Salvatore D’Albergo
Andrea Catone
LOTTE DI CLASSE E COSTITUZIONE
Diagnosi dell’Italia repubblicana
Edizioni La città del Sole, Napoli, 2008 - pp. 375, euro 18,00
Quando e perché si comincia a parlare di riforme della
Costituzione? Qual è il contesto internazionale in cui si
collocano i mutamenti rilevanti del testo costituzionale?
Diversamente da quanto è stato continuamente detto dai fautori
dell’“ammodernamento” della Costituzione, presentato come un’esigenza
tecnica di adeguare alcune norme ai nuovi tempi, le costituzioni non
sono un fatto meramente tecnico, rispecchiano i rapporti tra le classi,
possono avere un segno progressivo o regressivo. Nessun mutamento
è neutro, indifferente al contesto sociale e alla lotta di
classe. Il terreno costituzionale come campo della lotta di classe
è stato spesso trascurato dalla cultura marxista e la lotta
sulla e per la costituzione è stata isolata dal contesto
socio-politico complessivo. Il che ha delegato e consegnato il
più delle volte la difesa della costituzione al solo
costituzionalismo progressista, precludendo la possibilità di
un’analisi marxista dei rapporti sociali e delle forze in campo che
hanno operato e operano per la modifica o lo stravolgimento della
costituzione.
Gli agenti del capitale, per ottenere il pieno e assoluto comando sul
lavoro, hanno sistematicamente puntato a smantellare anche quelle
costruzioni giuridiche che nel corso dei decenni precedenti la lotta di
classe dei lavoratori aveva contribuito ad edificare. Di qui l’attacco
alla legislazione del lavoro, ma, soprattutto, alla legge fondamentale,
alla Costituzione nata dalla Resistenza antifascista che fa
dell’Italia, unico paese del mondo capitalistico dell’Occidente, una
“repubblica fondata sul lavoro”.
Come è scritto in modo ampio e argomentato nel cap. I di questo
volume, la costituzione repubblicana, approvata a larghissima
maggioranza dall’assemblea costituente alla fine del 1947, era un
unicum tra le costituzioni occidentali dei paesi capitalistici, per il
carattere sociale che l’azione dei comunisti e dei socialisti, ma anche
di una parte dei popolari democristiani, vi aveva impresso. Negli altri
paesi occidentali, invece, prevalsero costituzioni liberaldemocratiche.
Anche in Francia, dove la borghesia riuscì a rovesciare la prima
costituzione postbellica e ad imporne un’altra contro i comunisti, per
non parlare della Germania federale, dove i comunisti furono messi al
bando e tutta l’architettura costituzionale fu influenzata dai
vincitori-occupatori angloamericani (nonché da De Gaulle). La
costituzione italiana era l’unica che pensasse in termini sostanziali
la democrazia fondata sui lavoratori, sul lavoro e non sul capitale, e
che ponesse vincoli al diritto assoluto di proprietà e
proponesse lo stato non come guardiano notturno, ma promotore e
organizzatore di imprese economiche finalizzate allo sviluppo sociale e
non esclusivamente orientate al profitto.
La costituzione italiana costituiva un’anomalia che i rappresentanti
del grande capitale hanno cercato di eliminare, per collocare l’Italia
nella piena “normalità” della nuova fase capitalistica mondiale.
Quest’ultima richiedeva il superamento di ogni barriera di protezione
nazionale, l’abolizione del capitalismo di stato nazionale - che si
basava su una più o meno estesa area di economia sotto controllo
totale o prevalente dello stato - in modo che ogni impresa potesse
essere a disposizione del capitale transnazionale, senza i vincoli
posti dagli stati.
Tutto l’insieme dei processi di trasformazione della struttura
economico-sociale italiana, delle classi e della loro “nomenclatura”
partitica – globalizzazione e costituzione del mercato mondiale, con
l’esigenza di rompere i vincoli economici posti dagli stati nazionali,
privatizzando tutto il possibile del settore pubblico; strapotere, con
la demolizione dei partiti operai e la corporativizzazione del
sindacato, del capitale sul lavoro e conseguente forte compressione dei
salari, che consente al “nanocapitalismo” italiano, in assenza di
innovazioni tecnologiche e dimensioni di impresa paragonabili a quelle
dei concorrenti europei, di mantenere alcune quote di mercato – si
relaziona dialetticamente con lo smantellamento della costituzione
repubblicana.
La storia delle trasformazioni costituzionali del periodo post ‘89 va
letta alla luce della relazione marxiana tra struttura e
sovrastruttura. Non si tratta di una relazione meccanica, lineare,
univoca, né di un riflesso senza mediazioni dell’azione della
struttura sulla sovrastruttura (per cui le modificazioni nella
struttura economica produrrebbero direttamente trasformazioni nella
sovrastruttura istituzionale). Vi è piuttosto un’interrelazione
profonda tra i diversi piani delle diverse storie – dell’economia,
della lotta politica e partitica, dell’ideologia, delle “riforme
costituzionali” – che si svolgono, ciascuna con le proprie
peculiarità e una propria relativa autonoma logica. Così,
i mutamenti del capitalismo mondiale spingono a superare l’anomalia
italiana di una costituzione democratico-sociale e il suo sistema
storico di partiti, e il mutamento del sistema politico incide
profondamente sul volto del capitalismo italiano, con uno straordinario
smantellamento del settore di economia pubblica. Le trasformazioni
costituzionali sono il prodotto e al contempo il motore – interagiscono
– dell’attacco capitalistico contro il lavoro e il settore
dell’economia pubblica, in funzione dell’integrazione subalterna nella
Unione europea e nel mercato mondiale.
dalla quarta di copertina
L'arma della critica non può certamente sostituire la critica
delle armi, la forza materiale dev'essere abbattuta dalla forza
materiale, ma anche la teoria diviene una forza materiale non appena si
impadronisce delle masse. [Karl Marx, Per la critica della
filosofia del diritto di Hegel]
«Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si
realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i
diritti d'autore. La giustizia, la tv, l'ordine pubblico. Ho scritto
tutto trent'anni fa». Così Licio Gelli, intervistato da La
Repubblica del 28 settembre 2003. Il Piano della Loggia massonica P.2,
il cosiddetto Piano di rinascita democratica, prefigurava la formazione
di due poli - entrambi moderati, liberal-conservatore l’uno e
social-laburista l’altro - capaci di sostituire il dissolto sistema
partitico (la cosiddetta “partitocrazia”), senza alcuna
conflittualità di classe e senza alcuna ideologia. Un sistema
del tutto estraneo all’idea di democrazia conflittuale pensata dai
costituenti: riduzione dei poteri del parlamento, presidenzialismo,
limitazione del diritto di sciopero, criminalizzazione della
conflittualità sociale. Sul piano ideologico-simbolico, ma con
forte valore politico, vi è la rottura con l’atto di nascita
della Costituzione: la Resistenza.
Il libro affronta l’intreccio tra storia delle lotte di classe e storia
delle “riforme costituzionali” volte a demolire la costituzione
repubblicana che, unica nel panorama dei paesi occidentali, disegnava
una democrazia sociale.
Il 1993, l’abolizione del sistema elettorale proporzionale segna il
passaggio al bipolarismo maggioritario attuale in cui i due poli di
centro-destra e centro-sinistra, ad onta di uno scontro durissimo
intorno al governo del paese, hanno attuato politiche convergenti nella
demolizione dello stato sociale, privatizzazioni delle imprese
pubbliche, precarizzazione del lavoro e stravolgimento della forma di
stato disegnata dalla Costituzione. Quella Costituzione che il secco NO
al referendum del 25-26 giugno 2006 ha invece voluto difendere e
rilanciare, sconfiggendo l’intento perseguito da destra e da sinistra
di introdurre modelli di “revisione” dell’intera Seconda Parte della
Costituzione, per delegittimare la Prima Parte e gli stessi Principi
Fondamentali.
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INDICE
I. DALLA RESISTENZA ALLA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO
Dal referendum di giugno 2006: difendere e rilanciare la Costituzione
Alle origini della costituzione democratico-sociale del 1948
Una “forma di stato” volta ad andare oltre i limiti dello “stato di
diritto sociale”
Nel lavoro costituente non hanno dato grande aiuto i giuristi…
Il nesso nazionale/internazionale nella Costituzione
La questione cattolica e il discusso articolo 7
La “democrazia organizzata”. Il ruolo dei partiti
Cittadini e lavoratori
Carattere alternativo del modello di forma di governo della repubblica
fondata sul lavoro rispetto
ai modelli britannico, statunitense, francese e
tedesco
La strategia istituzionale della Seconda Parte della costituzione
coerente con la strategia sociale della Prima Parte: precedenza del
Parlamento rispetto a governo e presidente della repubblica
La struttura del parlamento: bicameralismo “paritario” versus
federalismo
Il ruolo del Presidente della repubblica è scisso da quello
dell’esecutivo
Centralità del parlamento. Differenze sostanziali rispetto ai
modelli anglosassone, tedesco e francese
Il potere esecutivo. Consiglio dei ministri e pubblica amministrazione
come sezioni di una medesima struttura istituzionale
Il ruolo della Magistratura nell’architettura costituzionale
La “repubblica delle autonomie” in una prospettiva di sovranità
popolare diffusa sul territorio
Referendum e Corte costituzionale. Le riserve dei comunisti
Il procedimento di revisione costituzionale
II. LA DEMOCRAZIA SOCIALE TRA RILANCIO E DELEGITTIMAZIONE
Le contraddizioni del processo di attuazione della Costituzione
Anni ’50. La strategia delle classi proprietarie di “neutralizzazione”
della costituzione
La conventio ad excludendum
L’ambigua distinzione di Mortati tra “costituzione formale” e
“costituzione materiale”
Dopo il 18 aprile 1948. La DC conquista la maggioranza assoluta ma non
riesce a dare stabilità politica
1953. Sconfitta della “legge truffa”
Agonia del centrismo
La presidenza Gronchi
Il Ministero delle partecipazioni statali
Istituzione della Corte Costituzionale e del Csm
Luglio 1960. Dalla sollevazione popolare contro il governo DC-MSI
matura la svolta del centro sinistra
Ricorso sistematico alle crisi extraparlamentari. La “programmazione”
economica negli anni del centro-sinistra
La cosiddetta “crisi del parlamento”…
1968-69. La “nuova sinistra” assimila la costituzione di
democrazia-sociale a tutti i modelli dello “stato del capitale”
dominati variamente dalla borghesia
Creazione delle regioni a statuto ordinario e programmazione
1971. Riforma dei regolamenti del parlamento
Lo statuto dei lavoratori
L’obiettivo del controllo degli investimenti della grande impresa
Leggi di opposto segno nella fase di intense lotte sociali della prima
metà degli anni ‘70
Il dibattito teorico nella dottrina giuridica
La lotta del PCI sulle partecipazioni statali e il sistema
radiotelevisivo
1975. La controffensiva della loggia massonica P2
Concezione “alternativa” del diritto e “centralità/autonomia”
del parlamento negli anni ’70
Il sottile attacco di Norberto Bobbio alla democrazia sociale della
Costituzione
La torsione del Pci
“Legge finanziaria” e riforma sanitaria
Verso lo snaturamento del sistema democratico
La politica delle “privatizzazioni”
Anni ’80. La prima “Bicamerale” Bozzi e le ideologie di stravolgimento
della Costituzione
Alternanza versus alternativa
Spostamento dell’asse del conflitto ed uso reiterato del referendum
Dalla metà degli anni ’80 al 1993: verso lo scardinamento del
sistema costituzionale
La legge n. 400 del 1988, chiave di volta dell’involuzione degli atti
di governo
Anni ’90. Disarmo ideologico e stravolgimento della Costituzione
Il Trattato di Maastricht. Il capitale sovranazionale europeo
all’attacco della Costituzione italiana
Il maggioritario uninominale. Modifica della forma di governo di comuni
province e regioni. Referendum e Corte Costituzionale usati per la
delegittimazione della costituzione
L’entrata in campo di Berlusconi
“Premierato” e “federalismo” per sostituire la “repubblica del mercato”
alla “repubblica del lavoro”
Rilanciare una lotta culturale e politica per sconfiggere destra
sociale e destra politica
III. L’ITALIA DOPO LA “GUERRA FREDDA”
I due “campi” alla fine della seconda guerra mondiale
L’offensiva neoliberista e la crisi del socialismo reale
Il terremoto geopolitico del 1989
La strategia degli USA dopo la vittoria nella “guerra fredda”
L’Europa del capitale
L’Italia dopo il 1989
Il capitalismo italiano sotto la pressione della “globalizzazione”
Lo smantellamento del sistema delle partecipazioni statali
La liquidazione del Pci
Verso il sindacato neocorporativo: il lavoro sotto attacco
L’opposizione politica e sindacale del proletariato nell’Italia post
guerra fredda
Il ruolo del Prc
I sindacati
Lo smantellamento della Costituzione repubblicana
La lotta di classe intorno alla Costituzione italiana e le “riforme
costituzionali”
La controffensiva reazionaria al decennio di lotte 1967-1977
Trasformazioni costituzionali per togliere al proletariato
possibilità di rappresentanza politica e per regolare le
contraddizioni tra le frazioni della classe dominante
Il dibattito a sinistra sulle riforme costituzionali degli anni ’80: la
“legge truffa” non è più un tabù
La strategia referendaria di smantellamento della Costituzione
Mani pulite
1993
Italia, unico paese dell’Occidente attraversato da un terremoto politico
Il “partito democratico” quale nomenclatura effettiva della classe
capitalistica europeista
Il “berlusconismo”
Lo scontro tra i due “poli”
Alla ricerca di una nuova forma di stato funzionale alla borghesia
europeista
L’infinita “transizione” costituzionale italiana: alla ricerca del
“bipolarismo maggioritario”
IV. CRONOLOGIA