Di seguito inviamo la lettera aperta che abbiamo distribuito quest’oggi
ai partecipanti alla convention della Sinistra arcobaleno, dove sono
spiegate le ragioni dell’iniziativa rumorosa tenutasi quest’oggi alla
Fiera di Roma.
Lettera aperta a coloro che sanno ascoltare, sognare, realizzare.
Se non ora, quando?
Veniamo da Vicenza; alle nostre spalle, una lunga notte in autostrada,
per giungere fin qui e portarvi la nostra voce,
rumorosa e determinata. Siamo donne e uomini che da oltre un anno
dedicano la propria quotidianità per contrastare la
realizzazione di una nuova base di guerra. Vogliamo difendere la nostra
terra per contribuire a costruire una
clessidra della pace, un tempo in cui armi e violenza non rappresentino
più la quotidianità del nostro mondo.
In questi mesi abbiamo dedicato ogni energia ed ogni pensiero ad
immaginare come inceppare la macchina
statunitense ed impedire la realizzazione della nuova installazione
militare al Dal Molin, a cui l’attuale Governo
ha dato il proprio beneplacito; abbiamo fatto assemblee, convegni,
manifestazioni, sit in; ma, anche, occupazioni,
boicottaggi, blocchi. Abbiamo rinunciato alle ferie, rischiato denunce,
perso ore di sonno. Durante i blocchi
delle scorse settimane, poi, uno di noi è finito all’ospedale,
investito volontariamente dall’auto di un militare italiano.
Nel mese scorso, per tre giorni e tre notti, abbiamo presidiato in
centinaia gli ingressi dell’aeroporto Dal
Molin impedendo agli operai addetti alla bonifica (funzionale alla
realizzazione della nuova base) l’accesso.
La notte, al freddo, un fuoco bastava per accendere l’entusiasmo e le
nostre discussioni; alcuni Parlamentari
vennero a trovarci, rinnovando l’impegno già preso lo scorso 28
giugno: una moratoria sui lavori in attesa dello
svolgimento della Seconda Conferenza sulle servitù militari,
prevista dal programma dell’Unione.
Pochi giorni dopo, però, la smentita: i 170 Parlamentari che si
dicono contrari al Dal Molin, invece di presentare a
Prodi la richiesta di moratoria ponendogli la questione vicentina come
discriminante, hanno fatto un passo indietro
- l’ennesimo - chiedendo a noi di impegnarci a raccogliere migliaia di
firme; come se anche i compiti e le
responsabilità di chi siede in Parlamento debbano ricadere su
chi, in questi mesi, ha sostenuto il peso maggiore della
mobilitazione contro la militarizzazione di Vicenza.
Non chiediamo la luna, ma il rispetto delle promesse fatte; vogliamo
che alle parole seguano atti concreti in grado di
riaprire la questione politica su Vicenza. Voi vi apprestate a dar vita
ad un nuovo soggetto politico che avrà nel suo
simbolo l’arcobaleno della pace: vi chiediamo di dar concretezza a quei
colori che non devono e non possono
sbiadire nella dialettica politica. Vogliamo che la pace diventi azione
concreta, a partire dalla questione vicentina
che coniuga il peggio del Governo Prodi: accettazione delle logiche di
guerra e subordinazione della politica nazionale alle esigenze militari
statunitensi, devastazione dell’ambiente e distruzione dei beni comuni,
rottura del
rapporto con la comunità locale attraverso l’imposizione calata
dall’alto.
In questi mesi molte e molti di voi sono stati al nostro fianco;
sappiamo che la nostra lotta è anche la vostra
lotta. Ma siamo convinti che chi siede nelle istituzioni possa e debba
fare qualcosa di concreto: il tempo delle
parole è ormai finito e, con la bonifica bellica, i lavori per
la nuova base statunitense sono iniziati. La pace non
è soltanto una questione politica, ma prima di tutto etica e
morale. La moratoria deve essere attuata subito, ponendo a Prodi la
discriminante su Vicenza che non può essere svenduta alla
guerra.
Non vogliamo essere ricordati per coloro che hanno sostenuto una
battaglia giusta, ma hanno dovuto accettare di perderla, seppur con
onore: vogliamo vincere, impedendo la costruzione della nuova base Usa.
Tante tracce d’inchiostro contro il Dal Molin sono state lasciate sui
giornali, ma non un’istanza concreta è stata portata in
Parlamento. Chiediamo che la moratoria diventi un atto reale entro la
grande manifestazione del 15 dicembre prossimo, quando a Vicenza
giungeranno migliaia di donne e uomini, il popolo arcobaleno e le tante
comunità resistenti sparse in Italia e in Europa.
Chiediamo, anche, che chi ne ha la possibilità si faccia carico
della democrazia, costituendo oggi e non oltre con
noi un tavolo di garanzia che possa garantire i treni che
raggiungeranno Vicenza sabato prossimo: partecipare è un
diritto di tutti.
Rivendichiamo il nostro percorso politico, autonomo e indipendente dai
partiti; rivendichiamo la nostra trasversalità e, anche, la
nostra diversità. Siamo disomogenei, un magma di pensieri e
speranze, un crogiolo di differenze e emozioni. Siamo pronti, se
sarà necessario, a metterci davanti alle ruspe, a mettere in
gioco i nostri corpi e la nostra quotidianità per difendere
l’acqua, l’aria , la terra dagli strumenti della guerra. Ma non
vogliamo essere presi in giro di chi dice di voler essere al nostro
fianco: il Dal Molin non è una questione di equilibri, è
una
questione di principi; e chi vuol portare con orgoglio la spilla della
pace al petto non può avere sulle proprie spalle la
responsabilità di aver permesso la realizzazione del più
importante centro militare statunitense in Europa.
Alex Zanotelli scrive che “dobbiamo reagire, protestare
,urlare!”; noi aggiungiamo che “vola solo chi osa farlo”.
Ora o mai più.
Presidio Permanente contro la costruzione della nuova base
Usa No Dal Molin