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Aggiornamento sui "Desaparecidos italiani" del «Piano Condor» in America Latina - articoli

l’Unità 28.12.07
Desaparecidos italiani: «Processo per 140 indagati»
È la richiesta della magistratura: alla sbarra andrebbero dittatori e
esponenti delle giunte militari sudamericane

ROMA La magistratura romana vuole processare i 140 tra dittatori,
esponenti delle giunte militari e dei servizi di sicurezza di Argentina,
Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay, Perù e Uruguay in carica a cavallo
degli anni '70 e '80 accusati a vario titolo della morte di 25 cittadini
di origine italiana nell'ambito delle attività di repressione degli
oppositori previste dal cosiddetto «Piano Condor». Per questo motivo le
ordinanze di custodia cautelare volute dal procuratore aggiunto
Giancarlo Capaldo, nel momento in cui saranno notificate ai fini
dell'estradizione in Italia, e al riguardo sarà interessato nei prossimi
giorni il ministero della Giustizia, conterranno anche l'avviso di
chiusura delle indagini, l'atto che precede la richiesta di rinvio a
giudizio degli indagati. Omicidio plurimo aggravato, strage e sequestro
di persona i reati contestati, a seconda delle singole posizioni, ai
destinatari dei provvedimenti firmati dal gip Luisanna Figliolia.
Nomi eccellenti figurano nell'elenco dei destinatari delle misure
cautelari: i dittatori Jorge Rafael Videla (Argentina), Jorge Maria
Bordaberry ed il suo successore Gregorio Alvarez (Uruguay), l'ex
presidente del Perù (1975-80) Francisco Morales e l'ex primo ministro
Pedro Richter Prada (1979-80). Inoltre gli ex ministri argentini Walter
Ravenna (Difesa), Juan Carlos Blanco e Alejandro Rovira (Esteri), l'ex
capo della marina uruguayana Victor Ibargoyen, l'ex ministro
dell'Interno paraguayano Sabino Augusto Montanaro Ciarletti (1967-89),
l'ex capo dei servizi segreti cileni (Dina) Manuel Contreras, già
condannato a 20 anni di carcere in Italia per tentato omicidio del
presidente della Dc cilena Bernardo Leighton, avvenuto a Roma
nell'ottobre del 1975, e l'ex colonnello brasiliano Carlos Alberto
Ponzi. Le ordinanze di custodia erano in origine 146 (61 argentini, 33
uruguayani, 7 boliviani, 4 peruviani, 11 brasiliani, 23 cileni e 7
paraguayani), ma nel frattempo sei indagati sono morti. Una misura
cautelare è stata eseguita in Italia ed ha riguardato Nestor Jorge
Fernandez Troccoli, uruguayano di 60 anni già esponente dei servizi
segreti della marina accusato della morte di sei italiani. L'uomo,
ricercato anche dalle autorità del suo paese, si è consegnato qualche
giorno fa alla polizia di Salerno, città dove risiede dal 1995, dopo
aver letto su un quotidiano che era ricercato in patria sempre per
vicende legate ai desaparecidos. Interrogato ieri a Regina Coeli dal gip
Figliolia alla presenza di Capaldo, Troccoli ha detto di avere «solo
obbedito agli ordini» e di non aver «ucciso nessuno». «Il mio compito -
ha aggiunto - era solo di raccogliere informazioni e di fornirle ai miei
superiori». A Troccoli si imputa il concorso negli omicidi di sei
cittadini di origine italiana: si tratta di Ileana Sara Maria Garcia
Ramos de Dossetti, Edmundo Sabino Dossetti Techeira, Yolanda Iris Casco
Ghelpi de Elia, Julio Cesar D'Elia Pallares, Raul Edgardo Borelli
Cattaneo e Raul Gambaro Nunez. Il suo difensore, Adolfo Domingo Scarano,
ha annunciato che impugnerà l'ordinanza di custodia cautelare davanti al
tribunale del riesame «perchè non sussistono le esigenze cautelari ed i
pericoli di inquinamento delle prove e di fuga dell'indagato».


Corriere della Sera 27.12.07
L'inchiesta. La procura ha emesso le ordinanze a partire dalle denunce
dei familiari degli scomparsi di origine italiana
Da Roma richiesta d'arresto per 140 golpisti sudamericani
Mandato di cattura per i vertici delle dittature degli anni 70 e 80
responsabili del «Piano Condor»
di Alessandra Coppola

La fuga del capitano si è arenata nel porto di Salerno. Catturato alla
vigilia di Natale, l'ufficiale in pensione della marina uruguayana,
Jorge Néstor Tróccoli Fernández, è già nel carcere romano di Regina
Coeli per essere interrogato.
È stata la sua presenza sulle coste campane, segnalata dall'Interpol, a
far scattare la misura cautelare e una catena senza precedenti di ordini
di arresto a essa collegati: 140 ordinanze emesse dal gip di Roma
Luisanna Figliola su richiesta del procuratore aggiunto Giancarlo
Capaldo per altrettanti esponenti di spicco delle giunte militari e
degli apparati di intelligence che hanno soffocato il Sudamerica negli
anni Settanta e Ottanta. «Il dream team della repressione», titolava
ieri il quotidiano argentino Página/12: dagli ex golpisti a Buenos Aires
Jorge Rafeal Videla ed Emilio Eduardo Massera al dittatore di Montevideo
Jorge Maria Bordaberry, fino al capo della Dina, i servizi segreti
cileni, Manuel Contreras. Molti sono già sotto processo in patria, per
gli altri toccherà al ministero di Giustizia avviare le procedure di
ricerca e sollecitare le eventuali estradizioni. «Questo procedimento è
durato molto a lungo nella sua fase di indagini preliminari — nota con
il Corriere l'avvocato di parte civile Giancarlo Maniga —. Ma, visto il
risultato, valeva la pena aspettare».
La lunga e intricata tela tessuta in oltre nove anni dal pm Capaldo, e
conclusa in 416 pagine di atti, ha ricostruito minuziosamente
responsabilità e connivenze del «piano Condor »: il patto di «mutua
assistenza » tra i regimi militari di Cile, Argentina, Brasile, Uruguay,
Paraguay e Bolivia per lo scambio di informazioni e, soprattutto, per
l'eliminazione dei presunti oppositori «izquierdistas». Il giovane
uruguayano di origine italiana Bernardo Arnone, per esempio, militante
del Partido per la victoria del pueblo, sequestrato a Buenos Aires il
primo ottobre 1976, condotto al centro clandestino Automotores Orletti,
quindi «trasferito» a Montevideo e fatto sparire. Una sorta di
«extraordinary renditions » ai tempi delle dittature sudamericane,
concluse con l'assassinio di 13 mila «sinistrorsi » sospetti. Così
scompare Lorenzo Viñas, argentino di mamma marchigiana: il 26 giugno
1980, a Santa Fé sale a bordo dell'autobus destinazione Rio de Janeiro.
Non arriverà mai: bloccato alla frontiera con il Brasile, viene portato
in una prigione illegale, il corpo gettato nel Rio de la Plata.
A partire dai casi Arnone e Viñas e da altre 23 denunce di familiari di
scomparsi di origine italiana, la procura di Roma ha stilato l'elenco di
146 indagati (sei deceduti), tra i quali lo stesso ex dittatore cileno
Augusto Pinochet, morto due anni fa. Strage, sequestro di persona,
omicidio plurimo aggravato. Le accuse sono tutte pesantissime. Con un
posto «d'onore» per Santiago che avrebbe pianificato il patto del Condor
nel '74 e dato l'avvio «ufficiale» con una riunione nell'ottobre del '75
nelle stanze della Dina. Particolari che sono emersi di recente, in gran
parte dagli archivi scovati in un sobborgo di Asunción nel '92. Una mole
di carte che anche in America Latina faticano a mettere insieme e che
ora il lavoro romano può contribuire a decifrare.