente della Camera nel 1996,
dichiarò
fascisti e
antifascisti “vittime di una comune tragedia”, fino alla
dichiarazione
di
riconciliazione dello scorso anno del Presidente ANPI regionale
Busetto,
passando attraverso le dichiarazioni di appoggio all’aggressione
imperialista contro la Jugoslavia nel 1999, giustificata con
inesistenti
”pulizie etniche” e “genocidi” e condotta sotto la direzione della
Nato
senza neppure alcun pronunciamento del Parlamento Italiano (quindi
persino
in palese violazione della Costituzione).
Poi, tanti altri piccoli e meno piccoli episodi che testimoniano
come
l’ANPI
si sia andata definendo sempre più come organismo di
manovra
della
”sinistra” istituzionale utilizzando l’autorevolezza conquistata
dai
partigiani nella lotta resistenziale contro il nazi-fascismo.
Un episodio che la dice lunga sul come i vertici ANPI la pensino
sulla
democrazia interna e sulla considerazione degli iscritti, riguarda
la
stesura e firma del documento cosiddetto “della concordia”,
firmato a
Schio
dal Presidente Busetto. Questo documento che non era stato
discusso e
approvato dalle sezioni ANPI vicentine e solo dopo che questa
mancata
discussione era stata sollevata al Congresso Provinciale si decise
di
farlo
discutere, a posteriori, alle sezioni. Far discutere decisioni
già prese e
firmate alle organizzazioni di base non ci sembra una cosa seria e
rispettosa di persone e compagni che in buona fede pensano di
portare
avanti
le aspirazioni dei combattenti partigiani.
Non è la commedia dell’arte, anche se ci assomiglia.
È la
degna conseguenza
di una logica revisionista che in nome del potere dimentica
storia,
sofferenze, vittorie, morti, torture, ma anche speranze,
aspirazioni,
ideali
e sogni che furono la base della Resistenza.
Che poi il rappresentante DS scledense consideri storico quel
documento
(sono le sue parole in assemblea pubblica) la dice lunga sul dove
e da
chi
quel documento sia stato effettivamente pensato e scritto.
Qui non è in discussione la pietà umana verso coloro
che
furono giustiziati
a Schio nel 1945. Né il diritto delle famiglie di ricordare
i
propri morti.
Qui è in discussione il fatto che si possa essere
“concordi” con
i
massacratori di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema, di Pedescala
o
con le
iene sanguinarie di Vallortigara e di Malga Zonta o con i
torturatori e
seviziatori dei Bogotto e di Ismene Manea. Se si possa essere
“concordi” con
coloro che in Africa e nei Balcani fecero strage di persone
innocenti
in
nome della superiorità “italica” (come ben evidenziano i
film
“Fascist
legacy” e “Il leone del deserto”, rigorosamente censurati dallo
Stato
italiano che non vuol vedere e far vedere quale sia la sua stessa
storia,
quando invece imperversano nelle televisioni centinaia di
“documentari”
storici che la ricostruiscono a proprio uso e consumo, in un’orgia
revisionistica che dovrebbe farci tutti vergognare); ciò
che
è in
discussione è se, oggi, sia possibile tendere una mano
verso chi
si richiama
a quelle “imprese”. Noi riteniamo di no ed anzi riteniamo nessuna
concordia,
nessuna riconciliazione sia possibile, né ora né
mai.
Riteniamo che la lotta
contro il fascismo vada condotta sul piano politico, culturale e
sociale,
sia per impedire che tornino a sfilare le camicie nere (come
avviene da
qualche anno a Schio che è diventata la meta annuale del
neo-fascismo), sia
affinché la concezione del mondo che il fascismo esprime
(egoismo,
intolleranza, odio verso immigrati, gay, antifascisti) possa farsi
largo
sotto altre spoglie soprattutto tra i giovani che non conoscono
cosa
sia
stato il fascismo e sono costantemente indotti a pensare che in
fondo
certi
”valori” possano essere considerati giusti.
Ci vengono in mente le parole di Carlo Azeglio Ciampi prima e di
Giorgio
Napolitano adesso, i quali non perdono occasione per inneggiare
all’orgoglio
e all’identità nazionale, facendo rivoltare nella tomba
anche
Giorgio
Almirante, come se i popoli non fossero tutti fratelli e come se
questa
fratellanza - che portò migliaia di partigiani italiani a
combattere in
Spagna - non fosse uno dei fondamenti primi di un cultura
antifascista
e di
lotta contro la guerra.
Oggi l’ANPI a nostro avviso non esprime più questi valori.
È poco più che
una “cinghia di trasmissione” di partiti che appoggiano
aggressioni
imperialiste e votano il ri-finanziamento delle missioni di
guerra. E
se
qualcuno prova a criticarla, ecco che viene “giocata” tutta la sua
”autorevolezza morale” per reprimere le critiche.
Noi riteniamo che un impegno di carattere
antifascista e
antimperialista
debba essere portato avanti.
Per questa ragione le nostre dimissioni non saranno la fine del
nostro
impegno, ma un nuovo inizio affinché al più presto i
sinceri antifascisti e
anticapitalisti del nostro territorio possano ritrovarsi in un
nuovo
percorso comune.
Non sappiamo oggi quali forme assumerà questo impegno;
sappiamo
solo che ci
sarà.
Ora e sempre resistenza
Schio, luglio 2006
Francesco (segretario Anpi sez. Malo - VI)
Siro (direttivo Anpi sez. Malo - VI)
Francesco Zordan
E-mail: franalbe@alice.it