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Intervista di Contropiano al Sen. Fernando Rossi *
Da alcuni mesi hai lasciato il PdCI e fondato l'Associazione "Officina
Comunista". E' velleitario o realistico secondo te battersi per tenere
aperta oggi una ipotesi comunista in Italia?
Il rischio soggettivo di non farcela c'è, ma è
l'esistenza di condizioni
oggettive che spinge molti gruppi, associazioni e piccoli partiti, non
solo Officina, ad avvertire il grande vuoto politico che si registra
nell'analisi, nell'organizzazione e nell'iniziativa politica comunista.
Tale lavoro sarebbe stato molto più efficace se trainato da
Rifondazione
o dal PdCI, ancor meglio se uniti, qualora ciò fosse già
negli obiettivi
degli attuali gruppi dirigenti; ma così non è, ed allora
benvengano
tutti i piccoli e grandi sforzi che uno o più comunisti possono
fare
nella giusta direzione. Come Officina Comunista terremo aperto un
confronto e continueremo ad invitare anche Rifondazione e PdCI a tutte
le nostre iniziative con cui cercheremo di produrre sostegno alle
lotte,
ed iniziativa politica e lì insieme misureremo la possibile
unità; così
faremo anche con gli altri partiti comunisti minori e con le
associazioni ed organizzazioni comuniste operanti nel paese. Agli
incontri andremo con le nostre posizioni e con le nostre idee, ma
interessatissimi ad ascoltare quelle altrui, senza condanne o chiusure
pregiudiziali, che smentirebbero alla radice il proposito ed il compito
di unire i comunisti. Credo quindi che eventuali e personalmente
interessanti dispute tra Stalinisti, Trotzkisti, Maoisti e Leninisti,
debbano svolgersi in sedi appropriate e non potranno rientrare tra le
priorità di Officina Comunista.
Prodi, in una intervista alla stampa tedesca, si era lasciato sfuggire
che secondo lui in Italia i comunisti sono ormai un fattore
folkloristico. Sbaglia Prodi o esiste obiettivamente il rischio della
residualità nella identità comunista nel nostro paese?
Marx, ne "Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte", scrive che: gli uomini
fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in
circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che
essi
trovano immediatamente dinanzi e sé. Determinate dai fatti e
dalla
tradizione". Il termine, folklore, viene dalla lingua inglese e
significa"dottrina del popolo", non ha quindi alcun significato
negativo. Ma a Prodi ed ai tanti altri che prima di lui hanno
culturalmente sposato il nuovismo distruttivo della borghesia
"compradora" (buttando a mare l'egregio lavoro di tanti scienziati e
studiosi di sociologia e semiologia, nonché il grande sforzo
delle sue
amate gerarchie vaticane per adattare il rituale cattolico al folklore
dei vari popoli), si confanno battute infelici su questioni che non
conoscono e che non gli importa nemmeno di conoscere. Ma, Prodi a
parte,
la residualità del pensiero, dell'identità ed ancor
più della iniziativa
politica dei comunisti non sono più un "rischio". Finite le
lezioni sui
sacrifici da fare per impedire l'impossibile ritorno al potere di
Berlusconi, su molte questioni (a cominciare da guerra, salari e
precariato, finanziaria e prossimamte......pensioni) siamo già
usciti
dalla residualità per entrare in una disarmante
sussidiarietà.
Il PRC si avvia alla costituzione di una formazione politica - il
Partito della Sinistra Europea - che vedrà offuscarsi la
presenza di una
forza politica comunista in Italia dentro un fronte più ampio.
Il PdCI
non sembra mettere in campo ipotesi alternative. Che cosa ne pensi di
questo processo? Cosa verrà fuori a primavera?
Io non credo che, dentro un fronte più ampio, una forza politica
comunista sia destinata ad offuscarsi; ma prendo atto che oggi il brodo
comunista che abbiamo in Italia è quasi acqua calda, inadatto ad
ulteriori miscele. Io penso invece che già oggi (figuriamoci
quando sarà
avviato o concluso il rimescolamento post-occhettiano) sia urgente e
necessario concentrare tutte le energie ed i saperi dei comunisti
italiani, ristabilendo un saldo legame tra le lotte operaie, ambientali
e consumeristiche e le modifiche che queste possono ottenere nella
organizzazione della società capitalista, ponendo così le
basi per un
suo superamento.
Nel Programma dell'Unione, ancorché viziato dal "contro
Berlusconi"
(quando da sinistra, per capire cosa fare , avremmo dovuto esaminare le
cause e cioè le modifiche della struttura sociale e non gli
effetti e
cioè la loro sintesi politico-mediatica da destra),le tracce di
tale
processo di rinnovamento e trasformazione c'erano, ma erano talmente
labili che l'attuale arbitraria gestione del Programma guidata da
Prodi-DS- Margherita li ignora totalmente e ciò non solleva
alcuna
rivolta comunista o della sinistra (le uniche proteste sono state
quelle
di Mussi, ma per la scarsa quantità delle risorse avute dal suo
Ministero, non certo perché ciò, nei fatti, impedisce
quel programma di
svolta nella produzione e valorizzazione sociale dei saperi di cui i
lavoratori ed il sistema produttivo avrebbero bisogno). O, come
comunisti e sinistra di classe, non siamo in grado di ottenere un reale
ritorno al Programma, mettendo in chiaro che non abbiamo alcuna
intenzione di lasciare il bastone di comando del paese a banche, grandi
gruppi finanziari (alcuni alla guida di Confindustria, ma dediti
più
alla finanza che alla produzione industriale),gerarchie ecclesiastiche
e
militari, oppure bisognerà uscire da questo Governo per non
farci
travolgere dalla sua politica, plaudita da Repubblica, Stampa e
Corriere
ma pagata ancora una volta dal popolo e da chi lavora.
Tre ipotesi su cosa verrà fuori a primavera:
- il gruppo dirigente DS, congela e rinvia all'infinito (dopo la crisi
di governo che sancirà l'uscita di scena dell'ingombrante,
incomodo
prodiano, divenuto troppo potente?) il progetto di dar vita al nuovo
partito a guida DS.
- rompendo gli indugi di Fassino e del suo gruppo dirigente, il Partito
Democratico viene costituito, ma imperniato sull'alleanza
Veltroni-Prodi, con forti strappi sulle ali; una a sinistra, ad
egemonia
D'Alema-Mussi, ed una a destra con parti rilevanti della Margherita,
Mastella, Udc, ecc;
- La terza, più probabile, è che il partito americano non
nascerà a
primavera ma in autunno (o a primavera 2008), il tempo necessario per
far fuori o ridurre al silenzio le opposizioni interne, e quindi
perdere
il meno possibile sulle due ali.
E' esagerato secondo te affermare che la costituzione del Partito della
Sinistra Europea in qualche modo porti a compimento l'operazione
avviatasi alla Bolognina alla fine degli anni Ottanta?
Il tanto bistrattato Occhetto potrebbe, a buon diritto, pretendere i
diritti d'autore, ma pare che si accontenti della promessa, fattagli da
Bertinotti, di essere inserito tra i padri fondatori della nuova
rivista
"ideologica"(si fa per dire) della Sinistra Europea.
Un'ultima questione. La decisione tua e degli altri senatori
"dissidenti" di votare a luglio il decreto di rifinanziamento della
missione in Afganistan dopo aver condotto una battaglia che aveva
creato
moltissime aspettative, è stata vissuta molto male da tanti
compagni, da
settori del movimento e da personalità impegnate contro la
guerra. A
distanza di alcuni mesi, avete avviato una riflessione su quella scelta
e sulle sue conseguenze?
L'unica riflessione, fatta insieme agli altri senatori contro la
guerra,
risale alle ore successive al primo incontro con il Governo,
rappresentato dal Ministro Chiti, e con i capigruppo di Ulivo,
Rifondazione e Verdi-PdCI. Allora decidemmo che avremmo votato la
fiducia avendo ottenuto che il Governo facesse passi avanti (che
ritenemmo significativi) rispetto alle posizioni sostenute alla Camera.
Tali aperture erano riscontrabili nell'accoglimento, da parte del
governo di 9 Ordini del Giorno da noi presentati, che evidenziavano la
separazione tra il nostro contingente e la strategia di guerra
americana
e che impegnavano il Governo a lavorare per l'uscita dalla guerra
afgana, promuovendo incontri ed iniziative diplomatiche per coinvolgere
ancheb gli altri paesi europei. Ad oggi, tali impegni sono totalmente
disattesi: gli Stati Uniti hanno un generale a 4 Stelle che dirige
tutti
i militari presenti in Afghanistan, e non c'è traccia di
modifica delle
posizioni italiane. Anzi modifiche c'è ne sono state, ma in
peggio.
- Durante le cerimonie di tardivo ritiro dall'Iraq, sono state
pronunciate frasi incredibili e piene di ipocrisia su difesa
pace-democrazia, impegno umanitario, difesa dell'onore italiano,
ecc.ecc.;
- Abbiamo inviato, appena gli Usa lo hanno permesso, un contingente
"neutrale"per far cessare l'aggressione israeliana al Libano; poi si
è
appreso che il Governo Berlusconi aveva stretto un accordo militare con
Israele, unico stato mediterraneo espansionista, che viola i diritti
dei
popoli e degli stati limitrofi, nonché tutte le convenzioni
internazionali, condannato da 74 sanzioni dell'ONU (non da 1, come la
Yugoslavia subito bombardata e distrutta) e che il Governo Prodi non
è
intenzionato né a revocare né a sospendere tale accordo
militare mentre
si è "adeguato" alle pressioni americane(un altro embargo
democratico!)
per correggere il responso delle elezioni in Palestina.
Ma, in questo modo, che cavolo di neutralità attiva possiamo
svolgere
tra Libano ed Israele o tra Israele e Palestina o più in
generale nel
Mediterraneo e nel Medio oriente?
Sull'Afghanistan voterò contro il rifinanziamento della
missione, cosa
che farò anche sul Libano, se permarrà l'accordo militare
con Israele;
alla ripresa dei lavori del senato (un mese di vacanze di Natale tanto
per dare l'esempio del" rimboccarsi le maniche"!) sentirò se gli
altri
parlamentari contro la guerra condividono tali posizioni e quali
iniziative possiamo promuovere.
* Fondatore dell'Associazione Officina Comunista e senatore del Partito
dei Consumatori Italiani
(intervista pubblicata sul numero di gennaio di Contropiano)