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I campi di concentramento in Serbia

In Belgrado, su ordine dei nazisti, venne creato, espressamente per gli
insorti, il campo di concentramento di Banjica. Venne scelta a tal scopo la
caserma dismessa del 18° di fanteria dal mag. Jovanovich.

Esso divenne centro di tortura e di sterminio ed operò dal 5 luglio 1941 al
3 ottobre 1944, sotto il comando del commissario della Polizia Speciale
Svetozar Vujkovich.

Inizialmente gestito dalla Gestapo e dalla Guardia di Stato Serba, e
successivamente solo da questa, in esso vennero condotti 23.697 ribelli
catturati per metà dalle SS e per il resto dai vari corpi collaborazionisti
serbi.

Le esecuzioni degli internati estratti a sorte erano quotidiane. I plotoni
erano formati da Guardie di Stato o dalla Polizia Speciale di Belgrado.
Talvolta le vittime erano bambini. Le liste, tutte redatte in cirillico,
erano preparate da Vujkovich. Altrove vennero uccisi 3.849.

Un centro di esecuzioni era a Jajinci, dove sono state estratte 68.000 salme
bruciate e 1400 incombuste. In esso venivano portate vittime anche dal lager
di Sajmiste.

Nell'agosto del '41 erano stati arrestati tutti gli ebrei maschi di più di
16 anni come ispiratori della ribellione partigiana scoppiata in giugno, e
rinchiusi nel campo di Topovske Supe, dove  vennero uccisi dai plotoni di
esecuzione che lavorarono febbrilmente per mettere in pratica la legge di
rappresaglia tedesca: da 50 a 100 ostaggi dovevano essere passati per le
armi per ogni Tedesco ucciso.

Il numero di ebrei e zingari arrestati salì tanto che nell'ottobre del 1941
le autorità tedesche ordinarono espressamente per loro  la costruzione del
campo di sterminio di Sajmiste, alla confluenza della Sava col Danubio.

 Nel dicembre 1941 il campo venne terminato e oltre 5.000 ebrei vi furono
internati dove la fame, il freddo e le malattie li falcidiarono.

Durante il febbraio 1942 arrivarono donne e bambini ebrei da Smederevo, Nis
e Sabac, portando il numero degli internati a 6.300, dei quali il 10 %
zingari. Tra marzo e maggio 1942 gli internati vennero uccisi con una camera
a gas mobile, un camion coperto con solide pareti ed il tubo di scappamento
rivolto all'interno. Circa la metà degli ebrei serbi perì a Sajmiste in
questo modo.

I tedeschi elogiarono le autorità serbe per la loro collaborazione nel
risolvere senza frizioni il problema ebraico. Anche se il personale addetto
allo sterminio era tedesco, ed anche se alcuni serbi salvarono le vite di
ebrei, la maggior parte della società serba non solo non lo condannò ma
approfittò dello sterminio degli ebrei.

(da Serbia's secret war)

La polizia speciale di Belgrado-



Due giorni dopo la resa della Jugoslavia arrivò a Belgrado, da Gornji
Milanovac, Dragomir  Jovanovich che s'incontrò con gli ufficiali della
Gestapo Karl Kraus ed Hans Helm che gli suggerirono di riorganizzare la
polizia di Belgrado.  Il 21 aprile il col. Ernst Moritz von Keisenberg,
comandante in capo di Belgrado nominò Jovanovich commissario straordinario
della città di Belgrado. La Gestapo accettò il suggerimento di Jovanovich di
dividere la città in 16 settori e due commissariati e di ristabilire la
polizia politica sul modello precedente, ed a metà maggio entrava in
funzione la Polizia Speciale di Belgrado sotto la direzione della Gestapo.
Alla fine di giugno dai 55 uomini dell'inizio passò a 878 guardie e 240
agenti.

Il capo era Ilija Paranos, un firmatario dell'appello.

La quarta sezione Anti-comunista, sotto la direzione di Bosko Beciarevich,
si rese responsabile di centinaia di arresti, torture, esecuzioni e
deportazioni.

 I salari ai poliziotti provenivano dal Fondo per la prevenzione
dell'attività giudaico-comuniste che usava i beni sottratti agli ebrei di
Belgrado.

(da Serbia's secret war)





I Volontari Serbi di Dimitrije Ljotich



Fondato dal capo del movimento filonazista Zbor, il corpo dei volontari
serbi rimase disarmato sino metà settembre, quando, ad un incontro
governativo, il ministro dell'economia e membro di Zbor, Mihajlo Olcian,
propose il loro armamento per fronteggiare il crescente movimento
partigiano.

Il reclutamento si tenne inizialmente nell'ufficio di Olcian, e la sua
consistenza, dagli iniziali 243 membri di Zbor passò in pochi giorni a 600.

Vennero immediatamente impiegati in azioni antipartigiane assieme ai soldati
di Nedich ed ai cetnici di Kosta Pecianac, e si valsero l'elogio di Harald
Turner, capo amministratore civile nazista della Serbia.

Dal 6 ottobre il comando venne assegnato da Ljotich al col. Kosta Musicki,
membro di Zbor e già aiutante di re Alessandro e della regina Marija. Egli,
che era di stanza a Slavonski Brod come comandante dell'Armata Reale sulla
linea ferroviaria Zagabria-Belgrado, aiutò l'ingresso dei nazisti. Per
alcuni mesi rimase a Slavonski Brod, dove cercò inutilmente di entrare nel
movimento ustascia, sinchè andò a Belgrado da Ljotich. Rimase a capo del
corpo volontari serbi sino alla fine del '41, quando venne silurato.

Il battesimo del sangue di innocenti, il nuovo corpo collaborazionista lo
ebbe nell'ottobre 1941, a Kragujevac. Dopo che erano stati uccisi 10 soldati
tedeschi e feriti 26 dai partigiani nei dintorni di Kragujevac, i Tedeschi
decisero una rappresaglia: vennero massacrati 2300 civili secondo fonti
tedesche, e 7000 secondo i partigiani. Ma la responsabilità del massacro
venne condivisa dai collaborazionisti serbi.

Dopo l'imboscata partigiana vennero prelevati, fra ebrei e presunti
comunisti, 70 ostaggi. Troppo pochi per i Tedeschi che volevano fucilarne
2300 secondo la loro formula di 100 esecuzioni per ogni tedesco ucciso.

 Allora vennero arrestati tutti i maschi di Kragujevac fra i 16 ed i 60
anni, compresi gli allievi delle superiori. L'operazione di accerchiamento e
di arresto fu condotta dal quinto distaccamento del Corpo dei Volontari
Serbi comandato da Marisav Petrovich. I rastrellati vennero consegnati ai
carnefici tedeschi  che li mitragliarono. Nel corso dell'esecuzione, che
avvenne a scaglioni, il suddetto Corpo sorvegliava e custodiva gli ostaggi
nelle baracche.

Un altro lavoro affidato ai Volontari fu eseguito a Ciaciak il 7 dicembre
1941. Nel tentativo di identificare i comunisti, i Tedeschi fecero arrestare
tutti i maschi dai 15 ai 60 anni, che vennero esaminati da una commissione
fatta di pope, professori, spie e poliziotti, tutti membri di Zbor. Il
rastrellamento venne compiuto dai nedicisti, ljotisti, cetnici e tedeschi.
Il pope Dragutin Bulich, capo della chiesa ortodossa locale, segnava con una
crocetta quelli che poi venivano immediatamente abbattuti con una raffica. A
questo divertente esame partecipò direttamente il capo dei Volontari
Musichki.

Questo sistema si diffuse e tra il dicembre '41 e gennaio '42 vennero
condannate a morte 600 persone e molte di più vennero deportate.

Nel maggio '42 i Volontari vennero retribuiti con regolare soldo ed il loro
numero salì da 3500 a 5000. Nella prima metà del '43 erano arrivati a
25.000.



La Guardia Serba di Stato-



Questo corpo, alle dirette dipendenze del primo ministro gen. Milan Nedich,
entrò in funzione nel marzo 1942, con il sostegno del gen. delle SS August
Meyszner, trasformando la Gendarmeria Serba in questo nuovo corpo
inizialmente di 15/16.000 effettivi. Dopo tre mesi il corpo fu suddiviso in
guardie urbane, guardie campestri e guardie di confine arrivando alla cifra
di 18.622 effettivi, che mantenne durante tutta la guerra.

Nell'estate del '42 Meyszner mise Jovanovich  a capo della Sicurezza serba
di Stato (Srpska Drzhavna Bezbednost)  che assunse la direzione della
Guardia di Stato, e nell'ottobre del '42 le guardie di confine passarono
sotto il Ministero delle Finanze. Nell'ottobre del '43 sia le guardie di
stato che le guardie di confine passarono sotto il controllo operativo  dei
tedeschi dell'Höhere SS und Polizeiführer Serbien (Capo supremo di polizia e
delle SS della Serbia).

Il compito comune della guardia di Stato e dei cetnici legalizzati erano le
esecuzioni dei partigiani catturati. Per esempio sei partigiani vennero
impiccati in pubblico nelle città di Valjevo, Ub, e Obrenovac di fronte a
migliaia di persone ad opera di Guardie di Stato e distaccamenti cetnici.

Però la dipendenza dai Tedeschi creò malumore fra questi collaborazionisti
che segretamente erano sostenitori della monarchia e del capo dei cetnici
Drazha Mihajlovich. (da Serbia's secret war)



I Cetnici-



Il capo cetnico Kosta Pecianac si mise subito al servizio dei nazisti ed i
suoi guerriglieri vennero legalizzati dal governo Nedich.

Il principale capo dei cetnici fu però Drazha Mihajlovich, colonello
dell'Armata Reale. Nominato dal Governo Reale in esilio a Londra ministro
dell'Esercito e della Marina nel gennaio 1942, egli fu certamente un fedele
monarchico ma il suo comportamento nei confronti dell'Asse fu estremamente
contorto.

Partito con l'idea di attuare una reale resistenza agli invasori, rimase
passivo in confronto al dinamismo dei partigiani. Le ragioni sono in parte
da attribuire alla paura delle rappresaglie naziste ed in parte alle grandi
perdite subite dai Serbi nei primi quattro mesi dello Stato Indipendente
Croato.

Diversamente dalla Guardia di Stato e dal Corpo Volontari Serbi, che sin
dall'inizio operarono col supporto nazista, i Cetnici hanno iniziato come
formazioni irregolari di guerriglia coi resti dell'Armata Reale Jugoslava.

Ma dopo la passività iniziale, già nel tardo '41 Mihajlovich passò alla
aperta collaborazione con i nazisti e gli Italiani nelle azioni contro i
partigiani di Tito, malgrado qualche sporadica azione di sabotaggio
anti-Asse.

Solo quando gli Alleati nel '43 lo abbandonarono, preferendogli Tito,
Mihajlovich fece delle azioni spettacolari anti-Asse in presenza di
osservatori anglo-americani.

Ma sin dall'inizio dell'occupazione tedesca della Serbia egli evitò di
scontrarsi, anzi stabilì contatti con i Nazisti ed i loro collaboratori.

I rapporti di guerra tedeschi sin dall'agosto del '41 annotarono che
l'insurrezione era esclusivamente dei Partigiani, mentre i Cetnici
rimanevano passivi. L'11 settembre 1941  il plenipotenziario del Ministero
degli Esteri in Serbia, Felix Benzler, scrisse a Berlino che alla data non
si aveva avuto neanche uno scontro con i Cetnici.

Già agli inizi di maggio, quindi a pochi giorni dall'invasione, Mihajlovich
inviò il suo secondo luogotenente, Vladimir Lenac, a Belgrado ad incontrare
Ljotich. Lenac, amico di Ljotich,  era stato capo della gioventù di Zbor all'Università
di Zagabria.

Gli chiese nominativi di possibili finanziatori dei Cetnici assicurandolo
dell'interesse di Mihajlovich alla collaborazione.

Il 29 agosto, lo stesso giorno della formazione del governo
collaborazionista, Nedich inviò un messaggio a Mihajlovich invitandolo alla
comune lotta contro i Partigiani.

Mihajlovich per risposta inviò una delegazione che si incontrò con Nedich.
Durante il processo che si svolse  il 9 gennaio 1946 a carico di Nedich,
egli stesso descrisse gli obbiettivi di quell'incontro:

1-stabilire l'ordine e la pace in Serbia

2-iniziare la comune lotta contro i Partigiani, soprattutto le unità
comuniste

3-mettere in contatto i Cetnici coi Tedeschi per legittimarli

4-rimettere a Mihajlovich una somma di denaro per pagare gli ufficiali

5-una volta pacificata la Serbia iniziare la pacificazione della Bosnia

6-Assistere il governo montenegrino nei suoi sforzi di pacificazione

Tutte queste clausole vennero firmate ed approvate dai Tedeschi e
Mihajlovich venne pagato.

Il 7 settembre 1941 il comandante dei Gendarmi Serbi emise  un ordine
diretto al comandante del 5° distaccamento che stabiliva che i distaccamenti
di Nedich "prendano contatto coi distaccamenti cetnici che sono sotto il
comando dello stato maggiore del col. Mihajlovich" e che  " in ogni
distaccamento debba esserci una persona in grado di parlare molto bene il
tedesco, per poter mantenere i contatti coi Tedeschi".

Malgrado ciò era opinione diffusa che i cetnici fossero all'epoca -ottobre
1941- una forza della Resistenza, tanto che Tito cercò di entrare in
contatto con loro.

In effetti avvenne un incontro fra Tito e Mihajlovich il 19 settembre '41
nel quale Mihajlovich espresse la sua paura di rappresaglie tedesche in caso
di attacchi su larga scala. Quattro giorni dopo, quando i Partigiani ed i
Cetnici entrarono nella città serba di Uzhichka Pozhega le due forze si
scontrarono per il suo controllo. Gli scontri durarono le successive 6
settimane. In mezzo a questo aperto conflitto, Tito e Mihajlovich si
incontrarono una seconda volta il 26 ottobre ma senza alcun risultato.
Malgrado ciò Mihajlovich mantenne durante tutto questo conflitto un
ufficiale di collegamento con Tito a Uzhice, quartier generale partigiano.

Alla fine di settembre il gen. Heidrich Danckelmann, comandante militare
della Serbia, informò Nedich che Mihajlovich aveva ingannato sia Nedich che
i Tedeschi ed aveva stabilito  accordi coi Partigiani. Ciononostante
Mihajlovich promise ai nazisti di unirsi a loro contro Tito mentre
prometteva a Tito una lotta comune contro i Tedeschi.

Nei fatti però si alleò ai Tedeschi. Infatti, quando il territorio sotto
controllo partigiano di Pozharevac venne attaccato dai Tedeschi, assieme al
battaglione tedesco c'erano la flottiglia ungherese del Danubio, il 6°
distaccamento di Volontari di Ljotich, 2 distaccamenti di Nedich, 6
distaccamenti di cetnici di Pecianac ed i cetnici di Mihajlovich.

Dopo questi fatti Mihajlovich chiese un incontro coi Tedeschi.

Nell'ottobre del '41 il cap. Josef Matl, capo dell'Abwehr (servizi segreti
germanici) scrisse nel suo rapporto che i Cetnici di Drazha Mihajlovich si
erano messi al servizio della Wermacht e su richiesta di Mihajlovich il
comando tedesco si incontrò con lui a metà novembre.

Erano presenti a quest'incontro, per il comando tedesco il col. Kogart,
assistente del comandante in capo del Comando Militare della Serbia, mentre
accompagnavano Mihajlovich il col. Branislav J. Pantich, il mag. Alexandar
Misich ed il cap. Nenad Mitrovich.

Durante l'incontro concordarono che il principale nemico comune erano i
Partigiani, e Mihajlovich promise di continuare a combatterli. Ma per far
ciò richiese ai Tedeschi 20.000 fucili, 200 mitraglie pesanti e 2000
leggere, 100 mortai, 100.000 bombe a mano e 20.000 divise  e stivali dell'Armata
Jugoslava. Propose anche il ritiro dei Tedeschi da Nis, assumendosi la
responsabilità di garantire ai Tedeschi la libera circolazione. Furono
verbalizzate le richieste che vennero inviate sia al Comando Germanico che
al governo Nedich.

Kogart però rimproverò ai Cetnici di non essersi messi subito a
disposizione, come avevano fatto Nedich, Kosta Pecianac, Ljotich e tanti
altri. Non solo, accusò i suoi Cetnici di aver attaccato più volte le truppe
tedesche. Al che Mihajlovich disse che non era vero, dato che lui aveva dato
ordine di non attaccare mai i Tedeschi. Allora Kogard tirò fuori delle
fotografie di corpi mutilati di soldati tedeschi uccisi vicino Kragujevac
nell'ottobre '41. I loro peni erano stati tagliati e inseriti nelle bocche,
una tipica mutilazione cetnica.

Mihajlovich rispose che sicuramente erano stati i comunisti ma Kogart
rincalzò che aveva testimoni oculari che erano stati proprio i Cetnici a
farlo. Al che Mihajlovich ammise che era possibile che ciò fosse successo,
ma che lui non aveva mai data l'ordine. Kogart gli disse allora che ciò non
diminuiva ma aumentava la sua responsabilità di comandante.

A causa di quelle mutilazioni l'incontro fallì, ma esso non fu l'ultimo, nè
era stato il primo.

Il 18 ed il 20 novembre, una settimana dopo l'incontro coi Tedeschi, i
delegati di Mihajlovich e di Tito s'incontrarono per scambiare i
prigionieri, cessare le ostilità e mettersi d'accordo per azioni comuni
contro gli occupanti.

Ma il 25 novembre i Cetnici di Mihajlovich si unirono agli altri
collaborazionisti ed ai Tedeschi in un duro attacco per distruggere la
roccaforte partigiana di Uzhice, con la sua fabbrica di armi, nella Serbia
Occidentale.

In un rapporto militare germanico, intitolato "La Serbia alla fine del1941"
si diceva : " La creazione del Governo serbo del gen. Milan Nedich ha dato
splendidi risultati. Il popolo serbo ha deciso di entrare in lotta contro il
Bolscevismo, ed in questo modo ha piantato un seme che potrebbe portare all'amicizia
verso la Germania ed a una collaborazione attiva sia coll'Asse che colla
Nuova Europa".

Lo stesso rapporto proponeva di portare da 10.000 a 20.000 la consistenza
dei Gendarmi Serbi, di rilasciare i 500 ufficiali ed i 10.000 soldati serbi
della Armata Reale ancora  prigionieri  e la creazione di uno Stato autonomo
serbo come preludio ad una Serbia Indipendente nella Nuova Europa....



Traduzione Fabio Mosca