LIBANO, PALESTINA, IRAQ, IRAN, SIRIA E KURDISTAN: l’aggressione
dell’imperialismo Usa-Israele per ridisegnare un nuovo Medio Oriente
IL PROGETTO DI DOMINIO PER RIMODELLARE IL NUOVO MEDIO ORIENTE
Israele, con il sostegno del governo USA, ha aggredito il Libano usando
come pretesto il rapimento di due militari israeliani da parte
degli Hezbollah. Questa operazione, occorre ricordarlo, è
avvenuta solo dopo che Israele aveva invaso la striscia di Gaza,
provocando distruzione, miseria e morte, ed ha oscurato per oltre un
mese la tragedia vissuta dal popolo palestinese nei territori occupati.
Gli obiettivi politici perseguiti dagli Usa e Israele con l’aggressione
allo stato libanese si possono così sintetizzare: per realizzare
la loro strategia di espansione e sviluppo dell’imperialismo hanno la
necessità di ridisegnare la mappa politica e geografica del
“nuovo Medio Oriente”, con l’obiettivo di rafforzare il proprio dominio
su questa area di importanza basilare per gli equilibri del mondo. Per
raggiungere questo obiettivo oltre alla normalizzazione di Libano e
Palestina, è prevista l’aggressione e l’invasione della Siria e
dell’Iran, se questi paesi non rinunceranno alle loro politiche di
indipendenza, e la soluzione finale dell’annosa questione curda in
Turchia e non solo. E’ bene ricordare che il movimento di resistenza
curdo in Turchia, egemonizzato dal PKK di Oçalan, ha ripreso la
lotta armata, interrompendo nel luglio 2004 la tregua unilaterale che
durava da 5 anni, a seguito dell’accresciuta repressione da parte del
governo reazionario turco e del suo esercito.
La ripresa della lotta di resistenza armata della guerriglia curda
nell’est della Turchia costituisce un ulteriore problema non solo per
il governo turco, ma per tutte le forze imperialiste che hanno
interessi in quella zona.
Infatti proprio in una parte dei territori abitati dai curdi vicino a
Kars, capitale dell’Armenia turca, stanno costruendo uno dei più
lunghi gasdotti del mondo che dalle regioni dell’Asia centrale
arriverà in Medio Oriente e servirà anche lo stato d’
Israele.
La questione curda è destinata, quindi, a diventare entro breve
un problema non solo per la Turchia, ma anche per i suoi alleati USA e
Israele, dato che per realizzare i loro progetti non sarebbe
tollerabile il permanere di un ulteriore conflitto armato in una zona
d’importanza strategica per l’economia imperialista.
Gli Stati Uniti e i suoi alleati in questa area geografica (Israele,
Turchia e paesi arabi moderati) non possono ammettere interferenze sul
controllo delle risorse energetiche, degli oleodotti e dei gasdotti in
Medio Oriente e nelle regioni dal Mar Caspio (leggi petrolio, ma anche
acqua sul confine fra Turchia, Siria, Iraq ed Iran). Per questi ed
altri motivi storici, la repressione contro la lotta di liberazione dei
curdi di Turchia è destinata presto ad essere posta al centro
delle prossime azioni di repressione imperialista.
In sostanza l’aggressione al Libano e la guerra preventiva in
Afghanistan e Iraq costituiscono un modello operativo che
l’imperialismo USA e lo stato d’Israele intendono praticare in questa
area ed estendere a tutto il mondo (almeno nelle loro intenzioni).
Israele e USA, però, hanno fatto i conti senza l’oste. Infatti
Israele, per la prima volta dalla sua nascita come stato indipendente,
non è riuscito a prevalere in Libano né sul piano
militare né su quello politico, ed ha dovuto accettare-subire il
“cessate il fuoco” ed il conseguente intervento della “missione ONU”.
La resistenza libanese, organizzata dagli Hezbollah, ha di fatto
impedito l’occupazione costante del territorio, grazie anche alla
esplicita solidarietà che la popolazione civile ha manifestato
nei confronti degli Hezbollah. È bene ricordare che gli
Hezbollah sono un partito militante in cui convivono combattenti
islamici sciiti e cristiani che costituiscono rispettivamente il 40% e
il 20% della popolazione e che, inoltre, ha partecipato alle ultime
elezioni politiche del 2005 conquistando il 10% dei seggi (14 su 128)
ed il gruppo parlamentare a cui aderisce insieme ad altre formazioni,
il Gruppo Resistenza e Sviluppo, ha il 27,3% dei seggi.
Questa simbiosi fra Resistenza e popolazione ha fatto fallire uno dei
piani su cui si sarebbe dovuto fondare il successo dell’aggressione
israeliana: la ribellione e la dissociazione della popolazione dalla
Resistenza armata. Insomma il solito copione degli USA e dei suoi
alleati non ha funzionato in Libano, così come sta fallendo in
Afghanistan, in Iraq ed altrove.
Il governo USA e quello israeliano stanno cercando da almeno due anni
di provocare la guerra civile in Libano senza riuscirci (vedi la
strumentalizzazione e manipolazione della morte dell’ex primo ministro
Hariri).
Hanno sottovalutato il ruolo e la forza di Hezbollah nonostante che sia
il partito di maggioranza relativa nel parlamento democraticamente
eletto. In sostanza la politica di aggressione imperialista in Libano
ha subìto una battuta d’arresto e ha prodotto risultati opposti
rispetto a quelli che Israele e USA si aspettavano: l’immagine di
invincibilità e di efficienza dello stato e dell’esercito
israeliano è stata minata dall’imprevista e incalcolata
capacità difensiva e offensiva del movimento di Resistenza
libanese.
Quest’ultima con i suoi successi si è rafforzata ed ha ottenuto
un maggior radicamento sociale, rendendo nello stesso tempo più
evidenti i limiti e le contraddizioni dell’imperialismo. La popolazione
libanese ha pagato con sangue, morte e distruzione la criminale
aggressione sionista, ma ha anche dimostrato che con il movimento di
Resistenza è stato possibile contenere le politiche di
aggressione di Israele e USA che hanno agito coperti dal silenzio
complice ed ipocrita dei paesi arabi moderati (Egitto, Arabia Saudita,
Giordania ecc…) e dell’Unione Europea.
In questo contesto le principali potenze imperialiste, pur essendo in
competizione fra loro per il controllo del mercato mondiale e delle
risorse energetiche, sono riuscite a trovare un’unità d’intenti,
sottoscrivendo unanimemente la risoluzione del Consiglio di Sicurezza
dell’ONU n. 1701, con cui si decideva l’intervento di caschi blu sul
confine israelo-libanese.
Questa soluzione si è imposta come inevitabile per aiutare
Israele ad uscire da una situazione di “impasse” militare e politica,
in una fase in cui per lo stato sionista non è più
sufficiente il prevalere sul piano militare, ma si renderebbe
necessaria la creazione di una specie di “area di sicurezza” formata
dai territori al suo confine, al fine di perpetuare con maggiore
agilità il suo ruolo di gendarme dell’imperialismo e di invasore
dei territori palestinesi.
L’impossibilità di raggiungere questo obiettivo, almeno in
tempi brevi, ha costretto il governo israeliano a subire
l’internazionalizzazione del conflitto libanese.
Se Tsahal non avesse subito una pesante battuta d’arresto sul piano
militare, il governo israeliano non avrebbe mai accettato la presenza
delle truppe ONU, come è dimostrato dalla sua storia in questi
60 anni.
Attualmente questa “cintura di sicurezza” sarebbe assicurata dalla
presenza dei caschi blu che hanno di fatto il compito di difendere
Israele e garantire la prosecuzione della sua politica. La risoluzione
dell’ONU, voluta e sottoscritta sia dagli USA che dalla Francia, va nel
senso di rinsaldare l’alleanza USA-Unione Europea e, di fatto, rende
insignificanti le contraddizioni tattiche tra i due imperialismi in
questa area. Questa impresa militare viene truffaldinamente presentata
come “missione di pace”. In realtà gli europei vanno in Libano
perché hanno l’avallo USA e non per evitare che questi ultimi ci
vadano.
In sostanza le truppe dell’ONU e i governi occidentali sono tutti
concordi sulla necessità di ridisegnare un nuovo Medio Oriente,
risanato dai “terroristi” (cioè dai resistenti che rappresentano
il comun sentire della maggioranza delle popolazioni) e bonificato da
chiunque si opponga alle politiche di aggressione imperialista. E’ bene
ricordare che la risoluzione ONU n. 1701 non prevede sanzioni contro
Israele (che è lo stato aggressore), con ciò attribuendo
di fatto la responsabilità dello scoppio del conflitto agli
Hezbollah.
LA POLITICA INTERVENTISTA DEL GOVERNO ITALIANO, IL SERVILISMO DI TUTTA
LA STAMPA NAZIONALE E DEGLI ALTRI MASS MEDIA E L’IMPOTENZA POLITICA
DEGLI PSEUDO-PACIFISTI SOSTENITORI DEL GOVERNO.
L’organizzazione della cosiddetta “missione di pace” in Libano sotto
l’egida dell’ONU ha fatto registrare un protagonismo fuori misura
dell’attuale governo del paese. Prodi e i suoi ministri della difesa
(Parisi) e degli esteri (D’Alema) in particolare, ancor prima
dell’imposizione del “cessate il fuoco” si sono agitati in modo
scomposto per autoproporsi come forza determinante ed egemone
all’interno del contingente ONU da inviare sul confine meridionale
israelo-libanese.
Risultano evidenti le analogie e la continuità della politica
estera del centro-sinistra con le politiche interventiste del passato
governo di destra. I 2500 soldati che parteciperanno alla missione in
Libano saranno la forza più imponente fra i 15 mila militari
previsti per l’attuazione della risoluzione ONU. L’Italia nel 2007, da
sola, eserciterà il comando strategico su tutto il contingente
presente nel teatro del conflitto. Di fatto la “missione ONU” si
troverà a svolgere la stessa funzione di occupazione-controllo
che avrebbe svolto Israele, se non fosse stato fermato sul terreno
militare dagli Hezbollah.
Come si può parlare di “missione di pace” quando si mobilita un
enorme apparato militare con navi da guerra, carri armati, blindati,
elicotteri di combattimento con tecnologie sofisticate e con corpi
speciali d’assalto (parà, lagunari, ecc…)?
Si tratta di una farsa-tragica avallata, sostenuta ed esaltata da tutta
la stampa nazionale e dalle televisioni di stato e private.
Gli stessi mass-media che in questi mesi hanno consapevolmente taciuto
sull’uso di armi chimiche sia in Libano che a Gaza, ignorando
sistematicamente le denunce dei medici di Sidone e Gaza che ne
documentano gli effetti.
Gli stessi mass-media che colpevolmente hanno ignorato gli effetti
dell’embargo assassino contro la popolazione di Gaza solo perché
il legittimo governo di Hamas non vuole piegarsi ai ricatti israeliani
e alle pressioni del presidente palestinese Abu Mazen.
Gli stessi organi di stampa, le stesse televisioni che scientemente
spiegano che Israele è lo stato aggredito e che il Libano e la
Palestina sono i popolo aggressori. Che ignorano strategicamente il
fatto che Israele si è “ permesso” di rapire 9 legittimi
ministri palestinesi e circa 30 dirigenti politici della resistenza
palestinese senza che nessun stato “democratico” occidentale battesse
ciglio e ne richiedesse il rilascio.[Sono 31 i parlamentari rapiti
attualmente detenuti. Dei 9 ministri rapiti 4 sono ancora in carcere
insieme a decine di altri militanti di Hamas sempre rapiti lo scorso
giugno e nei giorni successivi.]
Gli stessi mass-media che volutamente non ricordano che Israele
ha ignorato negli ultimi 60 anni oltre 70 risoluzioni dell’ONU e le
Convenzioni di Ginevra sui crimini di guerra, senza subire mai alcuna
sanzione .
Infine gli stessi mass-media che evitano sempre di citare e ricordare
la legge n. 94 del 2005 sulla cooperazione militare Italia- Israele.
[ Da un intervento di Manlio Dinucci del 2005: “L’ACCORDO
MILITARE ITALIA-ISRAELE è un accordo generale quadro
comprendente interscambio di materiale di armamento, organizzazione
delle forze armate, formazione e addestramento del personale militare,
ricerca e sviluppo militare. Attività che, in base
all'«accordo sulla sicurezza» stipulato nel 1987, si
svolgeranno sotto la cappa del segreto militare. Una scelta
particolarmente grave perché Israele è una potenza
nucleare, lo dice il direttore dell’AIEA (l’agenzia internazionale per
l’energia atomica), lo dicono mille prove, lo ha detto l’Assemblea
generale delle Nazioni Unite, ma non lo ha mai detto esplicitamente il
governo israeliano, il quale non ammette il possesso di armi
nucleari. Allora è chiaro che tecnologie italiane (dato
che l’industria militare italiana è tra le prime nel mondo)
potranno essere utilizzate segretamente per potenziare le
capacità di attacco dei vettori nucleari israeliani. E’ evidente
l’implicazione politica generale: una volta che questo
“memorandum” d’intesa sarà approvato dal Parlamento, l’Italia
sarà automaticamente al fianco del governo Sharon in qualunque
sua azione, fattivamente contribuirà alle sue politiche di
guerra. Per di più questo “memorandum” vincola non solo
l’attuale governo, ma anche i governi a venire, in quanto l’accordo
è quinquennale e prevede un meccanismo di rinnovo automatico:
per non essere rinnovato una delle due parti dovrà denunciare
l’accordo, dicendo che intende ritirarsi. Oltre a ciò
l’industria militare e le forze armate del nostro Paese saranno
coinvolte in attività di cui nessuno, neppure in Parlamento,
sarà messo a conoscenza…In tale situazione, proprio mentre l'Ue
è impegnata in una delicata trattativa con l'Iran sulla
questione del nucleare, l'approvazione da parte della camera
dell'accordo militare con Israele darebbe al governo Sharon il segnale
politico che l'Italia è pronta a sostenerlo nell'attacco
all'Iran…"]
In sostanza in questi mesi, con il supporto di una campagna di stampa
ben coordinata e finalizzata si è alimentata una sorta di
irresponsabile frenesia nazionalista , quasi che il nostro paese fosse
improvvisamente diventato “grande” a seguito delle sue scelte politiche
interventiste tipiche di una sub-cultura da colonizzatori che fu
caratteristica nel nostro paese in alcune fasi storiche, nel corso
delle quali si cercava di far ignorare i problemi e i conflitti interni
spostando l’attenzione della masse su “avventure politiche” di
espansione imperiale.
Di fronte a questa realtà si configura ancora più grave
l’assenza di mobilitazione del movimento contro la guerra, il quale ha
introiettato il messaggio che in Libano si tratta di compiere “una
missione di pace”. A questo si deve aggiungere la completa
subordinazione di PRC e Verdi verso le azioni interventiste del
governo. Ignoranza, impotenza, imbecillità ed ipocrisia degli
pseudo-pacifisti che scambiano una politica guerrafondaia per una
politica di costruzione di pace, mettendo sullo stesso piano la
Resistenza dei popoli (che anche loro chiamano terrorismo) con le
politiche di invasione ed oppressione imperialista. E’ la resistenza
dei popoli che contrasta l’aggressione imperialista e solo la
Resistenza costruisce la pace. Chi nega questa evidenza o è
storicamente ignorante o è in malafede. In entrambi i casi
sostiene oggettivamente la politica di aggressione imperialista.
Si rende quindi necessaria la prosecuzione di una campagna di
legittimazione di tutte le lotte di liberazione e di Resistenza in atto
nel Medio Oriente, in America Latina e Asia. Avendo la coscienza che in
questa fase politica il nostro impegno si scontrerà con tutte le
forze imperialiste che definiscono “ terroristi” coloro che attuano
forme di resistenza diversificata per la liberazione nazionale e coloro
che nei paesi capitalisti occidentali combattono in modo coerente
ed indipendente contro il loro sistema di oppressione e di
sfruttamento. Va respinto il ricatto politico che ci viene posto da
più parti: non ostacolare, non opporsi al governo Prodi
altrimenti incombe un pericolo di un ritorno di Berlusconi. E’ un
ricatto-imbroglio basato sulla paura e come tale da respingere,
perché se mai potrà risultare drammaticamente vero il
contrario e cioè: se le politiche economiche, sociali e militari
del governo Prodi-Fassino-Bertinotti, che risponde all’esigenza del
capitale e della grande borghesia, non trovassero una risposta ed
un’opposizione di massa da parte della classe lavoratrice, si creerebbe
un grave vuoto politico che sarà certamente occupato dalla
demagogia agitatoria e qualunquista della destra fascista, razzista e
populista. Con la conseguente quasi certezza di un ritorno al potere
dei Berlusconi e della sua banda.
Lo scontento, le disillusioni, lo sconcerto e l’incredulità di
coloro che “hanno votato Prodi e compagnia contro Berlusconi”, per le
scelte che l’esecutivo di centro-sinistra si accinge a fare stanno ad
avvalorare questa ipotesi.
SOLIDARIETA’ ALLA RESISTENZA DEI POPOLI CONTRO L’IMPERIALISMO
SMANTELLARE LE BASI USA E NATO IN ITALIA
TAGLIARE LE SPESE MILITARI E NON LE PENSIONI E LA SANITA’ PUBBLICA
VIA LE TRUPPE ITALIANE DALL’IRAQ, AFGHANISTAN, LIBANO
Lavorare per costruire una manifestazione nazionale contro la guerra e
contro la finanziaria