Sotto accusa il «prete dell'embargo»
«Il Sole 24 Ore» scopre un deposito di 140mila dollari su un conto svizzero di padre Jean Marie Benjamin.
di Claudio Gatti
Il Sole 24ore - 18 settembre 2005
Jean Marie Benjamin, nato in Francia e
trasferitosi in
Italia nel 1975, è stato musicista, funzionario dell'Unicef e
organizzatore di
eventi. Poi ha conosciuto la fede e a 46 anni, nel 1991, è stato
ordinato
sacerdote.
Da allora, pur non smettendo mai di scrivere canzoni o comporre colonne
sonore,
Padre Benjamin ha dapprima assistito il cardinale Agostino Casaroli
alla
Segreteria di Stato del Vaticano poi, dopo essere diventato segretario
generale
della Fondazione Beato Angelico, ha cominciato a dedicarsi praticamente
a tempo
pieno a una singola missione: denunciare l'aggressione americana al
popolo
iracheno.
Adesso però è su di lui che viene puntato il dito. Da
documenti iracheni al
vaglio della Commissione di inchiesta sul programma « Oil for
Food » risulta
che avrebbe ricevuto un buono di p e t r o l i o dall'Irak. Il
sacerdote
respinge con sdegno ogni accusa, ma « Il Sole 24 Ore » ha
scoperto un deposito
di 140mila dollari effettuato su un suo conto in Svizzera da un
avvocato che
aveva appena venduto il petrolio di quel buono.
Da artista multimediale quale è, Padre Benjamin sull'Irak ha
prodotto canzoni,
libri e documentari e ha creato un sito web— www. benjaminforiraq. org.
Essendo
un uomo d'azione oltre che di spettacolo, ha anche partecipato a
conferenze,
organizzato viaggi aerei di sfida all'embargo, pronunciato discorsi al
Parlamento inglese e alla Commissione dei diritti umani dell'Onu. Un
po' in
tutta l'Europa è diventato noto come « il prete contro
l'embargo » . Con tanto
di invito a « Porta a Porta » .
Fu lui che alla vigilia dell'invasione, nel febbraio del 2003, ebbe
l'idea di
far venire a Roma Tarek Aziz per incontrare il Papa in un tentativo in
extremis
di fermare la macchina da guerra americana. E una volta ottenuto il
beneplacito
dal Vaticano fu lui a organizzare quel viaggio.
Anche adesso, la questione irachena è rimasta la sua passione. E
gli americani
sono più che mai il suo bersaglio preferito. Non a caso è
uno dei firmatari del
manifesto dei Comitati per la Resistenza Irachena in cui, nel nome di
una «
battaglia di verità » , si respinge « l'accusa
imperialista secondo cui la
legittima resistenza irachena sarebbe terrorismo criminale » .
La verità è però una brutta bestia. Che spesso
finisce con l'azzannare chi la
invoca con troppa veemenza. Nel gennaio del 2004, quando il suo nome
apparve
per la prima volta nell'elenco delle personalità internazionali
che avevano
beneficiato di speciali assegnazioni di petrolio iracheno a prezzi di
favore,
Padre Benjamin reagì con ironico sdegno: « Ma va!
Fantastico! » aveva detto a «
Il Sole 24 Ore » : « Non sanno proprio più come
attaccare chi ha detto la
verità » .
Respingendo fermamente ogni accusa di esser stato propagandista
prezzolato del
regime, aveva spiegato di aver sempre ed esclusivamente finanziato con
fondi
propri le sue attività artistico mediatiche a favore del popolo
iracheno.
L'unico aiuto esterno era venuto da una zia svizzera, una ricca
contessa
purtroppo deceduta. Aveva inoltre tenuto a chiarire di aver sempre
rifiutato
qualsiasi offerta di aiuto economico proveniente dal Governo iracheno e
di aver
persino scritto una lettera a Tarek Aziz spiegandogli di non poter
accettare
alcuna assegnazione di petrolio.
« Il Sole 24 Ore » è ora in grado di confermare che
la lettera in questione è
stata effettivamente scritta. C'è però un problema:
è datata 25 gennaio 2002,
cioè quasi un mese dopo il deposito su un conto di Padre
Benjamin di 140mila
dollari spediti da un avvocato svizzero di nome Alain Bionda. Non
risulta che
quei soldi siano mai stati restituiti al mittente. Al contrario,
è lo stesso
Padre Benjaamin a riconoscere che sono andati a finanziare un
documentario e
una mostra sull'Irak.
Bionda non è un avvocato qualsiasi. Da anni rappresenta in
Svizzera la famiglia
al Tikriti, in particolare di Barzani e Mohammed al Tikriti,
fratellastro e
nipote di Saddam Hussein che secondo l'intelligence americana avrebbero
gestito
il tesoro segreto dell'ex raìs di Baghdad. Negli anni di Saddam
è stato inoltre
presidente dell'associazione " Amicizia Svizzera e Irak."
Bionda è anche un avvocato con ambizioni imprenditoriali. E
durante il periodo
delle sanzioni Onu, attraverso la società Zyria Management
Service cercò in
vari modi di fare business con l'Irak. Un ottimo affare lo
combinò nel 2001,
quando vendette un'assegnazione di greggio iracheno a una
società di trading
petrolifero svizzera. Incasso totale: 811.866 dollari. Ma
quell'assegnazione
non era sua. Sui documenti iracheni l'assegnatario del contratto in
questione,
con sigla M/ 10/ 80, risulta essere Padre Benjamin. È da lui che
la società di
Alain Bionda risulta aver poi avuto il contratto.
Raggiunto telefonicamente da « Il Sole 24 Ore » , Padre
Benjamin smentisce con
fermezza. « Io dall'Irak non ho accettato alcuna assegnazione di
petrolio. Non
c'è la mia firma su nessuna assegnazione » , dice, forse
ignorando il fatto che
il sistema contabile adottato dagli iracheni non richiedeva che i
beneficiari
firmassero nulla. La comunicazione dell'assegnazione era puramente
verbale o
telefonica. Proprio perché non si lasciassero tracce. Soltanto
quando
l'assegnatario comunicava il nome della società a cui aveva "
trasferito" i propri barili, gli iracheni preparavano un contratto
scritto
da firmare. Che è esattamente ciò che è avvenuto
con Bionda.
A « Il Sole 24 Ore » risulta che per quei due milioni di
barili di greggio
iracheno Bionda sia stato pagato $ 811.866 in tre rate. La somma
più grossa,
611.886 dollari, la ricevette il 27 dicembre 2001. E proprio in
quell'esatto
giorno ordinò il trasferimento di 140mila dollari su un conto
appartenente a
Padre Benjamin. Su due milioni di barili, 140mila dollari corrispondono
a 7
centesimi a barile, che era una tipica commissione di chi vendeva le
assegnazioni in quel momento.
Quel trasferimento di soldi a Padre Benjamin era parte di un accordo
prestabilito, o una semplice coincidenza? Lo abbiamo chiesto allo
stesso Alain
Bionda, raggiunto telefonicamente a Ginevra.
Ma l'avvocato si è rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda
limitandosi a
dire: « Non ho nessun commento su questo » .
Padre Benjamin non esita invece a offrire i suoi commenti.
« Quei soldi erano una donazione alla Fondazione di Bionda e di
altri. Non
c'entrano nulla con l' « Oil for Food » . Io adesso voglio
vedere come si può
provare che siano collegati » , dice, ritenendo evidentemente la
simultaneità
dei due trasferimenti bancari — dalla società che comprò
il petrolio a Bionda e
da questi al suo conto — del tutto fortuita. Il sacerdote tiene inoltre
a sottolineare
che i soldi di Bionda furono interamente destinati alla produzione di
un
documentario e di una mostra sull'Irak. Insomma, non ne avrebbe in
alcun modo
beneficiato personalmente.
In realtà però i soldi non furono inviati da Bionda alla
Fondazione Beato
Angelico, bensì su un conto svizzero che lo stesso Benjamin
ammette essere
intestato a suo nome. È da lì che sono stati poi inviati
su un altro conto a
Roma effettivamente appartenente alla Fondazione. Eccetto una parte,
alcune
decine di migliaia di dollari che il sacerdote ha detto di aver
ritirato in
contanti.
« A parte la donazione di Bionda e altri 5.000 franchi svizzeri
che mi sono
stati dati 3 anni fa, non ho mai ricevuto alcun sostegno. Né per
la produzione
nè per i viaggi.
Nessuno mi ha mai aiutato a pagare una cosa o l'altra » ,
aggiunge.
A smentirlo è però un suo amico e compagno di viaggi in
Irak, l'imprenditore
umbro Gianpiero Panzolini che con la sua azienda di sementi, Semitalia
SNC,
fece un paio di buoni affari in l'Irak.
« L'ho aiutato con il suo documentario sull'uranio impoverito in
Irak — ricorda
in un'intervista telefonica con « Il Sole 24 Ore » — .
Aveva spese di viaggi,
macchine e altre cose e io l'ho aiutato.
Venti, forse 25 milioni delle vecchie lire » .
Panzolini dice di aver visitato così tante volte l'Irak assieme
a Padre
Benjamin da essere preso per un suo collaboratore. « Gli iracheni
pensavano che
fossi il suo segretario » , dice.
E della vicenda dell'assegnazione di petrolio che cosa ricorda? «
Padre
Benjamin non ne voleva sapere, allora gli ho detto che potevo
occuparmene io »
. Panzolini ricorda di aver spedito « 100 200 fax » per
cercare di piazzare
quel petrolio. Ma inutilmente. « Ognuno deve fare il mestiere
suo, e io mi
occupavo di agricoltura » .
Come andò a finire? « Un giorno incontrai Bionda al Rashid
Hotel di Baghdad e
gli chiesi se interessava a lui » . Dopodiché Panzolini
chiamò la società
petrolifera irachena e chiese di assegnare il contratto a Bionda.
« Se poi lui
ha fatto una regalia a Padre Benjamin — ci tiene a precisare — è
stata
sicuramente una donazione che non aveva nulla a che vedere con il
petrolio .