La precarietà è quella forma di schiavitù che
spinge i migliori giovani di questo paese alla prostituzione. Alcuni
ricorderanno Piero Ricca, quel cittadino italiano con la C maiuscola,
che fu denunciato per aver avuto il coraggio civile di ricordare
all'ex-Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che era opportuno
che non tergiversasse e si facesse processare. Adesso si scontra con
Beppe Grillo che non lo vuole pagare.
di Gennaro Carotenuto
*Questo articolo è dedicato
alla mia stupenda classe di Scienze Umane della SSIS
dell'Università di Macerata, con molto affetto.
Sul suo sito Piero racconta la fine della sua
collaborazione con Beppe Grillo. Il sito del comico genovese è
una forza della natura da centinaia di migliaia di visitatori unici al
giorno. Ne ignoro il fatturato, ma stiamo parlando di decine o forse
anche centinaia di migliaia di Euro l'anno. Per capirci è al
numero 20 della classifica mondiale di Technorati http://technorati.com/pop/blogs/,
nell'ultimo anno è stato citato 15.000 volte (questo sito appena
da 600, ma ieri abbiamo avuto la bellezza di 2441 visite!) ed è
il terzo blog al mondo non in lingua inglese. Beppe Grillo è il
grande censore del sistema Italia, qualcuno lo considera perfino la
coscienza critica di questo paese.
Nonostante ciò, per farla breve, i dettagli sono nel sito, Ricca
si era accordato con l'amministratore di Grillo per un compenso di 200
Euro netti a intervista. Il minimo dignitoso. Ha lavorato, è
stato riempito di complimenti e pacche sulle spalle, ma i soldi non li
ha mai visti. Le motivazioni (scandalose, repellenti, ma gelidamente
razionali) che l'amministratore di Grillo (informato e consenziente)
adduce al mancato pagamento, sono che Ricca tanto quelle cose le
avrebbe fatte lo stesso. Magari pagherebbe pure per farle. E che il
compenso per lui più grande è la possibilità di
lavorare con Grillo. E gli ha fatto pure notare di star dando un calcio
alle magnifiche sorti e progressive che tale opportunità gli
apre in un imminente (?) domani. Insomma chi è causa del suo
mal... tutto colpa della venalità del lavoratore in questione.
Beppe Grillo è il grande censore del sistema Italia, qualcuno lo
considera perfino la coscienza critica di questo paese.
Piero Ricca è un pezzo sostituibile dell'ingranaggio, ha fatto
il suo, ha avanzato pretese (essere pagato un minimo dignitoso), avanti
un altro. Chissà quanti ce ne sono disposti a tutto per un link
con Beppe Grillo da inserire nel curriculum. Del resto il mondo del
lavoro è così, che pretendi? E allora forse hanno ragione
i miei migliori laureati, quelli bravi, con 110 e lode, che a 25-26
anni saprebbero dirigere una testata e invece si imbarcano in Master,
specializzazioni, e bramano dottorati senza borsa pur di non sbattersi
al desk a non imparare nulla a 5 Euro al pezzo nei festivi. Cerco di
convincerli che sono strapreparati per navigare in mare aperto, ma
proprio per quello, tra evitare di essere pagati 5 Euro a pezzo da un
quotidiano locale preferiscono, se poco poco i genitori non li cacciano
di casa a continuare a studiare e rinviare la vita, che non comincia
mai. Sbagliano, ma come dar loro torto?
Sbagliano, ma hanno a che fare con padroni delle ferriere ai quali il
sistema (quello neoliberale, non la camorra) viene benissimo. In giro
ci sono decine di migliaia di giovani eccellenti ai quali si chiedono
compiti inferiori alla loro preparazione, perché ci si guarda
bene dal dar loro responsabilità. Questo mercato al ribasso li
costringe a competere con altre centinaia di migliaia di giovani meno
bravi, meno preparati, ma altrettanto titolati (le lauree
triennali...avanti dotto'!). E proprio il liberismo, che a parole
doveva esaltare la competizione verso l'alto, a migliorarsi, fa
l'esatto contrario. La competizione è al "massimo ribasso", non
importa la qualità, ma solo il costare e pretendere poco e chi
viene stritolato è il più bravo, il più preparato.
Avanti un altro!
Davvero Beppe Grillo non poteva pagare a Ricca quanto pattuito? Quello
che è sicuro è che Grillo può fare a meno di
Ricca. Avanti un altro!
L'episodio di Piero Ricca mi ha fatto ripensare ad un altro episodio
accaduto lo scorso ottobre alla FAO, per l'Incontro Mondiale di
Intellettuali ed Artisti in difesa dell'Umanità. Per il fatto
che si era a Roma, e per opportunità mediatica, al contrario dei
5-6 italiani (tra i quali il sottoscritto) normalmente coinvolti e che
partecipano in genere agli incontri mondiali, il numero degli italiani,
per l'appuntamento romano, crebbe fino oltre la trentina. I nuovi
arrivati erano in gran parte comunicatori, di discreta o ottima fama,
tutti rigorosamente di sinistra.
Carmen Lira è un'amica, ed è la direttrice de La Jornada
di città del Messico, giornale per il quale è per me un
onore scrivere e che, con le sue oltre 200.000 copie vendute, è
il più venduto quotidiano 'di sinistra' al mondo. Quando ha
avuto la parola, dalla tribuna Carmen ha fatto un discorso bellissimo e
molto alto. Il succo era che i media di sinistra devono organizzarsi
per retribuire il lavoro, soprattutto devono pagare i giovani, quei
giovani che muovono il culo, consumano scarpe e a volte rischiano la
pelle, quei giovani che sanno fare le belle pagine web delle quali lei
affermò di intuire solamente le possibilità e
l'indispensabilità.
Ero seduto al tavolo della presidenza, giusto a fianco di Carmen, e
approvavo di cuore. Ma, contemporaneamente, mi rendevo conto che Carmen
aveva toccato un nervo scoperto. Nella sala, più d'uno dei
grandi (o presunti tali) comunicatori italiani invitati (per quella
volta), sbuffavano e dissentivano. A un certo punto uno di loro -mi
riservo i nomi per carità di patria- ha ostentatamente buttato
le cuffie della traduzione simultanea, si è alzato ed è
andato fuori furente, sbattendo ostentatamente la porta, tra lo stupore
di decine di ospiti stranieri che consideravano la relazione di Carmen
come opportuna e magistrale. Come si permette -sembravano fermentare i
capannelli nella pausa caffé- questa india messicana di venire a
farci la lezione a noi? Non lo sa che se paghiamo i redattori, poi per
direttori e vice non resta nulla? Se ci mettiamo a pagare i
collaboratori, poi sul mercato come ci stiamo? Siamo in Italia, mica in
Messico!
Penso al sistema universitario italiano che mi dà lavoro. Penso
alla trafila costrittiva della precarietà, che per chi scrive si
è conclusa, me alla quale restano intrappolati 50-60.000 amici,
fratelli, colleghi, che non fanno nulla di diverso da quello che faccio
io (che sono l'ultima ruota del carro, ma almeno sul carro ci sto).
Penso a corsi universitari interi (40-60 ore di lezione, ricevimenti,
esami, tesi eccetera...) pagati 600 Euro in totale. Penso a compensi
solo apparentemente dignitosi, trasformati in scandalosi perché
quello indicato sul contratto è il 'lordissimo', che divenda
lordo e da lì si calcola il netto che diviene infimo. Un privato
andrebbe in galera, e invece nel pubblico è tutto regolare.
Tanto nessuno denuncerà mai nulla, se vogliono avere una
speranza di entrare. Prostituitevi o avanti un altro! C'è la
fila e del resto è vero che soldi non ce ne sono. Ma chi
accetterà non è detto che sia il migliore, e sicuramente
non è motivato. Anzi.
Lavoreranno in silenzio, come automi, neanche fosse Metropolis di Fritz
Lang. E come automi gli si spegnerà l'intelletto, brutta storia
se fai l'intellettuale col cervello spento. Ovviamente passo a passo i
migliori, quelli che devono pagare le bollette, una volta spremuti si
sfileranno, emigreranno, preferiranno un call center. Il gioco è
scoperto. Tutto serve perché la selezione avvenga per censo, per
classe sociale. Figli di professionisti, figli di docenti universitari,
disposti a mantenerli fino ai 40 anni. E quelli che sopravvivono non
sono certo i migliori, che in quanto tali possono essere scomodi e
critici, ma i più integrati ed integrabili alla perpetuazione
del sistema. Le vecchie tare sono funzionali ai nuovi guasti
liberalizzatori. Il gatto e la volpe.
E' tutto freddamente calcolato. Conosco redattrici di settimanali di
sinistra che al sesto mese di lavoro a tempo pieno si sono viste dare
un assegno di 300 Euro e hanno dovuto contare fino a dieci prima di
decidere se ringraziare o strapparlo in faccia al direttore. Conosco
meravigliosi scienziati ultraquarantenni rottamati dal sistema al quale
hanno già dato quello che al sistema serviva.
E' tutto freddamente calcolato. Diamo il minimo, e promettiamo qualcosa
senza comprometterci. Promettiamo un sogno. In genere si
accetterà, nella piena logica della legge 30, quella per la
quale meglio un brutto lavoro e malpagato che la disoccupazione. Meglio
questo che niente, oppure avanti un altro. E la vita vera non comincia
mai.
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