Le prove di Washington contro Teheran
La grande stampa internazionale,
tutta unita come per le grandi occasioni, strombazza: “il generale
William Caldwelly, un pezzo da novanta del comando statunitense a
Baghdad, ha mostrato le prove, ovviamente inconfutabili, di ordigni e
frammenti di ordigni fabbricati in Iran che avrebbero ucciso almeno 170
soldati statunitensi e ne avrebbero feriti più di 620”.
di Gennaro Carotenuto
Come per la sceneggiata dell’ex-segretario di stato Colin Powell alle
Nazioni Unite, quando esibì le false provette contenenti le
false armi batteriologiche di Saddam Hussein, potrebbe essere la
“smoking gun”, la pistola fumante per l’attacco contro Teheran. La
grande stampa ha ripreso senza dubitare “le prove inconfutabili”
statunitensi. Del resto si sa che chi osa pensar male fa peccato e,
anche se quasi sempre ci azzecca, va isolato: è antiamericano.
E' lo stesso Pentagono a fornire indiscrezioni e dettagli al New York
Times: secondo i servizi statunitensi, l’Iran fabbrica e fornisce la
più pericolosa arma adoperata dalle milizie sciite in Iraq: un
ordigno esplosivo fatto a forma di cilindro e dotato di una parete
metallica che la detonazione trasforma in un proiettile capace di
perforare la blindatura dei mezzi americani.
I miliziani sciiti di Moqtada al Sadr posizionerebbero i cilindri,
facendoli detonare quando un sensore a infrarossi segnala il passaggio
di un mezzo militare. Sarebbero armi sofisticate, i pasdaran iraniani
avrebbero addestrato i miliziani ad adoperarle in maniera talmente
efficiente da essere divenute la causa della morte del maggior numero
di occupanti. Le indiscrezioni non spiegano se la colpa dei fabbricanti
iraniani è quella di erodere quote di mercato ai produttori di
armi statunitensi, né se tendere imboscate ai marines con armi
di produzione statunitense sarebbe considerata colpa meno grave.
LAVORARE PER IL RE DI PRUSSIA
Il fatto è che non funziona proprio nulla in Iraq. Moqtada al
Sadr è brutto e cattivo, ha scippato a Bush perfino il cimelio
del cappio di Saddam Hussein, e ammazza i boys con i cilindri prodotti
a Teheran. Ma cavolo, è pure quello che tiene in piedi il nostro
uomo all'Avana... ops... a Baghdad, al Maliki, il capo del governo
collaborazionista. Senza la benevolenza di Teheran, e senza partiti,
milizie e squadroni della morte sciiti, che intanto fanno lo scalpo
all'Iraq intero, il "democratico" Maliki si scioglierebbe come neve al
sole mesopotamico. Questo Bush lo sa, anche se ultimamente ha quasi
dato gli otto giorni a Maliki stesso, considerato inefficiente per
pacificare a stars and stripes l’Iraq.
Il problema è che l’efficienza di Maliki dipende dai punti di
vista. Per Teheran Maliki è efficientissimo. I sapientoni
neoconservatori pensavano di trasformare l’Iraq in un protettorato
statunitense e invece se lo ritrovano come satellite dell’Iran. Il
brutto –i democratici se ne scandalizzano molto- è che regalare
l’Iraq all’Iran è stato fatto a spese del “contribuente
americano”. Intanto gli sciiti si stanno levando tanti sassolini dalle
scarpe. Nel '91 furono prima incitati a sollevarsi contro Saddam
Hussein da George Bush padre e poi, traditi da questi, furono
abbandonati alle rappresaglie di Saddam. Adesso incassano il conto. Da
una parte si fanno aiutare dall'esercito degli Stati Uniti per portare
a termine una metodica pulizia etnica contro i sunniti, che per la
grande stampa internazionale, si sa, sono tutti terroristi. Dall'altra
però si divertono a stuzzicare i loro
aiutanti/alleati/ex-traditori statunitensi, con i cilindretti di
provenienza Teheran. A dar retta a un generale a quattro stelle come
Caldwelly ne hanno già fatti fuori 170 di
aiutanti/alleati/ex-traditori, ma con gli sciiti è difficile
rompere perché sono pur sempre i migliori (infidi) amici che gli
statunitensi hanno nel paese.
Teheran ispira spiritualmente, politicamente, economicamente e
militarmente il governo iracheno e la gran parte dei partiti e delle
milizie sciite irachene. Li benedice ed è la grande beneficiaria
della guerra irachena. Sembra che lo abbiano capito perfino a
Washington, anche se ci hanno messo quattro anni. Da mesi, in maniera
molto goffa, gli occupanti stanno cercando di smettere di lavorare per
il Re di Prussia, ovvero per Teheran. Ma non è facile per Bush
un giro di valzer che ribalti le alleanze . Gli statunitensi stanno
incontrando non poche difficoltà nel tentativo di colpire almeno
un po' i loro compagni di merende delle milizie sciite con le quali
hanno a lungo collaborato, organizzando attentati e ne hanno coperto e
spalleggiato gli squadroni della morte.
Come fare allora a sferrare l'attacco contro "l'influenza iraniana" se
in Iraq ti devi appoggiare a un governo legato a Teheran? Molte tracce
fanno pensare che, di fronte al labirinto iracheno, il fondamentalismo
protestante dei neoconservatori, continui a pensare alla guerra come
"sola igiene del mondo". Non contenti delle bastonature fin qui
ricevute, per i neocon solo un “regime change” in Iran creerebbe le
condizioni per tornare a rendere docili gli sciiti iracheni. Colpire
l’Iran per educare l’Iraq.
Fonti dei servizi statunitensi, citate dal Guardian, disegnano vari
scenari: un blitz aeronavale americano in primavera o nella seconda
metà del 2008, oppure un attacco israeliano con bombe
anti-bunker fornite da Washington a Gerusalemme. Il presidente Bush
è pressato, come nel 2002-2003, dal blocco neoconservatore,
capeggiato dal vicepresidente petroliere, Dick Cheney, che di nuovo non
vede l’ora di menare le mani. Titubanti appaiono la Segretario di Stato
Condoleezza Rice e il capo del Pentagono Robert Gates. Ma anche Colin
Powell, nel gioco delle parti, sarebbe stato contrario alla guerra in
Iraq, almeno fino ad un attimo prima di prestarsi alla sceneggiata alle
Nazioni Unite.
Il Washington Post -citato da La Stampa di ieri- che conosce bene i
suoi polli, implora la prudenza. Ricorda che proprio Teheran è
il più importante -indiretto ma fermo- alleato statunitense
nella lotta contro Al Qaeda. Proprio un eventuale attacco contro l'Iran
potrebbe, per il Washington Post, portare ad un rovesciamento di
alleanze avvicinando Al Qaeda agli ayatollah e scatenando una
controffensiva mondiale. Non svegliare il can che dorme, supplica il
Post al Pentagono.
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