19 Giugno 2008
CONTRO LA BARBARIE DELL’IMPERIALISMO
AL FIANCO DEI RIVOLUZIONARI PRIGIONIERI
Il 19 Giugno del 1986, nelle carceri peruviane di Luringancho, El
Callao e El Fronton, vennero massacrati circa 300 prigionieri politici
appartenenti al Partito Comunista del Perù (Sendero Luminoso) e
all’Esercito Popolare di Liberazione. Da allora, per gran parte del
movimento comunista internazionale, la ricorrenza del 19 Giugno
costituisce la Giornata Internazionale del Rivoluzionario Prigioniero,
nella quale stringersi al fianco di tutti i detenuti politici che
resistono nelle galere dell’imperialismo e della borghesia.
Nella attuale fase di crisi economica-sociale del capitalismo
internazionale e di conseguente sviluppo della tendenza alla guerra,
condotta attraverso l’oppressione coloniale, gli embarghi e
l’accerchiamento diplomatico-militare, la questione della prigionia
politica riveste posizione centrale.
Essa infatti costituisce un’arma fondamentale dell’imperialismo nei
paesi occupati per tentare di soffocare la lotta di liberazione dei
popoli oppressi. Lo dimostrano gli undicimila palestinesi nelle carceri
sioniste, i settantottomila iracheni nelle mani dell’occupante e dei
suoi servi, l’indefinito numero di prigionieri in Afghanistan, nella
cui capitale peraltro si sta costruendo un nuovo carcere per
“terroristi” finanziato dal governo italiano.
Ma le politiche di guerra non sono rivolte solo all’esterno, al fine di
mantenere e allargare il dominio imperialista, in particolare quello
degli Usa, ma anche all’interno, con l’affinarsi delle strategie e
degli strumenti della controrivoluzione preventiva, con la repressione
politica e sociale e attraverso la mobilitazione reazionaria.
Dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, con la proclamazione da parte
della borghesia statunitense della guerra al cosiddetto terrorismo, si
è assistito non solo ad una campagna di barbariche aggressioni
militari sul piano internazionale, ma anche ad un rimodellamento del
sistema penale e penitenziario sia negli stati imperialisti di vecchio
e nuovo corso, sia nei paesi asserviti del Tricontinente, volto a
schiacciare ogni fenomeno politico di opposizione reale e a
disciplinare le classi oppresse di fronte all’intensificarsi dello
sfruttamento. All’apice di questa vera e propria guerra interna, vi
è la prigionia politica, attraverso la quale le classi dominanti
puntano principalmente a stroncare le realtà organizzate che
minacciano strategicamente il loro potere.
Il cerchio si chiude simbolicamente con la galera extraterritoriale e
mondializzata di Guantanamo, nella quale vengono deportati militanti
antimperialisti canadesi e afgani, pakistani e australiani, ovvero
catturati in zone di guerra, ma anche prelevati spesso con operazioni
coperte dei servizi segreti, nelle “democratiche” metropoli
dell’Occidente.
Infatti, i protagonisti di tale processo di guerra e reazione sono gli
stati imperialisti fra i quali spicca il ruolo dell’Italia, unico paese
presente con le proprie truppe di occupazione in tutti i fronti della
lotta al “terrorismo” e nelle cosiddette aree di crisi, cioè in
Afghanistan, in Libano, in Palestina, nei Balcani, nel Darfur e tuttora
in Iraq con gli addestratori della Nato.
A questo livello di guerra esterna, corrisponde un attacco interno
sempre più frontale e massiccio al movimento di classe e
rivoluzionario soprattutto con l’utilizzo del reato di associazione
sovversiva a scopo terroristico, l’articolo 270 bis del codice penale.
Oramai mensilmente militanti comunisti, anarchici e immigrati islamici
vengono arrestati e rinchiusi nelle sezioni carcerarie di Alta
Sorveglianza ed Elevato Indice di Vigilanza, dove sono praticati
l’isolamento, la censura e restrizioni di ogni genere. Condizioni
ancora più pesanti sono previste nel regime regolato
dall’articolo 41 bis o.p., a cui sono sottoposti attualmente due
militanti delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista
Combattente e altri due compagni rivoluzionari arrestati nelle medesima
inchiesta. Il 41 bis impone addirittura che il prigioniero possa
seguire il processo solo in video-conferenza dalla gabbia: un chiaro
tentativo di privarlo della propria identità politica e di
impedire che essa possa interferire nelle gestione del rito giudiziario
portato avanti dallo stato.
Nel nostro paese è in corso inoltre una ristrutturazione
carceraria volta appositamente alla carcerazione di prigionieri
rivoluzionari e antimperialisti. Presso la galera di Siano-Catanzaro
è stata aperta una nuova sezione a Elevato Indice di Vigilanza
dove sono stati posti otto compagni comunisti e dove sono destinati
alla reclusione anche gli arrestati del 12 febbraio 2007 ancora
detenuti. Anche nel carcere di Benevento è stato aperto un nuovo
braccio a Eiv, stavolta atto a imprigionare detenuti islamici, una
sorta di Guantanamo tutta italiana nella quale sono rinchiusi cinque
algerini, due iracheni, un egiziano, un tunisino e Khaled Hussein,
l’anziano militante palestinese condannato per l’azione dell’Achille
Lauro.
Appare dunque palese come la questione della prigionia politica sia
oggettivamente centrale nello scontro in atto a livello internazionale
e nazionale. In particolare, nei paesi imperialisti, essa costituisce
la manifestazione più diretta della natura controrivoluzionaria
dello stato e delle strategie complessive, fatte di repressione,
controllo sociale e mobilitazione reazionaria, che il regime borghese
concretizza là dove gli spazi di integrazione del proletariato e
delle masse popolari si restringono. Dunque nel contesto della crisi
economica, la prigionia politica è la punta di un iceberg calato
sulle contraddizioni di classe per metterle a tacere con la violenza,
soprattutto là dove esse si manifestano con il malcontento e la
mobilitazione operaia e popolare.
I prigionieri rivoluzionari sono proletari e proletarie che hanno
lottato, con le parole e con i fatti, per una prospettiva di
superamento dell’attuale sistema sociale, forti di un patrimonio e di
una strategia che potremmo riassumere, tenuto conto delle diverse
esperienze che essi rappresentano, con l’insegnamento “lo stato si
abbatte non si cambia”. La loro resistenza all’interno delle galere del
nemico continua ad indicare tale prospettiva rivoluzionaria e di
liberazione e dunque è di fondamentale valore per tutti coloro
che continuano a lottare all’esterno.
Per questo riteniamo che la data del 19 Giugno debba avere la stessa
importanza che hanno le altre scadenze del movimento di classe;
stringendosi al fianco dei compagni incarcerati stringiamo e serriamo
anche le nostre file nella lotta contro la borghesia.
Come compagni e compagne per la costruzione del Soccorso Rosso in
Italia esortiamo alla presenza militante il 17 giugno presso il
tribunale di Milano dove si svolgerà l’ennesima udienza a carico
dei compagni e della compagna arrestati nell’ambito dell’operazione
Tramonto, balzata alla cronache con il blitz poliziesco del 12 febbraio
2007. Si tratta sicuramente dell’operazione giudiziaria contro il
movimento comunista più pesante degli ultimi anni, volta a
colpire un’area di dibattito e di organizzazione rivoluzionaria,
assieme ad una serie di realtà di massa e di movimento delle
quali i compagni arrestati erano parte integrante. Essa peraltro ha da
subito assunto un carattere internazionale con le indagini contro le
realtà attive in Francia, Belgio e Svizzera per la costruzione
del Soccorso Rosso Internazionale, sfociate negli arresti di quattro
compagni belgi lo scorso 5 giugno.
Pensiamo dunque che essa rispecchi in maniera puntuale cosa in pratica
gli stati borghesi intendono per “lotta e collaborazione internazionale
contro il terrorismo”, uno dei punti cruciali dell’attuale fase di
guerra e di reazione dispiegata al di là delle singole
frontiere.
Pensiamo inoltre che gli schieramenti processuali siano, anche da un
punto di vista formale, perfettamente coerenti. Da una parte abbiamo,
uniti sul banco degli accusatori, il pm Bocassini, ovvero l’ala
giudiziaria del Partito Democratico, e le parti civili costituite
dall’attuale governo del boia Berlusconi, dal teorico dello
sfruttamento Ichino e dagli squadristi di Forza Nuova. Dall’altra
abbiamo militanti rivoluzionari, lavoratori comunisti attivi nelle
lotte operaie e giovani attivisti nel movimento antifascista e contro
la guerra. In mezzo, lo stato borghese, ancora una volta deciso a
sentenziare l’impossibilità di mutare questo sistema di
sfruttamento che esso difende con sbirri, tribunali e galere.
Schierarsi con questi compagni è d’obbligo, così come
è d’obbligo schierarsi con tutti i rivoluzionari che resistono
nelle galere dell’imperialismo!
ONORE AI CADUTI DEL 19 GIUGNO 1986 E A TUTTI I COMPAGNI UCCISI DALLA
CONTRORIVOLUZIONE!
SOLIDARIETA’ AI RIVOLUZIONARI CHE RESISTONO NELLE GALERE DELLA CLASSE
DOMINANTE, DALL’ITALIA ALLA PALESTINA, DALLA COLOMBIA ALL’AFGHANISTAN!
TUTTI A MILANO IL 17 GIUGNO, LA SOLA GIUSTIZIA E’ QUELLA PROLETARIA!
COMPAGNI E COMPAGNE PER LA COSTRUZIONE DEL SOCCORSO ROSSO IN ITALIA
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