LOMBARDIA, LE MANI SULLA SANITA'
La Regione Lombardia vuole trasferire in periferia l'INT, l'eccellente
struttura di cura anticancro di via Venezian 1.
L'Istituto, che cura migliaia di italiani ogni anno, è "sotto
scacco": Fusi Orari propone la prima puntata di
un'inchiesta scottante ed esclusiva che verrà presto proposta
anche in inglese, in francese, in tedesco e in
spagnolo.
Antonio Alizzi
MILANO - Nel quadro delle iniziative di interesse
internazionale promosse da questo Settimanale assume
particolare rilievo una vicenda strana, a tratti
"oscura" per usare un aggettivo utilizzato sulle colonne
del Corsera da Tiziano Schiavi il primo giugno scorso.
La vicenda, che riguarda l'Istituto Nazionale dei Tumori
(INT) di Milano, ha a che fare con il suo trasferimento
dalla sede storica di Via Venezian 1 - in piena Città
Studi a Milano - a Vialba, minuscolo quartiere incastrato
tra Bollate e Baranzate, in un'area nella quale già
gestisce la sua complessità il gigantesco Ospedale, e polo
universitario, Luigi Sacco. A completare il trasferimento,
oltre all'INT, dovrebbe essere L'Istituto Nazionale
Neurologico "Carlo Besta", la cui sede corrente è in
via Celoria 11 (sempre in Città Studi) e che - già in
possesso di un progetto definitivo per un'ampia
installazione in zona Bicocca - ha acconsentito a rivedere
la comoda sede di destinazione a favore della periferica
Vialba. La maxi-operazione edilizia appena descritta, che
movimenta una quantità impressionante di denaro (si parla
di 400 milioni di euro per la sola edificazione delle
strutture), realizzerebbe una vera e propria rivoluzione
tanto in materia di assistenza sanitaria quanto in materia
di ricerca scientifica contro i tumori. Ma prima di
affrontarne i contorni occorre introdurre qualche dato
storico.
INT: FRAMMENTI DI STORIA - Nato giuridicamente il 4 giugno
del 1925 - i lavori erano stati avviati il 28 aprile alla
presenza del Re Vittorio Emanuele III e dell'allora
ministro dell'Istruzione Pietro Fedele - l'Istituto
Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori fu
ufficialmente inaugurato il 12 aprile del 1928 su un'area
di dodicimila metri quadrati nella zona est della città di
Milano. Dopo numerosi interventi di ingrandimento e
ristrutturazioni (1950/2, 1963/1968, 1973, 1977, 1980/1984,
1994) l'Istituto ha finito per ricoprire, con la propria
superficie, circa 25 mila metri quadrati di cui 240 mila
metri cubi edificati.
Se il clima culturale e scientifico del capoluogo meneghino
- accompagnato da un fecondo sostegno dei milanesi - fece da
sfondo all'iniziale sviluppo del nosocomio, nel corso dei
decenni l'INT ha assunto via via rilievo nazionale e
internazionale grazie soprattutto a una serie di risultati
che si sono affermati a livello globale.
Su tutti, va richiamata la sperimentazione preclinica
(seguita dallo studio sulle applicazioni cliniche)
effettuata nel 1969 da parte dell'équipe del professor
Gianni Bonadonna (premiato nella foto qui a fianco) di un
nuovo farmaco chemioterapico, l'adriamicina, messo a punto
da Aurelio Di Marco e frutto di una felice collaborazione
tra l'Istituto e la Farmitalia di cui lo stesso Di Marco
era dirigente. Antibiotico antitumorale, l'adriamicina è
tutt'oggi uno dei farmaci a maggiore spettro di attività
la cui efficacia nel trattamento di leucemie, di linfomi e
di altre forme cancerose è indiscussa. Altro ambito di
eccellenza si è rivelato essere, nel tempo, lo studio e la
cura del melanoma; a riguardo, il momento di svolta è
probabilmente rappresentato dal 1985, anno del primo studio
clinico in Italia di immunoscintigrafia del melanoma con
anticorpi monoclinali radiomarcati Mab225.28S.
Sempre degli anni Ottanta è l'istituzione, sotto la
direzione del professor Massimo Gianni, di un reparto
dedicato al trapianto del midollo osseo: quest'ultimo,
affiancato a farmaci antiblastici ad alte dosi, ha elevato
l'efficacia degli schemi chemioterapici convenzionali.
L'INT ha ricevuto il riconoscimento di Istituto di
Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) nel 1939,
riconoscimento accordato a particolari strutture sanitarie
d'eccellenza che si distinguono dalle altre strutture
sanitarie pubbliche, quali le aziende sanitarie e le aziende
ospedaliere.
Per il centro di Milano si sottolineava, in particolare, il
fatto che perseguisse in via prioritaria finalità di
ricerca nel campo medico e, solo in via strumentale,
attività di assistenza. Sul territorio nazionale gli
IRCCS, la cui procedura di certificazione da parte dello
Stato e complessa e subordinata ad una o più
specializzazioni, sono circa 40 e 17 di essi sono pubblici.
Nella sola regione Lombardia se ne contano 17 di cui 4
pubblici: l'Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei
tumori (Milano, oncologia), l'Istituto Neurologico
"Carlo Besta" (Milano, neurologia e psichiatria),
l'Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena
(Milano, biotecnologie e tecnologie biomediche,
cardiovascolare, trapiantologia, emergenza-urgenza), il
Policlinico San Matteo (Pavia, infettivologia, biotecnologie
tecnologie biomediche, trapiantologia, informatica medica e
modelli di gestione). Tra gli IRCCS privati presenti nella
provincia di Milano ci sono il Centro Cardiologico Monzino,
la Fondazione Centro San Raffaele, la Fondazione Don Carlo
Gnocchi, l'Istituto Auxologico, l'Istituto Europeo di
Oncologia, l'Istituto Ortopedico Galeazzi e l'Istituto
Clinico Humanitas di Rozzano.
MUTAMENTI - Fondazione (1925), poi Ente pubblico (1980), poi
di nuovo Fondazione (2006). Nella prima metà degli anni
Venti del Novecento, quando è nato, l'INT era una
fondazione. Non si tratta di un dettaglio trascurabile, va
tenuto anzi presente per meglio comprendere il prosieguo
della storia. Com'è noto, infatti, la fondazione è una
persona giuridica prevista dal Codice Civile con scopi
definiti e non necessariamente filantropici, costituita come
entità legale tanto da individui quanto da istituzioni;
essa deve perseguire un obiettivo lecito ed eventualmente
distribuire sussidi per appoggiare cause in linea con i
propri scopi.
La fondazione, detta anche "ente morale", poggia su una
carta statutaria che ne contiene le regole di funzionamento,
i valori e la missione. Il primo Statuto dell'Istituto dei
Tumori è stato approvato l'8 maggio del 1925 e il
Consiglio di Amministrazione era presieduto da Luigi
Mangiagalli, già Sindaco di Milano. La ricerca
scientifico-sperimentale, seconda finalità dietro
"l'opera di propaganda per la conoscenza e per
l'identificazione tempestiva dei tumori" che era la
prima, aveva bisogno di continuo sostegno finanziario. Le
fonti economiche principali erano di natura discontinua e
provenivano da alcune imprese, dalle amministrazioni
comunale e provinciale di Milano, ma anche da privati
cittadini più o meno noti e facoltosi. Il rapporto con le
istituzioni dello stato centrale, all'inizio (quasi)
inesistente, si è andato gradualmente sviluppando attorno
a progetti di ricerca specifici, nonché attorno al
rimborso delle spese per le prestazioni assistenziali
erogate per conto del servizio sanitario pubblico. In
seguito, i risultati confortanti legati alle attività di
ricerca condotte in Istituto hanno accresciuto la
sensibilità del Parlamento.
"DICEMBRE 2006, MESE MALEDETTO" - Grazie alle pressioni
esercitate negli ambienti romani da tanti medici-politici
lombardi (il caso di Pietro Bucalossi, Direttore Generale
dell'INT dal 1956, parlamentare dal 1958, sindaco di
Milano dal 1964 e Ministro della Ricerca Scientifica dal
1973 è emblematico) i fondi per la ricerca acquisivano
maggiore stabilità rimanendo, tuttavia, incerti e
insufficienti. Con due decreti del Presidente della
Repubblica del 1977 e del 1980 (n. 616 del 24 luglio e n.
617 del 31 luglio) e, soprattutto, con la legge 833 del 1978
il Parlamento, però, interveniva ad operare una
distinzione netta tra "ente pubblico" ed "ente
privato". La distinzione non era di poco conto giacché
la legge prevedeva che dai fondi pubblici destinati alla
ricerca fossero escluse le strutture regolate dal diritto
privato come le fondazioni. Data la centralità della
sperimentazione e degli studi e la loro indubbia dipendenza
dalle risorse economiche, gli organi direttivi dell'INT
approvavano un nuovo statuto e diventavano ente pubblico:
che tale qualifica sarebbe rimasta in vigore fino al 2006,
quando Silvio Berlusconi, Ministro ad interim della Salute a
seguito delle dimissioni dell'ex-governatore della Regione
Lazio Storace occorse nella prima metà di marzo, il 28
aprile firma un decreto che dà il via libera ad un nuovo
mutamento della natura giuridica dell'Istituto dei Tumori:
dunque, un nuovo passaggio da ente pubblico a fondazione.
A chiedere e ottenere il Decreto da Roma era stata, il
giorno prima, la Regione Lombardia (si veda la Delibera
numero VIII/2398 della seduta del 27/04/2007) che aveva
proceduto ad approvare, a sua volta, la proposta di testo
statutario della costituenda Fondazione IRCCS Istituto
Nazionale per lo studio e la cura dei Tumori di Milano.
Perché? Fusi Orari si occuperà di questo mutamento in
una delle prossime puntate dell'inchiesta. Basta
accennare, per il momento, che lo Stato italiano oggi
finanzia, con i soldi pubblici, anche la ricerca privata;
ciò, a seguito di una serie di interventi legislativi
promossi già dal centrosinistra e dall'allora ministro
della Salute, Umberto Veronesi, a capo proprio dell'Istituto
Nazionale dei Tumori dal 1973 e poi primo dirigente del
(privato) Istituto Europeo di Oncologia. Ma veniamo al
recente passato:"Dicembre è stato un mese maledetto"
ci confida un importante dipendente dell'INT che
preferisce rimanere anonimo. "Di punto in bianco ci
informano che dobbiamo trasferirci. E la beffa -
s'infervora l'interlocutore - è che chi dirige la
baracca scrive ai giornali parlando di decisione condivisa
con i dipendenti" (si veda la lettera che il Presidente
della Fondazione dell'INT, Carlo Borsani, ha indirizzato
alla rubrica di Tiziano Schiavi Dalla parte del cittadino lo
scorso 2 giugno sulle pagine milanesi del Corriere della
Sera, ndr).
LE RAGIONI DEL DISSENSO - Le principali ragioni che
rendono illogico il trasferimento a Vialba sono almeno tre e
hanno a che fare con i principali scopi dell'Istituto: la
ricerca scientifica e l'assistenza. In primo luogo occorre
rilevare come esista, da sempre, un'intensa collaborazione
in generale tra l'Università di Milano e l'INT, e in
particolare tra certe cattedre e talune divisioni e
dipartimenti: collaborazione che verrebbe sacrificata dallo
spostamento in periferia; si assisterebbe, è difficile
negarlo, all'emergenza di numerosi disagi per le centinaia
di ricercatori i quali fanno la spola tra gli Atenei e
l'IRCCS di via Venezian. Trapiantare a Vialba la sola
assistenza equivarrebbe, d'altra parte, a privare
l'Istituto dei Tumori del suo storico punto di forza: il
naturale (logistico) dialogo tra chi ricerca, chi
sperimenta, chi cura e chi riceve assistenza; presupposto
immancabile per le intuizioni scientifiche di maggiore
rilievo.
La seconda categoria di ragioni è di carattere logistico.
Due giornalisti di Fusi Orari hanno fatto tre sopralluoghi
nella zona che dovrebbe accogliere l'INT e si sono trovati
di fronte un territorio depresso e scomodissimo da
raggiungere tanto coi mezzi pubblici quanto con quelli
privati. La domanda a cui gli amministratori devono
rispondere è se tocchi ad un luogo di cura e ricerca di
fama internazionale valorizzare un territorio periferico e
desolato o piuttosto, e Umberto Veronesi l'ha ben compreso
con l'Istituto Europeo di Oncologia di via Ripamonti, se
non sia più ragionevole il contrario. Del resto gli
ospedali, le chiese e le carceri sono da sempre edificati al
centro delle città, facili da raggiungere, monito ai
"sani" immersi e distratti dalla vita moderna. Ma non
basta. In relazione alla provenienza geografica dei pazienti
(ben il 40% giunge da altre regioni) l'accessibilità ai
servizi si complicherebbe in maniera netta. Sconcertante è
stato, a questo riguardo, capovolgere la realtà e
prospettare una accresciuta comodità sulla base di
interventi di potenziamento delle infrastrutture,
interventi tanto futuri(bili) quanto irrealizzabili. E
così, su un esaltato ed esilarante contributo (non
firmato) apparso sul notiziario della Regione Lombardia -
Lombardia Notizie del 2 marzo 2007 - si legge
testualmente: "L'area individuata è situata in una
zona del quadrante Nord di Milano, zona a forte espansione
urbanistica dove è previsto l'insediamento nei prossimi
anni di circa 25.000 persone. Si tratta di un'area
favorevole anche dal punto di vista dell'accessibilità,
considerato l'alto numero dei pazienti provenienti da
fuori Milano, da fuori Regione e anche dall'estero (.)
permette un facile accesso dal versante Nord Milano e
dall'hub di Malpensa".
Sulla base di quali studi è possibile sostenere che è
"è previsto l'insediamento nei prossimi anni di circa
25.000 persone"? Di chi si tratterebbe esattamente: di
lavoratori o di residenti? Sembra quasi che la Regione
Lombardia per spingere la gente a Vialba faccia delle
previsioni che ne incoraggino l'esodo. Ancora, nel testo
si legge che la zona individuata è molto accessibile da
Malpensa. Ciò è doppiamente falso: sia in termini di
chilometri che di infrastrutture oggi esistenti.
In questa pagina proponiamo, tra l'altro, una serie di
mappe che illustrano le differenze di collocazione tra
l'attuale sede di via Venezian, quella futura di Vialba e
i tre luoghi più importanti di accesso al Nord-Ovest
d'Italia: l'Aeroporto di Malpensa, l'Aeroporto di
Linate, la Stazione Centrale di Milano. Nelle prime due
mappe (qui a sinistra) vediamo i chilometri che intercorrono
tra via Venezian e Linate confrontati a quelli che separano
la futura sede dal medesimo aeroporto: si passa
dall'attuale distanza di 5,4 chilometri a quella di 16,9.
Proseguendo (mappe sotto a destra) si nota come sia
possibile fare un discorso simile per quel che riguarda la
vicinanza alla stazione Centrale: gli attuali 4 chilometri
raddoppiano e diventano quasi 10 (per la precisione 9,5). In
basso a sinistra, infine, vediamo invece come si riduca la
distanza con l'aeroporto internazionale di Malpensa: ma si
tratta, in effetti, di una riduzione esigua, visto che si
passa dagli attuali 52,9 ai futuri 39,2.
DIFFICOLTA' E VORAGINI - Ma le difficoltà riguardano anche
i medici e gli operatori sanitari i quali, in un mercato del
lavoro concorrenziale e libero, potrebbero in autonomia
approdare verso strutture di natura privata più comode da
raggiungere e probabilmente più remunerative. Da mesi Fusi
Orari sta raccogliendo testimonianze che metterà a
disposizione dei lettori a partire dalle prossime puntate.
"Noi non siamo contrari al trasferimento in senso assoluto
- precisa Pasquale Brunacci, coordinatore della
Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU) - Siamo pronti a
valutare altre proposte diverse da Vialba nel rispetto dei
diritti e degli interessi dei pazienti". La terza
categoria di motivi contrari al trasferimento è legata
all'incertezza direzionale in cui versa l'INT dal 1994,
anno in cui molti IRCCS sono stati affidati a dei commissari
straordinari plenipotenziari al fine di essere riorganizzati
secondo efficacia ed efficienza. L'opera di indirizzo e
rilancio dell'Istituto dei Tumori non solo è mancata, a
tratti è apparsa addirittura compromessa. La nomina di un
direttore generale della Fondazione IRCCS INT come Zurrida,
per anni fedele assistente di Umberto Veronesi e ora
competitore dell'Istituto dal suo IEO, non convince. E non
convince ancora di più se Zurrida, sollecitato dalla
richiesta di informazioni da parte di una paziente su un
bollettino informativo, indirizza la stessa paziente allo
IEO. Altro buco nero è lo sperpero di denaro pubblico in
progetti mai condotti in porto. Nel 1994 i lavori per dodici
nuove sale operatorie, definite da Patrizia Placucci -
dipendente della struttura e autrice del libro Dal male
oscuro alla malattia curabile. Storia dell'Istituto
Nazionale per lo Studio e la Cura dei tumori di Milano
(edito da Laterza nel 1995 in occasione del settantesimo
anniversario dalla fondazione e presentato dall'allora
commissario straordinario Orlandini) - "ormai di vitale
importanza". Quei lavori sono interrotti da anni e ogni
giorno sono causa di laute penali da coprire. Le foto
(cliccabili) pubblicate in questa pagina testimoniano lo
stato di degrado di centinaia di metri quadrati
inutilizzati. Eppure la spiegazione ufficiale del
trasferimento a Vialba, che anche i sindacalisti della Cisl
hanno benedetto firmando l'accordo con la Regione
Lombardia, è l'inadeguatezza degli spazi. Misteri che le
parti chiamate in causa da questa inchiesta hanno
l'opportunità di sciogliere sulle nostre pagine qualora
ne sentissero l'esigenza, specie di fronte alle comunità
da loro rappresentate.
UN'INESISTENTE COPERTURA MEDIATICA - Un altro aspetto
preoccupante della vicenda riguarda la disattenzione rivolta
dagli organi di informazione alle posizioni dei pazienti e
dei dipendenti. Se un'inchiesta è costosa e pericolosa
per un giornale e per chi di fatto la conduce, chi fa
informazione sa che riportare fatti lo è di meno. Ma lo
può essere anche di più se i giornali sono porzioni di
interessi industriali variopinti. Domenica 24 giugno, ad
esempio, si è mobilitata tanta gente comune e non solo
sindacalisti e politici. Eppure le pagine della cronaca
cittadina hanno ignorato l'iniziativa. I pazienti, ma
anche i loro accompagnatori e le persone di passaggio
dall'INT, hanno apposto più di 50 mila firme
all'ingresso dell'Istituto dal mese di aprile 2006;
prima contro la trasformazione in Fondazione e dopo contro
il trasferimento a Vialba. Tutti appelli inascoltati. I
dipendenti, invece, hanno fatto di più. Supportati da una
Rappresentanza Sindacale Unitaria molto attiva hanno
promosso numerose iniziative (presidi, dibattiti pubblici,
assemblee ordinarie e straordinarie). Da più di un anno
l'inferriata di via Venezian è appesantita da grandi
striscioni e bandiere che ricordano lo stato di
mobilitazione. Il 31 gennaio 2007, consultata in un
referendum, la popolazione dei dipendenti ha votato in massa
col 78% dei presenti rigettando l'ipotesi dello
spostamento a Vialba con una percentuale dell'88% dei
votanti. Non a caso il già citato Presidente della
Fondazione dell'INT, Borsani (di Alleanza Nazionale, in
passato già Assessore alla Sanità della Regione
Lombardia, sulla quale poltrona si sono poi accomodati Cè
e quindi Bresciani entrambi della Lega Nord) respira un
clima di forte e strisciante dissenso tra gli operatori. La
RSU non nasconde che il rapporto col Presidente è stato
spesso burrascoso: proprio Borsani, infatti, rispondendo ad
una nota dei Sindacati datata 22 febbraio 2007 (nella quale
gli si addebitano toni ed atteggiamenti inopportuni assunti
nel corso di una telefonata con il coordinatore Brunacci),
rigetta ogni addebito sottolineando l'importanza di un
rapporto civile e di attenzione reciproca. L'auspicio è
che i giornalisti inizino ad occuparsi con sistematicità e
serietà della vicenda a cominciare da quelli che a Milano
hanno le loro redazioni e le loro fonti.
antonioalizzi@fusiorari.org