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Armi proibite, come a Falluja.

Fosforo bianco Munizioni termobariche sulle città libanesi. Decine di civili carbonizzati, tanti i ambini.

Denuncia di un medico in un incontro-stampa organizzato dal vescovo di Tripoli.

Istruzioni scritte della censura militare ai media sul campo: non rivelate nulla sulle «munizioni uniche».

Manlio Dinucci

26 luglio 2006

Sembra una piccola mummia egizia. Non risale però a migliaia di anni fa, ma a pochi giorni fa. E’ una bambina libanese: il corpo intatto, ma interamente nero, come mummificato. E’ una delle foto che documentano che le forze israeliane stanno usando in Libano bombe al fosforo bianco e  probabilmente altre armi chimiche anche di nuovo tipo. Immagini che ricordano quelle di Falluja, quelle della «strage nascosta» documentata da RaiNews24 nel novembre 2005. Siamo di fronte a un’altra strage nascosta, questa volta in Libano.

Lo testimonia il prof. Bachir Cham, un medico di origine libanese che  dirige un ospedale in Libano affiancato da altri medici belgi. In una conferenza stampa organizzata a Bruxelles dalla segreteria dell’arcivescovo di Tripoli Mons. Jean Abboud, il prof. Cham ha dichiarato (via telefono mobile)  che sono stati portati al suo ospedale e fotografati otto  corpi «dall’aspetto di mummie», tra cui quelli di due bambini. Sui corpi «non vi sono segni  di ferite provocate da esplosione: ho l’impressione che un prodotto  tossico sia penetrato nei corpi attraverso la pelle, provocando la morte».

Che le forze israeliane abbiano proiettili di artiglieria al fosforo  bianco lo ha documentato il giornale israeliano Haaretz il 10 novembre 2005  (subito dopo il documentario di RaiNews24 su Falluja), in un articolo intitolato «Le forze di difesa israeliane usano proiettili al fosforo nelle  esercitazioni, contro la legge internazionale». Il fatto è venuto alla luce perché,  il 17 agosto 2005, un giovane beduino era stato ucciso e altri tre  gravemente feriti dalla detonazione di un proiettile al fosforo inesploso,  trovato sulle colline di Hebron. Non potendo negare l’episodio, il portavoce delle forze armate israeliane lo definì «uno sfortunato incidente», aggiungendo che «i proiettili al fosforo vengono usati unicamente nelle esercitazioni per illuminare gli obiettivi». La stessa spiegazione che proprio in quei giorni forniva il Pentagono,assicurando che «a Falluja le forze Usa hanno impiegato proiettili al fosforo solo a scopi di illuminazione». Subito dopo, però, l’Usinfo  (il programma governativo di informazione internazionale) doveva prendere  atto del rapporto pubblicato dalla rivista dell’esercito Usa Field Artillery(riportato dal manifestoil 12-11-2005) e ammettere,  smentendosi, che le forze Usa avevano impiegato proiettili al fosforo in operazioni «scuoti e cuoci» condotte contro gli insorti di Falluja. Il fosforo  bianco è un’arma proibita dal Protocollo sulle armi incendiarie (1980): esso  vieta l’uso di tali armi contro obiettivi militari situati in zone in cui  sono concentrati civili. Solo che Israele, come gli Stati uniti, non lo hanno sottoscritto negandone la validità. Vi sono ormai le prove, anche fotografiche, che le forze israeliane usano proiettili al fosforo in Libano e a Gaza. Vi sono inoltre seri indizi sull’uso di altre armi chimiche, anche di nuovo tipo. Lo confermano le istruzioni inviate il 23 luglio agli organi di stampa dal colonnello  Sima
Vaknin-Gil, capo censore militare israeliano. Nel documento (di cui  abbiamo avuto indirettamente copia) si proibisce ai giornalisti che seguono le operazioni terrestri in Libano di fornire informazioni sull’«uso di tipi unici di munizioni e armamenti». Nonostante la proibizione, è stata diffusa la foto di uno speciale proiettile usato in Libano. Secondo gli esperti, può contenere o  fosforo bianco o altre sostanze chimiche usate per le munizioni termobariche: esplodendo all’interno di edifici e rifugi, esse creano il «vuoto»,  ossia risucchiano l’aria dall’ambiente e dai polmoni di chi si trova al loro interno. Altri tipi di proiettili aria- combustibile, giunti in  prossimità del suolo, spargono una nube di aerosol chimico che, fatta detonare da una spoletta, crea un’onda d’urto e una tempesta di fuoco tali da uccidere chiunque nel raggio di centinaia di metri. E, poiché il capo censore militare proibisce di dare informazioni sui «tipi unici di munizioni  e armamenti», è praticamente certo che in Libano vengono usate anche  armi segrete di nuovo tipo. Vengono così testate nelle condizioni reali di una guerra per essere perfezionate.

L’Italia non è estranea a tutto questo. La maggior parte di queste  armi è fornita a Israele dagli Stati uniti e molte passano da Camp Darby e  altre basi Usa nel nostro paese. Per di più la Legge 17 maggio 2005 n. 94,che istituzionalizza la cooperazione tra i ministeri della difesa e le  forze armate di Italia e Israele, prevede la «cooperazione nella ricerca,  nello sviluppo e nella produzione» di tecnologie militari tramite «lo scambio di dati tecnici, informazioni e hardware» e incoraggia «le rispettive  industrie nella ricerca di progetti e materiali» di interesse comune. Tutto  sotto la cappa del segreto militare. Non è quindi escluso che qualche arma di «tipo unico», sperimentata dalle forze israeliane nel «poligono» libanese, incorpori già tecnologia italiana.