La sinistra governista scompare
La sinistra anticapitalista perde un'occasione storica e non cresce
dalla crisi del riformismo perché' si presenta divisa
per colpa del settarismo di pcl e sinistra critica
Ripartiamo dalle lotte per costruire quel partito comunista radicato
che ancora non c’é
Dichiarazione del Comitato Centrale
del PdAC sull'esito elettorale
16 aprile 2008
1. BERLUSCONI RICEVE IL TESTIMONE DA PRODI PER COLPIRE I LAVORATORI
Ha vinto uno dei due poli confindustriali e il nuovo governo
applicherà quindi uno dei due programmi fotocopia. L'unica
differenza tra Pd e Pdl è che Berlusconi non porta in dote il
rapporto con le burocrazie sindacali e la socialdemocrazia, motivo per
cui la grande borghesia ha puntato fino all'ultimo sul Pd di Veltroni.
Ora la borghesia farà di necessità virtù e si
adatterà al nuovo governo, sperando che non faccia troppi danni
(cioè che gli interessi di Berlusconi non ostacolino quelli
delle altre famiglie capitalistiche), aspettando che il pendolo, nella
logica dell'alternanza borghese tra due schieramenti simili, si
risposti verso Veltroni che intanto proseguirà nella costruzione
del suo partito confindustriale.
2. IL FALLIMENTO CATASTROFICO E STRATEGICO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA
Da due anni diciamo che la sinistra governista (Prc, Pdci, ecc.) ha
fallito e sta sparendo, ormai priva di radicamento e militanza. Ora
anche le urne confermano questa prognosi persino sul terreno
elettorale: e la conferma è clamorosa. Prc, Pdci, Verdi e Sd
arretrano al di sotto di qualsiasi minimo storico e non avranno
più né deputati né senatori. Nemmeno uno!
Se la rappresentanza parlamentare non è il fulcro per un partito
rivoluzionario, lo è invece per partiti che hanno fatto del
governismo la loro ragion d'essere e che hanno apparati elefantiaci
che, da domani mattina, imploderanno.
Siamo di fronte a un fallimento politico e strategico senza precedenti.
E' la conferma completa di tutto quanto diciamo da anni e della ragione
di fondo che ha ispirato la nostra scissione, due anni fa, dal Prc per
avviare la costruzione di un nuovo partito. La socialdemocrazia,
cioè il progetto di governare con una parte del padronato
ingabbiando le lotte, è fallita per l'ennesima volta nella
storia. Stavolta con un tonfo gigantesco.
Non è ancora chiaro quale sarà la sorte dei gruppi
dirigenti dell'Arcobaleno: è probabile che si avvierà una
resa dei conti tra le diverse burocrazie, che una parte (l'ala di
Bertinotti e Giordano) proseguirà nel progetto di scioglimento
in una "casa comune socialista" che si candiderà a una nuova
stagione di governo col Pd veltroniano per la prossima oscillazione del
pendolo dell'alternanza; mentre un'altra parte (Diliberto e Grassi ma
anche in qualche modo Ferrero) sarà tentata dal mantenimento e
dal rilancio strumentale dei simboli del mondo del lavoro a puri fini
elettorali, comunque rimanendo all'interno di un orizzonte governista
che verrà giustificato, anche la prossima volta, con "l'esigenza
di battere le destre" ecc.
3. I LAVORATORI TRA I DUE FUOCHI PADRONALI. E' NECESSARIA L'OPPOSIZIONE
A fare le spese dello scontro politico tra i poli borghesi sono i
lavoratori. Colpiti dagli uni e dagli altri, raggirati dalle burocrazie
sindacali e socialdemocratiche che svendono i loro interessi in cambio
di una mezza porzione di lenticchie.
La prima esigenza è allora quella di ripartire dalle lotte di
opposizione a entrambi gli schieramenti borghesi, ai loro governi
nazionali e locali. Un'opposizione fondata sull'indipendenza di classe
dei lavoratori, dei disoccupati, di tutti gli sfruttati. Una lotta che
parte domani, nelle piazze, contro la terza riedizione del governo
Berlusconi-Bossi-Fini, a cui la sinistra governista ha spianato la
strada governando con i padroni e rimuovendo l'opposizione di classe.
4. SC E PCL NON DANNO RISPOSTA ALLA CRISI DEL RIFORMISMO
L'esigenza imperiosa è ora più che mai quella di
costruire un nuovo partito comunista radicato nelle lotte. Ma le due
forze elettorali che, con compromessi parlamentari, si sono presentate
a sinistra dell'Arcobaleno in tutte le circoscrizioni, Sinistra Critica
e Pcl, non hanno dato una risposta. Anzi, si sono rivelate una parte
del problema.
Hanno rifiutato la presentazione comune, confidando nelle firme di
parlamentari che hanno sostenuto le guerre. E dopo aver sfoderato una
autosufficienza che non avevano, si sono persino preoccupate che
Alternativa Comunista non avesse troppo spazio su stampa e Tv
(rivendicando una rigida applicazione delle norme anti-democratiche
sulla "par condicio").
Invece di presentare un programma alternativo a quello riformista,
Sinistra Critica è sembrata riproporre il bertinottismo della
fase movimentista (che ha aperto la strada all'accesso al governo),
mentre il Pcl di Ferrando si è limitato ad utilizzare il simbolo
della falcemartello, presentato su un programma confuso, illudendosi di
ricavarne una rendita elettorale con un indistinto e nostalgico
richiamo al "comunismo". Hanno suonato la fanfara per tutte queste
settimane, non facendo i conti con la realtà. Hanno cercato di
presentarsi per quello che non sono (e che nessuno è oggi in
Italia): cioè delle organizzazioni di ampia taglia, con
radicamento e migliaia di militanti.
E dopo tanta arroganza che cosa hanno ottenuto?
Il Pcl e Sc hanno un risultato attorno allo 0,5%: pur avendo avuto il
simbolo presente su tutte le schede non hanno recuperato che le
briciole di quanto ha perso l'Arcobaleno (i cui voti sono andati
essenzialmente verso l'astensione).
Risultati infimi di fronte al crollo storico della socialdemocrazia e
all'occasione storica determinatasi e ben al di sotto di quell'1% e
passa che in qualche modo entrambe le forze avevano millantato.
Un esito disastroso e tanto più disastroso perché si
erano cullate illusioni (Ferrando a pochi giorni dal voto: "noi saremo
la vera sorpresa di queste elezioni"). Invece di accettare un accordo
elettorale e di continuare a confrontarsi con le altre forze a sinistra
dell'Arcobaleno sulla chiarezza dei programmi -come noi non abbiamo mai
cessato di fare, essendo convinti che l'unità va costruita nella
chiarezza e nella delimitazione programmatica dal riformismo- hanno
alimentato illusioni di autosufficienza che ora si ritorcono contro di
loro. E grottesche appaiono le dichiarazioni di Ferrando di queste ore:
"siamo la forza più significativa a sinistra dell'Arcobaleno", o
la sua gara con Sinistra Critica sul filo dello 0,1 in più o in
meno.
La battaglia per la ricostruzione di un partito comunista con influenza
di massa, per ridare ai lavoratori uno strumento di lotta che oggi
manca, passa dunque anche per la sconfitta politica di posizioni
politiche caratterizzate da oscillazioni, opportunismo, settarismo. E
soprattutto dalla constatazione che il lavoro di ricostruzione è
appena agli inizi e ogni trionfalismo di piccole forze -come noi tutti
siamo- è davvero fuori luogo.
5. LA BATTAGLIA DI ALTERNATIVA COMUNISTA
Il PdAC partecipava a queste elezioni in primo luogo per sviluppare la
propaganda su un programma rivoluzionario. Il nostro partito ha potuto
presentarsi in poche situazioni politiche e amministrative: non
perché sia di taglia più piccola di Pcl e Sc ma solo
perché si è rifiutato, a differenza di quelle forze, di
accettare il sostegno di parlamentari che hanno sostenuto la guerra e
le finanziarie di Prodi e siamo stati gli unici a dover raccogliere le
firme e a non poter usufruire degli stessi spazi mediatici delle altre
forze per la propaganda. Per questo il nostro risultato elettorale non
è valutabile su scala nazionale, anche se con ogni evidenza,
laddove avessimo potuto presentarci sarebbe stato analogo a quello di
Pcl e Sc, come dimostrano i pochi dati disponibili e i dati delle
amministrative.
Se le altre organizzazioni a sinistra dell'Arcobaleno avessero
accettato di unirsi in un blocco elettorale, l'unità delle forze
militanti e delle risorse avrebbe portato a ben più della
sommatoria delle tre sigle: avrebbe potuto rappresentare, in termini
elettorali e nella percezione di aree più larghe, una
alternativa maggiormente credibile alla crisi del riformismo.
Così non è stato ma la crisi verticale e definitiva -che
non ha precedenti storici- della socialdemocrazia, pur in una
situazione difficile per il movimento operaio, carica tutti i militanti
che -ovunque collocati- vogliono lavorare a un progetto di
ricostruzione di una sinistra di classe di nuovi e inediti compiti.
Alternativa Comunista continuerà a battersi in questa
prospettiva, senza settarismi e rivendicando al contempo la
necessità della chiarezza programmatica e della delimitazione
dal riformismo, rifuggendo ogni compromesso e pasticcio.
Dobbiamo costruire quel partito comunista e rivoluzionario,
internazionalista, di militanti che ancora non c'è. Un appello
in questo senso lo rivolgiamo in primo luogo alle migliaia di attivisti
di Rifondazione e del resto dell'Arcobaleno che oggi vedono i loro
sacrifici e la loro militanza di anni dispersi per le scelte
opportuniste e suicide dei gruppi dirigenti della sinistra governista.
Come Alternativa Comunista ci impegneremo su questa strada, investendo
le centinaia di nuovi contatti e rapporti, le forze militanti di
giovani e operai di cui dispone il nostro piccolo partito e che abbiamo
accresciuto in questa campagna elettorale e che costituiscono per noi
il più importante dei risultati in una situazione generale molto
difficile per i lavoratori e la lotta di classe. Invitiamo i tanti
compagni che hanno seguito la nostra campagna elettorale,
ci hanno scritto, in decine di migliaia hanno seguito le nostre
pubblicazioni sul sito web, hanno simpatizzato per noi, hanno
partecipato alla nostra campagna propagandistica in queste elezioni, a
unirsi a noi in questo progetto di lotta.