inchiesta
12.02.07
aggiornamenti
agosto
21
agosto
CARI COMPAGNI, PARENTI E AMICI,
ABBIAMO SAPUTO CHE ANCHE VINCENZO E' STATO TRASFERITO A CATANZARO.
I COMPAGNI CHE SI TROVANO A SIANO SONO:
- Alfredo Davanzo
- Bortolato Davide
- Claudio Latino
- Scivoli Salvatore
- Ghirardi Bruno
- Gaeta Massimo
- Sisi Vincenzo
CASA CIRCONDARIALE DI SIANO: VIA TRE FONTANE 28, 88100 - SIANO,
CATANZARO:
Aggiorneremo tutti non appena avremo notizie di altri trasferimenti!!!
Continuiamo a rafforzare il filo rosso della solidarietà,
facciamo sentire il nostro affetto e vicinanza ai compagni scrivendo
lettere, cartoline, telegrammi.
VI ALLEGHIAMO UNA LETTERA DI BRUNO CON DATA DEL 3 AGOSTO!!!
Un forte abbraccio a tutti e tutte!
UNITI SI VINCE!!!
19
agosto
Cari compagni e compagne, parenti e amici.
Vi spediamo la "Corrispondenza dalle gabbie" delle ultime 2 udienze del
processo ai compagni e la compagna.
Ricordiamo che il processo riprenderà il giorno lunedì 6
ottobre alle ore 9.30 in Corso di porta Vittoria.
Continuiamo a tenere alta la bandiera della solidarietà di
classe.
Uniti si vince.
CORRISPONDENZA DALLE GABBIE N° 7
Il 16 e il 18 luglio si sono tenute l'ottava e la nona udienza del
processo ai militanti comunisti accusati di aver promosso la
costituzione del Partito Comunista Politico-Militare ( PC P-M).
Nella prima abbiamo visto la presenza del capo della DIGOS di Padova,
dott. Pifferi, in qualità di testimone. Il noto dirigente della
controrivoluzione padovano è ampiamente conosciuto per la sua
solerzia nel seguire, indagare, reprimere, intimidire proletari in
lotta, compagni, avanguardie di classe che si mobilitano all'interno
del movimento di classe padovano. E il suo contributo alla repressione
non si limita ai confini cittadini, visto che lo si è scoperto
tra i protagonisti del raid sqadristico alla scuola Diaz nelle giornate
di Genova.
La sua deposizione si è connotata di un forte intervento di
criminalizzazione che lo ha portato a trasformare centri di
aggregazione proletaria sul territorio (centri di incontro per le
più svariate attività sociali, di lotta, culturali e
politiche), in semplici basi per l'illegalità e per
l'organizzazione di azioni violente. Per cui, a suo dire, il lavoro
della DIGOS verterebbe solo su ipotesi di reato e si disinteresserebbe
completamente dalla politica.
La realtà naturalmente è ben diversa. Ogni giovane
proletario che si avvicina al movimento di classe padovano sa bene che
da quel momento in poi verrà aperta su di lui un'apposita scheda
presso la questura.
Verrà seguito, controllato, con tanto di tentativi di
intimidazione qualora si avvicinasse a determinate realtà
politiche.
Infatti è ben noto che la DIGOS padovana, come le altre,
è formata come un vero e proprio ufficio politico il cui compito
principale è proprio quello di schedare persone e fatti
riguardanti i movimenti politici e principalmente quelli proletari.
In questo senso sono del tutto ipocrite le sceneggiate dell'accusa a
seguito del fatto che uno dei difensori dei compagni ha chiamato la
DIGOS di Padova "ufficio politico". Come ad intendere che nella nostra
bella democrazia queste strutture non sono finalizzate alle schedature
e alla repressione politica.
Ipocrisie dell'accusa che sono tra l'altro miseramente crollate durante
la deposizione di un'ispettrice della DIGOS di Milano la quale ha
chiaramente affermato l'esistenza di "uffici politici" atti alla
schedatura di tutto ciò che succede all'interno del movimento
politico milanese.
Un altro fatto interessante riguarda una proroga delle intercettazioni
telefoniche nei confronti dei familiari degli imputati.
Il dott. Pifferi ha spiegato che questa sarebbe stata chiesta per due
motivi: il primo, per capire le strategie di difesa politica e le
dinamiche della solidarietà esterna; il secondo per "monitorare"
il quadro psicologico degli imputati al fine di capire su chi
"lavorare" per ottenere collaborazioni. Insomma un'ulteriore conferma
dello scopo che avevano i mesi (fino ad un anno) di completo isolamento
in cui sono stati costretti diversi imputati dal giorno dell'arresto.
Alla fine dell'udienza, una normale richiesta di un imputato di poter
sostenere un esame universitario, ha fornito alla P.M. l'occasione per
disconoscere e denigrare ancora una volta l'identità politica
degli imputati. Infatti pur dichiarandosi d'accordo a permettere lo
svolgimento dell'esame, non ha perso l'occasione per rinnovare il suo
repertorio mistificatore declamando in modo plateale che le
modalità debbono essere le stesse concesse ad alcuni mafiosi di
cui ha fatto nomi e cognomi. Un sottile e squallido mezzuccio
dell'accusa a cui non basta la categoria "terrorismo" a supportare la
debolezza del suo impianto accusatorio e che per questo semina ad arte
la confusione e mistificazioni, proponendo fantasiosi parallelismi tra
terrorismo e mafia per rafforzare la sua strategia mirante alla
demolizione dell'identità politica degli imputati.
Come imputati abbiamo contestato e respinto in aula queste infamanti
allusioni e cogliamo l'occasione per rivolgerle al mittente, nella
qualità dello Stato, presente come parte civile in questo
processo.
Infatti, come ben si sa, la mafia si trova comodamente a casa e
prolifica tra gli apparati statali in cui le dinamiche clientelari la
fanno da padrone (come ci conferma l'ennesimo caso di corruzione che
vede protagonista Ottaviano del Turco, ex segretario della CGIL,
militante DS, ex-ministro, ex governatore della regione Abruzzo, ecc.).
Altro avvenimento che ha caratterizzato la giornata è stato
quello di un momento di tensione tra i compagni e gli agenti della
scorta. Il motivo è stato il tentativo delle guardie di impedire
la comunicazione tra gli imputati e i propri cari durante una pausa
dell'udienza cercando di portare via un compagno dalla sala in cui
eravamo stati messi. Alla ferma opposizione dei compagni ne è
nato un principio di collutazione con le guardie con il risultato che
il compagno non è stato portato via.
La nona udienza del 18 luglio, invece, è partita con la difesa
che prodotto una comunicazione da parte del DAP circa l'isolamento cui
è stato costretto il compagno Davanzo per più di un anno.
In particolare il DAP afferma che la propria volontà di
trasferire Davanzo in una situazione di "normale" detenzione è
stata espressamente bloccata dalla procura di Milano. Si è
così svelato definitivamente l'arcano.
Il deus ex machina del trattamento particolare riservato in carcere
agli imputati è la d.ssa Bocassini che, al contrario, nelle sue
dichiarazioni, era andata negativa. Beninteso, poco cambierebbe se
fosse stato il DAP (cioè il Ministero). Ambedue sono apparati
direttivi delle strategie repressive.
Comunque è così che agiscono i "servitori dello Stato",
da vigliacchi, di nascosto, senza nemmeno avere il coraggio di
rivendicare e assumersi le responsabilità delle proprie azioni.
Dopo questa prima parte è cominciata la deposizione, in
qualità di teste, del capo della DIGOS di Torino dalla quale
emerge che il compagno Sisi, descritto dalla gogna mass-mediatica, come
un insospettabile sconosciuto, in realtà ha una lunga scheda a
suo titolo presso gli "uffici politici" della DIGOS di Torino, dalla
quale emerge con chiarezza che lo "sconosciuto" compagno è in
realtà un notorio appartenente al movimento di classe torinese,
protagonista in prima fila dei vari momenti di scontro ed in
particolare del movimento degli autoconvocati dal '92 in poi. Oltre che
essere attualmente una reale avanguardia di classe nel suo posto di
lavoro.
Nel seguito della deposizione è comparso un mistero: quello di
una pistola SIG SAUER che, presente nella banca dati delle armi
sequestrate dalle forze dell'ordine con tanto di numero di matricola e
di ordine di distruzione, viene inspiegabilmente trovata tra le armi
rinvenute durante l'operazione repressiva che ha dato origine al
processo.
Su come sia potuta accadere una cosa del genere il dott. Petronzi non
ha saputo dare spiegazioni. Certo è che questo fatto getta una
ulteriore pesante ombra su come si siano svolte le indagini e i
ritrovamenti di armi.
Si è quindi proceduto con la deposizione di una ispettrice della
DIGOS di Milano circa tutta la dinamica dei pedinamenti da cui si
evince l'enorme dispiegamento di uomini e mezzi (fino a venti agenti
per una sola intercettazione di due compagni in un bar) messi in campo.
Rispondendo alla tattica di di drammatizzare il processo da parte
dell'accusa, l'ispettrice ha deposto coperta da paraventi per non
essere riconosciuta in aula. I compagni sono intervenuti dichiarandosi
pienamente d'accordo con questa sceneggiata in quanto rivelatrice della
natura di banda armata dello Stato che si attrezza conseguentemente per
sviluppare la sua guerra contro la classe proletaria e le sue
organizzazioni. Tra l'altro agendo di nascosto, clandestinamente e
arrivando perfino a raggirare i titolari dei locali in cui venivano
effettuate le intercettazioni spiegando loro che dovevano indagare su
dei "pedofili". Un bell'esempio del modo infame e vigliacco con cui
cercano di camuffare il loro lavoro di controrivoluzionari.
Al proletariato, alle sue avanguardie il compito di affrontare questo
livello di scontro, la tendenziale guerra di classe. Comunque imposta
proprio dallo Stato borghese.
L'udienza si è conclusa con lo stralcio, per impegni del
presidente della corte, dell'udienza del 2 ottobre. Il processo
riprenderà quindi il 6 ottobre.
Con queste due udienze termina una prima parte del processo a causa
della pausa estiva.
Ne approfittiamo quindi per augurare a tutte/i le/i compagne/i che ci
hanno accompagnato fin qui col calore della loro solidarietà, di
tornare in forze e riposati per affrontare la sessione autunnale.
Non ci resta che mandare a tutte/i un caloroso abbraccio rivoluzionario.
A pugno chiuso
Gli imputati
CARCERE DI SIANO - 3 Agosto 2008
Care compagne e compagni, come già avrete saputo, ci siamo
trovati in buon numero in quel di Catanzaro, per la precisione nella
sezione EIV del locale carcere.
Era previsto e rientra benissimo nella gestione di questo processo, per
cui si devono esercitare pressioni continue sugli imputati nel
tentativo di averne spunti per prove che mostrano la corda ogni udienza
che passa.
Per ultimo, i compagni arrestati in Belgio, membri del Soccorso Rosso
sono stati tutti rilasciati, nonostante la mobilitazione di media e
magistratura locale. Che evidentemente hanno valutato come fumo, quanto
propostogli dalla Procura milanese.
Ma non c'è dubbio che questa proverà a tirare fuori
ancora qualche coniglio dal cappello, anzi dal prossimo abbiamo
già avuto qualche indicazione.
Per adesso ci troviamo qui, in una sezione in cui è limitato
tutto, in primis i colloqui (un giorno alla settimana, il
lunedì), ma anche l'igiene (vedi alla voce scarafaggi), alla
possibilità di lavare e lavarsi (un secchiello tipo spiaggia per
il bucato e doccia con acqua a filo), non c'è socialità.
Non c'è nemmeno il barbiere, quindi se alla prossima udienza ci
vedrete capelluti e maleodoranti non è perchè abbiamo
aderito a una dottrina new-age o neo-hippy.
Non c'è l'ascensore, siamo al 4° piano e bisogna portare su
tutto, spesa e altro, a mano.
Se qualcuno dovesse star male bisognerebbe portarlo qui a braccia per
scale strette.
Pare che i soldi stanziati per ripararlo siano misteriosamente spariti.
Il vitto è infimo e pure scarso. Insomma un carcere dotato di
tutti i comfort o quasi.
Però ho ritrovato con piacere compagni che non vedevo da anni,
che hanno già passato i 25 anni di carcere e che si trovano qui,
lontanissimi da chi ancora può o vuole seguirli. Con loro
condividiamo oltre che lo spazio, la fiera determinazione di comunisti,
e non sono queste vessazioni a farmi-farci vacillare.
Un caro saluto
Bruno