Per capirci la girovaga Brigata Folgore é quella della
precedente
missione di “Pace” in Somalia.
I “nostri” soldati vennero sorpresi a torturare un ragazzo somalo
con
elettrodi sui genitali ed a stuprare, in gruppo, una donna somala
con
l’aiuto di una bomba illuminante cosparsa di marmellata.
Edoardo Magnone
PS. L’articolo è stato scritto nel lontano 1999 ma vale la
pena
riprenderlo perché rende l’idea sulla goliardica Brigata
Folgore. Da
aggiungere solo che i reati di tortura e violenza carnale furono
dichiarati tutti prescritti, Carmine Fiore e Bruno Loi furono
reintegrati
e, naturalmente, promossi.... Saranno già in Libano?
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Da “UmanitÀ Nova” n. 26 del 5 settembre 1999
Folgore 1997/1999: Incidenti mortali, scandali e nonnismo.
Sulla “Folgore” si potrebbe scrivere un libro. Per mancanza di
spazio
però ci limiteremo a analizzare gli avvenimenti di questo corpo
dopo le
clamorose denuncie sulle torture compiute dai parà durante
la
missione “umanitaria” in Somalia. Questa cronistoria si commenta
da sola.
Da parte nostra segnaliamo solo la complicità del governo
di
centro-sinistra che invece di fare piazza pulita continua ad
esprimere
solidarietà nei confronti dei vertici militari
coinvolti
negli scandali. Vuoi vedere che la “Folgore” Éconsiderata
un ”soggetto”
pericoloso che, non si sa mai, conviene avere dalla propria
parte?
Potrebbe essere questa una chiave di lettura che spiega
perché alla
“Folgore” è permesso di fare tutto, o quasi.
5 giugno 1997: un servizio pubblicato da “Panorama” fa scoppiare
lo
scandalo delle torture compiute dai parà italiani durante
la
missione in Somalia iniziata nel 1993. Le foto e le testimonianze
pubblicate parlano di torture e sevizie in stile sudamericano che
confermano
quanto era stato denunciato fin dal 1993 da alcuni settimanali
(“Epoca” e
“Avvenimenti”) ma che era stato insabbiato dalla magistratura
militare.
Lo scandalo si allarga a macchia d’olio e la
”Folgore” è sul banco degli imputati. I generali Loi e Fiore,
ex
comandati dei parà e della missione sono costretti a
dimettersi. Il
governo decide di istituire una commissione di inchiesta,
presieduta
da Domenico Gallo.
20 giugno 1997: lo Stato maggiore dell’Esercito comunica “che è
allo
studio la sostituzione del generale Cantone” comandante della
Folgore fin
dai tempi della missione in Somalia e attualmente in Albania come
comandante di una missione civile-militare. A sostituire Cantone
viene
chiamato il colonnello Celentano, che durante la missione in
Somalia
aveva comandato il 186mo reggimento della Folgore. A Cantone
rimane però²
l’incarico in Albania.
23 giugno 1997: dopo essere stato interrogato dal magistrato
inquirente
il generale Cantone sostiene la tesi della “torbida
macchinazione” contro
la “Folgore”.
12 luglio 1997: i genitori di tre giovani parà morti
durante dei
lanci effettuano un volantinaggio in occasione del giuramento di
un
gruppo di allievi parà dello SMIPAR di Pisa un
volantinaggio.
Chiedono giustizia per i loro figli morti fra il 1994 e il 1996
per una
serie di “problemi tecnici legati alla tecnica di lancio con
uscita
rapida ideata dal generale Loi” quando comandava la “Folgore”.
Per la morte dei parà la procura di Lucca ha rinviato a giudizio
21
militari fra cui lo stesso generale Loi, il generale Staccioli,
il
generale Rosa, il generale Jacono. Fra i rinviati anche il
direttore
di lancio Marco Giacomini, accusato di nonnismo per aver picchiato
e
costretto a fare delle flessioni prima del lancio uno dei giovani morti.
1 agosto 1997: piena stima e sostegno morale alla Brigata Folgore
viene
portato da Valdo Spini e dalla Commissione difesa della Camera
durante un
incontro con 400 fra ufficiali e sottufficiali parà
svoltosi nella
sede del comando della Brigata a Livorno.
9 agosto 1997: la commissione Gallo conclude i suoi lavori
assolvendo i
vertici della “Folgore”: le torture ci sono state ma sarebbero
dei ”casi
isolati”.
17 agosto 1997: il caso delle torture si riapre per la
testimonianza di
un maresciallo del carabinieri paracadutisti che rende pubblico
il suo
diario. Il diario costringe la commissione Gallo a riaprire
l’inchiesta.
4 settembre 1997: la magistratura livornese decide di prorogare
di sei
mesi le indagini sull’omicidio del maresciallo della “Folgore”
Marco
Mandorlini, trovato morto il 13 giugno 1995 sulla scogliera
livornese con
colpi portati da un pugnale in uso fra i parà .
Durante la missione
in Somalia Mandorlini era stato il capo scorta del generale Loi.
9 ottobre 1997: il pretore di Lucca decide di unificare i
procedimenti
aperti per la morte durante i lanci dei tre parà .
23 marzo 1998: inizia a Lucca il processo per la morte dei tre
parà che vede
coinvolti 21 imputati, tutti alti gradi della “Folgore”. Il
processo è
tutt’ora in corso.
4 aprile 1998: il comandante dello SMIPAR, gen. Nardi, e il suo
vice,
gen. Scalera, vengono rimossi dai loro incarichi dopo la denuncia
di tre
episodi di nonnismo. La decisione é stata presa dallo
Stato Maggiore
dell’Esercito. Il provvedimento é giustificato dal “non
rispetto delle
procedure” e “per non aver tempestivamente comunicato i casi di
nonnismo”. Fra i casi denunciati una recluta ricoverata in
ospedale per
aver avuto una pedata nei testicoli e un’altra costretta
a bere un bicchiere di urina.
9 aprile 1998: un ex-sergente dei parà viene condannato
dal
tribunale di Livorno a otto mesi per “violenza aggravata
continuata”
nei confronti di una recluta che portata all’esasperazione si era
poi
suicidata.
16 aprile 1998: lo Stato maggiore dell’Esercito smentisce
l’esistenza del
progetto di sciogliere la “Folgore” trasferendone alcuni reparti
alle
Brigate Friuli, Garibaldi e Pozzuolo, pubblicato dal “Borghese”.
7 maggio 1998: durante una visita all’Accademia militare di
Livorno il
sottosegretario della difesa Brutti dichiara che la “Folgore è
uscita a testa
alta dal caso Somalia”.
28 maggio 1998: la commissione Gallo conclude il suo supplemento
di
indagine. Dopo aver confermato che le torture e le violenze ci
sono state
ma sono state episodiche, la commissione ammette che “talvolta
l’azione
di comando è risultata inadeguata o addirittura carente”.
La
commissione ammette anche “l’ostentazione in talune unità
di
simboli e slogan nazisti e fascisti”. Si tratta di ammissioni
molto
limitate che non inficiano un giudizio positivo sull’operato
della
missione militare italiana in Somalia.
8 giugno 1998: muore nell’Ospedale di Genova un maresciallo dello
SMIPAR
che il giorno prima si era schiantato sul tetto di una casa
durante un
lancio di addestramento.
24 giugno 1998: i familiari della vittima rivelano che una
lettera
anonima sostiene che il maresciallo Mandorlini è stato ucciso
nella
Caserma di Livorno la notte fra il 12 e il 13 giugno 1995 e solo
successivamente trasportato sulla scogliera.
23 luglio 1998: nella campagna pisana viene trovato il corpo del
comandante della 2^ compagnia dello SMIPAR. In serata il comando
della
“Folgore” dichiara che il “capitano É morto per presunto
suicidio”.
30 luglio 1998: in una audizione di fronte alla Commissione
difesa della
Camera, il ministro della difesa Andreatta sostiene che il
comportamento
del contingente militare in Somalia é
stato carente
nell’azione di comando a livello intermedio “ma non ai vertici”.
27 agosto 1998: un carabinieri del GIS, le “teste di cuoio”
dell’arma
reclutate fra i carabinieri paracadutisti del “Tuscania” di
stanza nella
caserma dei parà di Livorno, si ferisce gravemente durante
un’esercitazione in una fabbrica dismessa di Marina di Pisa.
4 settembre 1998: durante un lancio di addestramento ad Altopascio
un maresciallo dei parà rimane attorcigliato ad un
paracadute di
un compagno e muore impiccato. In serata il ministero della
difesa
precisa che “non vi è alcuna connessione tra l’incidente e
la cosiddetta
tecnica di uscita rapida, tra l’altro non più in uso
nell’esercito”.
27 novembre 1998: due parà del reggimento Nembo rimangono
gravemente
feriti durante un’esercitazione a Marina di Vecchiano (LU).
11 maggio 1999: un maresciallo del “Col Moschin” viene trovato
morto nel
magazzino della caserma degli incursori sita a S. Rossore, alla
foce
dell’Arno. Viene aperta un’inchiesta: sembra che la morte sia
dovuta alla
caduta provocata da un malore durante un esercizio fatto ”per
tenersi in
forma”.
25 giugno 1999: a poco più di due
anni
di distanza dallo scoppio dello scandalo Somalia, la Commissione
difesa
del Senato assolve l’operato del contingente italiano
considerandolo
“fondamentalmente all’altezza delle nostre tradizioni e delle
finalità di pace e soccorso umanitario della
missione Restore
Hope”. La Commissione preannuncia una visita alle caserme dei
parà
di Livorno e Pisa al fine, come sostengono due esponenti di AN,
di
“esprimere ai
paracadutisti la solidarietà del Parlamento”.
A. V.