"Diario ha
deciso di dedicare
un'altra inchiesta alla valsusa. Per questo pubblicheremo le
testimonianze,
scritte e fotografiche, che riceveremo. I racconti in presa diretta di
quello
che sta succedendo in valle. Le immagini degli avvenimenti... Aiutateci
a
diffondere questa notizia e a raccogliere il maggior numero di
testimonianze,
anche minute, anche piccole, anche di piccoli avvenimenti (una notte a
un
presidio, una festa, un attacco della polizia...). inviatele a:
Solidarietà
a tutti i compagni
della Valsusa,picchiati dalla zelante sbirraglia al servizio dei
padroni.
Sciopero generale
IL RACCONTO. Il
raid nelle parole
di chi c'era
Gli agenti: "Abbiamo fatto quello che ci è stato ordinato"
dal nostro inviato NICCOLÒ ZANCAN
VENAUS - La signora Donata Martelli è caduta di schiena
nell'erba ghiacciata:
"Per pietà, fermatevi". Era una notte di stelle, limpidissima.
Gli
agenti avevano un incarico assegnato: "Dovete riprendere il controllo
del
territorio". Si sentiva il rumore degli anfibi sull'ultimo tratto di
strada asfaltata. Urla e trattative: "Abbiamo le mani alzate, non
vedete?
Smettetela!". Piedi nel fango. Rumori di scudi. "I fotografi qui non
possono stare", gridavano i poliziotti. Forse avrebbero preferito che
non
vedessero certe scene.
Come quando hanno continuato a prendere a calci la signora che chiedeva
aiuto:
"Ho 45 anni, vivo a San Didero, sono madre di due figli e ho sempre
lavorato. Mi urlavano: "Si rialzi!". Ma intanto mi colpivano".
Oppure quando un ragazzo di 23 anni di Susa, già fermato e
ammanettato perché
aveva tolto il casco a un agente, è stato portato via da tre
poliziotti. E uno
di loro, ancora usava il manganello lungo la strada.
C'era molta preoccupazione fra gli agenti. Molta stanchezza, forse.
Perché a un
certo punto è stato colpito anche il signor Silvano Borgis, 65
anni, operaio in
pensione, presidente dell'associazione alpini di Bruzolo. È
stato manganellato
allo bocca dello stomaco, si è accasciato ma è rimasto
cosciente. La signora
Patrizia Triolo, 39 anni, impiegata della Valsusacar, è stata la
prima ad
essere travolta. Era lì con la giacca a vento, un po' goffa per
il collare che
deve portare dopo un incidente stradale: "Ho cercato di proteggermi con
le
braccia, ma non ho fatto in tempo". Piangeva col sangue sulle labbra:
"Cosa ho fatto di male?".
Alessandro Contaldo, il fotografo di Repubblica, stava facendo il suo
lavoro:
"Istintivamente ho protetto la macchina fotografica al petto. Un
poliziotto mi ha tirato cinque manganellate sulla schiena. Io urlavo:
"Sono un fotografo". E lui: "Benissimo, andiamo a controllare i
documenti". Ma mi stava trascinando verso una zona completamente buia.
Per
fortuna ho incontrato un ispettore che mi ha riconosciuto".
Alle 3,40 del mattino la polizia si è ripresa la valle. Senza
preavviso:
"Abbiamo fatto quello che ci è stato ordinato". Dopo sette
giorni di
tregua e trattative fallite, lo ha fatto con un'azione militare durata
venti
minuti. Seicento agenti contro centocinquanta manifestanti. "In questi
casi purtroppo si verificano sempre degli incidenti - diceva il capo
della
Digos di Torino, Giuseppe Petronzi - è fisiologico. Direi che
comunque sono
stati contenuti".
Alcuni agenti del reparto Mobile di Bologna e Firenze però hanno
perso il
controllo. Uno di loro brandiva due manganelli e colpiva a casaccio.
Altri
hanno preso a calci tre manifestanti che dormivano sotto una tenda. Un
uomo di
quarant'anni cercava di fuggire inciampando nel suo sacco a pelo. E
poi, nella
confusione, c'era Alessio Meyer, 22 anni, studente universitario di
Susa, che
barcollava e si teneva la testa fra le mani: "Stavamo indietreggiando a
braccia alzate, laggiù vicino alla ruspa della polizia. Mi hanno
colpito tre
volte, ho visto donne e anziani travolti. Ho visto un agente, in piedi
sul
caterpillar, che gridava: "Vi schiacciamo tutti!"".
Alle quattro del mattino sono arrivate le autoambulanze. La gente era
ammucchiata in tre punti diversi del pianoro, tenuta sotto controllo da
cordoni
di polizia e carabinieri. Il parroco di Venaus suonava le campane della
chiesa
per chiamare tutti a raccolta. E Nilo Durbiano, il sindaco del paese,
sempre
più solo, sempre più livido, diceva: "Quello che successo
è gravissimo.
Per la dignità delle persone e per la democrazia".
La serata al presidio di Venaus era stata quasi allegra. Panini al
formaggio,
vino rosso, musiche, fuochi. Una televisione sempre accesa per sentire
le
ultime notizie. Il bollettino del settimo giorno di resistenza era
attaccato
sulle pareti della baracca della Pro-Loco: "Tempo sereno, neve che si
scioglie, crescita fangosa con rischio di impantanamenti. Munirsi di
scarpe
pesanti, guanti, sciarpe e giacche impermeabili. Il sunto: affari poco
trasparenti, profitti e uso delle forze dell'ordine. Non è
giusto quello che
stanno cercando di fare". Lele Rizzo, uno degli autonomi che da sette
anni
fa parte integrante della protesta contro la Tav, diceva: "Mi auguro
che
abbiano capito che usare la forza contro questa gente sarebbe un errore
gravissimo. Per certi versi, sarebbe un favore enorme al movimento".
Il favore è arrivato con i lampeggianti azzurri dei blindati e
le torce nei
boschi. Nessun arresto fra le frange eversive, però: ieri notte
non c'erano.
C'era il metalmeccanico Emilio Montaldo, 27 anni, nato e cresciuto a
Susa,
sdraiato in barella: "Stavo bevendo un bicchiere di vino, mi hanno
gettato
contro la finestra del presidio". All'alba, resti di barricate e facce
stravolte. Intorno al nuovo cantiere della Tav, una rete di plastica
arancione.
(7 dicembre 2005)
www.repubblica.it/2005/l/sezioni/cronaca/tav2/rabbiaribelli/rabbiaribelli.html
Bresso: azione
inevitabile, i valsusini non dialogavano
La presidente del Piemonte: ora quella gente mi odia ma non c’era altra
soluzione
l’Intervista
«Guardi, la scorsa notte, saranno state le 3 o le 4, mi sono
svegliata e ne ho
parlato con mio marito: dobbiamo assolutamente trovare una soluzione.
Lassù i
bambini non riescono più ad andare a scuola, i loro padri a
forza di scioperi
rischiano il licenziamento, e poi sta anche arrivando il
Natale...».
Professoressa Mercedes Bresso, proprio mentre lei ci stava pensando,
una prima
soluzione è stata trovata, con l’ausilio di ruspe e manganelli.
«Mi spiace, ne
sono ovviamente preoccupata, ma non si poteva fare altrimenti. Al punto
in cui
si era arrivati, era inevitabile che accadesse, non c’era altra
soluzione». Il
presidente della Regione Piemonte, cattedra universitaria di politica
economica
a Torino, diessina ex ambientalista radicale (era molto tempo fa),
è
sostenitrice convinta della Tav e non ne fa mistero. Capofila di quella
sinistra istituzionale piemontese che in Val di Susa è ormai
considerata peggio
del centrodestra romano. «Lassù io ho preso un sacco di
voti. I valsusini sanno
bene che se non fossi io sarebbe peggio. Al momento mi odiano,
perché sto
interpretando il ruolo del padre che richiama il figlio a certi doveri,
ma
quando tutti avranno smesso di occuparsi di Tav, io sarò ancora
lì a
preoccuparmi per loro».
In attesa del ritorno all’ovile dei valsusini, paternamente la Bresso
spiega
quali sarebbero gli errori commessi dagli esponenti dei Comitati nella
trattativa con il governo. «Abbiamo fatto tentativi di
mediazione, ma con loro
non è facile dialogare. Per arrivare a un ragionevole
compromesso è necessario
che vi sia la disponibilità delle due parti. L’atteggiamento di
tutti invece è
sempre stato improntato allo scontro frontale. La verità
è che in questo
confronto non c’erano via d’entrata e di uscita». La
professoressa Bresso, che
dice di rimanere una ambientalista convinta («Lo sono,
perché non voglio che i
Tir scorrazzino tra le montagne»), trova che sia tutta colpa
della «sindrome
Nimby», l’ormai celebre acronimo di «non nel mio giardino
di casa» usato ormai
ovunque per definire le battaglie ambientali. «Ha colpito anche
in Val di Susa,
appiattendo gli amministratori locali sull’opzione zero, quando era
chiaro che
si trattava di una ipotesi già scartata da tempo. Sia loro che
il governo erano
barriere, una contro l’altra».
La Tav si farà, meglio che i valsusini si mettano il cuore in
pace, dice la
Bresso, echeggiando involontariamente il ministro Lunardi. «Tutte
le altre
opzioni sono sempre state esaminate senza i rappresentanti dalla Valle,
che si
sono rifiutati di prenderle in considerazione. Un atteggiamento che
porta
dritti a quel che è accaduto la scorsa notte». Scusi
professoressa, ma davvero
è convinta che la colpa delle manganellate sia esclusivamente di
chi la ha
ricevute sulla testa? «La gestione dell’ordine pubblico, e la
scelta di forzare
il presidio, dipende dal governo. Ma l’atteggiamento dei comitati non
ha
aiutato chi cercava una soluzione indolore».
Come donna di sinistra, si definisce «ovviamente
amareggiata» per gli scontri.
Come presidente della Regione, non si impressiona più di tanto.
«Ci sono dei
momenti di fallimento della democrazia da cui ci si deve prontamente
riprendere». Ai valsusini che sperano in un cambio della guardia
nazionale per
non rivedere più certe scene, Mercedes Bresso non lascia troppe
illusioni. «Il
centrosinistra avrebbe sicuramente gestito l’intera vicenda in modo
diverso.
Per noi riformisti governare i conflitti significa anche evitare di
esasperare
le situazioni. Ma sempre restando fermi sui nostri principi, senza
cedimenti.
Altrimenti non ci vota nessuno».
Marco Imarisio
Copyright 2005 © Rcs Quotidiani Spa
Nelle prime ore
del 6 dicembre 2005, uomini e donne che presidiavano la propria terra
per impedire l’inizio dei lavori collegati all’alta velocità
sono stati selvaggiamente caricati e sgombrati a Venaus.
Si tratta di una protesta spontanea e di massa, di una valle che si
oppone allo scempio inutile di un’ennesima grande opera, di cui sono
noti gli impatti negativi, ignoti i rischi, ma pericolosamente vaghi e
indefiniti i benefici per la collettività (a parte i destinatari
degli appalti e delle commesse).
La Val di Susa, da sempre valle di passaggio verso la Francia, si
oppone ad essere trasformata in un corridoio desertificato da decenni
di cantiere, si oppone a vedere le sue montagne sventrate per far
passare il raddoppio di una linea ferroviaria già utilizzata
solo al 38% e pretende di poter avere voce in capitolo sullo sviluppo
del proprio territorio.
Nessuna autorità è stata in grado di rassicurare e
convincere i valligiani, nessuna risposta credibile è stata
data. Invece, dopo aver provato ad oscurare la protesta, dopo avere
provato a screditarla con le provocazioni dei pacchi bomba, si cerca di
seppellirla sotto i manganelli e le ruspe.
Venaus, come già Genova, è la prova che qualunque
richiesta di democrazia e di partecipazione reale viene soffocata dalla
repressione.
È la prova che possiamo essere clienti, o sudditi, ma non
è previsto essere cittadini.
Questa democrazia fittizia, in cui ci viene chiesto ad ogni elezione di
scegliere tra due volti sui cartelloni, espressioni dello stesso
modello di sviluppo e di sfruttamento, mostra la sua vera faccia di
poliziotto del capitale e degli affari.
Questa devolution che viene fatta passare per federalismo non sa fare
altro che nascondersi dietro lo spauracchio dell’Europa per imporre con
la forza bruta scelte non condivise.
Solidarietà agli abitanti della Val di Susa, che lottano insieme
per riprendere nelle loro mani il loro territorio, le loro vite e il
loro futuro.
Non vogliamo grandi opere per pochi ma servizi per tutti, treni decenti
e sicuri per i pendolari e i lavoratori e salari adeguati e sicurezza
per i ferrovieri, opere che servano allo sviluppo e non a far tagliare
nastri di inizio lavori a generazioni di politici.
E vogliamo democrazia vera, come quella rappresentata oggi in Val di
Susa da uomini e donne che sono capaci di interrogarsi su cosa vogliono
del loro territorio, che hanno costruito un fronte unitario tra
lavoratori, studenti, sindacati, commercianti, agricoltori e insieme
sono capaci di opporsi a chi è disposto, letteralmente, a
passare sopra i loro corpi pur di realizzare un’opera decisa altrove da
qualcuno che non ha mai visto le loro montagne, da qualcuno per cui la
TAV non è che una linea su un pezzo di carta o su una lavagna
luminosa.
Perché spendere ancora miliaridi di soldi pubblici (pagati da
tutti) per un'opera che permetterà di andare da Torino a Parigi
in 3 ore invece che in 5 ore come avviene oggi?
Chi ci guadagna?
NO TAV
SI' ALL'AUTOGESTIONE e ALLA RESISTENZA!
Federazione dei Comunisti Anarchici
http://www.fdca.it
SOLIDARIETA’ CON
LA POPOLAZIONE DELLA VAL DI SUSA!!
Stamattina, 7 dicembre 2005, un consistente gruppo di attivisti dei
movimenti di lotta napoletani e del sindacalismo di base ha manifestato
la propria solidarietà militante alla popolazione della Val di
Susa.
Attorno alle ore 12 è stato bloccato un Eurostar in partenza per
Roma mentre venivano distribuiti volantini ai passeggeri ed a tutti
coloro che sostavano nella Stazione Centrale. Dopo questa azione di
propaganda i compagni si sono recati nell’atrio della Stazione Centrale
dove è continuata la propaganda e la controinformazione contro
l’affaire/TAV. La Mobilitazione continuerà nei prossimi giorni
fino all’appuntamento nazionale del 17 Dicembre.
TESTO DEL VOLANTINO DISTRIBUITO:
Ancora una volta la sacrosanta protesta di una intera popolazione
contro un opera faraonica, dannosa per la salute delle popolazioni, che
distrugge il territorio, che non risolve il problema dei trasporti
è stata attaccata e repressa dalla polizia su ordine del governo.
La TAV (la cosiddetta linea ad Alta Velocità), come la
costruzione del maxi-Inceneritore di Acerra o come il faraonico
progetto del Ponte sullo Stretto di Messina sono un colossale affare
per politici, ditte costruttrici e per i loro clan di riferimento.
Tutto ciò mentre le Ferrovie e Treni Italia penalizzano il
trasporto per i pendolari, per i lavoratori peggiorando quotidianamente
la qualità del servizio. Del resto, in questi anni, mentre i
Governi hanno continuato a tagliare le spese sociali le Ferrovie hanno
licenziato, privatizzato ed esternalizzato numerosi servizi
privilegiando, esclusivamente, le grandi opere speculative e le
operazioni di facciata.
ORA BASTA!!
• Esprimiamo il nostro appoggio alla lotta NO TAV!!
• Fermiamo l’azione degli speculatori e degli affaristi!!
• Difendiamo il territorio, la salute, i diritti e le nostra condizioni
di vita!!
NO TAV - Napoli
No TAV
I Comunisti Italiani sono a fianco della popolazione della Val Susa,
che resiste contro il progetto TAV.
Il movimento popolare che si è creato in questi gioni, e la
solidarietà che ha riscosso in tutta Italia devono fare
riflettere. Viviamo in un mondo dove le scelte economiche sembrano
immutabili per “diritto divino”, il popolo della Val Susa ha dimostrato
che si può dire NO, che si pùo fermare un sistema fondato
sulla mercificazione dell’uomo e del territorio. La loro battaglia
è difficile, hanno quasi tutto l’arco parlamentare contro, sono
attaccatti e insultati su tutti i gionali e su tutte le televisioni, ma
questa gente va avanti! Li chiamano pazzi, perché difendono il
loro territorio. Questo movimento è una dimostrazione di come le
forze sociali possono provare a piegare le forze politiche–economiche.
I Partiti della sinistra devono difendere le istanze di queste
popolazioni, sono le istanze di migliaia di lavoratori e lavoratrici,
pensionati e giovani.
Denunciamo la manovra repressiva del governo attraverso polizia e
carabinieri mandati a smobilitare la protesta. Manganelli, caschi e
scudi, botte e denuncie, si ripete ancora una volta un triste carosello.
No alla repressione
Solidarietà con la popolazione della Val di Susa
No TAV
Per uno sviluppo condiviso e popolare del territorio
Coordinamento Cittadino-Partito dei Comunisti Italiani-Bologna
sezione_impastato@yahoo.it
www.100passi.splinder.com
che resistono e
lottano contro le aggressioni ai propri territori e contro le violenze
di uno Stato che di fronte alle legittime richieste delle popolazioni e
del territorio conosce solo la forza delle cariche della polizia. E’
evidente il tentativo in atto di trasformare il dibattito politico
sulla difesa dei territori, sul diritto alla salute e alla difesa della
qualità della vita in problema di ordine pubblico. Ed è
evidente che le forze politiche di governo e di opposizione non
riescono a dare risposte adeguate alle richieste legittime delle
popolazioni.
Ribadiamo quindi insieme il nostro no alla devastazione dei territori
Solidarietà alla lotta della Val di Susa
NO-TAV NO-PONTE
Cooordinamento NoPonte
si é
svolto un presidio e un volantinaggio in solidarietà alla
protesta contro i treni ad alta velocità (TAV) in corso in Val
Susa. Il presidio denunciava inoltre il violento sgombero della polizia
italiana operato nel corso della notte di lunedi (03.00). Una trentina
i partecipanti che hanno distribuito volantini e hanno consegnato un
comunicato di denuncia al console italiano
TAV (Treni ad Alta Velocità) IN VAL SUSA: IL SISTEMA ECONOMICO
GLOBALIZZATO DEVASTA E REPRIME, I POPOLI RESISTONO! STOP TAV!
Durante la notte (verso le 3 di mattina) un presidio di abitanti della
Val Susa, contrari alla devastazione ambientale e sociale che
porterà la costruzione del tratto ferroviario del treno ad alta
velocità Torino - Lione, è stato brutalmente sgomberato
dalla polizia italiana. Al grido del questore Sanna “vi massacriamo, vi
massacriamo” un migliaio di agenti si è abbattuto sui valligiani
dormienti, in gran parte donne e anziani, provocando decine di feriti.
Dopo i massacri di Genova e la dura repressione subita dal movimento
italiano, iniziata dal governo D’Alema e proseguita dal governo
Berlusconi, quello odierno è un ennesimo tentativo di placare la
protesta civile di buona parte della popolazione che si ribella e
intralcia gli interessi neoliberisti.
Lo stravolgimento della rete di collegamento della valle significa la
dispersione dell’amianto presente in grande quantità nel
terreno, nonché la divisione della stessa e un costante
inquinamento acustico causato dai vent’anni di lavoro previsti e dal
successivo traffico ferroviario, giustificati unicamente in nome di
un’ingannevole libertà di consumo e di spostamento.
Perché la lotta degli abitanti della Val Susa è anche la
nostra lotta!
Una lotta contro le logiche del capitale che si disinteressano delle
necessità delle collettività, perseverando nel progetto
di devastazione ambientale, di concentrazione di potere e denaro nelle
mani di pochi eletti.
Mentre barricano le frontiere in nome della sicurezza, ci illudono che
il nostro futuro sarà di facili spostamenti e di fasulla
libertà di circolazione, omettendo però che solo pochi
privilegiati del piccolo mondo occidentale potranno beneficiarne, a
scapito di una grande maggioranza.
Queste politiche trovano spazio anche alle nostre latitudini:
l’abolizione del divieto di circolazione dei camion di 40 tonnellate, i
tagli previsti al personale delle FFS cargo, il mancato rispetto
dell’indicazioni popolari che volevano lo spostamento del traffico
pesante su ferrovia entro il 2004 (iniziativa delle Alpi), la
costruzione della superstrada Stabio Giaggiolo, della galleria Vedeggio
Cassarate e la variante 91 sul Piano di Magadino sono esempi di nefaste
politiche dei trasporti, che privilegiano unicamente l’aspetto
monetario rispetto alla conservazione del patrimonio ambientale.
Prendiamo esempio dalla lotta popolare della Val Susa che coinvolge
anziani/e, bambini/e, studenti/tesse, lavoratori/trici e autonomi/e
che, anche dopo l’intervento repressivo, si sono riversati uniti nelle
strade della regione e di tutta Italia per rivendicare un mondo
più giusto e degno!
Al ricordo di Sole e Baleno, suicidati dallo stato e senza dimenticare
Marco Camenisch rinchiuso in carcere per lotte simili, si aggiunge la
solidarietà ai feriti di stanotte e tutto il nostro appoggio a
chi ancora oggi ha il coraggio di ribellarsi e lottare!
Già
ieri altri compagni hanno presidiato la stazione di Trento in
solidarietà con la Val Susa, distribuendo un altro testo.
Riporto quì sotto il testo distribuito, invece, ieri pomeriggio,
tra le due città, e oggi nella sola Rovereto.
LA POLIZIA ATTACCA, LA VAL SUSA RESISTE
Con ruspe e manganelli, a Venaus in Val Susa, le forze dell’ordine
hanno sgomberato il presidio che per giorni ha impegnato la popolazione
valsusina e tutto il movimento NO TAV. Su quel prato, in base agli
interessi dei grandi gruppi industriali e finanziari, italiani ed
europei, devono iniziare i sondaggi del terreno, ossia si deve far
partire il cantiere per la costruzione della linea ferroviaria per i
Treni ad Alta Velocità, ossia bisogna, semplicemente, dar avvio
alla devastazione della valle. Su quello stesso prato la popolazione ha
deciso di opporre la propria resistenza. Donne e uomini, anziani e
bambini, studenti ed operai, tutti gli abitanti di quelle terre hanno
riconosciuto in quelle ruspe l’avanzata di quel progresso che nulla
porta se non inquinamento e alienazione, cemento e solitudine, miseria
e valigette ventiquattrore.
Sono falliti i tentativi di mediazione a suon di sorrisi e “dialogo
democratico”. Sono risultate vane le manovre per spaccare il fronte
d’opposizione, insinuando l’esistenza di “terroristi infiltrati” tra i
comuni oppositori all’Alta Velocità. Così allo Stato non
resta altro che metter via la carota e mostrare il proprio vero volto:
l’imposizione con la violenza degli interessi dei ricchi.
E allora il vice-questore Sanna, fino ad un attimo prima gentile ed
educato con i manifestanti, sale su una ruspa e col megafono strilla ai
suoi uomini “Uccideteli! Uccideteli!”, sfondando le barricate costruite
nei giorni scorsi; i poliziotti manganellano, tirano calci e pugni a
chiunque gli capiti a tiro; le forze dell’ordine impediscono alle
ambulanze di arrivare sul luogo delle cariche.
E allora la Val Susa risponde con la determinazione che da tempo la
contraddistingue. Così le fabbriche si fermano. Tutte. Molti
altri operai di Torino, giù in città, si rifiutano di
andare al lavoro facendo salire ad una ventina il numero di
stabilimenti in sciopero, senza contare quelli in valle. Gli studenti,
anche loro scioperano e manifestano il proprio dissenso in piazza. I
vigili del fuoco si rifiutano di partecipare allo sgombero. La gente
blocca la linea ferroviaria, le statali e l’autostrada che gia spaccano
in due la valle. Le automobili comunali, con altoparlanti, girano per
le vie dei paesi spiegando l’accaduto e chiamando tutti a scendere in
strada. Suonano persino le campane. “A sarà dura”, gridano
ancora sorridenti i valsusini, come monito e sbeffeggio per trivelle e
truppe di occupazione.
Quel progresso, con le sue ruspe, è lo stesso che qui in
Trentino porta continui licenziamenti, che ci impone un inceneritore,
una fonte di morte per non-risolvere il problema dei rifiuti che sempre
più ci franano addosso, che devasta le valli ed i suoi boschi
per far spazio a nuove piste da sci per nuovi turisti, che espelle gli
immigrati e gli indesiderati. Che una grande sveglia risuoni anche tra
i pendii delle Alpi orientali. E che le ruspe cambino di campo e si
voltino in direzione ostinata e contraria.
SOLIDARIETA' ATTIVA CON LA VAL SUSA IN LOTTA
FERMARE LE NOCIVITA'
FERMARE LO STATO
alcuni solidali delle Alpi orientali