In ricordo di Sole e Baleno
C’è il sole in Val di Susa, c’è freddo, c’è un baleno
di luce accattivante di montagna, c’è vento che
fischia in Val di Susa, c’è gente come indiani contro un treno,
c’è una folla che presidia l’amianto, una tribù di molti volti
c’è una professoressa, un prete, un falegname, un contadino,
c’è una madre, un bambino in carrozzino, un punkabbestia
ed un cagnolino, uno studente, un pensionato con la sua badante,
un sindaco, la sua fascia tricolore, un dottore, un turnista, un pastore,
e in sovrappiù qualche migliaio di divise, schierate da ore. E’ notte in
Val di Susa quando parte la carica senza squilli, è notte fonda da botte
prese pazientemente, all’impazzata, per poi a mattina ritornare a frotte.
Ma a sera, cenando, a casa mia, lontano dalla Valle e dal veleno,
mi viene in mente il cappio stretto al collo di Sole e di Baleno.
*Maria Soledad Rosas (Sole) ed Edoardo Massari (Baleno) furono arrestati, insieme a Silvano Pelissero, il 5 marzo 1998, con l’accusa di aver eseguito una serie di attentati dimostrativi contro i cantieri della TAV in Val di Susa. Saranno messi sotto processo in base all' art. 270 bis del C.P.P. Baleno si suicida, impiccandosi nel carcere delle Vallette dove era recluso, il 28 marzo. Maria Soledad Rosas seguirà la sua stessa sorte, nella Comunità protetta dove era stata trasferita, l’11 luglio: aveva appena 22 anni. Pelissero, dopo essere stato condannato in primo grado e in appello a una pena superiore a 6 anni, verrà scagionato dalla Corte di Cassazione per tutte le imputazioni più gravi.
Un resoconto della manifestazione della FAT/FAI
Torino: migliaia di anarchici contro il Tav
Decine di migliaia di persone sono scese in piazza ieri a Torino per
dire No al Tav, no alle grandi opere, no alla devastazione ambientale.
Ma non solo.
Uomini e donne della Val Susa, di Torino e di ogni dove in Italia hanno
manifestato contro un potere vorace ed arrogante che vuole imporre le
ragioni del profitto e del comando a quelle della vita, della
libertà e
della dignità di tutti.
Ma non solo.
Il popolo No Tav ha
detto a voce alta che su vita, libertà, dignità non si
tratta. Ha detto
a chiare lettere che né il bastone di Pisanu né la
carotina di Letta
potranno fermare la marcia della Val Susa.
Ma non solo.
A chi ha tentato di cancellare il corteo di ieri dopo l'apertura del
tavolo di trattative/truffa del governo i Valsusini a migliaia e
migliaia hanno gridato che il solo tavolo di trattativa è la
piazza.
Non si tratta con chi manganella, atterrisce, occupa militarmente la
tua terra e la tua vita. Non si tratta con chi vuole negare il futuro
ai tuoi figli.
Ma non solo.
A chi desiderava che il
corteo di ieri fosse teatro di scontri e violenze la risposta è
stata
che il solo terrorista è lo Stato, il solo devastatore è
il Tav voluto
da destra e sinistra unite dal comune interesse a spartirsi la torta.
Una torta che sottrae risorse alla salute, alla scuola, ai trasporti
locali.
Oggi la lotta dei valsusini è la lotta di tutti noi.
Ma non solo.
Il corteo di ieri ha dimostrato che il movimento contro la predazione
del territorio e la devastazione dell'ambiente è ormai un
movimento che
attraversa la penisola e passa le Alpi, coinvolgendo la gente della
Maurienne accanto a quella di Sicilia e Calabria che si oppone al Ponte
sullo stretto.
Migliaia di anarchici e anarchiche hanno
risposto da tutt'Italia e dalla Francia all'appello per uno spezzone
libertario per una lotta senza se e senza ma al treno della morte.
Indicati dai media per giorni e giorni come violenti a caccia di
scontri la nostra presenza al corteo è stata cancellata da
quegli
stessi media delusi che gli anarchici non avessero voluto recitare la
parte loro assegnata nel teatrino della disinformazione mediatica.
Come sempre insuscettibili di ravvedimento. Come sempre inadatti ai
giochi dei media e a quelli della politica istituzionale. Come sempre
indisponibili a fare, come certi antagonisti new global, gli uomini di
piazza e quelli di governo.
C'è chi nega l'evidenza: noi non ci
stiamo. Ieri a Torino hanno manifestato due anime di uno stesso
movimento, due anime che si sono fisicamente incontrate ma certo non
fuse. Da una parte la kermesse alla Pellerina, voluta da Ferrentino
& C. in opposizione e negazione del corteo del 17, dall'altra il
movimento, coloro che non sono disponibili a barattare la lotta con un
tavolo romano.
La questione è semplice o il Tav si fa o il Tav non si fa.
Noi, come le decine di migliaia di valsusini che hanno scioperato,
bloccato ferrovie, strade ed autostrada per giorni e giorni sappiamo
che solo la lotta popolare, in prima persona senza mediazioni,
potrà
fermare il Tav. Come l'8 dicembre, dopo le violenze della polizia,
quando 50.000 uomini, donne, bambini, anziani hanno riconquistato i
terreni presi con la forza dalle forze del disordine statale. Siamo
orgogliosi di esserci stati, perché la lotta della gente della
Val Susa
conferma quel che pensiamo e pratichiamo da sempre: fermare i potenti
è
possibile, l'azione diretta paga.
Eravamo in tanti ieri a
Torino perché anche noi come i comitati e i cittadini della Val
Susa
abbiamo scelto di scendere in piazza nonostante i politicanti - anche
locali - che volevano che si restasse a casa per consentire ai giochi
della politica di palazzo di decidere al posto nostro.
Eravamo in
piazza ieri come lo siamo sempre stati in questi anni, quando la lotta
della Val Susa era taciuta dai giornali e gli anarchici nominati solo
come criminali. Due di noi non erano al corteo di sabato perché
morti
in carcere, dopo il processo sommario e la condanna senza appello loro
inflitti dai media. Ma i loro nomi sono echeggiati spesso negli slogan
di tanti e nella memoria di tutti.
Eravamo in piazza ieri
convinti che la lotta della gente della Val Susa è la nostra
lotta, una
lotta contro il treno della morte, contro i terroristi di Stato che
reprimono e criminalizzano chiunque si opponga ai loro affari ed al
loro potere.
Ieri la storia di chi vuole riprendere nelle
proprie mani il proprio destino senza deleghe e senza tutele ha fatto
un passo in avanti.
Domani ci attendono nuove sfide: la prima, la
più importante, consisterà nell'evitare che quel che si
è conquistato
sui sentieri di Venaus venga cancellato da una tregua olimpica - ed
elettorale - che servirebbe solo ai signori del Tav a preparare
indisturbati il cantiere per lo scavo.
La strada che abbiamo
di fronte è ancora in salita, ma i montanari della Val Susa
hanno
mostrato a tutti che non c'è strada abbastanza impervia che
possa
fermare i partigiani di oggi come quelli di ieri, non c'è gioco
istituzionale che non possa essere sventato da chi ha imparato a
decidere senza mediazioni, senza padri e padrini.
Sarà Dura!
I compagni e le compagne della Federazione Anarchica Torinese - FAI
Corso Palermo 46 - ogni giovedì dopo le 21,15
011 857850
338 6594361
fat@inrete.it
18/12/2005
Sabato 17 dicembre più 50mila persone hanno attraversato la
città di
Torino,quella giornata è il risultato di lunghi e intensi anni
di lotta
in Valsusa, che hanno formato un movimento di massa che rifiuta la
devastazione ambientale del proprio territorio e,di conseguenza, lo
sviluppo a tutti i costi; quello "sviluppo" basato sull'ingente spreco
di denaro pubblico,la devastazione ambientale,e l'impoverimento delle
fasce più deboli (lavoratori,precari ecc...),
Questo movimento si
forma in un paese fortemente colpito dalla delocalizzazzione
dell'industria,dal carovita,dalla disoccupazione o,in alternativa,dalla
precarietà delle condizioni di lavoro.
Non a Caso, secondo la
classe dirigente, Tav e Olimpiadi 2006 dovrebbero assicurare il
rilancio della Valsusa e assicurare a tutti un radioso futuro di
prosperità e ricchezza.
Fino ad ora tutte le promesse fatte si
sono tradotte in una valanga di cemento e nella militarizzazzione
veterocoloniale della Valle,in cantieri che utilizzano dubbie imprese
in triplo-sub-appalto,magari in nero,con conseguenti morti sul lavoro
(di cui nessuno degli zelanti pennivendoli nostrani si occupa).Tutto
ciò non deve stupire,d'altronde tra i fautori della TAV
c'è anche chi
non si preoccupa di accoppare migliaia di persone per i prori interessi
(magari in Bosnia o in Irak),figuriamoci nella propria azienda!
Sono molti gli interessi che ruotano attorno al TAV, riguardano
esponenti del ceto politico locale e nazionale sia del centrodestra che
del centrosinistra,dai DS ad An attraverso sindacati e Lega delle
cooperative.
La TAV serve solo a riempire le tasche di
politici,padroni e papponi vari, L'alta velocità serve a rendere
più
efficente il processo di delocalizzazzione delle imprese, permettendo
l'organizzazzione e la crealizzazione di luoghi di produzione in quei
paesi (magari dell'est Europa) dove i diritti dei lavoratori sono pari
a zero, e che costituiscono un enorme serbatoio di manodopera a
bassissimo costo.
A questo servirà la TAV,a far circolare più rapidamente
le merci e la forza-lavoro in Europa.
Non è solo chi,oggi,siede al governo a opporsi a questo
movimento di
lotta contro la Tav,più si avvicinano le elezioni e più i
dirigenti
dell' "opposizione di sinistra" precisano il loro programma di governo
consistente nel ridare competitività al "sistema italia" e
perpetuare
tutte le misure sociali del governo Berlusconi (limando,magari,le
più
estreme).
Con la "battaglia di Venaus" ,che ha vistol'8 dicembre,
la mobilitazione di decine di migliaia di persone, e con il corteo
nazionale di sabato 17 dicembre, questo movimento ha saputo dimostrare
che nessun aiuto potrà venire dai tavoli di concertazione e che
a poco
servono i tentativi di spaccatura tra "buoni" e "cattivi",o la benzina
sul fuoco gettata dal ministero degli interni.
La paura che
questo movimento suscita nel ceto istizionale è la sua
capacità di
raccogliere attorno a se tutte le istanze di lotta della classe
lavoratrice,gli slogan del corteo erano gli slogan contro il
sindaco-polizziotto Sergio KKKiamparino,contro quel "pozzo senza fondo"
che si chiama Olimpiadi Invernali,contro un governo assassino e
guerrafondaio.
ORA E SEMPRE: NO TAV !!!
Collettivo Mondodisotto BRA
Con coraggio e determinazione la gente della
Valsusa e
tanti amici di tanti territori d’Italia stanno resistendo in Valsusa
contro la
megagalleria del TAV, contro la devastazione del territorio attuata dai
grandi
gruppi affaristici riuniti, assetati solo di profitto.
Uno di questi gruppi è la cooperativa
d’affari CMC la
quale, in contraddizione netta con le origini e le motivazioni del
movimento
cooperativo, sta attivamente partecipando al sacco d’Italia concordato
congiuntamente dai gruppi affaristici, da quella specie di Compagnia
delle
Opere che spesso in Romagna celebra in questi anni i suoi meetings
liberisti e
comunitaristi. Per questo ci rechiamo alla manifestazione pubblica di
Ravenna
del 18 dicembre per partecipare alla denuncia di questa realtà e
partecipare
alla lotta informativa e politica contro questa degenerazione, come
abbiamo
fatto al tempo delle iniziative contro la Monsanto che doveva costruire
a
Ravenna una sua stazione di posta, un nodo importante della sua rete di
dominio
e di avvelenamento imperialista.
Veniamo da una realtà, il Veneto, vicina
e disastrata,
basti ricordare i disastri del Vajont e del Petrolchimico di Venezia
stragi
causate dai gruppi finanziari veneti, nazionali e internazionali.
Questo modo
di produrre forsennato, il modo capitalistico di produzione, distrugge
il
nostro e il vostro territorio, distrugge la terra e le genti. Porta
l’inquinamento,
la distruzione dell’ambiente a livelli insostenibili. Le popolazioni
nostre
stanno già pagando danni altissimi. Migliaia e migliaia di
morti, anni di vita
perse per tutti, colpite tutte le fasce della popolazione. Al contrario
che
piegarsi, come ha fatto la CMC “riformista” alle esigenze degli
affaristi e del
profitto, bisogna cooperare davvero, resistere, come fa la gente della
Valsusa.
Per questo siamo al loro fianco e diciamo alla CMC di cambiare rotta!
I valsusini
resistono: stanno, come al tempo dei catari, dei dolciniani, dei
valdesi, degli
arditi del popolo, dei partigiani, difendendo la loro terra. Un grande
abbraccio, tutta la solidarietà di tantissimi di noi che si
stanno finalmente
determinando in questa scadenza generale che vedrà alla fine o
noi o loro.
Un’altra fase si apre. Le forze popolari e di
classe dell’Italia
che resiste contro la “Compagnia delle opere”, il sodalizio degli
affaristi
riuniti a saccheggiare l’Italia, come evidenzia lo spiraglio aperto dal
giudice
Forleo sulla banda di Fiorani e amici vari.
O il popolo, la gente, i lavoratori, i montanari, gli alpini, il proletariato e non solo, o la “compagnia delle opere” per citare Casini. quel complesso affaristico-imperialista, quei faccendieri di nuovo tipo che spesso celebrano i loro meetings in quel di Romagna che devastano l’Italia e il mondo. La compagnia delle opere, il sodalizio di cui Berlusconi, Casini, Bersani sono perfetti e interessati rappresentanti politici rappresentano la degenerazione imperialista guerrafondaia del filone popolare e socialdemocratico.
La questione CMC pone in particolare il problema
degli
esiti della crisi della democrazia e del movimento operaio e comunista
in
Italia. Come in Russia e in Cina e altrove le strutture del movimento
operaio,
in particolare quelle economiche (fino al sindacato operaio, ma in
particolare
le cooperative, le assicurazioni etc) degenerano in gruppi affaristici
i quali
hanno preso il potere nei partiti. Questi gruppi di cui UNIPOL e CMC
sono
esempi chiari spingono il movimento operaio alla catastrofe, stringono
alleanze
con la compagnia delle opere, con i gruppi finanziari e reazionari di
massa
vaticani, sostengono una linea di guerra imperialista, hanno sostenuto
l’attacco
e lo smembramento della Jugoslavia e adesso spingono verso il
superamento
completo della tradizione solidarista, cooperativa, socialista e
comunista. Non
a caso Bersani sostiene oggi che si deve andare subito al partito
Democratico
dei Rutelli, dei Veltroni di Comunione e Liberazione. Bersani ha
fretta: sa
infatti che comincia a montare anche in Emilia Romagna una forte
opposizione a
questa estrema degenerazione.
Questo aspetto non è affatto secondario
nella battaglia
del blocco popolare della Valsusa, dove sono all’opera i nuovi
fascisti. Quelli
che manganellano i montanari, gli operai, le donne e danno colpa agli
operai
stessi. Come nel 1920-21 i nuovi agrari delle finanziarie, dei gruppi
mafioso
affaristici manganellano e addossano la colpa ai bastonati.
Ma la resistenza tenace e di massa in cui tutto
un popolo
è impegnato sta smascherando questa vigliaccata enorme. In
secondo luogo, a
differenza dal 1921, ora c’è l’esperienza storica (vincente)
della resistenza
del 1943-45. Non a caso l’Anpi della Valsusa appoggia il blocco
popolare.
E’ in corso infatti una battaglia europea di
enorme
importanza politica per il valore che hanno le Alpi nell’immaginario e
nella politica
europea, per stabilire se nell’Europa contano solo i banchieri e niente
le popolazioni, i cittadini
Per tutte queste ragioni le popolazioni della
Valsusa quel
blocco meraviglioso stanno facendo una battaglia generale, meritano il
nostro
sostegno, il nostro appoggio.
TUTTI A RAVENNA CONTRO IL TAV, CONTRO LA CMC IL
18
DICEMBRE ORE 15,30 VIA
TRIESTE 76 DAVANTI UFFICI CMC (NEI PRESSI
STAZIONE IN
DIREZIONE MARINA DI RAVENNA)
Per arrivare: dalla stazione di Ravenna
all’uscita a
sinistra, prima a destra (strada con passagio a livello) sempre dritto
(dopo la
grande rotonda inzia via Trieste); in auto Arrivare al pala De
Andrè via
Trieste è la strada che porta a Marina di Ravenna.La CMC
è in direzione centro.
Lo slogan "sarà dura" che è lo
slogan, il grido di lotta e di battaglia
di questa lotta NO TAV esprime bene l'essenza e la differenza da altre
lotte, in particolare da quella vicina e perdente purtroppo della
agitazione pacifista contro la guerra.
1) Sarà dura: Questo grido di battaglia esprime un giudizio
sulla
profondità e serietà del conflitto, sull'antagonismo
delle forze in
campo: grandi interessi coalizzati e forze di classe e popolari
antagoniste. Perciò lo scontro sarà profondo
2) Nello stesso tempo lo scontro darà di lunga durata.
3) Lo scontro sarà di forte intensità e la mobilitazione
di migliaia di
poliziotti, gli scontri anche violenti, le tattiche di ammassamento, di
avanzamento, di ritirata, di trattativa, lo dimostrano.
La
differenza più eclatante è nella modalità politica
della lotta. Non più
deleghe al ceto politico, a qualche leader salvifico e riverniciatio
alla Cofferati,o ai politici della marcia di Assisi, come purtroppo ha
fatto il moviemnto pacifista, ma lotta prolungata di un blocco
popolare. Questa caratteristica ha già dimostrato la sua
capacità di
vincere. L'apertura dei lavori del tunnel è stata rinviata, il
movimento è diventato nazionale e più ancora.
Un sindaco
francese ha affermato a nome di numerosi colleghi presenti oggi a
Torino che sarà merito principalemente dei valsusini se l'infame
corridoio 5 sarà bloccato.
Inoltre la modalità democratica
della lotta, la conduzione cioè diretta della lotta, non
delegata a
qualche politico o forum senza se e senza, ma sta producendo uno
spettacolare allargamento orizzontale della lotta medesima, il fiorire
e l'intrecciarsi di iniziative, il traboccare a valle, lungo l'asse
padano e oltre a ovest in Francia e a est in Slovenia di comitati che
cominciano ad organizzare la lotta contro il corridoio 5 questo asse
imperialista e militarista della ristrutturazione capitalista della
metropoli europea, per dirla in termini spicci.
Altra
caratteristica rimarchevole quella della formazione dei blocchi
popolari, delle zone libere o temporaneamente liberate in cui
concorrono migliaia di sforzi individuali. Il blocco popolare
prolungato si è dimostrato molto superiore ai cortei romani e
alla
delega ai vecchi vertici compartecipativi come purtroppo sperimentano i
metalmeccanici da ultimo ( e infatti stanno ripensando anche loro...)
Infine da rimarcare l'enorme significato politico dell'egemonia
incontrastata di una bandiera di lotta quella bianca e rossa no-tav
sulle sbrindellate oramai soggettività del vecchio ciclo.
Comincia
veramente qualcosa di nuovo come si è potuto oseervare sui
treni.
Insomma comunque la si guardi questa giornata è una grande
vittoria. I
Valsusini hanno manifestato in massa e migliaia decine di migliaia di
compagni sono venuti da tutta Italia e delegazioni da altri paesi
d'Europa. Certo non è finità. Ma è stato un buon
passo. E adesso
arrivederci alle prossime tappe. perchè una cosa è certa:
questo
movimento si batte per un obiettivo certo: bloccare il TAV
NO TAV è una scadenza generale.
NO TAV è la nostra lotta
"Gli abitanti della Valle del Vajont si stringono in solidarietà
con gli abitanti della Val di Susa e con il comitato NOTAV.
Il motivo è presto detto: non è possibile, abitando nella
valle del
Vajont, dimenticare la ferita profonda avvenuta in seguito alla
realizzazione del progetto: “Grande Vajont”. Questa vicenda fa memoria
di una delle prime “grandi opere” realizzate in Italia.
A partire
dalla fine degli anni cinquanta infatti, nella nostra valle si
costruì
la diga più alta del mondo finalizzata allo sfruttamento delle
ricche
risorse idriche in chiave idroelettrica. Anche allora i dirigenti
dell’impresa (SADE) e lo Stato sentivano questo progetto come un
trampolino di lancio per lo sviluppo.
Anche allora si determinarono in fase di progettazione e di
realizzazione:
una spinta prevalente verso gli interessi economici;
una sottovalutazione delle problematiche idrogeologiche ed ambientali;
un tentativo strategico di zittire e sedare qualunque volontà di
protesta e/o di corretta informazione.
Tutto ciò in una valle affetta da grandi problematiche relative
all’instabilità dei versanti.
La notte del 1963 questa gente e questi luoghi furono scossi dallo
scivolamento di 270 milioni di metricubi di roccia staccatisi dal Monte
Toc e rovinati inesorabilmente nel bacino artificiale a monte della
diga del Vajont.
Un’ onda di immani dimensioni devastò centri abitati e il
territorio nella sua complessità.
Questi fatti causarono la morte di circa 2000 persone e ferite
incancellabili nelle coscienze delle genti che sopravvissero.
Oggi la comunità scientifica tutta sostiene che il disastro era
prevedibile e soprattutto, ora, si sa che se non ci fosse stato il
lago, la frana non si sarebbe staccata con quella velocità e con
quella
massa. Intervenendo preventivamente si sarebbe potuto evitare questa
tragedia e mettere in pratica un’effettiva interazione dell’essere
umano con l’ambiente anziché l’interferenza avvenuta.
Forniamo con questa azione di solidarietà anche il beneficio di
poter
far memoria dei quarant’anni di storia successiva al disastro sopra
raccontato. Infatti, questa storia è stata permeata da
ingiustizie e da
malaffare anche nelle fasi della ricostruzione.
Non possiamo
per queste ragioni mancare di affiancarci alla protesta civile e
nonviolenta degli abitanti della Valle di Susa contro l’inizio dei
cantieri e la realizzazione del tunnel previsto, il cui tracciato
interesserà ammassi rocciosi costituiti da pericolosi minerali
di
amianto e uranio aprendo scenari inquietanti in ambito di salute
pubblica.
Inoltre ci indigniamo anche per le dinamiche di
militarizzazione del territorio a difesa degli interessi di imprese e
Stato che si stanno in questi giorni svolgendo in Val di Susa.
Le vittime sono sempre le persone ma il problema resta: troppo spesso
si dimenticano i volti e le storie e l’armonia dei luoghi offrendosi
liberamente agli idoli dell’interesse economico e della sete di
prestigio. Riscopriamo insieme la possibilità apartitica e la
volontà
generativa di esprimere la propria opinione e di pretendere il giusto
approccio e la corretta informazione alle tematiche ambientali."
Hanno aderito a titolo personale:
Dario Bossi (Missionario Comboniano)
Guglielmo Cornaviera (Presidente del “Comitato per la difesa dei
diritti dei superstiti del Vajont”)
Italo Filippin (Vicepresidente dell’”Associazione superstiti del
Vajont”)
Giovaniemissione
Luciano Pezzin (Sindaco di Erto e Casso)
Peacelink
Alex Zanotelli (Missionario Comboniano)
e alcuni liberi cittadini del Comune di Erto e Casso