ISTITUTO DI STUDI COMUNISTI
KARL MARX – FRIEDRICH ENGELS
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Lettere dell’Istituto n. 16
La Crisi economica
Fermo restando la necessità di trattare l'argomento in uno
studio specifico riteniamo utile sviluppare alcune rapide osservazioni
sul tema da porre al dibattito tra i quadri operai.
La crisi economica in atto in tutto il mondo non
è solo crisi finanziaria ma è crisi
economico-finanziaria-agraria (rimandiamo qui a “Crisi Economica
1929-1931”). Ed è crisi di sovrapproduzione.
Il tentativo di scaricare sulla “cattiva finanza” tutte le colpe
contrapponendo economia e finanza, astrattamente intese, è
frutto di un'operazione ideologica che nasconde cause e meccanismi dei
processi reali. Esiste infatti un rapporto diretto tra l'avvio del
processo produttivo e gli strumenti di reperimento dei capitali
necessari a farlo partire. Inoltre l'altissima diffusione delle
partecipazioni azionarie in tutte le grandi imprese e tutti i grandi
gruppi monopolistici rendono incomprensibile un'operazione di
separazione tra economia reale e finanza.
A partire dagli anni '80 e poi diffusamente con gli
anni '90, il capitalismo in tutto il mondo attua la cosiddetta
“finanziarizzazione” dell'economia, modificando in questo modo
l'assetto e l'organizzazione del capitale a livello mondiale che si
trasversalizza e intreccia le sorti dei grandi gruppi monopolistici
attraverso il meccanismo delle partecipazioni azionarie (rimandiamo a
“Sviluppo scientifico e tecnologico e problemi nuovi della Scienza
della politica”).
Si compie lì il passaggio definitivo dal capitalismo
monopolistico di Stato, sviluppatosi a partire ed in risposta alla
crisi del 1929, ad una nuova forma di esistenza del capitale, un nuovo
stadio del suo sviluppo. Si abbandona il Keynesismo e si abbracciano le
teorie neo liberiste e del libero mercato. I nuovi livelli del processo
di concentrazione monopolistico - di cui i processi di
integrazione europea ne sono un momento-, ed i raggiunti livelli
scientifici e tecnologici comportano il superamento degli attuali
ambiti statuali classici – lo Stato-nazione – ed il disegnarsi di
nuovi: quello confederale da un lato e nuovi ambiti territoriali
dall'altro, spesso identificati con il termine ‘ regione’ che
acquisisce dimensioni territoriali più ampie, ingloba aree
geopolitiche e geoeconomiche fino ad ora diverse tra di loro,
trasversalizzando gli attuali ambiti regionali classici, dando vita
alle regioni transfrontaliere.
L'attuale crisi chiude questa fase e pone il superamento della
attuale forma di esistenza del capitalismo (sviluppatasi con la
finanziarizzazione) e spinge per il passaggio ad un altro livello di
organizzazione della produzione e della società. Per il
carattere di questa transizione rimandiamo a “Centralità operaia
e sviluppo scientifico e tecnologico”.
Va qui per ore fissato il fatto che torna oggi a ripresentarsi un
cambiamento radicale delle forme di organizzazione del capitale e
quindi del grado di controllo che questo esercita sul lavoro e sulla
società; cambiamenti che vanno ben analizzati e compresi per
tempo.
La finanziarizzazione dell'economia.
Le prime “bolle” speculative finanziarie risalgono alla seconda
metà degli anni novanta e cioè all'indomani dell'apertura
dei mercati dell'est Europa e della pesante rapina che il capitalismo
occidentale ha perpetuato in quei paesi al fine di contrastare i
processi di crisi economica in atto nella cosiddetta economia di
mercato verificatisi a partire dalla metà dagli anni '80.
Nonostante abbia fatto cadere nelle proprie mani enormi risorse
economiche, umane, tecnico scientifiche; nonostante abbia imposto
liberamente il proprio modello di sviluppo su tutto il globo e
conquistato nuove ricchissime aree di mercato, il capitalismo, appena 5
anni dopo, fa le spese di una nuova pesante crisi economico
finanziaria: quella delle tigri asiatiche.
Inizia così un lungo ciclo di crisi economiche e di “bolle”
finanziarie che si susseguono incessantemente fino ad oggi: alla fine
degli anni '90 è l'Hi-teck e la new economy, con gli scandali
Enroon del 2001 e poi della Parmalat -che costituiranno cornice e
chiave di lettura delle scelte militariste USA in medio oriente e della
cosiddetta guerra preventiva (funzionale al controllo delle vie
energetiche e al sostegno economico dello stato attraverso
commesse di guerra al grande capitale); seguiranno le speculazioni
edilizie, i mutui sub prime, poi ancora i prodotti finanziari, i
derivati, ed infine la speculazione sulle materie prime.
Le abnormi speculazioni finanziarie hanno,
cioè, costituito negli ultimi 10-15 anni normale risposta
all'incapacità del sistema capitalistico di superare le varie
crisi dei mercati e dell'economia che, nonostante la più
completa libertà di agire senza ostacoli né vincoli di
sorta (si pensi alla sconfitta in quegli anni del movimento operaio
internazionale, al ridimensionamento del suo ruolo e delle sue
rivendicazioni), si sono puntualmente verificate.
Il ricorso alle speculazioni agisce, cioè, da
rallentamento della caduta del saggio medio generale di profitto del
capitale nel tentativo di arginare e ritardare gli effetti negativi
della crisi del sistema capitalistico che è crisi da
sovrapproduzione. Ottenendo tuttavia, a fronte di feroci e continue
guerre commerciali, finanziarie e militari (che sono esponenzialmente
cresciute), solo momentanei e parziali risultati.
Vediamo perché.
La nuova produttività del lavoro.
Lo sviluppo scientifico e tecnologico determina un costante aumento
della produttività che si traduce immediatamente nella
produzione di sempre maggiori merci immesse nella società
sottraendo così l'intera umanità alla “sottoproduzione”,
che ha caratterizzato la storia umana fino al XIX secolo. La
società è, cioè, più ricca e lo sviluppo
della scienza e della tecnica hanno consentito, e consentono ancora di
più in linea tendenziale, una conoscenza alta della Natura tale
da accrescere la ricchezza della società mondialmente intesa.
Contestualmente, determina una costante contrazione della base
produttiva: si produce di più con meno lavoro, con meno tempo
lavoro, consentendo la liberazione di parte del tempo lavoro e la
sottrazione dell'uomo ai ritmi rigidi del processo produttivo fordista.
Tutto questo però non si traduce in un vantaggio per la
comunità-uomo, ma, nelle attuali condizioni, in maledizione,
giacché si traduce in una perdita secca di sicurezza sociale, in
un maggiore impoverimento materiale e spirituale. Immense ricchezze
materiali, economiche, umane, della terra e dell'ambiente vengono
distrutte anziché essere destinate al miglioramento delle
condizioni di vita e del progresso della società umana.
Dinanzi alla crisi la grande borghesia europea e internazionale
risponde in modo ottuso: regala migliaia di miliardi di euro a Banche e
gruppi monopolistici ad esse legate (alimentando ulteriormente lo
scenario di caduta del sistema economico), e intervene a scaricare
sulle spalle della società e della classe lavoratrice i costi
della crisi tagliando su salari, pensioni e servizi e ottenendo
così, per questa via, un ulteriore contrazione del consumo delle
merci, che restano invendute e acuiscono il carattere di
sovrapproduzione della crisi economica e di blocco dei consumi interni
dei paesi.
Questa classe dirigente, cioè, si dimostra incapace di far
godere i vantaggi della scienza e della tecnica all’intera
società, ed agisce come un possente filtro distorcente ove tutto
si trasforma in maledizione per gli uomini. La logica del profitto
individuale, la ricerca del profitto individuale, il conseguimento del
profitto medio sono poi la causa vera di tale distorsione, i cui segni
ed effetti sono da tempo evidenti.
Natura e carattere della crisi.
L'economia è ormai in piena recessione e va aprendosi una nuova
pesante fase di ristrutturazione economica.
La stessa ricerca e lo sviluppo sono sostanzialmente ferme. Si
continuano ad utilizzare scoperte e ritrovati scientifici vecchi
-sviluppatisi durante la fase del capitalismo monopolistico di Stato,
grazie all'intervento pubblico di capitali che hanno finanziato ogni
sorta di invenzione ed innovazione o ricerca. Non vi sono in sostanza
reali innovazioni di sistema e di prodotto che vadano oltre quanto
fosse già tracciato negli anni 60-70. Quello che oggi abbiamo
è in definitiva una forma di sviluppo quantitativo di scoperte e
di idee precedenti e che comunque non rispecchia il potenziale
scientifico oggi realizzabile. Le stesse eccedenze di produzione (con
l'elevato ritmo di obsolescenza dei prodotti tecnologicamente avanzati)
non si riescono a smaltire né è possibile in tali
condizioni avviare un processo di riconversione industriale.
Il cuore del problema sta nel fatto che la massa di capitali necessaria
per far ripartire il processo produttivo allargato, secondo l'attuale
livello scientifico e tecnologico, è tale che né il
sistema finanziario né quello produttivo riescono a farvi
fronte. Il ricorso alla speculazione finanziaria ha dimostrato la sua
totale insufficienza e distruttività. Finisce qui il totem
dell'alta finanza che ha dominato gli ultimi 30 anni! Trova qui la
tomba l'essenza di quel pensiero unico che ha orientato e diretto
intere scuole di pensiero, correnti politiche, l'intera sinistra
internazionale...
Si tocca con mano, dopo un ventennio di scorribande liberistiche e di
strampalate teorie economiche, che il capitalismo non garantisce
più il generale progresso e sviluppo della società ed
anzi ne rappresenta il suo principale ostacolo e motivo di rovina.
La nuova produttività del lavoro non trova
risposta nell'attuale sistema capitalistico e nella sua idea di piegare
lo sviluppo della società e dell'uomo dentro il profitto!
Questo processo oggi giunge al capolinea ed assume
le forme eclatanti delle banche che falliscono, dei salvataggi da parte
degli stati più ultra liberali, dell'intervento delle banche
centrali, dell'economia produttiva che attraversa una pesantissima fase
di ristrutturazione ed i cui effetti cominciano solo ora a manifestarsi.
Aspetti della crisi in Italia.
In Italia la rapina della ricchezza sociale si
coniuga con un feroce attacco al Lavoro, alle sue organizzazioni, al la
classe operaia più in generale.
La grande borghesia capitalistica, legata al grande capitale
finanziario, tenta di uscire dalla crisi che la dilania scaricando gran
parte dei costi sulla vita sociale delle persone, lavoratori e
pensionati.
Stato sociale, diritto alla salute, all'istruzione, alla cura,
pensioni, ma anche contrattazione nazionale, salari, diritti acquisiti
tutto è messo a sua disposizione per rastrellare risorse.
Ecco che allora la vita sociale degli uomini sempre più viene
stretta in una morsa insopportabile di autoritarismo e populismo
necessari ad ottenere quella disponibilità di manovra e di
rapina.
Lo stesso clima culturale cupo e ingessato è funzionale al
raggiungimento di questo obiettivo:
la ricerca è costretta al silenzio, scuole e università
pesantemente colpite da tagli e discriminazioni,
l'informazione è gestita in modo unilaterale e ideologico; si
alimentano nel paese continue tensioni e violenze condite da una
cultura irrazionalistica e anti scientifica; le stesse regole
democratiche del paese sono letteralmente sovvertite.
Spinta da una tremenda crisi, la borghesia rinnega, infine, le sue
stesse forme di esistenza fino ad oggi sviluppate finendo per
trascinare l'intero paese in una morsa autoritaria:
la democrazia rappresentativa è ormai pallido ricordo dinanzi
all'esautorazione del parlamento ottenuta a colpi di decreti legge e
ricorsi alla fiducia;
il potere giudiziario è messo sotto controllo con leggi
bavaglio;
leggi e normative esistenti vengono ad hoc “sospese” per consentire
operazioni diversamente non realizzabili (vedi Alitalia);
la stessa Costituzione è sotto sfratto e con essa i diritti,
le garanzie, la funzione dei corpi sociali, dei sindacati; la stessa
unità nazionale del paese, così come la conosciamo,
è sciolta dall'azione di rapina attuata dalla borghesia.
A tutto ciò si aggiunge lo scontro feroce tra
grande capitale e piccole e media borghesia che in Italia, per il ruolo
e l'importanza che ricopre a differenza che in altri paesi europei,
acuisce il più generale processo di scontro e rapina prima
descritto.
Le piccole imprese, gli artigiani, gli stessi
commercianti avvertono in maniera più diretta e pesante gli
effetti della crisi e verso di loro la grande borghesia attua una
politica di strozzamento, sempre al fine di rastrellare risorse da
gettare nel fuoco della crisi.
La stessa diatriba nata sul rispetto del piano anti Worming va letta in
questa chiave: il rispetto di quegli impegni è di per sé
elemento che grava in modo insopportabile sull'accumulazione di
capitale e produzione di plusvalore, di profitto; ed oggi, nelle
attuali condizioni di crisi e di incertezza, suona come una messa da
requiem proprio ed esattamente per le piccole e medie
realtà imprenditoriali, soprattutto quelle arretrate che
non fanno ricerca, che non si sono internazionalizzate, etc. Anche le
frazioni di piccola e media borghesia scaricano gli effetti di questa
guerra sulle spalle di lavoratori e pensionati, aumentando il livello
di sfruttamento e rapina e, per questa via, contribuiscono ad aumentare
la velocità e la gravità della crisi economica,
condannando se stessa ed il paese alla miseria.
E' questo processo che attraversa e produce tensioni fortissime
all'interno di tutte le forze politiche e sindacali, e da
quest'angolazione vanno letti e spiegati gli eventi recenti italiani ed
il movimento delle classi, che va ben compreso.
Le principali forze politiche europee della sinistra
sono assenti dalla scena e assecondano, travolte dagli eventi, quelle
scelte. Sono ancora le banche centrali che fanno da “governo” e che
orientano governi e parlamenti: quando il capitale chiama...
La lotta che in Italia il movimento operaio conduce
contro l'assalto della peggiore e più rapace borghesia europea
assolve ad un ruolo chiave per la ripresa di una coscienza civile e
democratica nel paese, patrimonio delle migliori forze progressiste da
sempre raggruppate attorno alla classe operaia ed al movimento operaio
e comunista; e costituisce, al contempo, momento decisivo per il
più generale rilancio di una vera stagione di progresso, di
pace, di democrazia nel paese e in Europa.
Lo sviluppo scientifico e tecnologico ha comportato
modifiche nel processo produttivo, che hanno determinato a cascata
modifiche sul piano dell’organizzazione del lavoro e consequenzialmente
su quello politico, sociale, culturale, istituzionale. E’ quindi
modificata la composizione delle classi con una ristratificazione e
nuova gerarchizzazione sociale e del comando del capitale sul lavoro.
Occorre recuperare una corretta analisi, scientificamente rigorosa,
delle attuali condizioni in cui si compie il lavoro.
Quella “nuova produttività del lavoro” richiede il ricorso ad un
nuovo “Piano per il lavoro” da coniugare con quella che avevamo,
come Istituto “Marx-Engels”, definito “l'Alleanza dei Saperi”
(rimandiamo qui alle tesi del II Congresso dell'Istituto), alla luce
delle nuove condizioni di sviluppo del capitale.
La crisi che si consuma in questi mesi è il segno di una
società che muore e nelle cause che l'hanno prodotta è
già il segno di una nuova società che nasce.
È questa la sfida che attende la classe operaia e l'intero
movimento operaio e comunista italiano e internazionale.
Da qui occorre partire per l'unità di tutti i comunisti sotto la
bandiera del marxismo.
20 Ottobre 2008