RIFLESSIONE SULLA NECESSITA’ DI UNA
NUOVA FORMAZIONE COMUNISTA
L’esito elettorale del 12-13 aprile 2008 non avrebbe dovuto creare
sconforto nelle file dei rivoluzionari. Tale risultato è
l’espressione e frutto di una politica moderata, superficiale e
aggressiva nei confronti delle classi sfruttate portata avanti dal
governo di centro-sinistra. Questo dato oggettivo apre nuove
prospettive ed esige un’accelerazione del confronto e del dibattito per
favorire il processo di fondazione di una nuova formazione comunista
unitaria, in grado di dare risposte alle richieste del “nuovo
proletariato” sfruttato e di costituirne un punto di riferimento solido
e riconosciuto.
Il disastro elettorale della “sinistra borghese” era prevedibile ed
anche auspicabile e non costituisce una fatalità. Esso ha tra
l’altro reso ancor più evidente la crisi della forma
democratico-borghese della rappresentanza, così come è
stata concepita dopo la
Rivoluzione borghese in Inghilterra ed in Francia.L’inadeguatezza e le
gravi responsabilità politiche della maggioranza del gruppo
dirigente della “sinistra istituzionale” sono evidenti. Possiamo dire
che la frana elettorale è stata preparata con
un’irresponsabilità metodica. Per anni si è privilegiato
il livello istituzionale, mediatico e il formalismo parolaio
perbenista. Si sono sostenute politiche economiche e sociali che non
avevano a che fare neppure con la socialdemocrazia.
Si è scientemente annientato qualsiasi radicamento sociale nei
luoghi di lavoro, di studio e nel territorio.Si sono
appoggiate acriticamente tutte le politiche concertative del
sindacalismo confederale( CGIL,CISL e UIL).
L’ultimo governo di centro-sinistra ha dato continuità al
programma del precedente governo di centro-destra e non ha avuto
neppure la volontà politica e la capacità di realizzare
alcuni provvedimenti elementari( es. il conflitto d’interesse e
l’abrogazione delle leggi ad personam fatte approvare da Berlusconi
ecc.), che qualsiasi governo liberal-democratico
avrebbe attuato come primi provvedimenti. E’ stata la politica del
governo Prodi-d’Alema-Bertinotti, subordinata
agli interessi del grande capitale nazionale e multinazionale, a
spianare la strada al ritorno di Berlusconi . La cultura e la pratica
liberal-democratica e neo-pacifista di Bertinotti, Vendola, Ferrero
ecc. ecc., oltre naturalmente la deriva moderata del PD, costituiscono
gli altri elementi principali che hanno condotto a questo esito
politico. I risultati elettorali non sono altro che lo
specchio di una crisi politica che viene ben più da lontano.La
sinistra che si autodefiniva ancora comunista ha costruito attorno a
sé un ceto politico burocratico legato affannosamente al potere
istituzionale (sottogoverno, assessorati ai vari livelli istituzionali,
consiglieri regionali, consigli d’amministrazione degli Enti Pubblici
ecc. ecc.), che ha scimmiottato malamente il ceto politico
della borghesia, assumendone gli aspetti peggiori quali l’arroganza,
l’inadeguatezza culturale e politica e, in alcuni casi, anche la
corruzione. Per questi ed altri motivi altrettanto gravi, qualsiasi
processo serio ed unitario di fondazione di una nuova formazione
comunista, dovrà passare necessariamente fuori e contro tutto il
ceto politico che ha coscientemente operato per la cancellazione della
presenza comunista nel nostro paese.
Anche gli esponenti dei due partiti “comunisti” che nell’ultimo anno si
sono smarcati dalla maggioranza dei due gruppi dirigenti, ma continuano
ancor oggi la loro generosa, ma inutile battaglia dentro il PRC e
dentro il PdCI, dovranno essere ridimensionati del loro ruolo, se
vorranno partecipare a questo complesso e difficile percorso: NON CI
DOVRANNO ESSERE GRUPPI DIRIGENTI GIA’ PRE-COSTITUITI che gestiranno la
fase costituente. Gli ultimi due anni di partecipazione al governo della
borghesia hanno sancito definitivamente il mutamento genetico degli
eredi non meritevoli della “sinistra storica”. L’avallo ai
finanziamenti delle missioni militari e quindi della politica
imperialista del nostro paese, l’accettazione delle politiche e delle
compatibilità imposte dal FMI, dalla Banca Mondiale e dalla
Banca Centrale europea, la non volontà e l’incapacità nel
contrastare i processi di precarizzazione della forza-lavoro, il
sostegno della contro-riforma delle pensioni ecc…stanno lì a
spiegare il perché, per la prima volta nell’ultimo secolo (a
parte la parentesi fascista, ma non di tutto il periodo del regime) la
classe sfruttata non ha più alcuna rappresentanza parlamentare.
Dentro questo contesto, rischiano di essere altrettanto in adeguate e
riduttive alcune risposte che vengono avanzate da settori di diversa
ispirazione comunista,di fronte all’attacco strategico che la borghesia
e i suoi apparati statali si stanno accingendo a portare a tutta la
classe lavoratrice, sia sul piano delle condizioni materiali, sia su
quello delle libertà individuali.
Oggi i militanti e i quadri comunisti isolati nella società, o
presenti in alcuni gruppi organizzati hanno un compito gigantesco: la
ricostruzione di una forza comunista che faccia tesoro degli strumenti
scientifici di analisi marxista-leninista e dell’esperienza storica dei
comunisti nell’ultimo secolo, tenendo conto dei limiti, ma anche degli
aspetti positivi presenti nei diversi tentativi di costruzione di una
società socialista. Quindi non si tratta di costruire una
sinistra plurale( che significa? Che cosa sarebbe?) e neppure una
generica sinistra anti-capitalista, ma una nuova organizzazione
comunista che lavori con metodo per l’abbattimento della società
capitalistica e per la realizzazione della società socialista,
come fase di transizione al comunismo.
Il percorso per raggiungere questo obiettivo comporta delle scelte
conseguenti sia sul piano politico che organizzativo. In sostanza non
più un’organizzazione concepita sui modelli dei partiti
borghesi, funzionale prevalentemente alle scadenze elettorali, ma un
partito di quadri e di militanti in grado di radicarsi nei luoghi di
produzione, di studio e nel territorio e capace di
accumulare forza e realizzare egemonia fra il nuovo proletariato e in
altri settori della società.
Io ritengo indispensabile che si debba compiere uno sforzo culturale
per uscire dalla difesa sterile del proprio “orticello”
organizzativo o da “furbismi” annessionistici, compiendo una profonda e
radicale rivoluzione culturale, in grado di
rimescolare tutte le carte sul tavolo(leggi gruppi, partiti, partitini,
associazioni ecc. ecc.). Per spiegarmi meglio:
penso che sarebbe suicida pretendere di risolvere il problema della
presenza di una formazione comunista, avviando semplicemente un
processo che porti all’adesione a qualche organizzazione già
presente; oppure ritentare un processo di unificazione o di federazione
fra i gruppi d’ispirazione marxista-leninista nel nostro paese, come io
stesso con altri compagni tentammo di fare un decennio fa.Dobbiamo
prendere atto del fallimento politico e organizzativo di tutti i gruppi
autoreferenziali.
Non si può pensare di mettere le basi per una nuova forza
comunista, se contemporaneamente vengono attivate due o tre“costituenti
comuniste” che procedono a prescindere l’una dall’altra. Una vera
“Costituente”, a mio avviso, dovrà avere come
soggettività protagoniste tutte le strutture e i soggetti che
avranno il coraggio politico, culturale ed organizzativo di mettere in
discussione il “proprio status”.Oggi si tratta di compiere un’impresa
enorme e difficile, che passa attraverso la messa in discussione e lo
stravolgimento non solo dei gruppi dirigenti della sinistra storica
uscente ormai del tutto omologata al sistema, ma anche di tutte quelle
realtà minoritarie già consolidate, ma che rischiano di
perpetuare se stesse e garantire solo la loro presenza, seppur
dignitosa e rispettabile, ma non adeguata storicamente e politicamente
all’attuale contesto storico-politico. Oggi il proletariato ha bisogno
di risposte più alte e meno asfittiche, che non stanno certo
dietro l’angolo, o nella bacchetta magica di qualcuno, ma nella
disponibilità di migliaia di militanti comunisti e di
avanguardie rivoluzionarie a discutere, confrontarsi e lottare per
garantire in un futuro non biblico la possibilità di costruire
una nuova formazione comunista che sia la sintesi teorica e pratica
delle esperienze storiche rivoluzionarie dell’ultimo secolo, applicate
in un paese a capitalismo sviluppato.
Lavorare per rilanciare il processo di costruzione di una nuova
formazione comunista è l’unica via per farci uscire dalla
confusione e dalla sfiducia in cui la borghesia tende a far precipitare
le masse popolari sfruttate.Quindi occorre aprire un confronto ed una
discussione seria, che sia in grado di destrutturate le vecchie
appartenenze. In sintesi è necessario volare più alto,
usando sobrietà e modestia, perché la partita in corso ha
una valenza storica.Niente risulta impossibile per i rivoluzionari
comunisti. Le ultime esperienze dell’America Latina e del Nepal sono
lì a dimostrarlo nella loro complessa semplicità e
chiarezza.
OSARE LOTTARE, OSARE VINCERE!
Giorgio Riboldi
L’altra Lombardia - SU LA TESTA
Milano, giugno 2008