homepage |
palestina |
i
crimini israeliani giorno per giorno |
internazionale |
Primo intervento
Campagna Palestinese contro il Muro dell'Apartheid
Ramallah, 7 Settembre 2006 - Come Campagna Palestinese contro il Muro
dell'Apartheid siamo sgomenti nel constatare che la Biennale di Venezia di
quest'anno si presta come piattaforma per la glorificazione di crimini di
guerra e conquiste militari-coloniali, mascherate come opere d'arte.
Il padiglione di Israele all'interno della sezione "Biennale Architettura"
mostra un terrificante connubio di violazioni dei diritti umani, del diritto
internazionale e delle più fondamentali norme etiche dell'arte del secondo dopo
guerra mondiale.
Gli oggetti espositivi della mostra "LIFE SAVER - Typology of Commemoration in
Israel - Architecture and Society" includono una rappresentazione del
"Memoriale alla Brigata Negev" ed del "Museo della storia del Palmach".
Palmach, forza sionista paramilitare e terroristica vietata addirittura dalle
autorità britanniche, concepiva ed eseguiva gran parte degli attacchi contro i
513 villaggi palestinesi distrutti e spopolati nel 1948 durante la "Nakba".
Quest'ultima era alla base della formazione dello stato d'Israele e ha
comportato l'espulsione di oltre 800 000 Palestinesi. La brigata Negev, creata
dal Palmach e ora parte dell'esercito israeliano d'occupazione, all'epoca
eseguì la pulizia etnica dell'antica città palestinese di Ramle e si occupò
dell'espulsione di oltre 110 000 beduini dal deserto del Negev.
Nonostante la mostra continui a glorificare gli "eroi" dei servizi segreti
israeliani con una riproduzione del "museo nazionale dei caduti dei servizi
segreti israeliani", non si possono e devono dimenticare le "esecuzioni
extra-guidiziali" e le torture che questo corpo israeliano ha commesso e sta
commettendo quotidianamente non solo contro la popolazione palestinese.
Alla mostra, per tutti coloro che si interessano di violazioni del diritto
internazionale e delle risoluzioni dell'ONU, è presente anche una
rappresentazione del "Memoriale di Ammunition Hill per la Guerra dei Sei
Giorni", costruito su terra occupata nel '67. Ammunition Hill da allora è sito
della colonizzazione sionista di Gerusalemme. Più emblematici sono gli edifici
delle due prefetture della polizia israeliana, costruite su terre Palestinesi
occupate, confiscate ed annesse. Assieme ad altre colonie, Ammunition Hill
forma un doppio cordone di insediamenti ebraici che soffocano la presenza
palestinese nella loro capitale, derubando spazio abitativo e agricolo.
Gli insediamenti coloniali israeliani, creati per solo ebrei su terra
palestinese occupata, espongono in modo particolarmente evidente l'uso militare
e razzista dell'architettura all'interno delle politiche israeliane. Ad oggi,
il progetto delle colonie israeliane - che si espande a macchia di leopardo sui
campi e fra i villaggi palestinesi - trova il suo massimo completamento nella
costruzione del Muro dell'Apartheid. Il progetto del muro mira a confiscare
circa il 48% della Cisgiordania, rinchiudendo letteralmente in ghetti, dietro
filo spinato o muri di cemento alti fino a 9 metri, le comunità e città
palestinesi.
Ironicamente - mentre nel padiglione israeliano si celebrerà l'uso coloniale,
razzista e militare dell'architettura fino al 19 Novembre - dal 9 al 16 di quel
mese, in oltre 30 paesi del mondo, movimenti e organizzazioni si mobiliteranno
per la 4° settimana nazionale ed internazionale contro il muro dell'Apartheid.
Nella mostra, la funzione di legittimazione di un ethos sociale, culturale e
artistico sionista basato sulla guerra continua contro la popolazione indigena
viene addirittura espresso nella presentazione ufficiale dell'evento: "La
giustificazione delle guerre israeliane legittima la perdita di vite nel
passato e la loro possibile perdita nel futuro; la continuazione della
cooperazione incondizionata fra l'establishment militare e di difesa e il
cittadino individuale." Quello che viene omesso è che questa incondizionata
complicità di tutte le aree della società israeliana nei crimini di guerra
contribuisce soprattutto alla perdita di vite da parte delle popolazioni
oppresse, occupate ed espulse. Quello che non viene commemorato sono 60 anni di
espulsione, uccisione e occupazione del popolo palestinese alle mani dello
stato d'Israele. Difatti, nella presentazione ufficiale è così citato: "La
creazione di questi edifici e il loro disegno architettonico conferma miti
esistenti e normative sociali all'interno del contesto particolare della
società israeliana". Nel mito della terra senza popolo, la popolazione indigena
palestinese viene esclusa e negata con la stessa determinazione con la quale
gli strateghi politici pianificano la nostra sparizione dietro muri di cemento.
E' semplicemente coerente che il governo israeliano abbia scelto di esporre una
mostra di questo tipo, visto che si fonda su questi miti e glorificazioni
quanto sulla sua economia di guerra vera e propria.
Non sorprende nemmeno che oltre al governo israeliano, l'Agenzia Ebraica
Nazionale/ KKL abbia sponsorizzato questo evento. Quest'ultima, lungi da essere
una "agenzia", è di fatto un'istituzione para-statale sionista che sin dalla
sua nascita ha contribuito al furto delle terre palestinesi, all'espulsione
degli abitanti da queste terre e alla loro conseguente colonizzazione ebraica.
Ci rifiutiamo, però, di pensare che i valori culturali e morali dell'Italia
siano conciliabili con questa mostra. Crediamo che sia doveroso da parte degli
organizzatori della Biennale prendere coscienza che una cooperazione con lo
stato israeliano significa complicità e propaganda per l'occupazione e
l'espulsione dei palestinesi dalla loro terra. Nessun evento potrebbe dare
maggiore visibilità della mostra stessa. Insieme a varie altre organizzazioni
di accademici e architetti palestinesi1 chiediamo quindi l'immediata
cancellazione del padiglione. Non chiediamo una mostra "soft" che nasconda le
verità espresse nell'allestimento attuale ma un rifiuto di presentare
l'architettura israeliana fino a quando queste sono - come sottolineato dai
curatori - le espressioni fondamentali.
Chiediamo al mondo culturale, accademico ed alla società civile italiana di
mobilitarsi ed opporsi a questo abuso di spazi culturali al servizio
dell'Occupazione.
Oltre 170 organizzazioni della società civile palestinese si sono uniti in un
appello per il boicottaggio, il non investimento e le sanzioni contro Israele
il 9 Luglio del 2005; in questa data ricorre il primo anniversario della quasi
dimenticata decisione della corte Internazionale dell'Aja che ha chiesto lo
smantellamento del Muro. Chiediamo che le persone e le organizzazioni di
coscienza si uniscano in questa occasione per dare vita ad una campagna che
almeno ottenga lo smantellamento di questo padiglione, per cominciare ad
abbattere la complicità internazionale con la retorica e la realtà di
occupazione, apartheid ed espulsione.
Campagna Palestinese contro il Muro dell'Apartheid - www.stopthewall.org
Riwaq - Centre for Architectural Conservation,
Society of Palestinian Architects,
Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel (PACBI),
Palestinian Engineers Association - Jerusalem Center
Secondo intervento:
Lettera agli Organizzatori della 10a Mostra Internazionale di Architettura alla
Biennale di Venezia
Settembre 3, 2006
Noi, gruppi e associazioni sottoscritti, chiediamo che la Biennale di Venezia
cancelli la mostra israeliana intitolata "LIFE SAVER - Typology of
Commemoration in Israel - Architecture and Society" per le seguenti ragioni:
La partecipazione israeliana è patrocinata dallo stato di Israele, uno stato
che continua contro tutte le leggi internazionali e le risoluzioni dell'ONU a
occupare la Cisgiordania e la striscia di Gaza; a negare il diritto al ritorno
dei profughi Palestinesi; a condurre una guerra giornaliera contro i bambini,
gli uomini e le donne Palestinesi, contro le loro case e i loro mezzi di
sostentamento.
Lo Stato di Israele è ancora impegnato in una guerra contro il Libano che è
iniziata meno di due mesi fa e che ha portato alla morte di oltre mille
libanesi, alla distruzione di infrastrutture, strade, edifici, ponti, impianti
elettrici e migliaia di case, e alla negazione del diritto alla istruzione di
migliaia di ragazzi libanesi che non possono frequentare il nuovo anno
scolastico perchè le loro scuole sono state distrutte.
Gli architetti, gli ingegneri e gli urbanisti israeliani sono completamente
coinvolti nella pianificazione e nella realizzazione d un sistema di
oppressione e controllo che è iniziato con l'appropriazione e la confisca di
terre a partire dal 1948, e continua oggi nella Cisgiordania e nella striscia
di Gaza costruendo colonie e bypass roads illegali e il Muro dell'Apartheid.
Nella mostra non c'è alcun accenno ai 418 villaggi palestinesi distrutti e
cancellati dalla memoria come risultato della creazione dello Stato di Israele;
né vi è alcun riconoscimento dei 750,000 Palestinesi cacciati dalle loro case,
che insieme ai loro figli e nipoti continuano a essere profughi, ai quali è
impedito di tornare nelle loro case fino ad oggi.
La mostra contiene modelli di monumenti che commemorano sia le vittime
dell'Olocausto sia i soldati uccisi nelle varie guerre israeliane dal 1948.
La storia dell'Olocausto e delle sue vittime ebree è così confusa con la storia
coloniale israeliana e con la morte dei soldati uccisi mentre invadevano,
occupavano e annettevano terre arabe.
Tula Amir, la curatrice scrive nella introduzione della mostra:
"La giustificazione delle guerre di Israele legittima la perdita di vite nel
passato e di quelle possibili in futuro; la continuazione di una cooperazione
senza condizioni tra l'apparato militare del paese e i suoi cittadini; e una
non equivoca intesa comprensione che questa lotta è il solo mezzo per la
sopravvivenza di Israele."
Questo paragrafo può essere letto come una critica di questo tipo di
architettura; ma il fatto che sia espresso a questo livello, meno di un mese
dopo che Israele è passata per un altro dei suoi cicli di distruzione, è una
celebrazione di tutto ciò.
Il tentativo di sezionarlo e di analizzarlo in una maniera astratta dal punto
di vista architettonico non è convincente. Non c'è nulla nelle parole della
curatrice che possa essere visto come un modo di esaminare il passato di
Israele o di tentare di trarre una lezione da tutta la sua storia sanguinaria.
Tutta la mostra mette in evidenza Israele come uno stato vittima, costantemente
sotto attacco e in pericolo, cosicché le guerre possono essere giustificate e
acquisire legittimità. Il titolo "Life saver; typology of commemoration in
Israel" serve solo a enfatizzare questo fatto.
E' incredibile che la Biennale di Venezia, una manifestazione internazionale di
arte e architettura, di civilizzazione e di progresso della umanità, possa
fornire spazio per una così evidente giustificazione e commemorazione del
genocidio, della guerra e dello spargimento di sangue.
Noi quindi vi chiediamo di cancellare questo evento, la cui inclusione
segnerebbe l'intera Biennale.
* Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel (PACBI)
* The Palestinian Engineers Association - Jerusalem Center
* Society of Palestinian Architects
* RIWAQ, Centre for Architectural Conservation