L’ambito petrolio iraniano
Il problema nucleare
Si può evitare una guerra contro
l’Iran?
Il regime iraniano
Cinquant’ anni di storia movimentata
L’Iran in cifre
Il sottosuolo iraniano custodisce almeno 125
miliardi di
barili di petrolio, il 10% delle riserve mondiali conosciute. Inoltre,
dopo la
Russia, l’Iran detiene anche la seconda riserva mondiale di gas
naturale.
Il segretario di stato americano all’energia,
Spencer
Abraham, ha dichiarato a questo proposito: “La sicurezza energetica
è un
componente essenziale della sicurezza nazionale degli Stati Uniti. E’
per
questo che il potere militare è una necessità sempre
più importante se si vuole
proteggere l’afflusso di petrolio dall’estero.”
Ma, oggi, più di un terzo delle
esportazioni in petrolio
iraniano vanno verso l’Europa e non una goccia verso gli Stati Uniti.
Tuttavia,
le principali multinazionali americane vorrebbero collaborare con
l’Iran per
sfruttare queste grandi riserve di petrolio. Non è possibile,
perché il
presidente Clinton, già nel 1995, l’aveva vietato, molto prima
del “problema
nucleare” dell’Iran. Questa
interdizione è stata prolungata nel 2004 dal presidente Bush.
Gli Stati Uniti
hanno minacciato anche di sanzioni le imprese straniere che facessero
affari
con l’Iran, ma poche multinazionali non americane sono spaventate da
questo
ricatto.
I bisogni crescenti di petrolio e gas della
Cina, dell’India
e del Giappone conferiscono all’Iran una posizione importante
nell’economia e
nella politica mondiale. La Cina ha un bisogno crescente di petrolio
per la sua
economia a crescita veloce. Da qui il suo grande interesse per l’Iran.
Nel
2003, l’Iran assicurava già il 13% delle importazioni cinesi in
petrolio. E le
importazioni di petrolio e di gas non smetteranno di aumentare nei
prossimi
anni. Nell’ottobre 2004, l’Iran e la
Cina firmavano un primo “contratto del secolo” per la consegna di 250
milioni
di tonnellate di gas e 150.000 barili di petrolio al giorno durante 25
anni.
Valore totale: 100 miliardi di dollari. Un contratto di simile
entità è
attualmente negoziato. Inoltre, la Cina costruisce una raffineria di
gas in
Iran che dovrà essere operativa tra due anni. Ciò fa
dell’Iran il principale
alleato strategico dalla Cina in Medio Oriente.
L’Iran intende mettere in piedi a Tehran un
Borsa dell’energia
dove il petrolio ed il gas non saranno più contrattati in
dollari, ma in euro.
E’ logico che l’Iran preferisca trattare il suo import-export in euro
piuttosto
che in dollari: il 45% del commercio iraniano è coi paesi della
zona euro.
A prima vista, ciò sembra un’iniziativa
innocente, ma
può scalzare l’egemonia
del dollaro nel mondo e quindi la
stabilità dell’economia
americana. Finché il dollaro sarà l’unica moneta
utilizzata per trattare il
petrolio, questo rinforzerà l’egemonia economica degli Stati
Uniti. Infatti
tutti i paesi del pianeta devono avere importanti riserve in dollari
per poter
acquistare petrolio, ciò che fa innalzare il valore del dollaro.
Se la Borsa iraniana del petrolio in euro
avrà successo,
si potrà trattare il petrolio senza dollari americani. L’Europa,
la Russia, il
Giappone, la Cina ed il resto del mondo non avranno più bisogno
del biglietto
verde. Cosicché il valore e l’influenza di questo ultimo
potrebbero diminuire
molto velocemente.
Oggi, l’occidente protesta contro la decisione
dell’Iran
di riattivare un reattore nucleare per produrre elettricità. In
effetti il
paese potrebbe utilizzare anche questa tecnologia per mettere a punto
delle
bombe nucleari.
L’idea che l’Iran possa disporre di una bomba
atomica è
spaventosa. Ma, come ogni altro paese, l’Iran ha il diritto di
utilizzare l’energia
nucleare a fini pacifichi. L’Iran non ha commesso finora, ancora
nessuna
infrazione contro il trattato internazionale di non proliferazione
delle armi
nucleari. Ma qualunque siano le intenzioni del paese, gli specialisti
sono d’accordo
nel dire che questo paese avrebbe ancora bisogno da cinque a dieci anni
per
potere fabbricare questo tipo di bomba.
Al contrario, ci sono dei paesi che non lasciano
il minimo
dubbio. Israele possiede duecento missili nucleari e si rifiuta di
firmare il
trattato di non proliferazione come l’India ed il Pakistan. Bush non
vede qui
nessuno problema. Gli Stati Uniti e le
altre potenze nucleari non rispettano neanche i loro obblighi nei
confronti di
questo trattato che impone lo smantellamento progressivo dei loro
arsenali
nucleari. Al contrario, continuano a modernizzarlo.
In questi ultimi anni, gli Stati Uniti hanno
affermato
anche a più riprese che erano pronti ad impegnare le loro armi
nucleari, anche
contro i paesi che ne erano privi: l’Iran e l’Iraq sono stati
espressamente
citati. Il mese scorso, anche il presidente francese Chirac ha
minacciato
persino l’uso delle armi nucleari pur di non rinunciare alle materie
prime
strategiche.
Chi minaccia chi?
Quattordici organizzazioni per la pace hanno
scritto
recentemente un testo comune che dice: “In questi ultimi anni, le
truppe
americane hanno preso solidamente piede sul territorio dei quattro
vicini
diretti dell’Iran: in Afghanistan, in Iraq, in Pakistan ed in Turchia,
gli
Stati Uniti hanno installato decine di basi militari. In Turchia, nella
base
aerea della NATO di Inçirlik, hanno anche delle armi nucleari
pronte a servire.
Inoltre, la marina di guerra americana si è assicurata il
controllo del golfo
Persico, al sud dell’Iran, con forze marittime impressionanti tra cui
portaerei
e sottomarini nucleari. Chi minaccia chi? Il fatto che Israele ed il
suo
programma nucleare segreto rimangono fuori portata della diplomazia
occidentale
non contribuiscono certo a trovare mediazioni.”
Che cosa potrebbe togliere all’Iran l’idea che
ha bisogno
di una sua propria bomba atomica? Non c’è che una soluzione: un
Medio Oriente
senza armi nucleari e senza dominio americano. Ciò significa che
Israele e le
altre potenze nucleari della regione devono smantellare il loro
arsenale.
Sarebbe sicuramente un passo importante in direzione di un mondo
denuclearizzato. Israele, ma anche il Pakistan e l’India, devono
firmare il
trattato di non proliferazione. E tutti i paesi che l’hanno firmato
devono
rispettarlo.
Allo stesso tempo, ogni paese ha il diritto ad
un sviluppo
tecnologico proprio, e ciò vale per l’utilizzazione pacifica
dell’energia
nucleare.
La destra radicale americana cerca lo scontro
immediato
nella questione
iraniana. Bush sembra optare sempre più
per il lavoro di
trincea
I falchi di Washington hanno intenzione di
bombardare le
installazioni nucleari iraniane. Certi parlano pure di un’occupazione
della
parte sud dell’Iran, limitrofo dell’Iraq. Come per caso, è in
questa regione
che si trova il 90% delle riserve petrolifere dell’Iran.
Ma un tale piano è un’illusione. L’Iran
ha una buona
capacità militare, più forte dell’Iraq. Inoltre,
sull’isola di Abou Moussa, il
paese dispone di missili molto sofisticati che gli permettono di
bloccare il
golfo Persico dove passa almeno il 40% del petrolio mondiale.
Ciò seminerebbe
inevitabilmente il panico sui mercati petroliferi, un allucinante
rialzo dei
prezzi ed una crisi economia mondiale mai conosciuta. E, in questo
caso, che
cosa farà il resto del mondo, come per esempio la Cina e la
Russia?
Nel 2004, la CIA e l’esercito americano hanno
esaminato le
conseguenze di un attacco preventivo contro l’industria nucleare
iraniana. Il
settimanale Newsweek ne aveva riassunto le conclusioni: “Nessuna
ipotesi è
riuscita ad evitare un ampliamento del conflitto.”
Altri propendono per un approccio più
prudente di
negoziati e di infiltrazioni. Il
governo Bush, oramai, sembra tendere per questa opzione. La settimana
scorsa,
la segretaria di stato Condoleezza Rice ha fatto sapere che Washington
avrebbe
speso 85 milioni di dollari per l’infiltrazione ed il lavoro di trincea
in seno
al regime iraniano. L’anno scorso, il bilancio aveva previsto solamente
3,5
milioni di dollari.
Gli Stati Uniti si trovano in una situazione
difficile.
Rischiano sempre più di perdere la loro influenza sulla regione.
Certi
dirigenti americani puri e duri vogliono correre il rischio di una
crisi
aperta... Vedono in un attacco frontale contro l’Iran la sola
possibilità di
assicurare l’egemonia mondiale totale degli Stati Uniti. Ciò
rende ancora l’avvenire
più imprevedibile e pericoloso. Lo sviluppo del movimento della
pace è più che
mai necessario per mettere fine alla guerra contro l’Iraq e allontanare
il
pericolo di una guerra futura contro l’Iran.
Quali sono le forze politiche che detengono il
potere in
Iran? Quale è la politica economica e sociale del paese sotto il
regime
islamico?
Dopo la rivoluzione del 1979, si è
instaurato uno Stato
islamico con la direzione di Khomeyni. L’ideologia dello stato riposa
su un’interpretazione
specifica dell’islam sciita. Un gruppo di sette ayatollah controlla se
tutto accade
conformemente alla loro interpretazione dell’islam. Hanno un diritto di
veto
sulle decisioni governative.
Non si tratta di sostenere un tale regime. Una
società su
base strettamente religiosa non offre nessuna soluzione alle
ispirazioni
democratiche e progressiste della popolazione. Dietro il paravento
della
religione, le ricchezze economiche confluiscono nella classe politica
dirigente
dell’Iran.
L’enorme arricchimento di un gruppo ristretto si
è
manifestato questi ultimi anni in un incremento della povertà di
una grande
parte della popolazione. All’epoca
delle elezioni presidenziali dell’anno scorso, l’attuale presidente
Ahmedinejad
ha potuto giocare su questo con un programma populista contro la
corruzione e
infarcito di promesse sociali, ha potuto riunire la popolazione attorno
a lui.
Egli vuole un regime autoritario dove la religione giochi ancora un
ruolo più
importante.
Allo stesso tempo, Ahmedinejad difende una
politica
neo-liberista con privatizzazioni ed una influenza crescente di gruppi
capitalisti stranieri. Combina il tutto
con una politica sociale che riposa sulla carità ma che non
potrà risolvere in
nessun caso i problemi crescenti della disoccupazione e della
povertà.
Molte cose si muovono in Iran. Per sostenere le
aspirazioni democratiche e sociali degli iraniani, il migliore aiuto
è di
impedire i preparativi di guerra e di aggressione contro l’Iran e fare
cessare
l’ingerenza straniera perché un capovolgimento del governo ad
opera degli Stati
Uniti non migliorerà la situazione. L’esperienza dell’Iraq l’ha
provato in modo
inequivocabile. Tocca agli stessi iraniani scegliere la loro via di
sviluppo ed
il loro governo.
Da oltre un secolo la Russia, la Gran Bretagna e
gli Stati
Uniti mirano all’Iran, alle sue ricchezze, alla sua posizione
strategica.
Tuttavia il paese non è mai stato colonizzato.
1951 Il Parlamento iraniano approva la
nazionalizzazione
dell’industria petrolifera iraniana. Alcuni mesi più tardi, il
Primo ministro
progressista Mossadeq nazionalizza infatti l’Anglo-Iraniana Oil Company
(AIOC),
fino ad allora nelle mani dei britannici. Questi ultimi rispondono
bloccando il
Golfo Persico, non lasciando passare più una goccia di petrolio
iraniano. Ciò
porta ad una radicalizzazione della politica di Mossadeq ed a
mobilitazioni
massicce della popolazione.
1953 Un colpo di stato lungamente preparato
dalla CIA
rovescia il governo di Mossadeq. Il potere passa alle mani dello
scià Pahlavi
che instaura un regime repressivo. Come Israele, con cui lo Scià
intrattiene
buoni rapporti, l’Iran resterà per 25 anni alleato fedele degli
Stati Uniti.
Negli anni 70, una centrale nucleare iraniana è costruita con
l’aiuto
americano.
1979 Una rivoluzione popolare caccia lo
scià dal potere. È
diretta contro l’ingerenza straniera, contro la repressione dello
scià e contro
una piccola élite che, in compagnia di gruppi finanziari
stranieri, si
arricchisce fuori misura alle spalle della popolazione. Questa
rivoluzione
presenta una forte identità islamica. Dopo dodici anni di
esilio, l’ayatollah
Khomeyni ritorna in Iran e conduce il paese verso un regime fortemente
islamico
che reprime i movimenti progressisti. L’attuale presidente Ahmedinejad
è all’epoca
uno dei giovani dirigenti della guardia rivoluzionaria.
1980 Lo scoppio del guerra Iran-Iraq mette
termine alla
lotta interna tra le diverse forze in seno al regime. La guerra
stabilizza il
potere di Khomeyni. In una cornice islamica, il regime si libera
dell’ingerenza
dell’occidente e soprattutto degli Stati Uniti. Nello stesso tempo,
nuove
relazioni economiche si annodano con la Germania e altri paesi europei.
1988 dopo più di un milione di morti, la
guerra tra gli
Iraq e l’Iran si conclude. Khomeyni decede poco dopo.
Gli anni 90 Dopo la caduta dell’Unione
Sovietica, l’ideologia
néo-liberista estende la sua influenza anche in Iran. Si assiste
ad un inizio
di apertura in direzione degli Stati Uniti e dell’Europa, anche se
ciò non
comporta un indebolimento del carattere islamico dello stato iraniano.
2001 - 2005 Il presidente americano Bush
qualifica l’Iran
come stato canaglia e l’accusa di appartenere all’asse del male.
Ciò porta ad
un accrescimento della corrente nazionalista in Iran. Il paese cerca un
avvicinamento con la Cina e la Russia in seno al cosiddetto “gruppo di
Shanghai.” Nel 2005, Ahmedinejad prende le redini del paese.
·
Superficie: 1,65 milione di km2, 54 volte
il Belgio, 3
volte la Francia,
·
Per la sua situazione - tra l’Asia ed il
Medio Oriente,
tra le vecchie repubbliche sovietiche ed i mari caldi.
·
l’Iran presenta un interesse strategico
enorme. I suoi
vicini sono l’Afghanistan, l’Armenia, l’Azerbaigian, l’Iraq, il
Pakistan, la
Turchia ed il Turkmenistan.
·
Coste: golfo Persico, 2.440 km, e mar
Caspio, 740 km.
·
Materie prime: il 10% delle riserve
mondiali di
petrolio ed il 15% del gas naturale. Inoltre, importanti riserve di
carbone e
diversi metalli.
·
Popolazione: quasi 70 milioni di abitanti.
Grande
ricchezza etnica: la metà della popolazione è persiana,
ma il paese conta anche
circa 20 milioni di Azeri (contro i 3 milioni dell’Azerbaigian). Si
incontrano
anche curdi, Turkmeni, arabi. Importante anche la minoranza nella
regione del
Baloutchistan.
·
Lingue: il 58% parlano il persiano, il 26%
il turco, il
9% il curdo.
·
Religione: il 89% dei musulmani sciiti ed
il 9% dei
musulmani sunniti.
Esistono anche delle piccole comunità
religiose: cristiano
aramaiche, ebraiche e bahaï.
Pol Di Vos, Mohammed Hassan e Marc Botenga
01-03-2006