Tutti i giorni immancabilmente la notizia si abbatta su di noi, senza
più nessuna sorpresa, senza nessuno sgomento; quando una parola
- “morte” - si ripete troppe volte e troppo velocemente, perché
il suo significato deve liquefarsi e si perde la “percezione” del suo
grave significato?
Con la tragica certezza del progredire di questi eventi, un solo
dubbio, quante saranno, quest’anno, le vittime ? 1300? 1500? Forse di
più ?!
Nessuno si incazza nessuno si indigna, al massimo si proclama un’ ora
di sciopero, intanto chi è responsabile degli omicidi se la cava
con una multa, se proprio gli va male, e può continuare a
realizzare i suoi profitti.
L’ economia finanziaria "fasulla" ci ha portato ad una recessione
reale; anche la contabilità dei morti “sul” lavoro è
fasulla: si deve cominciare a parlare, infatti, di morte “per” lavoro.
Quante morti di immigrati irregolari, quante morti di assunti in nero
compaiono nelle statistiche ufficiali ?
Quante persone muoiono perché debbono recarsi lontano e con
mezzi spesso estremamente disagiati, al loro lavoro?
Quanti individui ogni giorno, affranti, depressi e oppressi dalla loro
condizione, muoiono nell’attesa di un lavoro, nella sua affannosa
ricerca; lavoro, che quando arriva dura una settimana un mese un anno e
poi si ricomincia con il faticoso e sovente infruttuoso inseguimento?
Cosa ha chiesto l'Onda della protesta studentesca nelle sue giuste
rivendicazioni?
Ha chiesto in sostanza "vogliamo una sicurezza per il nostro futuro".
Ma dobbiamo capire che in questo sistema l'unica sicurezza è la
morte di lavoro o non lavoro, la morte nella ricerca di lavoro.
In questi anni, ogni legge che “regolamenta” il lavoro è solo
una legge per permettere la morte di lavoro, perché serve solo a
proteggere chi da quel lavoro, sfruttandolo, trae profitto; serve solo
per adeguare come, quando, quanto e dove si lavora alle
necessità del sistema dello sfruttamento; serve solo per
conformare tutta la società (i servizi, l’assistenza, i diritti,
le istituzioni …) solo alle necessità di questo stesso sistema e
non a quelle della popolazione.
il nostro sistema economico e sociale si regge oggi sul lavoratore
‘spaventato’, a causa della precarietà (leggi
ricattabilità) presente sul mercato del lavoro; per l’incertezza
della propria spesa quotidiana (arrivare alla fine del mese)
indebitato’ (per la dipendenza della dall’accesso crescente al credito
bancario).
È ora che veramente l'onda della rivolta contro la morte
travolga il sistema della morte.
È ora che si capisca che l’ ”incertezza del futuro” non è
una fatalità, una situazione legata solo a questo periodo, uno
stato ineludibile della condizione umana, come ci vogliono far pensare,
ma che essa fa parte, da sempre, del quadro sociale costruito per
sostenere ed alimentare questo sistema.
In tal contesto caratterizzato da un’ oggettiva debolezza del mondo del
lavoro,che fare?
La soluzione, a nostro avviso, non può essere opera di cervelli
individuali. Al contrario, il compito di trovare nuove soluzione,
spetta ai movimenti collettivi che saranno in grado di saldare assieme
prassi e teoria.
È ora che si capisca che per abbattere la morte, cioè la
mancanza di prospettiva e di speranza nel futuro, bisogna abbattere
questo sistema.
Comitato no morti
lavoro