Sessant’anni dopo: la Germania
vuole
mettere fuori legge i partigiani che combatterono il nazismo.
E’ probabile che l’argomento “Resistenza”, lungi dall’esaurirsi dopo
le
celebrazioni del 60° anniversario, assuma nell’immediato futuro
una
dimensione di attualità politica ben più drammatica e
dirompente. L’offensiva liquidatoria si sta
estendendo. Oltre ai riconoscimenti economici e morali
richiesti dalla destra di casa nostra per i fucilatori di
Salò,
la decisione dei servizi segreti di Berlino –
Bundesnachrichtendienst
(BND) – di definire “estremista” e “nemica della Costituzione” la
sezione tedesca della Federazione Internazionale dei
Resistenti,
che raccoglie 25 organizzazioni di ex partigiani
presenti
in 14 paesi europei, ANPI inclusa, apre un capitolo inquietante che
va
molto al di là della nozione, pur sempre molto seria, di
“revisionismo storico”.
Si tratta, di fatto, di una testa di ponte offerta alla destra
europea
che gli astuti agenti tedeschi mascherano con una apparente
equidistanza dai due cosiddetti “estremismi”: quello di sinistra, e
quello neonazista dei “republikaner” nel momento in cui i nostalgici
di
Hitler, acquisiscono invece uno status di piena legittimità
costituzionale. Il giudizio espresso dai
servizi segreti tedeschi nella loro relazione del 2004 ha tutta
l’aria
di essere il preliminare di una messa fuori legge in Germania (per
ora)
di una organizzazione resistenziale che cerca di mantenere vivo il
ricordo -quale orrore! – dei partigiani (sfortunatamente pochi
ed
eroici) che si opposero al regime hitleriano finendo quasi tutti sul
patibolo. Difficile che Otto Schily, ministro
dell’interno
di Schroeder, dal quale dipendono i servizi segreti, non sappia
nulla
di questa allarmante iniziativa che mira a colpire le maggiori
associazioni partigiane europee affiliate alla FIR.
Intendiamoci, non è una novità che le istituzioni
tedesche, mentre hanno chiuso un occhio, spesso tutti e due, nel
perseguire i criminali nazisti, non hanno esitato a bollare e
colpire
con pesanti misure repressive le organizzazioni antinaziste
più
impegnate. Sebbene considerati in Germania una
specie
in via di estinzione, la stagione della caccia ai comunisti non si
è mai conclusa né prima né dopo la caduta del
“muro”. Al contrario. Assecondati da coloro
che
continuano ad evocare il fantasma dello stalinismo, anziché
quello ben più materialmente presente del neonazismo in
versione
CIA, i comunisti, o presunti tali, continuano ad essere inquadrati
nel
mirino dei moderni cacciatori di scalpi.
Dopo avere avuto la maggioranza del partito sterminata dai nazisti,
i
comunisti del DKP sono quelli che hanno pagato il prezzo più
alto del revanscismo tedesco seguito alla fine della seconda guerra
mondiale: dalla messa fuori legge del loro piccolo, combattivo
partito,
fino al Beruftverboten, versione europea del famigerato maccartismo,
introdotto, guarda caso, dalla SPD. Discorso inverso per
coloro
che li hanno torturati e massacrati. Prontamente
archiviata
la galleria degli orrori uscita dal processo di Norimberga, eccoli
riemergere i peggiori criminali di guerra nazisti, osceni gaglioffi
del
calibro di Reinhard Gehlen, ex capo degli agenti segreti di Hitler,
Klaus Barbie, alto ufficiale delle SS e della Gestapo, Hans Otto,
Obersturmfuhrer delle SS. Sono solo un piccolissimo e
miserabile campionario delle decine di migliaia di gentiluomini,
riciclati dopo un veloce passaggio in lavatrice, nelle accoglienti
file
della Bundeswher, della CIA, della Nato e, ovviamente, negli stessi
servizi segreti eredi di Gehlen, che ora ricambiano con un eccesso
di
zelo i loro potenti protettori di Langley.
Per chi avesse ancora qualche dubbio sul ruolo tutt’altro che
marginale
svolto dai vecchi nazisti nella Germania “democratica”
ricordiamo
che il superterrorista, capitano delle SS Theodor Saewecke,
individuato
fin dal 1945 come il responsabile della fucilazione di 15 patrioti
italiani in piazzale Loreto a Milano, e condannato in contumacia dal
Tribunale di Torino con oltre mezzo secolo di ritardo, grazie anche
a
compiacenti coperture italiane, è morto nel 2005, nel proprio
letto e alla bella età di 93 anni, dopo avere ricoperto
incarichi di grosso rilievo nella Repubblica Federale: collaboratore
dei servizi segreti americani, consigliere del governo federale,
direttore della scuola di polizia, vice capo della polizia di
sicurezza. Una brillante carriera conclusasi con una lauta
pensione consumata in piena libertà fino all’ultimo giorno di
vita.
Pare dunque che la sorte delle associazioni resistenziali (e quello
della democrazia) ricominci a correre pericoli molto seri in questa
parte del mondo. Sarà il caso di darci una
regolata.