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Intervento di Bahar Kimyongür di fronte alla Corte d’Appello di Gand

«E’ in nome dell’ideale democratico, e delle libertà pubbliche e private che vi chiedo di non cedere di fronte  agli attacchi portati dal Procuratore  alla democrazia e alla libertà d’espressione»

Gand, 19 settembre 2006
All'attenzione  della Presidenza della Corte d'appello di  Gand

Signori giudici,

Sarebbe eufemistico affermare come storico questo processo al quale da qualche giorno assistiamo nel vostro palazzo di giustizia.
E ciò per il fatto che questa sarà una delle prime volte che in Belgio verrà applicata una legge tra le più liberticide che il nostro codice penale abbia mai conosciuto.

Questa legge permette in effetti al procuratore generale di perseguirmi nonostante io non abbia mai commesso alcun crimine o delitto, né abbia mai avuto l’intenzione di commetterne.

Infatti, quel che fondamentalmente si attacca in questo processo è la mia condizione di cittadino.
Io sono un cittadino belga che intende giovarsi dei suoi diritti, della libertà ad avere delle opinioni e di esprimerle, e questo anche quando tali idee non siano condivise dalle autorità turche come nel caso della denuncia delle torture subite dai prigionieri politici,  denuncia espressa da me sia personalmente, che attraverso l’ufficio informazione del DHKC.
La responsabilità che portate sulle vostre spalle è dunque indiscutibilmente grave.
Domandandovi di condannarmi, la Corte vi chiede al tempo stesso di condannare la democrazia.
Quindi, io spero, nel nome del principio di imparzialità che caratterizza la vostra Corte, che il vostro verdetto sarà rispettoso delle libertà individuali e collettive di cui il nostro paese si vanta.
Dalla descrizione del DHKP-C fatta dal procuratore federale Johan Delmulle e dall’avvocato di parte civile Kris Vince, questo movimento politico viene descritto come pericoloso, settario, estremista, fanatico, criminale, terrorista, ecc.
Al contrario, essi presentano il regime turco come una democrazia e uno Stato di diritto.
Io desidererei cominciare con lo stupire i signori Delmulle e Vincke: Sì signori, lo Stato turco è una democrazia! Essa è la stessa democrazia che voi sognate. Una democrazia splendente di cui gettate le basi in Belgio in modo esperto.

Una democrazia che pratica la tortura.

Una democrazia che maltratta i prigionieri politici con l’isolamento carcerario, con misure coercitive e punizioni disciplinari, che rapisce e giustizia i suoi oppositori, che spara su bambini, in particolare kurdi, che  colpisce duramente gli operai, gli impiegati, i disoccupati e i militanti per i diritti umani, che protegge i militari e i poliziotti assassini, che decora i boia, come, ad esempio il capo delle prigioni Ali Suat Ertosun, per i loro leali servigi, che impone la censura, che sequestra gli organi di stampa ed imprigiona i giornalisti, che vieta i concerti musicali e le manifestazioni, che sospende le trasmissioni radiofoniche, che uniformizza il pensiero e criminalizza le idee alternative, che nega l’innegabile genocidio armeno, che arma organizzazioni paramilitari per commettere attentati terroristici, che decide "in nome della nazione"e questo, in sprezzo totale della volontà nazionale, che affama il popolo svendendo le risorse del paese alle multinazionali, che organizza il traffico di droga con convogli interi scortati dalla polizia, che immette la droga nei luoghi ove domina la povertà, che organizza attentati all’estero, in particolare in Belgio…..
Una democrazia sì, ma una " panzer democrazia" !
Signor Procuratore,
ignorare questa realtà scandalosa è più che disonestà intellettuale, più che difesa del terrorismo di Stato, è negazionismo puro e duro.
Voi rivedete la storia in modo odioso signor Procuratore. E la parte che assumete, illustra fin troppo bene il carattere politico del processo cui ci sottoponete.
Sì, una PANZER DEMOCRAZIA!
Signori giudici
Lo sapete sicuramente, l’esercito turco è uno degli eserciti meglio preparati nel condurre la guerra contro il suo stesso popolo:
Il 12 marzo 1971 l’esercito  ha preso il potere e ha iniziato una campagna di sterminio di tutte le forze di sinistra, dalle più radicali alle più moderate. Le camere della tortura lavoravano a pieno ritmo…..
Il 12 settembre 1980, un giunta diretta da Kenan Evren ha portato a compimento questo processo di sterminio.
Oggi, leggi eccezionali  sono ancora imposte in molte province in cui la ribellione nazionalistica kurda è attiva.
Il coprifuoco è tuttora imposto nelle zone urbane sotto l’influenza del DHKP-C come Armutlu, Gazi, Okmeydani, Nurtepe e altri quartieri
I panzer seminano letteralmente il terrore durante le manifestazioni.
Nell’agosto scorso, in risposta all’appello dei simpatizzanti del DHKP-C, migliaia di commercianti hanno partecipato all’azione di chiusura delle loro botteghe durata più ore. Questa azione voleva condannare i bombardamenti israeliani nel Libano e la Palestina…
Il 28 agosto scorso, le forze di polizia hanno condotto molte incursioni ad Istanbul ed Ankara per arrestare gli istigatori di questa azione democratica. I commercianti sono stati anch’essi terrorizzati e gli "agitatori" gettati in prigione di tipo F!
Vedendo lo spiegamento delle forze di polizia e la loro brutalità alcuni hanno creduto a un ritorno ai tempi del colpo di stato del 1980 e allo stato d’emergenza.
Altro esempio: oggi, qualora voi dichiaraste che "l’obiezione di coscienza” è un diritto dell’uomo, vi ritrovereste sul banco degli accusati per “insulto alle forze armate”.
E’ quanto successo alla sfortunata giornalista Perihan Magden…
Voi, signor Procuratore, avete detto “Stato di diritto” ?
Sono io un dirigente del DHKP-C ?
Nel suo atto d'accusa, il signor Procuratore mi accusa di essere un capo del DHKP-C. Spiega contemporaneamente che questa organizzazione crede di possedere la verità assoluta e non rispetta altra idea che la sua.
Ora, io ho contatti regolari con diverse personalità politiche, del mondo accademico, artistico e scientifico del Belgio e di altrove, che professano idee talvolta diametralmente opposte alle mie e collaboro con queste personalità nel pieno rispetto delle loro opinioni.
Da 6 anni la mia vita è consacrata alla difesa dei diritti dei prigionieri turchi, a vivere degnamente e dignitosamente. Ho partecipato all’invio di osservatori in Turchia. In questo contesto, ho curato numerosi appuntamenti tra istituzioni turche ed osservatori europei.
Ho tradotto e redatto decine di migliaia di pagine di rapporti sulle violazioni dei diritti dell’uomo, articoli della stampa governativa, testimonianze dei detenuti e delle loro famiglie, petizioni, comunicati stampa di ONG o lettere personalizzate per parlamentari belgi ed europei in particolare.
In questo stesso momento, contribuisco attivamente al dialogo tra i detenuti e il governo per la cessazione del conflitto all’interno delle prigioni e per il miglioramento delle loro condizioni di detenzione.
Allora di due cose una: o il DHKP-C non è un'organizzazione fanatica e settaria come pretende di far credere il procuratore Delmulle. O io non sono membro dell'organizzazione.

Signori giudici, lo Stato turco tormenta i suoi cittadini dalla culla fino alla tomba, nella scuola, sul lavoro, nell'esercito, con la massima che "ogni Turco nasce soldato", che "la più grande gioia è di dirsi turco" o ancora che  "il Turco non ha un altro amico che il Turco".
Per il DHKP-C, al contrario ogni comunità del paese ha il diritto di reclamare la sua identità nazionale, etnica, filosofica o religiosa.
 Musa Asoglu è Abkazo. Dursun Karatas e Fehriye Erdal sono Kurdi.
Sükriye Akar è Lazo. Zerrin Sari e Kaya Saz sono Turchi.
Ed io sono arabo. E negli ambienti vicini al DHKP-C, ho sempre potuto rivendicarlo chiaro e forte.

Mentre lo Stato turco sputava sulle mie origini, i miei amici del DHKP-C, le hanno rispettate ed hanno difeso il mio diritto a rivendicarle.

Io non ho visto l'intolleranza, il fanatismo e la crudeltà che il procuratore federale attribuisce al DHKP-C se non negli intrighi  dello Stato turco.

Osservate le prime pagine del più grande quotidiano turco" Hürriyet " e vedrete che vi è riportato in testa che "la Turchia è dei Turchi".

All’epoca delle cerimonie militari organizzate il 30 agosto scorso, quattro studenti sono stati violentemente  molestati da una folla rancorosa. Il crimine dei quattro studenti che intendevano protestare contro la spedizione di truppe turche nel sud del Libano era di avere dispiegato uno striscione sfoggiante una massima che non ha tuttavia nulla di anti-militaristico: “Noi non saremo i soldati di Israele” diceva la scritta.

Sapete quel che Celalettin Cerrah, capo della polizia di Istanbul ha dichiarato dopo questo linciaggio? "Mi congratulo con la popolazione." Ha ben reagito "." Non è un appello all’odio ed all'omicidio quello? Avete detto "Stato di diritto" e "democrazia" signor Procuratore?

Simpatia ed  empatia
Nel corso degli anni 90, le televisioni private turche che emettevano via satellite ci mostravano le immagini dei militanti, per la maggior parte del DHKP-C, che risultavano scomparsi da molti giorni, catturati e rinchiusi in una sala della sezione antiterrorismo della polizia. Questi militanti fisicamente distrutti dai molti giorni di torture, "con la barba nera, irsuti, minacciosi" come diceva Louis Aragona nella sua poesia famosa "il manifesto rosso", si ergevano, il pugno levato, fieri, sereni e stoïci.
Mostrando queste immagini, lo Stato turco cercava di incutere paura nella popolazione.
In me come in centinaia di migliaia di cittadini turchi, queste immagini suscitavano rispetto.
Per esser più precisi, signori giudici: io provo ammirazione per il coraggio, l’abnegazione, la saggezza, l’umiltà e l’altruismo dei militanti del DHKP-C.
Può apparirvi inverosimile, ma è grazie al DHKP-C che io ho cominciato ad amare la Turchia, un paese che per molto tempo ho detestato a causa del razzismo, dello sciovinismo e della repressione bestiale che vi regnano
Sì, è grazie al DHKP-C che io ho cominciato ad amare la Turchia veramente, e non come semplice destinazione vacanziera. E’ il DHKP-C che mi ha permesso di riavere fiducia nell’Uomo, nelle sue speranze e nelle sue capacità creatrici. Sapete, signori giudici che non sono mai stato membro del DHKP-C e che, d'altra parte, non mi ero mai posto la questione fino al giorno in cui mi hanno trascinato dinanzi a voi.

Per me, la questione delle mie sensibilità politiche dipende dalla libertà d'opinione e d'espressione. Questa questione è completamente secondaria. Ero del resto marxista prima di avere incontrato il DHKC. Ho scoperto che il suo progetto di società coincideva con il mio ideale sociale. Così ho simpatizzato con questo movimento popolare attraverso il mio impegno nell'ufficio d'informazione di Bruxelles come traduttore e coordinatore di campagne di sostegno ai prigionieri politici della Turchia.

Signori  giudici, tengo a sottolineare che occorre non confondere un ufficio d'informazione con tutto il movimento DHKC e le sue forme d'azione. Devo ricordare io che anche il ministro Onkelinx ha riconosciuto nel 2004 che questo ufficio agiva secondo diritti che gli erano garantiti dalla nostra costituzione?

Chiedo alla Corte, di distinguere tra il mio sentimento d'appartenenza che io dichiaro senza riserve ed una pretesa appartenenza politica proclamata da organi di stampa sul quale non ho mai avuto il minimo controllo. L’empatia e l'appartenenza ufficiale sono due cose ben distinte come il DHKC e l'ufficio d'informazione del DHKC. Io non sono mai stato cooptato, nominato, armato, trasferito, né elevato, o mutato di rango dai dirigenti del DHKP. Non conosco del resto alcun dirigente di questo movimento e questa è l'ultima delle mie preoccupazioni.
La sola cosa che conta per me è vivere in armonia con i miei ideali e sostenere i prigionieri politici la cui lotta è per me indispensabile ai fini del progresso sociale in Turchia. E niente, né la privazione della libertà, né la perdita dei diritti civili, né la morte mi impediranno di farlo.

D'altra parte, mi indigna la leggerezza con la quale le autorità belghe e turche si sono comportate circa dossier d'estradizione dell'assassino fascista del giornalista turco Abdi Ipekçi, per quanto datato possa essere questo crimine. Il "lupo grigio" implicato in questo assassinio che risale al 1979 si chiama Yalçin Özbey. Il giornalista che egli assassinò in Turchia non era un rivoluzionario e si opponeva apertamente alla lotta armata. Ma che importa, per la destra estrema turca, quelli che non pensano come loro sono nemici da sterminare... Grazie ai suoi legami con i servizi segreti turchi del MIT, Yalçin Özbey ha potuto uscirsene bene con la Turchia ed è stato liberato molto rapidamente in Belgio. Le autorità giudiziarie turche avrebbero infatti commesso un errore formale nella domanda d'estradizione di questo malvivente...

Io constato che la Corte che sostiene che questo processo non è politico, chiede alla giustizia di farsi più repressiva quando sono i comunisti ad essere accusati. Da parte mia, confido semplicemente nella giustizia del mio paese perchè non risponda a queste pretese che mirano a limitare la libertà d'espressione.

Permettetemi di rispondere ad una per una, delle accuse proferite dal procuratore Delmulle ed innanzitutto, all’accusa "di essere cresciuto nell'organizzazione".

Nel suo inverosimile scenario, c'è:
1. l’accusa di esser stato io  "dirigente di un campo giovanile  del DHKP-C".


Come prima cosa, le attività estive ed invernali alle quali ho partecipato non sono campi di formazione militare ma dei campi di vacanze completamente legali, familiari ed aperti, destinati a fare rivivere "l'amicizia, la solidarietà e la cultura popolare anatoliana". Le famiglie erano molto soddisfatte di questo tipo di incontri. Si rallegravano infatti, di vedere la loro figlia o i loro figli essere più servizievoli in casa, più rispettosi, più umili.

In  un video sequestrato ad Amsterdam che mostra un campo di vacanze organizzato a Spa, mi si vedrebbe al lato di Nuri Eryüksel, il "responsabile del DHKP-C per l'Europa".

Permettetemi di dire, signori giudici, che, quando anche questa informazione fosse vera, il fatto di essere al fianco di Nuri Eryüksel non costituisce in nessun modo un crimine. E quando anche ciò lo fosse, sarebbe un onore per me avere conosciuto un uomo di un'intelligenza, di una saggezza e di un umore eccezionali, nonostante le sofferenze che egli deve sopportare a causa del suo handicap fisico e del suo lungo passato carcerario in Turchia. Questo uomo non vedente e che il procuratore descrive come un demone è in realtà un uomo colto e raffinato, qualità che, manifestamente, mancano in grande misura a chi lo stigmatizza.

Questo afferma che avrei organizzato il campo di Spa e ciò, mentre io dichiaro nello stesso video che era la prima volta che vi partecipavo e che ero stato assente nei primi giorni del campo.

Signori giudici, permettetemi di ricordare che come persona di lingua araba non che non  ha mai fatto studi in lingua turca, nel 1997, anno nel quale il famoso il campo fu organizzato, io non parlavo che un Turco approssimativo e dunque, non avrei potuto in nessun modo assumere un ruolo dirigente in questo campo. All'epoca, quel che mi interessava, era la canzone impegnata e se osservate le immagini, vedrete che io canto nel coro del campo. Non potete non riconoscerlo signori giudici: la tesi del "dirigente del campo" è al quanto tirata per i capelli.

2. L'interpretazione della frase: "Le polizie belghe e turche collaborano contro il DHKP-C." Dobbiamo fare un'azione ".

" Innanzitutto, questa collaborazione esisteva veramente! A questo proposito, tengo a precisare che sono dieci anni che organizzo manifestazioni democratiche e legali nel contesto del mio impegno per la democratizzazione della Turchia. Come cittadino belga, penso che la mia costituzione mi autorizzi a condurre azioni che hanno lo scopo di denunciare questo genere di deplorevoli collaborazioni.
Il procuratore mi accusa con un metodo disonesto e provocatorio il tutto sapendo che "l'azione" di cui avrei parlato non aveva alcuna connotazione violenta o illegale.


3. La scoperta dei miei documenti a Knokke
Permettetemi di spiegare le circostanze di questa scoperta.
Un giorno, qualcuno è venuto a trovarmi e mi ha rivelato che occorreva che io  prestassi la mia identità per salvare una persona in pericolo. Naturalmente, ho accettato senza la minima esitazione. Ho effettivamente consegnato uno schizzo della mia firma con le indicazioni che permettono di falsificarla. La mia motivazione era di partecipare ad una causa nobile, quella di salvare la vita di un essere umano. C’è stato un tempo in Belgio dove era illegale alloggiare ebrei presso di sé. E tuttavia, sono numerose le famiglie la cui etica e la coscienza sono andate oltre le leggi dell'epoca, così pericolose. Se ho potuto salvare una vita umana, non mi rammarico assolutamente di nulla... Piccola precisione: nessuno dei documenti originali ricordati dal procuratore federale è stato trovato a Knokke. Ho consegnato alla persona suddetta soltanto le fotocopie dei miei documenti d'identità e della mia carta bancaria. Lo prova il passaporto che il mio avvocato Carl Alexander ha esibito dinanzi alla Corte la settimana scorsa. Ancora una volta, è evidente che il procuratore gioca sulla manipolazione, le falsità ed il rilancio per ottenere per me una punizione severa, obiettivo che sembra diventare per lui una vera missione.



4. La trasmissione "in nome della legge" del gennaio 2001

Sulle immagini di questa edizione della trasmissione "in nome della legge" dedicata "all'affare Erdal", ho effettivamente parlato dell'attentato che ha riguardato Sabanci Center e il getto di un cocktail molotov su centri di interesse commerciali turchi a Bruxelles. Ho giustificato difatti questi atti ma sarebbe scorretto dedurre da ciò che avrei svolto un ruolo nella loro organizzazione.

Inoltre, ero fisicamente ed emotivamente provato da una terribile notizia. Quando fui interrogato dal giornalista del RTBF Michel Hucorne, era il 19 dicembre 2000, precisamente il giorno famoso del massacro dei prigionieri da parte dell'esercito turco. Era un giorno apocalittico. Ero appena uscito da 46 giorni di sciopero della fame, avevo dormito due ore e avevo appena ricevuto la notizia del decesso di molti prigionieri tra cui qualcuno, che conoscevo personalmente.

Avevo creduto in una soluzione pacifica alla tragedia delle prigioni ma come milioni di gente in Turchia, mi ero sbagliato: il governo preferì infatti gasare e finire col lancia-fiamma i prigionieri indeboliti dallo sciopero della fame piuttosto che ascoltare le loro sofferenze e le loro obiezioni. Una vittima diretta di questa tragedia, d'altra parte, avrebbe potuto testimoniare dinanzi a questa Corte se le sue autorità non ne avessero respinto la testimonianza.

Le mie dichiarazioni non fondate e certamente maldestre, diffuse nella trasmissione su menzionata, sono ovviamente da riportare al mio sentimento di afflizione rispetto a ciò che si era appena prodotto sotto i nostri occhi nelle prigioni turche. È stato così molto facile per il giornalista del RTBF tendermi una trappola con le sue domande inquisitorie. Dopo questa intervista, ho scritto molte volte al signor il Michel Hucorne invitandolo a ritirare questa controversa intervista.

Il giornalista mi ha risposto per posta e per telefono negativamente, argomentando  che se avesse ritirato la mia intervista, tutto il suo scenario sarebbe crollato. Gli occorreva qualcosa di sensazionale. Proprio come nel vostro caso, signor Procuratore: senza questa intervista, il vostro scenario crolla.
Incidentalmente, come ha ricordato il mio avvocato, questa intervista non può in alcun caso essere presa in considerazione contro me in questo processo, visto il suo carattere obsoleto.


5. La conferenza stampa del  28 giugno 2004

Dapprima, tengo a sottolineare che durante questa conferenza stampa organizzata da una coalizione chiamata "Resistanbul 2004", in margine al vertice NATO che si svolgeva ad Istanbul, non si è mai posto il problema di parlare dell'esplosione accidentale scatenata dalla militante Semiran Polat. La conferenza riguardava esclusivamente la militarizzazione illegale della città di Istanbul a causa dell'arrivo di Giorgio W. Bush e di altri capi di stato.

Alcuni provocatori della stampa turca hanno nondimeno provato ad porre in trappola Asoglu Musa spostando il dibattito su questo argomento, ma questo ultimo ha diplomaticamente evaso la questione per riportare il dibattito sul vero soggetto della conferenza stampa. Se il signor Delmulle desidera avere una copia della conferenza stampa, deve soltanto contattare l'agenzia di stampa turca Ihlas Haber Ajansi (IHA). Le immagini che hanno smentito la versione del procuratore federale provengono precisamente da questa agenzia di stampa.
D'altra parte, un corrispondente dell'agenzia italiana ADN Kronos ha ugualmente assistito a questa conferenza stampa. Se una tale rivendicazione fosse stata emessa, credete realmente che un'agenzia di stampa internazionale avrebbe ignorato questa informazione? È più che desolante che oggi ci ritroviamo a polemizzare su tali infantilismi. Per dissipare i sospetti, ecco un estratto del solo comunicato letto e distribuito nel corso della conferenza stampa che ho organizzato al New Hotel Charlemagne

"Da mesi ormai, la Turchia è sotto occupazione." È diventato un paese dove si pavoneggiano allegramente gli agenti della sicurezza di decine di paese, CIA e company. Il luogo in cui si tiene il vertice è stato battezzato la "valle della NATO". In questa zona di sicurezza che è dominio della NATO, nessuna legge è applicata. In una metropoli di 15 milioni di abitanti, non meno di 15.000 poliziotti, 500 tiratori specializzati e truppe militari sono dispiegati per terra, per mare e per aria. "Molte associazioni sono state perquisite e messe sotto sigillo senza il parere di un procuratore, con il pretesto" dei preparativi per il vertice della NATO ".Centinaia di persone sono state  portate via dalle proprie case o nel corso delle dimostrazioni.
"In questa" valle ", quasi 300.000 persone e 50.000 veicoli sono stati schedati." Nella galleria commerciale storica di Kapali Çarsi, 15.000 commercianti ed operai sono stati interrogati e schedati. Le persone che non hanno potuto ottenere un certificato di "sicurezza" hanno visto il loro magazzino chiuso obbligatoriamente. Potranno riaprire il loro negozio soltanto su presentazione della loro certificazione di "sicurezza". Questa galleria commerciale sarà così riservata a 800 delegati della NATO. Le università resteranno chiuse per due giorni."
Fine della citazione.
6. la mia intervista per il telegiornale RTL del 28 giugno 2004

Ho avuto un bel da fare a leggere e rileggere il verbale relativo al mio intervento teletrasmesso, ma non ho ancora trovato delle rivendicazioni nelle mie opinioni. Mi scuso di dovere ripetere nuovamente che il signor procuratore fa l’uso più odioso delle menzogne e non arretra dinanzi ad alcun artificio. Si vede molto bene nell'intervista che parlo alla terza persona del plurale e quando si parla alla terza persona del singolare, non è per una qualsiasi implicazione dell'oratore. Inoltre, perché ci sia rivendicazione d'attentato, sarebbe necessario avere l'intenzione di rivendicarla. Ma, non soltanto, non è questo il caso, ma per di più, non sono stato io a cercare il giornalista; è lui che è ha cercato me. D'altra parte, in questa intervista, io non ho affatto incitato alla violenza né all’odio. È per questo che penso che questa nuova manipolazione del procuratore Delmulle possa esser spazzata via con un colpo di mano.
Conclusioni

E’ necessario constatare che i fatti enumerati contro di me dal procuratore Delmulle non hanno nulla di sovversivo ed ancora meno reprensibile. I riferimenti al "dirigente d'organizzazione terroristica" che sarei diventato dopo "essere cresciuto nell'organizzazione" sono ovviamente un prodotto puro della sua immaginazione malevola e della sua evidente parzialità.

Infatti, in dieci anni di attivismo politico e sociale, ho sempre utilizzato i mezzi d'espressione legali e democratici. Più che un epiteto giuridico, l’accusa di terrorista è un insulto che colpisce me ma anche tutti gli uomini e le donne che hanno consacrato la loro vita a trasformare la Turchia ed il mondo in un porto di pace e di fratellanza.
Che il procuratore Delmulle odi le mie opinioni questo non mi disturba minimamente. Ma che si metta ad insultarmi definendomi "terrorista"questo lo considero inaccettabile.
In questi ultimi anni, ho avuto occasione di essere al fianco di Sükriye Akar all'ufficio d'informazione del DHKC a Bruxelles. Sükriye ha dedicato la maggior parte del suo tempo ai prigionieri politici, fra i quali Fikret Akar, suo marito. Ella ha passato mesi interi a scannerizzare le lettere, i disegni e le riviste inviati al nostro ufficio dai prigionieri politici della Turchia. Organizzava il collegamento tra i prigionieri politici di tutti i continenti traducendo le lettere degli uni e degli altri.

Attraverso la sua incarcerazione, centinaia di prigionieri si trovano un po' più limitati e condannati, tanto in Turchia che nel mondo. Punendola, sono i prigionieri politici vittime di terrorismo dello Stato turco che si andrà a punire.
Mi ricordo che Asoglu Musa ed io stesso siamo stati ricevuti il 10 ottobre 2002 dal Direttore generale del Parlamento europeo, signor Bo Manderup Jensen, a cui avevamo consegnato 155.000 firme raccolte in occasione di una campagna contro i maltrattamenti ed il regime d'isolamento nelle prigioni di tipo F.

Questi due fatti fanno ben capire che l'attività di Musa Asoglu e di Sükriye Akar nel quadro dell'ufficio d'informazione di Bruxelles, è stata di natura perfettamente legale e democratica. Nel corso dei miei dieci anni d'impegno politico e sociale, non ho mai incitato all’odio bensì alla resistenza all'oppressione, così come mi  permette di fare l'articolo 2 della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789. Non sono io che lo invento.
Ma, quando io parlo di resistenza all'oppressione, il sig. Delmulle parla di terrorismo contro la democrazia. Sono punti di vista politici che si sono espressi qui. Mi concederete dunque, signori i giudici, che il mio "mediattivismo" è una pratica incontestabilmente garantita dall'articolo 19 della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 che prevede che: "Qualsiasi individuo ha diritto alla libertà d'opinione e d'espressione, cosa che implica il diritto a non essere infastidito per le sue opinioni e quello di cercare, di ricevere e diffondere, senza limiti di frontiere, le informazioni e le idee con qualunque mezzo d'espressione".

Signori i giudici, è in nome della democrazia, dell’amore per le libertà pubbliche e private che vi chiedo di non cedere agli attacchi che il procuratore ha portato contro la democrazia e la libertà d'espressione. Il suo atto d'accusa degno dei periodi peggiori del Maccartismo, mi dipinge in maniera diabolica mettendo a confronto elementi non soltanto indipendenti gli uni dagli altri, ma per di più inoffensivi e riguardanti rigorosamente il diritto d’espressione. È per questo che signori giudici, io vi chiedo di liberarmi e di permettermi di proseguire il mio lavoro d'informazione e di solidarietà, perché la Turchia che io amo diventi realmente un giorno un paese democratico.

Bahar Kimyongür