Paolo Persichetti
Esilio e castigo. Retroscena di un’estradizione
Prefazioni di Gilles Perrault e Erri De Luca
Collana traiettorie del terzo millennio n. 2
404 pagine €
15,00 ISBN 88-8292-289-9
Scritto in prigione e pubblicato per la prima volta in Francia, questo libro è la rappresentazione fedele di un caso di ingiustizia esemplare e costituisce uno stimolo efficace per la ripresa del dibattito sugli avvenimenti di quegli anni cruciali, al di là delle sciocchezze reticenti e delle turpitudini interessate che la vulgata ufficiale continua ad accreditare. Detenuto nel carcere di Viterbo, l’autore sviluppa qui una critica rabbiosa della procedura penale, di cui è divenuto ostaggio. Attraverso l’analisi della “democrazia giudiziaria” e della “giurisdizziazione” dello spazio pubblico, Paolo Persichetti presenta una riflessione incalzante su problemi non risolti della società italiana, risalenti agli anni ’70, e che avevano già allora disvelato la natura classista e persecutoria delle istituzioni e le gravi responsabilità di una certa “sinistra”. La requisitoria dell’autore è di un’attualità scottante, in un’epoca in cui lo stato d’eccezione tende a imporsi nello spazio giudiziario europeo e, più in generale, a livello internazionale.
“La cella addosso a Paolo Persichetti è saldata con la fiamma
fredda del
rancore. Prima il raggiro, la truffa di una finta accusa per
poterlo
estradare, e la complicità dei funzionari che si sono
prestati a trafugare
un corpo in libertà per consegnarlo ai carcerieri. Poi la
penitenza di
scontare pene per le rivolte politiche del 1900…
Rancori: in Italia non si perdona l’azione di chi andò allo
sbaraglio senza
alcun tornaconto personale. Chiamano volentieri terrorismo
qualunque azione
non abbia un riscontro economico. Da noi si perdona tutto,
purché commesso
per arricchimento…. Incomprensibile e perciò imperdonabile
è la generazione
politica della quale Paolo Persichetti è stato uno degli
ultimi iscritti,
il più giovane dei noialtri di allora”.
Erri De Luca
Paolo Persichetti (Roma, 1962) partecipa alle grandi lotte dell’inizio degli anni 80. Nel 1987 è arrestato per organizzazione di banda armata. È poi accusato, senza elementi, di aver partecipato all’omicidio Giorgieri. Si rifugia in Francia, dove – nonostante la richiesta di estradizione che il governo francese “congela” come per tutti i fuoriusciti – insegna scienze politiche all’Università di Parigi VIII. Nel 2002 è arrestato con la falsa accusa di complicità nell’uccisione di Marco Biagi, ed è estradato in Italia dove viene incarcerato a Viterbo.