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CONVEGNO-SEMINARIO CRIMINI DEL FASCISMO  E RESISTENZA ANTIFASCISTA
Crema, 21 novembre 2006

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SERGIO RICALDONE

Sessant’anni dopo: la Germania vuole mettere fuori legge i partigiani che combatterono il nazismo.
E’ probabile che l’argomento “Resistenza”, lungi dall’esaurirsi dopo le celebrazioni del 60° anniversario, assuma nell’immediato futuro una dimensione di attualità politica ben più drammatica e dirompente.     L’offensiva liquidatoria si sta estendendo.   Oltre ai riconoscimenti economici e morali richiesti dalla destra di casa nostra per i fucilatori di Salò, la decisione dei servizi segreti di Berlino – Bundesnachrichtendienst (BND) – di definire “estremista” e “nemica della Costituzione” la sezione tedesca  della Federazione Internazionale dei Resistenti, che raccoglie  25 organizzazioni di ex  partigiani presenti in 14 paesi europei, ANPI inclusa, apre un capitolo inquietante che va molto al di là della nozione, pur sempre molto seria, di “revisionismo storico”.
Si tratta, di fatto, di una testa di ponte offerta alla destra europea che gli astuti agenti tedeschi mascherano con una apparente equidistanza dai due cosiddetti “estremismi”: quello di sinistra, e quello neonazista dei “republikaner” nel momento in cui i nostalgici di Hitler, acquisiscono invece uno status di piena legittimità costituzionale.     Il giudizio espresso dai servizi segreti tedeschi nella loro relazione del 2004 ha tutta l’aria di essere il preliminare di una messa fuori legge in Germania (per ora) di una organizzazione resistenziale che cerca di mantenere vivo il ricordo  -quale orrore! – dei partigiani (sfortunatamente pochi ed eroici) che si opposero al regime hitleriano finendo quasi tutti sul patibolo.   Difficile che Otto Schily, ministro dell’interno di Schroeder, dal quale dipendono i servizi segreti, non sappia nulla di questa allarmante iniziativa che mira a colpire le maggiori associazioni partigiane europee affiliate alla FIR.
Intendiamoci, non è una novità che le istituzioni tedesche, mentre hanno chiuso un occhio, spesso tutti e due, nel perseguire i criminali nazisti, non hanno esitato a bollare e colpire con pesanti misure repressive le organizzazioni antinaziste più impegnate.    Sebbene considerati in Germania una specie in via di estinzione, la stagione della caccia ai comunisti non si è mai conclusa né prima né dopo la caduta del “muro”.   Al contrario.   Assecondati da coloro che continuano ad evocare il fantasma dello stalinismo, anziché quello ben più materialmente presente del neonazismo in versione CIA, i comunisti, o presunti tali, continuano ad essere inquadrati nel mirino dei moderni cacciatori di scalpi.
Dopo avere avuto la maggioranza del partito sterminata dai nazisti, i comunisti del DKP sono quelli che hanno pagato il prezzo più alto del revanscismo tedesco seguito alla fine della seconda guerra mondiale: dalla messa fuori legge del loro piccolo, combattivo partito, fino al Beruftverboten, versione europea del famigerato maccartismo, introdotto, guarda caso, dalla SPD.  Discorso inverso per coloro che li hanno torturati e massacrati.   Prontamente archiviata la galleria degli orrori uscita dal processo di Norimberga, eccoli riemergere i peggiori criminali di guerra nazisti, osceni gaglioffi del calibro di Reinhard Gehlen, ex capo degli agenti segreti di Hitler, Klaus Barbie, alto ufficiale delle SS e della Gestapo, Hans Otto, Obersturmfuhrer delle SS.   Sono solo un piccolissimo e miserabile campionario delle decine di migliaia di gentiluomini, riciclati dopo un veloce passaggio in lavatrice, nelle accoglienti file della Bundeswher, della CIA, della Nato e, ovviamente, negli stessi servizi segreti eredi di Gehlen, che ora ricambiano con un eccesso di zelo i loro potenti protettori di Langley.
Per chi avesse ancora qualche dubbio sul ruolo tutt’altro che marginale svolto dai vecchi nazisti  nella Germania “democratica” ricordiamo che il superterrorista, capitano delle SS Theodor Saewecke, individuato fin dal 1945 come il responsabile della fucilazione di 15 patrioti italiani in piazzale Loreto a Milano, e condannato in contumacia dal Tribunale di Torino con oltre mezzo secolo di ritardo, grazie anche a compiacenti coperture italiane, è morto nel 2005, nel proprio letto e alla bella età di 93 anni, dopo avere ricoperto incarichi di grosso rilievo nella Repubblica Federale: collaboratore dei servizi segreti americani, consigliere del governo federale, direttore della scuola di polizia, vice capo della polizia di sicurezza.  Una brillante carriera conclusasi con una lauta pensione consumata in piena libertà fino all’ultimo giorno di vita.               
Pare dunque che la sorte delle associazioni resistenziali (e quello della democrazia) ricominci a correre pericoli molto seri in questa parte del mondo.   Sarà il caso di darci una regolata.