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Osservazioni su un reportage non del tutto convincente di Giuliana Sgrena dal Libano

                            di Walter Lorenzi *

   Il reportage di Giuliana Sgrena del 6 gennaio su ?Il Manifesto?, dal    titolo ?l?incerto bilancio del Libano Italiano?, proietta alcuni
   squarci di luce sull?attuale operazione di ?Peacekeeping? del governo
   Prodi in terra libanese.

   L?approccio della Sgrena al contesto è indubbiamente benevolo e    positivo, anche se nel passaggio che dovrebbe in qualche modo far
   apparire al lettore l?operazione ?Leonte? diversa dalle precedenti    missioni berlusconiane si imbatte subito in alcune evidenti
   contraddizioni.

   Cosa differenzia questa operazione dalle recenti avventure irachene e    dal fronte afgano?

   Dice la Sgrena???accompagnare, senza confonderli, la missione di    peacekeeping con un forte impegno di cooperazione civile per
   l?emergenza?. Prosegue poi riconoscendo che, ?in termini di    finanziamenti non c?e? paragone: 180 milioni di euro per i primi 4
   mesi di dispiegamento dei militari e 30 milioni per 1 anno di    cooperazione ??? Considerando i costi elevatissimi di una presenza
   militare all?estero, lo scarto tra civile e militare alla fine del    2007 sar?  enorme.

   Cifre alla mano non riusciamo quindi a capire dove la Sgrena veda il    ?capovolgimento? di logica (come lei lo chiama) tra l?avventura
   irachena e quella attuale nel paese dei cedri.

   Andando avanti nella disamina del progetto di ?portare la pace? nel    Sud Libano emergono i molti dati di difficolt?  nell?avvio della parte
   ?civile? dell?operazione, definita ?componente indispensabile per far    digerire almeno ad una parte consistente del mondo pacifista una nuova
   spedizione militare all?estero?.

   Vengono così fuori nuove cifre: sui 30 milioni di euro per la    cooperazione 25 sono per ONG, cooperazione diretta e multilaterale, 5
   al governo centrale per la ricostruzione di infrastrutture.

   Senza citarlo, torna funesto il ricordo della ?missione arcobaleno? in    Kosovo, quando un po? di dirigenti della cooperazione finirono nelle
   patrie galere per aver rubato miliardi di aiuti destinati alle    popolazioni, bombardate per 78 giorni nell?operazione di
   ?peacekeeping? dell?allora governo D?Alema.
   L?esperienza insegna, sembra dire oggi la pratica del ?nuovo? governo    di centro sinistra! Infatti, la viceministra agli Esteri Patrizia
   Sentinelli ha messo intorno ad un tavolo ?non solo funzionari della    cooperazione, ma anche associazioni e movimenti, che insieme hanno
   coordinato le linee guida dell?intervento civile in Libano?. Una    ?gestione partecipata?, come sostiene Sergio Bassoli, di Progetto
   sviluppo della CGIL.

   Saremmo curiosi di sapere quali ?movimenti? e rappresentati da chi si    sono messi intorno a quel tavolo.
 
   In attesa di risposte sull?argomento, proseguiamo sulla falsariga    della Sgrena, la quale evidenzia altri conti che non tornano: non si
   capisce bene come verranno ripartiti i 25 milioni di euro stanziati    per i cooperanti, quali sono i costi per il Ross, l?ufficio tecnico di
   Beirut (ma la missione non è nel Sud Libano?) gestito da tal Paolo    Bononi, perché gli interventi sono stati finanziati a pioggia e non
   in forma ?consortile?, dato che subito dopo i bombardamenti    israeliani, mentre la polvere non si era ancora posata sul terreno, le
   ONG presenti nel martoriato paese passavano da dieci ad alcune decine:
   35 i progetti presentati ad oggi

   Di fronte a questi dati non capiamo quali siano le ?buone intenzioni?    che la Sgrena vede in questa vera e propria ?corsa al soccorso
   postbellico?.

   Nel lungo reportage, comunque utile nonostante l?approccio    ingiustificatamente benevolo, mancano infine alcuni dati salienti che
   potrebbero far venire alla luce il motivo politico che ha dato il via    all?attuale, invereconda ?corsa alla cooperazione? di tante ONG,
   alcune delle quali probabilmente costruite in questi mesi ?ad hoc?  da    organizzazioni giovanili in quota ai partiti della ex ?sinistra
   radicale?.

   Ad un certo punto, nella descrizione dell?approccio da tenere da parte    dei cooperanti italiani nelle zone dove è passata la furia
   israeliana, si cita l?obiettivo di ???ricreare un clima di    pacificazione attraverso la ricostruzione ambientale e del tessuto
   sociale nelle zone più colpite dal conflitto? attraverso    ?tutor??incaricati di seguire in loco i progetti?.

   Qui la Sgrena non si occupa del ?loco?, trasformando il suo in un    contributo unilaterale, tutto rivolto ad una polemica pur utile ma
   interna, ?italiana?, clamorosamente insufficiente rispetto alla posta    in gioco nel Sud Libano.

   ?In loco? operano dal 1982 le milizie della resistenza, organizzate    soprattutto da Hezbollah, dalla sinistra libanese, dai combattenti
   palestinesi dei campi profughi.    Trasformatesi nel tempo in veri e propri eserciti popolari ed in    organizzazioni politiche rappresentate in parlamento e nel governo,    queste milizie, capaci nel luglio agosto del 2006 di fermare    l?esercito israeliano e di imporre uno stop provvisorio al suo
   deterrente bellico, si sono attivizzate in ogni angolo del paese per    la ricostruzione, organizzando i civili nelle opere edili, finanziando
   i lavori, ricostruendo il tessuto sociale sfrangiato dai bombardamenti    e dagli assalti dell?esercito sionista.

   Ho fatto parte della delegazione che anche nel settembre dello scorso    anno ha ricordato in terra libanese la strage di Sabra e Chatila.

   Durante i nostri spostamenti abbiamo avuto occasione di vedere con i    nostri occhi, a pochi giorni di distanza dalla fine dei bombardamenti,
   queste ?truppe civili di ricostruttori libanesi? all?opera da Tiro a    Bint Gubail, da Kiam a Sidone, da Baalbek a al ? Nabatiyya .

   Nel Sud del Libano, per la particolare struttura amministrativa    retaggio del colonialismo francese, ma soprattutto per precisa
   volont?  politica, il ?governo centrale?, (al quale sono stati    consegnati ben 5 milioni di euro italiani per la ricostruzione delle
   infrastrutture) non solo non esiste , ma è considerato un corpo    estraneo e nemico dai sindaci e dagli amministratori di Tiro, Sidone,
   Kiam e delle altre citt? . Alcuni di loro, durante gli incontri    ufficiali con la nostra delegazione, ci hanno espresso la rabbia ed il
   disappunto per il dirottamento degli aiuti dal Sud a Beirut, operato    dal governo Siniora nei giorni immediatamente successivi alla fine dei
   bombardamenti.

   L?attuale primo ministro del governo libanese, assediato da alcune    settimane nel palazzo da migliaia di manifestanti, è stato per anni
   ministro delle finanze di Rafik Hariri negli anni della sfrenata    speculazione edilizia che ha stravolto l?immagine di Beirut, creando
   le condizioni di un indebitamento pauroso del paese.

   Siniora ed il suo governo, invisi ai milioni di libanesi scesi in    piazza in questi mesi, trova invece l?appoggio totale ed
   incondizionato del governo Prodi, muovendo le sue pedine    nell?incandescente scacchiere attraverso scelte di campo ben precise,
   evidenziate a più riprese dai suoi viaggi nel paese dei cedri e dalle    dichiarazioni del ministro degli Esteri D?Alema, il quale recentemente
   ha affermato che il nostro paese è senza indugi al fianco di Israele    nella sua lotta contro le organizzazioni ?estremiste? presenti nella
   Regione.

   In questo contesto si capisce ancora di più il disagio di alcuni    ?esponenti di movimento italiani?, (probabilmente facenti parte del
   ?tavolo di consultazione? messo su dalla viceminista Sentinelli),    durante l?importantissimo ?Incontro internazionale in appoggio alla
   resistenza? promosso dal Partito Comunista Libanese, da Hezbollah e da    altre forze sociali e politiche libanesi nel novembre scorso,
   organizzato allo scopo di rompere il muro di disinformazione e    ostilit?  creato ad arte ed in piena funzione soprattutto in Europa
   occidentale. Ho avuto modo di constatare di persona il disagio ed il    disappunto dei ?nostri? per la riuscita dell?incontro, per il quale
   alcune centinaia di delegati si sono mossi da tutto il mondo con    l?obiettivo di dare appoggio e solidariet?  alla Resistenza libanese

   Tutto questo manca nel report della Sgrena, e non sono questioni di    lana caprina, sottintendendo una ?scelta di campo? generale nelle
   politiche d?intervento del nostro ?sistema di peacekeeping? in    territorio libanese.

   I voraci cooperanti italiani dovranno fare i conti con i ?tutor? della    resistenza libanese, abituati a difendersi da ben altri attacchi alla
   loro indipendenza ed autonomia.    Ad un giornalismo coerente spetta il compito di essere esaustivo nella    descrizione di un contesto.

   A noi l?arduo obiettivo di smascherare, di fronte ai sempre più    tartassati contribuenti italiani, l?uso politico che viene fatto delle
   immense risorse economiche destinate, con l?ultima finanziaria,  a    coprire le spese dell?industria bellica nazionale e delle italiche
   ?campagne d?Africa? del XXI secolo.

   *Delegato per il Comitato nazionale per il ritiro delle truppe
   italiane all?incontro internazionale di Beirut del 16-19 novembre 2006

   [1]www.disarmiamoli.org  [2]info@disarmiamoli.org

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