LA GUERRA GLOBALE DI SION
DA GERUSALEMME E BAGHDAD
ALLA BANCA D'ITALIA
CON L'UOMO DI SOROS E NEL PLAUSO BIPARTISAN (MA PIU' DI SINISTRA) LA FINANZA
EBRAICA BATTE IL VATICANO
MONDOCANE FUORILINEA
31/12/05
di
Fulvio Grimaldi
31 dicembre: nel plauso a denti stretti della destra e più convinto della
"sinistra" a Mario Draghi governatore della Banca d'Italia, si chiude l'annus
horribilis berlusconian-dalemiano.bertinottiano 2005. Vince la finanza
anglo-israeliana, massonica e laica (si fa per dire), perde la finanza
cattolica e, in specie, la massoneria Opus Dei. Vincono anche coloro che 13
anni prima hanno avviato la bancarotta italiana, assassinato la politica e
fatto trionfare un'economia in gran parte straniera di rapina e per il resto
quella che impesta l'aria di questi tempi. La posta in gioco? Tra le altre il
famigerato Partito Democratico filoclintoniano, filoisraeliano,
filobilderberghiano, massonico, di Rutelli, Veltroni e aggregati vari.
Uomo di Soros, ma anche dei Rothschild, dei briganti globali Goldman Sachs (la
più grande banca d'affari del capitalismo con le zanne), dei Chicago Boys,
delle organizzazioni mafioso-massoniche Bilderberg e Trilateral (alle cui
conventicole insieme a Henry Kissinger non manca mai), cioè di tutta quella che
a buon diritto si può chiamare la mafia economica ebraico-laica (con l'accento
sul primo termine) in contrapposizione - e a volte in combutta - con la mafia
finanziaria cattolica, quella dei Mercinkus, Sindona, Calvi e, infine, di
Fazio. Uomo con alle spalle uno dei più colossali tradimenti nazionali,
tradimenti che sono essenzialmente quelli a danno dei lavoratori, quando nel
1992 fu complice di quell'assalto all'economia italiana, guidata dal più grande
delinquente della speculazione filosionista, George Soros, che sfasciò per
sempre il sistema produttivo del nostro paese. Le forze di cui Draghi fu
l'operativo in Italia, sia con il sabotaggio del '92, sia sovrintendendo ai
successivi saccheggi nella qualità di presidente del Comitato per le
privatizzazioni (dal 1993), sono le stesse che in Palestina fucilano o
torturano pacifisti e oppositori, rimuovono un popolo, con l'assassinio e il
massacro sociale, dal primo lembo di un obiettivo strategico chiamato "Grande
Israele"; le stesse che in Iraq hanno cercato, invano, di decapitare un polo
antimperialista, nazionale e socialmente alternativo ai modelli del vampirismo
capitalista e del nuovo colonialismo; le stesse che, a partire dai progetti di
una masnada di nazisionisti covati da Reagan e Bush padre a Washington, si
propongono il dominio e il saccheggio planetari. A volte si opera con il
fosforo, a volte con le manifestazioni colorate, a volte con il terrorismo, a
volte con la moneta. In ogni caso si opera come detta Mein Kampf.
Oggi la stampa di sinistra (di quella di destra, con i suoi automatismi
dell'allineamento, non mette conto parlare) di tutto questo non fa menzione.
C'è questa intermittenza della memoria, ormai strutturale e, forse, condizione
di sopravvivenza in un esistente considerato ineluttabile, che ha già
consentito alla sinistra cosiddetta radicale di allinearsi su alcune questioni
dirimenti per la nostra storia e il nostro futuro. Ne cito solo alcuni, ma
cruciali: il terrorismo dalle Brigate Rosse ad Al Qa'ida, la demonizzazione dei
"nemici" da Cuba alla Jugoslavia, dall'Algeria alla Corea del Nord , dall'Iraq
alla Siria e all'Iran; e poi il cristianesimo papista e non, la non violenza, i
diritti umani e la democrazia, tutti sussunti nei termini esatti che
convenivano al potere capitalista nella sua fase finale dell'imperialismo
economico e bellico con salmerie al seguito. Qualche accenno all'"uomo delle
privatizzazioni" sul "Manifesto", con Parlato da sempre affettuoso con la Banca
d'Italia, perfino con suoi pontefici più maleodoranti, e, con più energia, su
"Liberazione" dove, ricordando la svendita operata da Draghi dei cosiddetti
"gioielli di famiglia", Enel, Eni, Telecom, IMI, Comit, BNL, tutto il sistema
bancario italiano, si parla del neo-governatore della Banca d'Italia come del
responsabile del processo che "consegnò l'economia del paese in mano alla
finanza e alle sue speculazioni, accompagnando e accelerando in modo vistoso il
declino industriale del nostro paese; che ha segnato definitivamente il
tramonto dell'etica, se mai ve n'è stata una, nell'economia di mercato; che ha
precostituito il terreno per le scorrerie dei vari raiders di ogni colore..." E
dici niente! Roba che, se un ciarlatano biscazziere non avesse disintegrato il
sistema giudiziario e la sensibilità morale universale, dovrebbe imporre al
personaggio una specie di Norimberga per crimini contro il pezzo italiano
dell'umanità.
Ma la metastasi entrista del giornaletto del rampichino Bertinotti rimedia
subito, aprendo le porte alla possibilità che il Dilapidatore Massimo della
nostra storia si ravveda. Per cui "non vi è nulla di personale contro Mario
Draghi. Anzi, la sua biografia intellettuale è di tutto rispetto, a cominciare
dal suo essere stato uno degli allievi di Federico Caffè, uno degli economisti
più innovativi e socialmente sensibili della storia del nostro paese..." E che
vuol dire? Non è forse Fassino allievo di Togliatti e il Panzerpapa allievo di
Gesù? Ma l'eulogia va avanti a vele spiegate visto che il Nostro "ha una
notevole dimestichezza con il funzionamento degli organi dello Stato, maturata
lungo un decennio nelle funzioni di direttore generale del Tesoro. La sua
esperienza internazionale è fuori di dubbio, visti i suoi incarichi nel G7 e
nel G10, nonché la recentissima attività presso un'istituzione globale come la
Goldman Sachs... E' dunque una nomina di alto profilo, come è stato
autorevolmente commentato..." Insomma, un quasi santo. "Il Manifesto",
accennato anch'esso alle privatizzazioni, segue a ruota: "Nel lavoro però
Draghi non ama la solitudine. Ama il dialogo, il lavoro di staff, la
discussione, circondarsi di intelligenze (di quali è detto in apertura di
questo scritto. N.d.r.). In questa ottica in Banca d'Italia si attendono
molto". Poi, detto correttamente delle sue sciagurate svendite degli organi
vitali del paese, si sale addirittura al diapason: "Draghi non è uomo di
sinistra, anche se certamente non è di destra. O almeno di questa destra. Credo
che possa essere definito un liberal nell'accezione Usa". Gore Vidal, Noam
Chomsky, Luther King, Robert Redford, Gorge Clooney, Sean Penn, Norman Mailer
si voltano dall'altra parte colpiti da spasmi.
La frase da lapide sulla magione dove Draghi è nato è sempre del "Manifesto":
"E' stato un ottimo servitore dello Stato... e quando ha avuto in mano i conti
pubblici, le cose andavano decisamente meglio di oggi". Mancano solo la corona
d'alloro e la banda dei granatieri. Vediamolo, allora, questo "ottimo servitore
dello Stato" e colmiamo qualche vuoto che, certo inavvertitamente, i nostri
controinformatori intestatari del termine "comunismo", hanno lasciato nelle
citate biografie (attingiamo in buona misura a quanto pubblicato e mai smentito
nei siti telematici in calce). L'uomo che ha sconfitto il capofila della
finanza cattolica (ma il Papa si è subito rifatto sull'embrione e sulle donne)
e ha aggiunto sulle torrette di Palazzo Koch uno svettante vessillo a bande
bianche e azzurre, emerge dal grigiore della burocrazia ministeriale poco dopo
essere stato chiamato a dirigere il Tesoro. Era il 2 giugno del 1992, data
assolutamente fatidica per rimuovere dal calendario simbolico d'Italia il 25
aprile e passare dalla per quanto menomata sovranità alla pressoché totale
dipendenza coloniale. Al largo di Civitavecchia veleggia il panfilo più
lussuoso e prestigioso del mondo: il "Britannia" della regina Elisabetta. Oltre
che la sovrana Hannover-Windsor, la cui presenza a bordo rimase confinata nelle
voci, tra i passeggeri figurano i rappresentanti delle banche più importanti e
manovriere della finanza ebraico-massonica, Barings, Barclay's e Warburg, lo
speculatore internazionale Gorge Soros, titolare del Fondo Quantum collocato
nelle Antille Olandesi e, secondo indagini statunitensi, sospettato di essere
gonfio di dollari da riciclaggio nell'ambito del traffico di droga colombiana,
e, per l'Italia, Mario Draghi, Beniamino Andreatta, collaboratore di Romano
Prodi e, privo però di conferma, il ministro del Tesoro Barucci. Tutta gente
che, se i procedimenti aperti dalle procure di Roma e Napoli non fossero
svaporati nelle nebbie, avrebbe rischiato fino a quattro anni di carcere - e
l'esclusione in perpetuo dal mondo finanziario e dall'ambito delle persone
perbene - per aver provocato la svalutazione con mezzi illeciti della moneta
nazionale e dei titoli di Stato, aprendo poi le porte alla cannibalizzazione
dell'economia italiana da parte delle forze finanziarie ispirate dalla City di
Londra e da Sion. I due massimi responsabili della lira erano in quel momento
Carlo Azeglio Ciampi, governatore e Lamberto Dini, direttore generale della
banca centrale, poi diventati presidenti del consiglio dei due governi tecnici
responsabili delle privatizzazioni su tutto il fronte e di tagli micidiali alla
spesa pubblica, come suggerito da Maastricht.
Dallo yacht regale, pronube Mario Draghi (che poi pigolerà flebili
rincrescimenti, peraltro poco credibili visto il successivo accanimento
svenditore), si sprigiona quella nube tossica che, nel successivo settembre,
farà dell'economia italiana, soprattutto degli italiani altri dai connazionali
speculatori, avanzi da rottamazione. Entra in scena George Soros, l'anfitrione
del "Britannia", punta di lancia delle guerre di sterminio contro paesi,
piuttosto popoli, che si fanno gli affari loro, fuori dalla garrota
imperialista-sionista, o che comunque offrono banchetti da consumare. Con
svendite a rotta di collo e a vastissimo raggio della nostra valuta nazionale
viene lanciato un attacco speculativo che porta a una svalutazione della lira
del 30% ed al prosciugamento delle riserve della Banca d'Italia con Ciampi che,
per arginare la catastrofe, arriva a bruciare 48 miliardi di dollari. Una crisi
che portò anche alo scioglimento del Sistema Monetario Europeo (SME).
Nell'incontro segreto sulla barca della regina si era complottata la completa
privatizzazione delle partecipazioni statali - asse portante dell'economia
italiana - a prezzi stracciati grazie alla svalutazione. Presidente del
Consiglio e, dunque, principale di Draghi e di Andreatta, è Giuliano Amato,
oggi candidato di punta per la presidenza della Repubblica italiana. Prodi
governa lo smantellamento dell'IRI. Passano in mani straniere, oltre a buona
parte del sistema bancario, i colossi dell'energia e delle comunicazioni,
l'IRI, Buitoni, Invernizzi, Locatelli, Galbani, Neuroni, Ferrarelle, Peroni,
Moretti, Perugina, Mira Lanza e molte altre aziende dei settori strategici.
L'Italia diventa quella colonia buona per tutte le rapine, esterne e interne,
che funsero da banco di prova per i gangsters delle scalate odierne, a partire
dal dalemiano Colaninno a Gnutti, a Fiorani, a Consorte, con alle spalle, a
tirarsi trabocchetti e inciuci, le opposte grandi coalizioni partitiche (vedi
"L'anno dei complotti" di Fabio Andriola e Massimo Arcidiacono, per Baldini &
Caastoldi).
Ci si mise anche, in bella combutta, l'agenzia di rating Moody's, la stessa che
declassò più tardi la Fiat da comprare. Si accanì contro l'Italia declassando i
Bot e contribuendo così allo tsunami sorosiano sulla nostra moneta. Effetto
collaterale della cospirazione: lo smantellamento dello SME e, quindi, una
botta micidiale all'Europa che Bettino Craxi attribuì a "potenti interessi,
avversari dell'Unione Europea, che pare si siano mossi allo scopo di spezzare
le maglie dello SME". A seguito di questa sprangata sui denti all'Europa,
utile sia agli angloamericani che alla loro quinta colonna israeliana, arriva
in Italia, ambasciatore USA, Reginald Bartholomew che, a complotto riuscito,
insisterà:"Continueremo a sottolineare ai nostri interlocutori italiani la
necessità di privatizzare, di proseguire in modo spedito e di rimuovere
qualsiasi barriera per gli investimenti esteri". Cinque anni dopo Bartholomew
diventerà presidente di Merryl Linch Italia, in parallelo con il compare Mario
Draghi, sponda italiana dello sfascio nazionale, che arriverà addirittura a
vicepresidente della più sionista di tutte le realtà finanziarie del mondo, la
Goldman Sachs, instaurando un conflitto d'interessi da ridurre quello di
Berlusconi a truffa da Monopoli, conflitto tra questa sua affiliazione (e
affiliazioni del genere, lo sappiamo, sono per sempre, come i diamanti) e
quello che dovrebbe essere il suo ruolo di salvaguardia della nostra moneta e,
dunque, della nostra economia. Non saranno certo gli oggi plaudenti D'Alema e
Rutelli a farglielo pesare, visto come si precipitarono ad accreditarsi nei
salottini intimi della City, proprio quelli dell'assalto del 1992, proprio
presso quella idra finanziaria che aveva rovinato il paese nel 1992 e seguenti.
Se Draghi era la sponda italiana della loggia orchestrata da George Soros,
quest'ultimo ne era e tuttora lo stratega e l'operativo. Alla manovra
sull'Italia, ne seguirono altre, su Tailandia, Malaisia (dove Soros fu
processato e da cui fu cacciato a calci), Indonesia, Singapore e fu la fine, o
almeno il ridimensionamento di quelle "tigri asiatiche" che tanto avevano
disturbato il manovratore imperiale di Washington. Noi l'avevamo incrociato in
Jugoslavia, nella parallela capacità di sovvertitore geopolitico, di
destabilizzatore di paesi. E mentre "La Repubblica", organo del filoisraeliano
De Benedetti, per la penna di un Giorgio Ruffolo o di un Vargas Llosa, ne
cantava le lodi di "filantropo" e vessillifero no-global contro le asprezze del
capitalismo, Soros, infiltrandosi sotto le mentite spoglie di educatore con i
suoi istituti "Open Society", Società Aperta, e corrompendo a forza di miliardi
i corruttibili dei paesi da destabilizzare, provocava via via i regime change
indicatigli da USA-Sion, a volte con, a volte senza l'adolescente imperialismo
europeo (non è nuovo, del resto, il foglio scandalistico di De Benedetti a
fiancheggiamenti avventuristici degli squadroni della morte
israelo-statunitensi; basta ricordare le oscene fandonie dell'allora suo Magdi
Allam a promozione della guerra all'Iraq, o la recente campagna-canaglia contro
il settore "nazionale" dei servizi, impersonato da Nicola Calipari e Nicolò
Pollari). Tra i paesi da "democratizzare", ovvero colonizzare: Jugoslavia (e
nella presunta "democratizzazione" ci cascarono le Tute Bianche guidate da Luca
Casarini), Ucraina, Georgia, Kirghizistan, Uzbekistan (dove gli è andata male),
fino all'attuale "rivoluzione dei cedri" in Libano. Tutti paesi la cui
ricchezza è stata fatta passare per il settaccio delle privatizzazioni e dei
tagli sociali, con la crusca per il popolo e i grani per i ladroni. In Libano,
dove la "rivoluzione colorata" cara a Israele e Francia, non è ancora conclusa,
alla faccia degli osceni incoraggiamenti forniti da un cantore delle imprese
israeliane contro il "terrorismo islamico" come Guido Caldiron di
"Liberazione", la posta è l'ulteriore squartamento del mondo arabo, allargando
il fronte dall'Iraq irriducibile e ormai vittorioso politicamente, se non
militarmente, allo stesso Libano e alla Siria. Da queste operazioni lo
speculatore ungherese non è mai lontano: fondi, fogli, radio, istituti della
destabilizzazione sono sistematicamente cosa sua, "cosa nostra" se si guarda
all'insieme.
Soros non lavora solo in proprio, anche se da un giochino fatto con Draghi,
come quello dell'assalto alla lira, ha intascato la bella commissione di due
milioni di dollari. Per esempio un anno dopo la vicenda del "Britannia",
scatenò un acquisto in massa di oro, dicendo che la Cina stava rimpinguando le
sue riserve. Tutti dietro a comprare, con il risultato che il prezzo salì del
20%. A questo punto, insieme al compare sionista Jimmy Goldsmith, si disfece
segretamente dei suoi acquisti realizzando delle plusvalenze stratosferiche
(www.movisol.org/soros2.htm). Il suo Quantum Fund di Curacao, oggetto di tanti
interventi legali per la vicinanza ai flussi del narcotraffico, è legato ai
Rothschild, sovrani secolari della finanza ebraica, attraverso i Rothschild di
Ginevra (direttore Karlweis), quelli d'Italia (già direttore Katz e dirigente
del Quantum), quelli di Londra (direttore e consigliere del Quantum Fund,
Taube). Questi legami risalgono a quando, negli anni '70, Soros lavorava per il
Bleichroeder Fund, finanziaria che opera in sintonia con i Rothschild. Oggi la
Bleichroeder di New York è, insieme alla Citibank, la principale fiduciaria del
Quantum Fund. Insieme a Soros, a organizzare il raduno sul "Britannia" si
impegnò un gruppo di finanzieri anglo-israeliani chiamati British Invisibles.
Uno dei massimi esponenti di questo gruppo è Sir Derek Thomas, ambasciatore
britannico a Roma nel 1987-89 e dal 1990 direttore della Rothschild Italia e
consigliere europeo per la N.M.Rothschield & Sons. Accanto a lui Richard Katz,
già direttore di Ropthschild Italia, è consigliere del Quantum Fund. Va notato
incidentalmente che nella direzione della Rothschild Bank AG di Zurigo troviamo
Juergen Heer che, nel 1992, dichiarò di aver pagato ai killer mafiosi di
Roberto Calvi 5 milioni di collari. Del resto, secondo la relazione di
minoranza della commissione parlamentare P2, il 22 aprile del 1981 la banca
Rothschild di Zurigo fondò a Monrovia (Liberia) una società di nome Zirka per
conto dei piduisti Umberto Ortolani e Bruno Tassan Din. Otto giorni dopo il
Banco Ambrosiano Overseas di Calvi erogò a favore della Zirka 95 milioni di
dollari che vennero subito trasferiti a Zurigo presso la Rothschild . Di questi
95 milioni sembra che 45 siano scomparsi durante la detenzione di Calvi nella
primavera-estate 1981 (Carlo Palermo, "Il quarto livello". La P2 sembra aver
costituito un momento di collusione nell'altalena dei rapporti tra finanze di
opposto segno confessionale.
Ce n'è per concludere che all'ombra della finanza anglosassone-ebraica,
rappresentata dai Rothschild, dalla City, da un Soros con amici come Draghi,
l'Italia subì quell'attacco che finì, dopo tre lustri di banditesca e
antipopolare politica condotta da indistintamente tutti gli schieramenti e
tutti i protagonisti politici alternatisi alla guida del paese, nel verminaio
attuale, con a capo, coerentemente, Mario Draghi. Un verminaio
politico-economico dove il migliore ha la rogna e dove, al piano di sotto, si
vive il day after delle classi escluse dal gioco. E' un caso che, in
concomitanza con l'ascesa del partner di Soros, nella coalizione che si presume
vada a governare dopo l'estinzione dell'avanspettacolista d'annata, sia
spuntata nientemeno che la "Sinistra per Israele"? O è un caso anche che alla
rimozione di Berlusconi contribuisca con cannoneggiamenti giudiziari in prima
pagina il giornale in mano a due sodali di Israele del calibro di Paolo Mieli e
Magdi Allam?
Siamo al punto che tutto si svolge sopra le nostre teste, appunto nel
verminaio. Il conflitto è tra i padroni e noi, dal basso, osserviamo, non
capiamo, applaudiamo o piangiamo in un angolo: "un volgo disperso che nome non
ha". Qualcuno cerca di anche di arrampicarsi. E pensare che una volta c'era la
lotta di classe.