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Prensa Latina
5 maggio 2006
JUBA, il cecchino di Falluja che ha reso la vita dei marines un inferno.
A tre anni dall’inizio dell'aggressione all’Iraq, le notizie di morti nord-americani causati da autobombe
non suscita lo stesso panico collettivo provocato da un cecchino esperto, quasi invisibile, chiamato Juba.
La parte bassa della spina dorsale o la cassa toracica sono i punti favoriti e non manca mai occasione in cui gli obiettivi della uomo-leggenda siano gli snipers nordamericani.
Lascia come segno lo slogan: “Ciò che si toglie con il sangue solo con il sangue si può recuperare.”
Juba ha minato il morale degli occupanti e si é guadagnato il rispetto del mondo perché esegue le sue azioni da solo contro avversari che operano sempre in squadra e che usano tecnologie sofisticate.
Molti ammirano Juba e lo paragonano, fatte salve le differenze storiche a Basilio Zaitsev, cecchino sovietico che secondo la leggenda uccise 149 soldati tedeschi durante la battaglia di Stalingrado e 400 durante l’intero periodo della II guerra mondiale.
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