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Un numero monografico de “Il Calendario del Popolo”

“POETI OPERAI”: LA FABBRICA CANTA E URLA IN VERSI


In Italia muoiono ogni giorno 4-5 operai per incidenti sul lavoro. Tanti altri muoiono negli anni a causa di malattie contratte in fabbrica, dove sono entrati in contatto con sostanze cancerogene o comunque nocive. Eppure c’è chi proclama la fine della lotta di classe. Ma gli operai non ci stanno. La loro protesta non si manifesta solo attraverso gli scioperi, ma anche attraverso la poesia.
Antonio Catalfamo, critico letterario e docente universitario, ha voluto raccogliere i versi dei “poeti operai” in un numero monografico de “Il Calendario del Popolo”, rivista storica del movimento dei lavoratori, entrata nel suo 64° anno di vita. “Poeti operai” – proprio così si intitola l’antologia – è una definizione coniata da Pasolini per distinguere dagli scrittori di professione (Ottiero Ottieri, Paolo Volponi), protagonisti della cosiddetta “letteratura industriale”, quegli autori di versi che conoscono il mondo della fabbrica per la loro esperienza diretta di lavoro quotidiano. E’ di questi ultimi che si occupa “Il Calendario del Popolo”, prendendo le mosse dai primi “poeti operai”, formatisi, negli anni ’50, intorno ai giornali di fabbrica e alle lotte ad oltranza per la difesa del posto di lavoro (come quelle che interessarono le “Reggiane” di Reggio Emilia), per continuare con i “poeti operai” degli anni Sessanta e Settanta, e per concludere con quelli di oggi.
Ecco l’elenco dei poeti inclusi nell’antologia ( che comprende per ciascun autore un profilo critico, alcuni componimenti e diverse foto illustrative): Franco Cigarini, Ferruccio Brugnaro, Franco Cardinale, Francesco Currà, Tommaso Di Ciaula, Sandro Sardella, Donato Rossi, Felice Serino, Giuliano Bugani, Giovanni Rapetti, Francesco Mancuso, Bernardo Quaranta, Ilario Dittadi, Massimo Camporese, Lino Naccari.
A proposito dei versi di Ferruccio Brugnaro, Andrea Zanzotto ha scritto che la fabbrica è come la trincea di Ungaretti, che uccide e mutila. Anzi è peggio, perché la guerra prima o poi finisce, mentre nelle fabbriche si continua a morire ogni giorno. Nei versi dei “poeti operai” trovano eco scene apocalittiche: reparti che esplodono, operai mutilati dalle macchine impazzite, oppure alienati, in preda alla follia. C’è chi, come Franco Cardinale, racconta il lento, ma inesorabile, avanzare della malattia che lo ha portato alla tomba, le analisi, le cure mediche inutili, le operazioni chirurgiche che deturpano il corpo. In altri poeti (Sandro Sardella, Donato Rossi) prevale l’ironia dolce-amara, la rappresentazione satirica dei vezzi e dei comportamenti standardizzati dei “capi”, le loro fobie.
L’antologia non si ferma alla fabbrica. L’orizzonte si allarga anche al mondo che circonda gli insediamenti industriali. Sono così proposti alcuni poeti, anche dialettali, che cantano l’emarginazione delle periferie urbane, il dramma della solitudine (il “poeta-barbone” Bernardo Quaranta) e della follia, oppure l’altra faccia della medaglia rispetto all’industrializzazione: la scomparsa del mondo contadino (Giovanni Rapetti, Francesco Mancuso).

 “Poeti operai”, a cura di Antonio Catalfamo, “Il Calendario del Popolo”, n. 730, maggio 2008. Le copie, al prezzo di 5 euro cadauna, possono essere richieste a: Nicola Teti Editore, Via Simone D’Orsenigo, 21 – 20135 Milano. Tel. : (02) 55015584. Fax: (02) 55015595. E-mail: teti@teti.it. Per richieste di un minimo di 50 copie, il prezzo si abbassa a 2,5 euro la copia. Per richieste di un minimo di 100 copie, scende a 1,5 euro la copia.