io mi ritengo un compagno
(seppure atipico, è vero) assai controverso, irrazionale e
razionale fino in fondo, irriverente e dissacrante (soprattutto verso
gli abusi del potere), anarchico e comunista, molto esigente e in un
certo senso individualista, intransigente, stizzoso e irascibile,
sempre ostile di fronte ai torti e ai soprusi commessi a danno dei
soggetti più deboli e indifesi della società, da parte di
chi detiene le leve del comando e lo gestisce molto male.
Senza
dubbio posso definirmi corretto, leale, schietto, perfino buono
d’animo, ma nient’affatto buonista,
né bigotto, probabilmente “maledetto” ed inviso ai tanti
bacchettoni in circolazione.
A
modo mio sono sempre stato coerente, sebbene si tratti
di una coerenza difficile da riconoscere e da accettare, in un certo
senso indecifrabile, interiore e introversa.
Non
sono, né mai sono stato, un moralista, un falso predicatore, un
millantatore, un impostore, uno che predica
bene e razzola male. Probabilmente sono uno che predica
male, se non malissimo, e razzola molto peggio!
Al
contrario, ho sempre detestato e disprezzato i farisei, i perbenisti, i
baciapile d’ogni dove e d’ogni tempo, di ieri, oggi e domani, anche e soprattutto gli
ipocriti e i benpensanti che s’annidano, numerosi, nelle schiere,
ordinate e disciplinate, dei vostri partiti e delle vostre
organizzazioni, sempre più somiglianti agli altari, ai sacrari,
ai santuari incensati e glorificati in cui si mescolano il sacro e il
profano, il dogma e la rivoluzione, l’ortodossia e l’eresia. E in cui alloggiano e gravitano i nuovi maestri e
i nuovi apostoli, chierici, prelati, curati e cappellani, parroci,
seminaristi e sacrestani, devoti e praticanti, con i loro abiti talari,
i collarini, gli zucchetti, le felpe e i cappucci da battaglia, le
sottane e gli eskimi, i sandali e gli
zoccoli, le processioni e le marce, gli inni e i salmi, le litanie e le
giaculatorie, i riti e le cerimonie liturgiche, le feste da onorare e
finanziare, i decaloghi e i comandamenti da osservare, gli esercizi
spirituali e le penitenze, le missioni, le benedizioni, le
genuflessioni e le confessioni, le blasfemie e le eresie, le scomuniche
e le epurazioni, le abiure e le ritrattazioni, le persecuzioni e le
condanne, i misteri, gli scandali, persino gli esorcismi…
Emarginandomi
dal vostro partito-chiesa pensavate di avermi tacitato per sempre?
Invece
vi eravate clamorosamente sbagliati, come al
solito. In realtà, è il sottoscritto che ha deciso alcuni
anni or sono di fuoriuscire dalla vostra congrega clerico-settaria
e pseudo-rivoluzionaria, verticistica e neodemocristiana, che ingabbia e
imprigiona le menti più libere e brillanti, le coscienze
più oneste e sincere, più giuste e leali.
Il
vostro è un sistema che opprime e schiaccia la libertà di
pensiero e di azione, la forza del dubbio
e della critica, il coraggio dell’analisi lucida e dell’utopia che si
fa realtà, che costituiscono la linfa vitale di ogni teoria e di
ogni movimento storico autenticamente rivoluzionario, che non si frena
di fronte al primo ostacolo o alla prima poltrona, come affermava il
grande poeta e rivoluzionario russo Vladimir Majakowskij,
che non a caso fu una delle numerose vittime perseguitate dal regime
stalinista.
Ed eccomi ancora qui,
autonomo e cosciente, sempre pronto a rompere le scatole e a disturbare
la macchina del potere, in qualunque forma esso si manifesti per
ingerire nell’esistenza delle singole persone, per dettare e imporre le
sue ingiuste leggi e i suoi precetti canonici che i potenti sono i
primi a violare, per sancire arbitrariamente ciò che è
bene e ciò che è male, per violentare e deturpare la
verità e la natura dell’uomo.
Mi
pongo tante domande, nutro molti dubbi, e avrei
da proporvi mille quesiti che mi assillano, ma mi preme soffermarmi in
modo particolare su una questione fondamentale.
Perché
uno come me dovrebbe occuparsi di politica,
nel senso di iscriversi e militare più o meno attivamente in un
partito politico (qualunque esso sia), magari nel vostro partito, il
cui scopo precipuo sembra essere la conquista di un crescente livello
di potere, ovvero di un crescente numero di voti e di consensi, di
tessere e di poltrone, di cariche istituzionali?
Francamente,
questo modo di far politica, benché camuffato sotto le vesti
posticce di movimenti di lotta, di
battaglie e vertenze territoriali, guidate in maniera strumentale e
fraudolenta, proprio non mi attrae e non mi interessa.
Purtroppo,
questa è la prassi dominante e più seducente, specie
nelle nostre zone, da sempre controllate da un sistema di potere
clientelare e trasformistico, dall’epoca della dinastia borbonica
all’avvento della monarchia sabauda, dal regime fascista a quello democristiano.
Ebbene,
tale potere mi ha sempre atterrito e nauseato, sin dai tempi in cui da
noi spadroneggiava e imperversava la vecchia Dc,
i cui emuli-servi sono tuttora in auge,
sempre devoti, deferenti e ossequiosi ai comandi dell’ “uomo del
monte”, ma sempre pronti a issarsi sul carro dei nuovi vincitori,
allorquando il vecchio potere pare destinato a tramontare.
Ancor
meno questa politica mi può coinvolgere e adescare oggi, in un
partito “sfigato” come il vostro, costretto
ad accontentarsi delle minuzzole e degli
avanzi concessi dai “soci” più famelici e voraci, essendo adusi
a dividersi e a fagocitare le fette più grosse.
Per
fortuna nella vita esistono altre nobili, preziose e gratificanti
attività, del corpo e dello spirito, a cui è possibile
dedicare e consacrare il proprio tempo.
La
rivoluzione, il progresso e l’emancipazione del genere umano,
pretendono ben altro, esigono verità e dubbi permanenti, idee
nuove, ma soprattutto il coraggio di esporle e propugnarle fino in
fondo, senza arrestarsi e accontentarsi di una poltrona,
ancorché comoda e allettante.
Lucio
Garofalo
P.S.:
mi riferisco e mi rivolgo esplicitamente ai quadri dirigenti del
P.R.C., che hanno lasciato alla deriva (anzitutto ideologica e
politica) il partito, abbandonando di fatto migliaia di
militanti e i numerosi circoli territoriali della base, che non
hanno più un'identità culturale ben precisa, non sanno
più come definirsi e non hanno più termini e valori di
riferimento teorici, e quindi pratico-politici, a cui aggrapparsi
e richiamarsi. Insomma,
la domanda capitale che in tanti si pongono è la
seguente: cosa è diventata Rifondazione comunista?
Un'organizzazione comunista e
antifascista, o semplicemente un movimento pacifista, non
violento, nel senso ghandiano del termine? O nemmeno questo?
Forse, il P.R.C. si è trasformato, o si sta trasformando in
un partito democratico-borghese, radical, riformista?...