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COME LE FOIBE DEGLI USTASCIA SONO DIVENUTE “TITINE”

“Ora le annessioni del ’18 non sono più difendibili: alla fine di questa guerra  anche Trieste e Gorizia passeranno alla Yugoslavia.”.
Galliano Fogar , cita quest’esclamazione dello Schiffrer fatta dopo l’invasione e le annessioni manu militari del Regno di Yugoslavia nel ’41.
Lo Schiffrer era ben consapevole che l’avventura fascista sarebbe finita in una tragedia e in un’amputazione del territorio nazionale, dice sempre il Fogar.

Che il confine del ’45 potesse tornare quello dell’Impero Asburgico del ’15 lo testimonia pure un documento segreto inglese scoperto negli archivi di Londra dal Valdevit: Churchill assicurava il re di Yugoslavia in questo senso come premio della resistenza , ritenuta dall’Intelligence Service erroneamente monarchica sino alla primavera del ‘43.
E sarebbe finita veramente così se i guerriglieri monarchici non si fossero invece alleati agli invasori per combattere il movimento partigiano esploso dopo l’invasione dell’Urss. Malgrado i reiterati tentativi di Churchill  di persuadere i monarchici ad un’alleanza coi partigiani, dopo la scoperta delle missioni segrete inglesi in Yugoslavia, in particolare quella di Deakin, della piena collaborazione dei cetnici coi nazifascismi. Quella scoperta che portò l’anticomunista Churchill a dover sostenere il comunista Tito, a condizione che questi accettasse il ritorno della monarchia. Tito lo promise, ma non mantenne la promessa, per cui ecco che Trieste e Gorizia restarono italiane.
Come vendetta di Churchill.

Ma nella contesa c’era sempre il terzo incomodo: l’Italia, che da nemico era divenuta alleato . E la quale, rinnovata solo nei quadri politici, rimaneva sempre la stessa nei quadri diplomatici e militari. Consapevole del rischio di perdere tutto ciò che aveva così a caro prezzo ottenuto nel ’18, quest’Italia si mosse unitariamente per la difesa dei sacri confini. Sia durante la guerra invitando gli Alleati allo sbarco in Dalmazia  o in Istria, sia nel dopoguerra nel calcare la mano sui crimini dei partigiani. Lo riprovano i documenti diplomatici segreti scoperti da Focardi e Klinckhammer, in particolare le lettere ed i consigli dell ambasciatore Quadroni.

E a questo punto si cominciò a parlare di foibe.
Delle quali c’è una testimonianza scritta che l’Esercito italiano era a conoscenza sin dall’agosto 1941. Un documento segreto della Sanità cita diverse voragini usate come “cimiteri provvisori”, ma degli “ustascia selvaggi” contro civili serbi ed ebrei.
Un riferimento a questi orrori appare anche negli scritti di autodifesa dei generali italiani richiesti dalla Yugoslavia  come “criminali di guerra”.
In un libro raro ed introvabile, GLI EBREI SOTTO L’OCCUPAZIONE ITALIANA IN FRANCIA ED IN CROAZIA, consultabile unicamente nella biblioteca di Stato di Gorizia, scritto dagli ebrei francesi Poliakov e Sabille nel ’56, si possono leggere questi brani:

“…Dopo l’estate del 1941, durante la quale orribili massacri di genti serbe furono perpe-trati dagli ustascia di Pavelic,  il Comando italiano riassunse 1'amministrazione civile dell’intera fascia costiera distante 50 km. dal mare, che aveva ceduto al neonato Governo croato, onde porre decisamente termine alle rivoltanti atrocità…”
(articolo TRENTA DENARI  di Verax- pseudonimo di Roberto Ducci, allora attacchè all’ambasciata a Zagabria, poi ambasciatore in G.B.)

“…Più grave di tutte,   e sistematica,  fu in Croazia la persecuzione delle popolazioni  serbo-ortodosse da parte degli  "Ustascia",  i  quali in nome della razza croata e del cattolicismo,   e col  consenso del loro Governo,  presero a devastare intere zone,   ed a sopprimere barbaramente le popolazioni di interi villaggi.
Meno   estesa - per ovvie ragioni - ma altrettanto  crudele fu la persecuzione agli  ebrei,   di  cui parecchie migliaia,   concentrati nell'isola di Pago,   furono dagli  "Ustascia”  così maltrattati  che quasi tutti perirono.
Il  comando  della 2a  Armata si  oppose decisamente a tali procedimenti,   e - per meglio garantire le popolazioni perseguitate - procedette - come si  è  detto - alla occupazione totale del territorio di influenza italiano,   spingendo le truppe sino alla "Linea di  demarcazione",   ed evacuando al di là di  essa gli  "Ustascia”. Furono  così  salvate da sicura morte molte diecine di migliaia di persone…”
“ Riassumendo - II Comando 2a  Armata si  è  opposto colla massima energia alle persecuzioni croate contro le popolazioni serbo-ortodosse e contro gli ebrei,   salvando da sicuro sterminio molte diecine di migliaia di persone.
Il  Generale Roatta si  è poi rifiutato di consegnare gli ebrei ai croati   o tedeschi.
(dalla memoria di difesa del presunto criminale di guerra Mario Roatta)



STRALCIO TRATTO DALLA RELAZIONE COMPILATA DAL GEN. VITTORIO AMBROSIO, GIA’ COM.TE DELLA 2" ARMATA - E ALLEGATA AL FOGLIO N° 26 IN DATA 26 MARZO 1945 ALL'OGGETTO : "CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI» INVIATO DAL COMPILATORE ALLO S.M.S.- - UFFICIO "I".

In concreto, il 23 agosto venne decisa ed iniziata l’occupazione della seconda zona, ed in settembre della terza. Gli ustascia furono così evacuati oltre la linea di demarcazione fra le zone di occupazione italiana e tedesca. Per questi provvedimenti dovuti all’iniziativa del comandante della 2a Armata, migliaia di persone furono sottratte a sicura morte. Inoltre il Comando di Armata prese sotto la sua protezione tutti gli ebrei del territorio e quelli,molto numerosi, che vi affluivano da Zagabria e dal resto della Croazia per sfuggire alle persecuzioni ustascia e germaniche. Queste masse di ebrei - alcune migliaia - furono avviate nelle zone costiere e lasciate completamente libere sotto la protezione dei comandi militari italiani. Ad esse si aggiunsero alcune centinaia di polacchi, già rifugiatisi in Jugoslavia per sfuggire ai tedeschi ed ora nuovamente perseguitati.


STRALCI TRATTI DALLA RELAZIONE ALL'OGGETTO  "CRIMINALI DI  GUERRA" compilata dal  GEN.VITTORIO AMBROSIO  -  GIÀ'   Comandante  2a  ARMATA -l’11   maggio   1946  allo   S.M.E.   - UFFICIO   INFORMAZIONI.

“…Nel maggio 1941 si iniziarono da  parte della milizia Ustascia, alla quale subito si affiancarono gli "Ustascia Selvaggi", le persecuzioni contro gli ebrei e le popolazioni serbe. I funzionari civili, giusto gli ordini del Governo Pavelic, anziché opporsi a tali sistemi degni dei popoli più incivili, lasciavano fare favorendo così lo sviluppo dei più orrendi delitti, che si possono così sintetizzare :  soppressione di intere famiglie comprese donne e bambini; villaggi bruciati - vaste zone agricole devastate - indebite appropriazioni di beni dei perseguitati - concentramento di ebrei in campi di sterminio (classico quello dell'isola di Pago dove furono trucidati circa 7/8 mila ebrei).
Questi fatti che purtroppo si svolgevano sotto gli occhi delle nostre truppe, causarono uno stato d’animo nel nostro soldato che si concretò in odio palese contro gli organi responsabili croati e contro le formazioni Ustascia;
e protezione dei serbi-ortodossi ed ebrei che si rivolgevano alle nostre autorità le quali , con slancio generoso e disinteressato, curarono feriti, assistettero e vettovagliarono affamati; aiuto con ogni mezzo per favorire l’esodo nelle terre annesse all’Italia e perfino in madrepatria dei perseguitati.
Vere colonie di ebrei e di profughi jugoslavi sorsero così nella Slovenia Italiana, a Spalato, Sebenico e Cattaro.
II Comando della 2a  Armata,  perfettamente edotto di quanto avveniva nella 2a  e 3a  zona,  non  solo approvò  tacitamente quello che ufficiali,  sottufficiali e truppa facevano per  salvare migliaia e migliaia di vite umane   (serbi-ortodossi ed  ebrei)  ma non  oppose alcuna difficoltà ai vari trasporti fatti con treni ed automezzi militari…”

STRALCIO DELLA RELAZIONE "ATTIVITÀ SVOLTA IN CROAZIA IN RAPPORTO ALLA DENUNCIA QUALE CRIMINALE DI GUERRA DA PARTE DEGLI JUGOSLAVI" INVIATA ALL'UFF. INFORMAZIONI DELLO S.M.E. CON N° 43 SEGRETO DEL 18 MARZO 1945 DAL GEN.RAFFAELE PELLIGRA GIÀ INTENDENTE DELLA 2a ARMATA E COM.TE DIVISIONE  "RE"  IN  CROAZIA.

“…la guerra stessa seguiva nel paese  ad un periodo  di persecuzioni  da parte dei  croati  contro i  serbi  e gli  ebrei,   determinatosi  con la sconfitta della Jugoslavia e la creazione dello  stato  Croato  e culminato negli ormai conclamati massacri e devastazioni  compiuti  dagli ustascia.
Ora,  in tali lotte,   i nostri comandanti  e gregari avevano per istinto parteggiato per i  colpiti,operando il salvataggio  di numerosissime famiglie serbe  ed  ebree perseguitate dagli ustascia e aiutando con tutti i mezzi possibili i reparti armati di  serbi  (cetnici)   che, a seguito di  ordini dei  comandi militari  italiani si  erano venuti  a costituire un pò   dappertutto  con lo  scopo di difendere le popolazioni vittime della prepotenza ustascia.  Ciò  che naturalmente determinò uno stato di tensione tra noi ed i croati più esaltati e con gli ustascia in genere, i quali del resto, sin dal loro sorgere, si erano dimostrati nostri nemici giurati, ostentando al contrario una viva ammirazione per i tedeschi…”
“……E’   facile comprendere quanto grave fosse  il dramma delle popolazioni  in tale  stato di cose:   da una parte gli ustascia che perseguitavano tutti  i serbi perchè tali,   gli ebrei ed   i croati simpatizzanti per  gli  italiani,  nonché  i partigiani che combattevano tutti quelli -  serbi,   croati ed  ebrei - che  si appoggiavano agli italiani o semplicemente,  li ospitavano;  dall’ altra la mancanza di  ogni protezione efficace  e disinteressata ad  opera delle autorità e delle forze armate locali.
… Unico sostegno per le popolazioni rimanevano le nostre truppe,   delle quali tutti avevano  avuto modo di  apprezzare,   sin dal loro giungere,  la correttezza,  la generosità,   il senso di giustizia e di cavalleria.”
“… Ho cercato  in tutte le maniere di proteggere l’elemento  serbo
ed ebreo dalla feroce prepotenza ustascia, favorendo l'allontanamento dalla zona, su nostri automezzi e treni militari, di numerosissime famiglie perseguitate; ciò che richiese talvolta l’impiego di reparti per togliere agli ustascia ogni velleità di reazione e procurò all'indirizzo mio e delle mie truppe le più ampie espressioni di riconoscenza, non solamente da parte dei salvati,  ma anche di tutti  i ben pensanti della zona…”

Ma di quali orrori si parla in queste autodifese? E’ paradossalmente  tuttora un SEGRETO!
Eppure il capo dell’USSME, generale Bertinaria, se l’è lasciato sfuggire quando nel 1987 consegnò all’ambasciatore dell’agonizzante Yugoslavia, Ante Skataretiko, forse per stimolare gli odi etnici , dei documenti poi pubblicati a Belgrado nell’ambito di una campagna tardiva antiustascia.
Ecco la prova dell’uso delle foibe da parte degli ustascia:

DIREZIONE DI SANITA’ MILITARE DEL V° CORPO D’ARMATA

Posta militare 41- 6 settembre 1941/XIX°

Vista la relazione del s.tenente medico dr. Finderle,
propongo:
I° che nelle voragini di Plana nad Bugiak (com. di Klanac)- di Jamina- di Jadovno - di Kuzmanovo- di Licko Lesc’e , di Jama na Ploc’a e Duliba Jama, venga messa in abbondanza calce viva in modo da coprire con sufficiente strato di tale caustico i cadaveri.
II° che i cadaveri sepolti a Slana- Pago vengano dissepolti e riuniti in cataste- cosparsi di liquidi infiammabili ed inceneriti. Le fosse di inumazione dovranno essere cosparse di calce viva.
Il risanamento dovrebbe essere attuato dalla dipendente Sezione di Disinfezione, coadiuvata da militari dei presidi vicini alla suddetta località.
La bonifica ha carattere d’urgenza.
IL COLONELLO MEDICO DIRETTORE DI SANITA’ F.to Muzio Fiorini
P.C.C.
IL TENENTE CHIMICO FARMACISTA  Mario Spoto

COMANDO DEL V CORPO D’ARMATA
Ufficio S.I. Servizi
.0310/Serv. Di prob.SEGRETO                                                                               
8 settembre 1941
Allegati n.2
OGGETTO: Risanamento igienico e bonifica.-
Dall’esame del rapporto – allegato in stralcio per la Divisione “Re”(allegato n. 1), allegato in stralcio per la Direzione di Sanità- sezione disinfezione- (allegato n. 2)- presentato dal S. Ten. Med. Dott. Finderle incaricato di accertare i luoghi dove sono stati sepolti nel territorio del C.A i cadaveri delle vittime degli ultimi avvenimenti politici in Croazia, allo scopo di prevenire l’eventuale inquinazione delle acque, si rende necessario provveder d’urgenza:
1°) – alla immissione di calce nelle voragini di cui all’allegato N°.3 e di altre di cui eventualmente si venisse a conoscenza in seguito;2°) – al disseppellimento dei cadaveri sepolti a Slana (isola di Pago), al loro incenerimento nonché al risanamento delle fosse.
    Alla bonifica di cui al n°1 provvederà la divisione “Re” a mezzo del proprio ufficio di Sanità. La quantità di calce da gettare nelle voragini dovrà essere ragguardevole: 8-10 quintali per voragine.
    La calce potrà essere acquistata nella zona.
    Alla bonifica di cui al n°2 provvederà la Direzione di Sanità che impiegherà la sezione disinfezione che verrà trasportata via mare da Porto Re a Pago, e di qui, giornalmente a Slana per i lavori.
    Il trasporto avverrà con la motobarca “Venus” che si troverà a Porto Re il giorno 9 corr. alle ore 7 a disposizione della Sezione Disinfezione.
    La Sezione Disinfezione porterà la sua dotazione di benzina e di petrolio (rispettivamente 450 e 100 litri). Al rientro in sede chiederà il reintegro della quantità consumata all’ufficio Tecnico di Corpo d’Armata.
    La sezione Disinfezione porterà seco 5 giornate di viveri complementari. Per il pane, carne, legna e prelevamenti viveri si appoggerà al comando di Presidio di Pago – già telefonicamente preavvisato dalla Direzione di Commissariato di C.A.-
      D’ordine
IL COLONELLO CAPO DI STATO MAGGIORE (Clemente Primieri)

Ed ecco alcuni stralci del testo dell’ufficiale medico addetto al risanamento: le foto di cui si parla sono andate perse:

“…I destinati, con gli arti superiori legati oppure legati a due o tre tra di loro, (sempre con filo per condutture elettriche) venivano posti sui cumuli di terra smossa per costituire la fossa, e qui mitragliati o mortalmente feriti con armi bianche vi cadevano. A questo punto, quando con molta probabilità, lo dimostra la posizione dei cadaveri, la morte non era ancora sopraggiunta, erano sfilate le pietre più grosse alla base dei muriccioli a secco d’ambo i lati i quali cadendo trascinavano con se del terriccio e la tumulazione era così fatta con poca fatica e rapidamente. Che la tumulazione avvenisse in individui mortalmente feriti ma non ancora morti lo dimostrava l’espressione scomposta e tragica del viso della maggior parte di questi cadaveri (vedi foto 7 e 8).
L’estrazione dei cadaveri riesce quindi particolarmente  indugiosa perché non sono posti con ordine ma ammonticchiati, (vedi foto 9), altri ancora con gli arti aggrovigliati con quelli di altri cadaveri (vedi foto 10), altri legati fra di loro e disposti nelle posizioni più impensate.
In alcuni punti i cadaveri sono sino a 5 strati sovrapposti , in altri la sovrapposizione è minore a seconda  che lo permettevano la profondità della fossa a fondo roccioso. Quasi tutti i cadaveri maschi risultano con gli arti superiori e inferiori legati (vedi foto 11 e 12). In vicinanza delle fosse si sono trovati bossoli di mitragliatrice, ma in molti cadaveri, ancora in buon stato di conservazione, è stato possibile individuare la presenza di ferite mortali da arma bianca al petto, alla schiena, alla gola (vedi foto 13). In una donna giovane risultavano asportate con arma da taglio  quasi completamente le mammelle. In due fosse abbiamo trovato delle donne con bambini ma in altre fosse vi erano mescolate uomini, donne e bambini.
Lo stato di conservazione variava a seconda delle zone perché le tumulazioni avvenivano in tempi diversi e mentre alcuni cadaveri potevano risalire ad un mese circa, altri a due e forse tre mesi. Ogni qualvolta noi si estraeva un cadavere usando tridenti (vedi foto 16 e 17) questi veniva posto su barelle improvvisate  e trasportato su cataste di legna (vedi foto 16 e 17) appositamente preparate, dove innaffiato abbondantemente di carburante veniva incenerito.
Ogni pira serviva per incenerire  circa 20 cadaveri (vedi foto 18,19,20). La combustione, sia per lo stato di saponificazione di parecchi cadaveri, sia per impregnazione di terriccio, avveniva con lentezza ma completa, non residuando altro che ceneri dalla completa distruzione della materia organica.
Così avveniva per 791 salme, trovate nella proporzione di

n.716 nel cimitero principale di Malin
n.20 nel cimitero piccolo di Malin Carlopago (Karlopaski Malin)
n. 2 in zona Malin vicino ad una sorgente d’acqua
n. 1 a destra della spiaggia d’approdo di Malin
n. 52 in un cimitero a sinistra della località Slana, indicataci in un secondo tempo.

Queste salme erano rappresentate da:
n.407 uomini
n.293 donne
n. 91 bambini di età variante dai 15 ai 14.

Fra questi ultimi vi era un bambino in fasce della presumibile età di 5 mesi.
…”

Ancora dal rapporto medico:

“…Nel ritorno verso Perusic ricevo a gran stento dai contadini interrogati qualche vaga indicazione spesso contrastante. Convinto però che ci dovrebbe essere nelle vicinanze una voragine, giunto al villaggio di Klanac e visto che con i metodi blandi  non si arrivava alla meta, ho dovuto obbligare un abitante del villaggio ad accompagnarmi sul luogo della voragine cercata. Con questo individuo e con un ragazzo, ho raggiunto la voragine Plana, che si trova al di sopra del villaggio Budjak, comune di Klanac. Non
vi è strada ne mulattiera d’accesso. (vedi foto 4,5,6). Si lascia perciò l’auto con un soldato di sentinella.
Per raggiungere la località suddetta si deve percorrere circa un’ora di cammino. Strada facendo trovo numerose cartucce di fucili militari e da caccia. Nei pressi della voragine pezzi di catena e lucchetti di diversa forma e grandezza, distintivi di impiegati ferroviari, galloni di guardia di finanza jugoslave, spazzolini per denti, specchi tascabili, pettini, e, quello che è più interessante, portafogli e portamonete vuoti e strappati. In un posto trovo pezzi di ossa della volta cranica che, per le loro caratteristiche anatomiche, ritengo appartenere a uomini adulti di età media tra i 30 e i 50 anni, uccisi circa due mesi fa. (vedi oggetti allegati).
La bocca della voragine ha le dimensioni di 8X5 mt. La profondità è enorme. Una pietra gettatavi non si arresta, ma prosegue nella caduta sino a perdersi all’udito. I margini della voragine come pure le pareti interne della stessa sono cosparse di calce viva che vi doveva essere stata gettata alcuni giorni prima. Nonostante ciò, in tutta la zona si diffonde un ripugnante odore di cadaveri in putrefazione. Pare che vi siano state gettate , in questa voragine, circa 500 vittime. Preparo la soluzione di cosina e la verso nella voragine.
Al ritorno i contadini dei villaggi sottostanti mi si mostrano molto ostili e mi ostacolano le ricerche per due motivi:
-I° perché temono la vendetta degli ustasci
-II° perché temono di perdere quello che hanno ricevuto in consegna o rubato dopo il massacro dei Serbi (bestiame-grano-vestiti ecc.)

Oltre a questa voragine descritta, vi devono essere nelle vicinanze altre ancora e precisamente a
1° - Lic’ko Lesc’e , dietro all’osteria di Macola (Makola?)
2°- Kuzmanovac
3°- Jadovno (con numerosissime vittime)
4°-Ribnik
5°-Donji Lapac (estremo limite della nostra zona).
6°-Medak, presso Grac’ac (territorio del VI°C.A.).

Ritornato a Perusic, vengo a sapere che sulla strada che porta verso Donje si trovano numerosi villaggi distrutti e parecchi cadaveri non sepolti. Perciò decido di recarmi sul luogo (vedi foto n.7,8)
Effettivamente lungo la strada che porta verso Bunic si trovano numerosi villaggi o quasi completamente distrutti o incendiati . Qualche casa intatta è ancora abitata e appartiene a Croati. Non trovo alcuna casa serba risparmiata dal vandalismo.  Per strada incontro numerosi armati borghesi e, dopo qualche chilometro comincio a udire dei colpi di fucile tirati da una distanza di circa 3-400 metri.
Visitate alcune case dei villaggi, trovo che le medesime sono assolutamente vuote e deserte le stalle. Si vedono ancora i segni del saccheggio.
Nei pressi  delle case trovo della terra smossa che dà tutto l’aspetto di una fossa contenente cadaveri.
Incontrata una famiglia di Serbi sfuggiti nel bosco, questi mi informano che le fosse le hanno scavate loro per seppellire i cadaveri dei Serbi. (vedi foto 9,10,11,12). Difatti non ho trovato alcun cadavere disseppellito. Anche a Bunjc vi sono delle case e una chiesa serba incendiate…”

Da pag. 222-234  di HARON I SUDBINE  (Caronte ed i destini) di Ante Zemljar

Ante Zemljar è morto il 2 agosto 2004.
Era nato nel 1922 nell'isola di Pago in Croazia. La guerra lo colse nell'aprile del '41 sulla sua isola, che , dopo l'invasione italiana della Dalmazia e gli accordi con Pavelic passò allo Stato fantoccio degli ustascia, venne scelta come loro primo campo di sterminio.
Egli, come tutti i paesani, vide arrivare dapprima 150 soldati italiani,  eppoi la milizia ustascia.
Nessuno vedeva arrivare le vittime, che, trasportate da barconi, venivano sbarcate in un luogo appartato e deserto, cinto da filo spinato.  I pescatori se ne accorsero per primi, vedendo masse di persone concentrate in un luogo fra i più inospitali dell'isola. La voce si diffuse creando inquietudine fra la popolazione.
Racconta lo Zemljar, che il parroco chiese spiegazioni ad un ufficiale ustascia, col quale aveva un rapporto di confidenza, e questi rispose “uno stabilimento di "pulitura", ed una scuola di ricamo"! La "pulitura" era il lagher maschile di Slano, mentre la "scuola di ricamo" il lagher femminile di Metajna!
Dopo qualche settimana le cose furono chiare. Le sparatorie che si udivano provenienti dalla “pulitura” le razioni di pane prelevato in paese cominciarono a calare. I pescatori avevano visto il mare tingersi di sangue e gente buttata dalle barche con la pietra al collo. Quando non ci fu alcun dubbio che si trattava di un campo di sterminio il giovane Zemljar, assieme ad alcuni amici dello SKOJ, appesero nottetempo al cimitero uno  striscione "alle vittime di Slana" ed una corona .
Gli ustascia si allarmarono, come anche la guarnigione italiana.
Ormai il segreto era svelato. Quel gesto spinse il parroco a chiedere spiegazioni, al che i militari italiani intervennero.: gli ustascia furono costretti a spostare il lagher altrove, a Jasenovac, non senza aver massacrata la gran parte dei detenuti dell’isola, dove riempirono la caverna della località di "Furnaza" di cadaveri (forse fu la prima "foiba") , sia in fosse comuni approssimate.
Gli ustascia  proseguirono il massacro lungo il viaggio riempiendo strada facendo le voragoni del Velebit, osservati dai nostri Servizi Segreti che informarono i comandi italiani.
Da quelle informazioni venne emanato l'ordine di "disinfezione delle voragini" di cui parla il documento. Era corredato di molte foto che sono andate perse, ma che allora vennero mostrate al principe di Spoleto e presumibilmente anche a Mussolini. Il documento e le foto circolarono fra gli ufficiali italiani.
Zemljar ed i suoi amici raggiunsero i primi partigiani coi quali combatterono sino alla vittoria finale.

(Nel dopoguerra si laureò all'Università di Zagabria in Lettere comparate. Esordì come narratore, poeta, saggista e subì l’influenza del surrealismo, inviso alla zdanovismo imperante nel nuovo Stato di Tito. La sua poesia non seguiva le regole del socialismo realista e i dirigenti rifiutarono di pubblicarlo.

Nel 1949 lo Zemljar venne arrestato e mandato a Goli Otok, dove rimase quattro anni e mezzo. Liberato dall’ingiusta prigionia visse per 35 anni come un esule in patria, sotto lo sguardo vigile della polizia. Anche questo fu il “titoismo”, che qualcuno oggi tende ad esaltare per contrapporlo al seguito tragico, senza capire che il disfacimento della Jugoslavia è stato il risultato finale di tanti errori precedenti.
A Goli Otok scrisse di nascosto una raccolta di poesie, pubblicate solo dopo la morte di Tito e tradotte in italiano col titolo  “L'inferno della speranza” (Multimedia Edizioni).
Ma in Italia il suo libro sul primo campo di sterminio dello Stato quisling sorto in seguito dell’invasione dell’aprile 1941, che il governo Pavelic decise di installare proprio nella sua nativa Pag, HARON I SUDBINE,  che tradotto è  “Caronte ed i destini”, è tuttora sconosciuto.
Caronte, nella mitologia greca, era il demonio che trasportava i vivi sulla sponda dei morti attraverso lo Stige . Come le barche dei Caronti ustascia, dice Ante Zemljar, che trasportavano gli “anticristi” (come disse un giovane ustascia di formazione cattolica catturato dai partigiani) , cioè Ebrei, Serbi ortodossi ed atei ( i comunisti)…


A cura di Fabio Mosca
4 febbraio 2008

Aggiunta e commento.
Paradossalmente queste pagine che dovrebbero essere rese pubbliche perché ad onore del nostro esercito sono invece restate segrete. Nessun organo d’informazione le ha finora diffuse.
C’è quindi da chiedersi il perché.
Il perché risulta ovvio: le foibe debbono essere attribuite ai “titini” perché sono parte della strategia dell’Italia in difesa :
1- dei confini del ‘18
2- dei generali e ufficiali che dopo il ’45 vennero richiesti dalla Yugoslavia per essere processati come criminali di guerra.

L’ambasciatore Quaroni scriveva che occorreva “calcare la mano “ sui crimini di guerra dell’esercito di Tito. (doc. n. 19  di Focardi e Klinckhammer).
Per calcare la mano si sfruttò la campagna di diffamazione fascista su alcuni episodi di reali esecuzioni sommarie di fascisti italiani in Istria, campagna che soprattutto in Istria si era sviluppata fra il ’43 ed il ’45.
A Trieste , a fronte di poche decine di reali infoibamenti avvenuti durante i quarantacinque giorni dell’occupazione jugoslava – i cui responsabili, delinquenti comuni, vennero arrestati dagli jugoslavi stessi (vedi Ennio Casorati-L’OCCUPAZIONE JUGOSLAVA DI TRIESTE)- si montò il falso della “Foiba di Basovizza”.
Dice Galliano Fogar, richiesto dal sottoscritto : “Fu una montatura, ed anch’io vi contribuii, perché si trattava di salvare Trieste dalla probabile annessione alla Yugoslavia”. 
Ora sappiamo , dagli archivi inglesi desecretati, che in quella cosiddetta foiba vennero ritrovati nel’ottobre 1945, dopo una campagna di scavi durata diversi mesi, solamente una decina di corpi sfracellati in divisa tedesca ed una donna.
Reinumati in una fossa comune anonima e segreta in violazione di qualsiasi usanza civile e qualsiasi legge. Eppure lo pubblicò il Piccolo di Trieste il 10 gennaio 1995.
Tutto inutile: la “ragion di Stato “ ha prevalso nuovamente, e quella foiba, che venne usata come discarica negli anni ’50, è stata dichiarata Monumento di Interesse Nazionale.

Fabio Mosca