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Prima si sono rivolti con fiducia alla
Chiesa, anziché ad avvocati e tribunali, inviando fin dal
gennaio 2004 alla curia di Firenze esposti e memoriali sulle violenze
sessuali ai danni di minori consumate per anni dal parroco Lelio
Cantini, titolare della parrocchia Regina della Pace. Con la
complicità di una donna, la solita “veggente” di turno le cui
visioni di Gesù servivano alla selezione degli “eletti”, Cantini
ha imperversato per anni e anni imponendo violenze, psicologiche e
fisiche, fra cui quella sistematicamente rivolta a ragazzine di dieci,
quindici, diciassette anni, di avere rapporti sessuali con lui, come
forma, diceva, di “adesione totale a Dio”, facendo credere a ognuno e a
ognuna di essere il prescelto e intimando il segreto assoluto pena il
“castigo divino”. A furia di insistere, le vittime di Cantini hanno
ottenuto qualche incontro con l’allora arcivescovo Silvano Piovanelli,
con l’arcivescovo Ennio Antonelli e con l’ausiliare Claudio Maniago. Ma
tutto quello che sono riusciti a ottenere è stato il
trasferimento del parroco mascalzone in un’altra parrocchia della
stessa diocesi nel settembre 2005, cioè ben 20 mesi dopo gli
esposti, motivato ufficialmente “per motivi di salute”, vale a dire
senza che venisse né denunciato alla magistratura né
svergognato in altro modo né privato dell’abito talare con la
sospensione “a divinis”.
Deluse, le vittime e i loro familiari si sono
allora rivolti al papa, con una lettera del 20 marzo 2006 recante in
allegato i dettagliati memoriali di dieci tra le almeno venti vittime
di abusi. “Non vogliamo sentirci domani chiedere conto di un colpevole
silenzio”, hanno spiegato al papa il 13 ottobre 2006 con una nuova,
nella quale parlano di “iniquo progetto di dominio sulle anime e sulle
esistenze quotidiane” e lamentano come a “quasi due anni” dall’inizio
delle denunce dalla Chiesa fiorentina non fosse ancora arrivata
né “una decisa presa di distanza” dai personaggi coinvolti nella
vicenda né “una scusa ufficiale” e neppure “un atto riparatore
autorevole e credibile”.
Alla loro missiva ha risposto il cardinale
Camillo Ruini, ma in un modo francamente incredibile, di inaudita
ipocrisia e mancanza di senso della responsabilità. Il famoso
cardinale, tanto impegnato nella lotta incessante contro la
laicità dello Stato italiano, a fronte alle porcherie del suo
sottoposto si rivela quanto mai imbelle, omertoso e di fatto complice:
tutta la sua azione si riduce a una lettera agli stuprati per ricordare
loro che il parroco criminale il 31 marzo ha lasciato anche la diocesi
e per augurare che il trasferimento “infonda serenità nei fedeli
coinvolti a vario titolo nei fatti”. Insomma, fuor dalle chiacchiere e
dall’ipocrisia, Ruini si limita a raccomandare che tutti si
accontentino della rimozione di Cantini e se ne stiano pertanto d’ora
in poi zitti e buoni, paghi del fatto che il prete pedofilo e
stupratore sia stato spedito a soddisfare le sue brame carnali altrove.
Come a dire che i parenti delle vittime della strage di piazza Fontana
o del treno Italicus si sentano rispondere dal Capo dello Stato non con
il dovuto processo ai colpevoli, bensì con una letterina
buffetto sulle guance che annuncia, magno cum gaudio, che i colpevoli
anziché andare in galera sono stati trasferiti in altri uffici e
che pertanto augura, cioè di fatto ordina, “serenità” tra
i superstiti e i parenti delle vittime. Un simile comportamento oggi
non ce l’hanno neppure gli Stati Uniti: è vero che non
permettono a nessuno Stato estero di giudicare i propri soldati quali
che siano i crimini da loro commessi, da Mai Lay al Cermis, da Abu
Graib a Guantanamo e Okinawa, ma è anche vero che gli Usa
anziché stendere il velo omertoso del segreto li processa
pubblicamente in patria e non sempre in modo compiacente.
Come sempre la Chiesa si comporta in tutto il
mondo come uno Stato nello Stato, con la pretesa non solo di
intervenire – come è particolarmente evidente in Italia - contro
l’autonomia della politica, ma per giunta di sottrarre il proprio
personale alla magistratura competente. Il dramma però è
che Ruini ai fedeli fiorentini che hanno subìto quello che hanno
subìto non poteva rispondere altrimenti, perché – per
quanto possa parere incredibile – a voler imporre il silenzio, anzi il
“segreto pontificio” sui reati gravi commessi dai religiosi, compresi
gli stupri di minori, è stato proprio l’attuale papa, Ratzinger. Con una ben precisa circolare inviata ai
vescovi di tutto il mondo il 18 maggio 2001 e che più avanti
riproduciamo per intero, l’allora capo della Congregazione per la
dottrina della fede, come si chiama oggi ciò che una volta era
la “Santa” (!) Inquisizione e poi il Sant’Ufficio, non solo imponeva il
segreto su questi orribili argomenti, ma avvertiva anche che a volere
una tale sciagurata direttiva era il papa di allora in persona. Vale a
dire, quel Wojtyla che più si ha la coda di paglia e più
si vuole sia fatto “santo subito”, in modo da sottrarlo il più
possibile alle critiche per i suoi non pochi errori.
Da notare che per quell’ordine scritto
diramato a tutti i vescovi assieme all’allora suo vice, cardinale Tarcisio Bertone (oggi ancor più potente
perché scelto dal papa tedesco come nuovo Segretario di Stato,
cioè ministro degli Esteri del Vaticano), Ratzinger
nel 2005 è stato incriminato negli Stati Uniti per cospirazione
contro la giustizia in un processo contro preti pedofili in quel di
Houston, nel Texas. Per l’esattezza, presso la Corte distrettuale di
Harris County figurano imputati il responsabile della diocesi di
Galveston Houston, arcivescovo Joseph Fiorenza, i sacerdoti pedofili
Juan Carlos Patino Arango e William Pickand, infine anche l’attuale
pontefice. Questi è accusato di avere coscientemente coperto,
quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, i
sacerdoti colpevoli di abusi sessuali su minori. Da notare che
l’omertà e la complicità di fatto garantita dalla
circolare Ratzinger-Bertone ha danneggiato non solo la
giustizia di quel processo, ma anche dei molti altri che hanno scosso
il mondo intero scoperchiando la pentola verminosa dei religiosi
pedofili negli Stati Uniti (dove la Chiesa ha dovuto pagare centinaia
di milioni di dollari in una marea di risarcimenti) e in altre parti
del mondo. Un porporato che si è visto denunciare dalle vittime
un folto gruppo di preti, anziché punire i colpevoli li ha
protetti facendoli addirittura espatriare nelle Filippine, in modo da
sottrarli per sempre alla giustizia.
Sono emersi casi imbarazzanti
anche in Austria e Polonia, con l’aggravante che si trattava delle
massime cariche ecclesiastiche, tra le quali l’arcivescovo di Cracovia
pedofilo Julius Paetz, la cui pedofilia era nota fin da quando lavorava
in Vaticano nell’anticamera del papa suo connazionale, Wojtyla, e
proprio negli anni in cui è “misteriosamente” scomparsa la
ragazzina cittadina vaticana Emanuela Orlandi. Ma a scorrere le
cronache dei giornali locali si scopre che anche in Italia le condanne
di religiosi per pedofilia abbondano, solo che – pur essendo gli
stupratori scoperti solo la punta dell’iceberg - vengono tenute
accuratamente nascoste. E perché vengano nascoste lo si capisce
finalmente bene, e in modo dimostrato, leggendo il testo della
circolare emanata dall’ex Sant’Ufficio.
A muovere l’accusa contro l’attuale
pontefice, documenti vaticani alla mano, è l’agguerritissimo
avvocato Daniel Shea, difensore di tre vittime della pedofilia dei
religiosi di Galveston Houston. E Ratzinger sarebbe
stato trascinato in tribunale, forse in manette data la gravità
del reato, se non fosse nel frattempo diventato papa. Nel settembre
2005 infatti il ministero della Giustizia, su indicazione di Bush e
Condolezza Rice, ha bloccato il processo contro Ratzinger
accogliendo la richiesta dell’allora segretario di Stato del Vaticano,
Angelo Sodano, di riconoscere anche al papa, in quanto capo dello Stato
pontificio, il diritto all’immunità riconosciuto non solo dagli
Stati Uniti per tutti i capi di Stato. A questo punto è doveroso
e niente affatto scandalistico porsi una domanda, decisamente scomoda:
quanto ha pesato nella scelta di eleggere papa proprio Ratzinger
la necessità di sottrarlo alla giustizia americana e di
difenderlo per avere in definitiva eseguito la volontà del
pontefice precedente? C’è anche un altro particolare: di solito
non si riesce a portare in tribunale anche i superiori dei preti
stupratori perché in un modo o nell’altro evitano di ricevere
l’atto di accusa, specie se risiedono sia pure solo ufficialmente in
Vaticano. Ratzinger invece l’atto di citazione ha
accettato di riceverlo: si può escludere lo abbia fatto per
obbligare i suoi colleghi cardinali ad eleggerlo papa quando Wojtyla –
sempre più malato - fosse venuto a mancare?
Come che sia, Shea però non demorde.
Due anni fa è venuto a Roma per protestare in piazza S. Pietro
assieme ai radicali in occasione della Giornata mondiale contro la
pedofilia. E oggi si dice pronto a ricorrere fino alla Suprema Corte di
Giustizia degli Stati Uniti per evitare che i firmatari della circolare
vaticana che protegge i sacerdoti pedofili la facciano del tutto
franca. Intanto dobbiamo constatare con sbigottimento che i tre nomi
più impegnati nella lotta contro la laicità dello Stato
italiano e del suo parlamento, vale a dire Ratzinger,
Ruini e Bertone, sono stati colti con le mani nel sacco della
sottrazione alla magistratura dei preti pedofili e strupratori di
minori.
Ecco il testo integrale tradotto dal latino
dell’ordine impartito per iscritto da Ratzinger e Bertone:
«LETTERA inviata dalla
Congregazione per la dottrina della fede ai vescovi di tutta la Chiesa
cattolica e agli altri ordinari e prelati interessati, circa I DELITTI
PIU’ GRAVI riservati alla medesima Congregazione per la dottrina della
fede, 18 maggio 2001
Per l’applicazione della legge ecclesiastica,
che all’art. 52 della Costituzione apostolica sulla curia romana dice:
“[La Congregazione per la dottrina della fede] giudica i delitti contro
la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia
nella celebrazione dei sacramenti, che vengano a essa segnalati e,
all’occorrenza, procede a dichiarare o a infliggere le sanzioni
canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio”, era necessario
prima di tutto definire il modo di procedere circa i delitti contro la
fede: questo è stato fatto con le norme che vanno sotto il
titolo di Regolamento per l’esame delle dottrine, ratificate e
confermate dal sommo pontefice Giovanni Paolo II, con gli articoli
28-29 approvati insieme in forma specifica.
Quasi nel medesimo tempo la Congregazione per
la dottrina della fede con una Commissione costituita a tale scopo si
applicava a un diligente studio dei canoni sui delitti, sia del Codice
di diritto canonico sia del Codice dei canoni delle Chiese orientali,
per determinare “i delitti più gravi sia contro la morale sia
nella celebrazione dei sacramenti”, per perfezionare anche le norme
processuali speciali nel procedere “a dichiarare o a infliggere le
sanzioni canoniche”, poiché l’istruzione Crimen
sollicitationis finora in vigore, edita dalla Suprema sacra
Congregazione del Sant’Offizio il 16 marzo 1962, doveva essere riveduta
dopo la promulgazione dei nuovi codici canonici.
Dopo un attento esame dei pareri e svolte le
opportune consultazioni, il lavoro della Commissione è
finalmente giunto al termine; i padri della Congregazione per la
dottrina della fede l’hanno esaminato più a fondo, sottoponendo
al sommo pontefice le conclusioni circa la determinazione dei delitti
più gravi e circa il modo di procedere nel dichiarare o
nell’infliggere le sanzioni, ferma restando in ciò la competenza
esclusiva della medesima Congregazione come Tribunale apostolico. Tutte
queste cose sono state dal sommo pontefice approvate, confermate e
promulgate con la lettera apostolica data in forma di motu proprio
Sacramentorum sanctitatis tutela.
I delitti più gravi sia nella
celebrazione dei sacramenti sia contro la morale, riservati alla
Congregazione per la dottrina della fede, sono:
- I delitti contro la santità
dell’augustissimo sacramento e sacrificio dell’eucaristia, cioè:
1° l’asportazione o la conservazione a
scopo sacrilego, o la profanazione delle specie consacrate:
2° l’attentata azione liturgica del
sacrificio eucaristico o la simulazione della medesima;
3° la concelebrazione vietata del
sacrificio eucaristico assieme a ministri di comunità
ecclesiali, che non hanno la successione apostolica ne riconoscono la
dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale;
4° la consacrazione a scopo sacrilego di
una materia senza l’altra nella celebrazione eucaristica, o anche di
entrambe fuori della celebrazione eucaristica;
- Delitti contro la santità del
sacramento della penitenza, cioè:
1° l’assoluzione del complice nel peccato
contro il sesto comandamento del Decalogo;
2° la sollecitazione,
nell’atto o in occasione o con il pretesto della confessione, al
peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, se è
finalizzata a peccare con il confessore stesso;
3° la violazione diretta del sigillo
sacramentale;
- Il delitto contro la morale,
cioè: il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo
commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di
età.
Al Tribunale apostolico della Congregazione
per la dottrina della fede sono riservati soltanto questi delitti, che
sono sopra elencati con la propria definizione.
Ogni volta che l’ordinario o il prelato
avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo avere
svolte un’indagine preliminare, la segnali alla Congregazione per la
dottrina della fede, la quale, a meno che per le particolari
circostanze non avocasse a sé la causa, comanda all’ordinario o
al prelato, dettando opportune norme, di procedere a ulteriori
accertamenti attraverso il proprio tribunale. Contro la sentenza di
primo grado, sia da parte del reo o del suo patrono sia da parte del
promotore di giustizia, resta validamente e unicamente soltanto il
diritto di appello al supremo Tribunale della medesima Congregazione.
Si deve notare che l’azione criminale circa i
delitti riservati alla Congregazione per la dottrina della fede si
estingue per prescrizione in dieci anni. La prescrizione decorre a
norma del diritto universale e comune: ma in un delitto con un minore
commesso da un chierico comincia a decorrere dal giorno in cui il
minore ha compiuto il 18° anno di età.
Nei tribunali costituiti presso gli ordinari
o i prelati possono ricoprire validamente per tali cause l’ufficio di
giudice, di promotore di giustizia, di notaio e di patrono soltanto dei
sacerdoti. Quando l’istanza nel tribunale in qualunque modo è
conclusa, tutti gli atti della causa siano trasmessi d’ufficio quanto
prima alla Congregazione per la dottrina della fede.
Tutti i tribunali della Chiesa latina e delle
Chiese orientali cattoliche sono tenuti a osservare i canoni sui
delitti e le pene come pure sul processo penale rispettivamente
dell’uno e dell’altro Codice, assieme alle norme speciali che saranno
date caso per caso dalla Congregazione per la dottrina della fede e da
applicare in tutto.
Le cause di questo genere sono
soggette al segreto pontificio.
Con la presente lettera, inviata per mandato
del sommo pontefice a tutti i vescovi della Chiesa cattolica, ai
superiori generali degli istituti religiosi clericali di diritto
pontificio e delle società di vita apostolica clericali di
diritto pontificio e agli altri ordinari e prelati interessati, si
auspica che non solo siano evitati del tutto i delitti più
gravi, ma soprattutto che, per la santità dei chierici e dei
fedeli da procurarsi anche mediante necessarie sanzioni, da parte degli
ordinari e dei prelati prelci sia una sollecita cura pastorale.
Roma, dalla sede della
Congregazione per la dottrina della fede, 18 maggio 2001.
Joseph card. Ratzinger,
prefetto.
Tarcisio Bertone, SDB, arc.
em. di Vercelli, segretario»
::::::::::::
Come avrete notato, lo scippo della pedofilia
alla magistratura civile e penale di tutti gli Stati dove viene
consumata è nascosto tra molte parole che parlano di tutt’altro.
E il ruolo “giudiziario”, cioè di fatto omertoso, della
Congregazione ex Sant’Ufficio è comunque confermato in pieno
dalla vicenda fiorentina. A difendere i fedeli violati sono scesi in
campo anche i locali preti ordinari e a causa delle loro insistenze il
cardinale Antonelli il 17 gennaio ha scritto alle vittime di Cantini
che al termine di un “processo penale amministrativo” tutto interno
alla curia e sentita per l’appunto la Congregazione per la dottrina
della fede, l’ex parroco “non potrà né confessare,
né celebrare la messa in pubblico, né assumere incarichi
ecclesiastici, e per un anno dovrà fare un’offerta caritativa e
recitare ogni giorno il Salmo 51 o le litanie della Madonna”. Tutto
qui! Di denuncia alla magistratura, neppure l’ombra, e del resto il
“segreto pontificio” non lascia scampo. Per uno che per anni e anni se
l’è fatta da padrone anche con il sesso di ragazzine di soli 10
anni - e di 17 le più “vecchie” – senza neppure scomodarsi con
un viaggio nella Thailandia paradiso dei pedofili, si tratta di una
pena piuttosto leggerina…. Da far felice qualunque pedofilo incallito!
Quanto alle vittime, Antonelli ha anticipato l’ineffabile Ruini: visto
che “il male una volta compiuto non può essere annullato”, il
cardinale invita le pecorelle struprate a “rielaborare in una
prospettiva di fede la triste vicenda in cui siete stati coinvolti”, e
a invocare da Dio “la guarigione della memoria”.
Ma a guarire, anche dai troppi
condizionamenti opportunistici della memoria, deve essere semmai il
Vaticano. E infatti i fedeli fiorentini, che hanno letto la missiva del
cardinale con “stupore e dolore”, hanno deciso di non fermarsi. Finora
non hanno fatto nemmeno causa civile, ma d’ora in poi, dicono, “nulla
è più escluso”. I preti schierati dalla loro parte
chiedono al papa – nella lettera inviata tramite la Segreteria di Stato
oggi retta proprio da Bertone! - “un processo penale
giudiziario”, che convochi testimoni e protagonisti, e applichi “tutte
le sanzioni previste dall’ordinamento ecclesiastico”. Chiedono inoltre
che Cantini, colpevole di avere rovinato non poche vite, sia “privato
dello stato clericale” anche “a tutela delle persone che continuano a
seguirlo”.
Però, come avrete notato, neppure i
buoni preti fiorentini si sognano di fare intervenire la magistratura
dello Stato italiano. I panni sporchi si lavano in famiglia… Che
è il modo migliore di continuare a non lavarli. Come per la
scomparsa di Emanuela Orlandi. 08.04.2007.
Nella foto,
Fonte e commenti:
si invita alla
massima diffusione e pubblicazione
Axteismo, No alla chiesa, no alle religioni