inchiesta
12.02.07
aggiornamenti
novembre
DATE FISSATE PER IL PROCESSO
Novembre
Giovedì 27
Dicembre
Giovedì 4,
Mercoledì 10,
Lunedì 15,
Giovedì 18
Gennaio
Giovedì 22
Venerdì 23
Lunedì 26
Febbraio
Lunedì 2
Giovedì 5
Martedì 10
Lunedì 16
Venerdì 20
Lunedì 23
Marzo
Martedì 3
Mercoledì 18
Giovedì 26
Venerdì 27
Martedì 31
CORRISPONDENZA DALLE GABBIE
Il 7 novembre si è tenuta la 14a udienza.
È stata piuttosto movimentata. La presentazione del nostro
ultimo
documento politico è stata occasione per l’ennesimo scontro sui
termini
del processo politico.
Alla strategia repressiva totale, portata avanti dal PM, si associa
ormai piattamente pure la Corte, che calpesta, spudoratamente
l’elementare diritto del disporre in gabbia di testi e documenti
oggetto della difesa politica. Si è arrivati al colmo di
rifiutarci la
restituzione del documento persino per firmarlo.
Questo stravolgimento delle stesse regole di diritto borghese si spiega
e si inserisce unicamente nelle ragioni politiche dello scontro.
E queste consistono nelle esigenze della guerra di classe, della
controrivoluzione preventiva, della strategia di annientamento
dell’istanza rivoluzionaria. Esigenze tanto più forti oggi,
quando la
crisi capitalistica precipita e fa esplodere tutte le contraddizioni.
Il loro accanimento è semplicemente rivelatore, sintomo della
paura che hanno di possibili sviluppi rivoluzionari.
Noi siamo intervenuti a più voci, per affermare l’essenziale:
questo è
un processo politico, la questione politica rivoluzionaria da noi posta
e avanzata è il succo del processo.
D’altronde, nel caso dei compagni rivendicanti il percorso
organizzativo, ciò è l’unico oggetto in questione,
rifiutando di
giustificare alcunché: siamo in carcere per le ragioni e la
prassi
della rivoluzione proletaria. Queste rivendichiamo, queste difendiamo.
Lo Stato borghese, nelle sue articolazioni giudiziario-poliziesche, si
rapporta a noi con pura logica repressiva, di guerra. Fa carta straccia
della sua stessa legalità, delle sue regole di diritto, attuando
nei
fatti procedure speciali, militarizzanti.
Ciò che, si situa nel più generale evolversi dello
scontro di classe:
la militarizzazione di territori in lotta, dei settori proletari
più
sfruttati come gli immigrati, fino all’attuale strategia
squadristico-poliziesca contro il movimento nelle scuole e in alcune
fabbriche. Il tutto con la benedizione dei più eminenti
personaggi del
terrorismo di Stato: Kossiga, Gelli, Dell’Utri, ecc.
La conclusione non poteva essere che la nostra espulsione dall’aula.
Cosa che assumiamo come momento di scontro, come esplicitazione
dell’inconciliabilità degli interessi in campo, come
rappresentazione
politica nel “processo di rottura” di quella che deve essere il
percorso di determinazione rivoluzionaria, nella più ampia
costruzione
dell’autonomia di classe.
Il documento in oggetto – “La Rivoluzione è necessaria, la
Rivoluzione
è possibile” – è la sintesi più compiuta con cui
noi, in quanto
militanti per la costituzione del PCp-m più altri due militanti
comunisti rivoluzionari, caratterizzano questa fase di scontro attorno
alla prospettiva rivoluzionaria, e qui nella condizione di prigionieri
politici.
I compagni rimasti in aula, sia altri due prigionieri che quelli ai
domiciliari, hanno successivamente preso parola per solidarizzarsi e
per denunciare questa ennesima torsione allo stesso diritto borghese,
l’impronta repressiva con cui procede questo processo politico.
Così come il pubblico ha fatto costantemente sentire la propria
presenza e sostegno solidale.
Particolarmente significativa la presenza di compagni operai dalle
fabbriche di provenienza di alcuni di noi. Un’ultima perla
d’accanimento repressivo è che il PM vuole indagare sul come il
nostro
documento abbia potuto essere trascritto su computer: forse il
trattamento carcerario non è abbastanza ristrettivo? Oppure si
tratta
di colpire la cooperazione solidale.
In tutti i casi, impedire l’espressione dell’istanza rivoluzionaria.
Al movimento di classe, alle forze militanti il saper assumere lo
scontro attuale, per come esso è, per come la borghesia per
prima lo
dichiara e lo conduce.
D’altronde alla crisi catastrofica capitalistica non c’è
soluzione per vie ordinarie:
o guerra imperialista, o guerra rivoluzionaria di classe!
Gli imputati
Udienza del 7 novembre 2008
L’udienza è stata caratterizzata dalla protesta degli imputati,
sostenuti dal pubblico, numeroso in aula con una nutrita presenza
operaia.
Nuovamente si è verificato che la scorta di guardie carcerarie
di Piacenza ha sottratto al compagno Bortolato un documento per la
difesa processuale. Appena aperta l’udienza Bortolato chiede che il
documento gli venga restituito perché non è personale ma
collettivo e deve essere sottoscritto da altri imputati in gabbia. La
Pm Bocassini richiede di indagare su Bortolato e su come mai abbia un
computer in carcere visto che il documento è dattiloscritto. Il
Giudice Cerqua allega agli atti il documento e si rifiuta di
restituirlo agli imputati.
Gli imputati in gabbia annunciano che per protesta vogliono abbandonare
l’aula e dicono che mentre si lascia parlare Licio Gelli non si
dà la parola a compagni rivoluzionari. Restano in gabbia Bruno
Ghirardi e Andrea Scantamburlo. Ghirardi interviene dicendo che anche
loro, pur non firmando il documento, sono solidali con i compagni
usciti dall’aula perché impediti a firmarlo.
Il giudice, senza dichiararlo, emette un’ordinanza di allontanamento
degli imputati.
Gli avvocati eccepiscono nullità dell’udienza per violazione del
diritto di difesa, sia perché viene impedito agli imputati di
organizzare la loro difesa e sottoscrivere un documento, sia per la
presenza del paravento che impedisce di effettuare pienamente il loro
lavoro difensivo nei contro interrogatori e permette invece ai testi di
leggere verbali e appunti di ogni tipo.
Dopo una breve pausa dell’udienza l’avv. Bonon denuncia l’esistenza
dell’ordinanza di allontanamento degli imputati e chiede che la
compagna Amarilli possa intervenire.
La compagna porta la solidarietà, anche a nome di altri imputati
ai domiciliari, ai compagni della gabbia che hanno protestato.
Il pubblico applaude. Si verifica una forte unità fra i vari
“attori” del processo pur nella diversità dei ruoli, delle
posizioni politiche e processuali. Una unità tra imputati
prigionieri, imputati ai domiciliari, avvocati, parenti, amici e
compagni presenti in aula.
Il giudice revoca l’ordinanza emessa poco prima.
I compagni della gabbia rientrano in aula e richiedono nuovamente il
loro documento con un intervento di Claudio Latino che spiega come, con
i fatti avvenuti nel corso dell’udienza, la cosiddetta “giustizia” si
sbugiardi da sola. Continua nell’intervento spiegando come tutti gli
addetti alla “giustizia” del processo si sbraccino a dire che
garantiscono il diritto alla difesa mentre processano gli imputati
con i reati associativi, che presuppongono un reato politico e
impediscono loro di difendersi politicamente. E questo al fine di
inquadrare in un contesto criminale le loro azioni e farle passare per
tali.
Il giudice non restituisce il documento ai compagni, invece viene dato
alla fine dell’udienza alla Pm Bocassini accogliendo la sua richiesta
di poter indagare.
Gli imputati si allontanano nuovamente dall’aula per protesta, gli
avvocati intervengono, il pubblico rumoreggia con applausi e slogan a
sostegno dei compagni.
Udienza del 10 novembre 2008
L’udienza si apre con il rigetto, per un vizio di forma, da parte della
Corte dell’istanza sul permesso di comunicare per via epistolare
richiesta dai compagni che si trovano agli arresti domiciliari.
Gli avvocati hanno subito riformulato la richiesta oralmente, e la
zelante Pm Bocassini si è subito opposta affermando, in
sostanza, che gli imputati non hanno la possibilità di uscire
dalle loro abitazioni per imbucare le lettere. Ci asteniamo da
ulteriori commenti.
Per il resto, anche in questa udienza si sono “non visti” digos di
Padova e Venezia impegnati a rispondere alle domande imbeccate
dalla Pm Bocassini per giustificare la loro attività
investigativa nei confronti dei compagni. La nota più
interessante ci viene data dal digos Vecchiato quando afferma che i gps
“in dotazione” agli investigatori, ed arma essenziale per pedinare i
compagni, hanno margine di errore nel tracciare i percorsi effettuati.
Di seguito hanno deposto due agenti della polizia scientifica di Padova
per più di due ore, il primo in merito alla perizia calligrafica
su bigliettini sequestrati in alcune delle abitazioni perquisite il 12
febbraio 2007, il secondo per asserire il suo ruolo da “supervisore”
nel ritrovamento dei bidoni contenenti le armi e sui rilievi effettuati
su auto e moto dei compagni.
Le udienze del 21 e 24 novembre sono state annullate.
La prossima udienza si terrà lunedì 17, e di seguito
mercoledì 19 e giovedì 27 novembre, sempre alle 9.30 al
tribunale di Milano.
Continuiamo a sostenere i compagni e la compagna anche dentro l’aula!
Uniti si vince.
Associazione Solidarietà Parenti e Amici degli Arrestati
il 12/02/07
11 novembre 2008
Cari compagni,
durante il recente parapiglia avuto
con gli altri compagni e contro la sbirraglia di Rebibbia, uno di
questi figuri mi ha così apostrofato “…questo è un
ribelle”.
A posteriori mi sono speso un po’ a
riflettere su questa definizione ho pensato ai compagni in 41 o in
carcere da decenni, a coloro che vengono buttati nelle carceri da
giudici così solerti nel farsi gioco della vita altrui ed
estremamente attenti a garantire immunità e privilegi ai
potentati economici ed ai politici che li rappresentano.
Ho pensato agli operai, le “risorse
umane” che garantiscono il profitto del capitale salvo essere sbattuti
fuori quando non servono più e magari venir considerati
parassiti perché avanzano pensione verso la tarda età.
Così come pure strangolati da un mutuo imposto al diritto ad
avere una casa, che garantisce cospicua rendita a nullafacenti di alto
bordo. Vedo nello scorrere degli anni il riproporsi della politica del
Machiavelli, oggi rappresentata da vecchie carogne come Kossiga o Gelli
che mirano, oggi come ieri, studenti in lotta ed operai in sciopero per
i loro diritti. Rivendicando stragi e trame, oscure solo per chi vuole
né vedere né capire.
Così quello che voleva essere
un epiteto diventa un riconoscimento alla necessità di
ribellarsi al capitalismo ed alla classe politica che lo rappresenta.
Per quanto questa sia forte di
sgherri ed armi, è pur sempre una tigre di carta potente
nell’apparenza e fragile nel suo dominio assolutista, contro cui
lottare e ribellarsi è doveroso e giusto. Per poter costruire un
altro futuro, alla luce del socialismo che dipano le tenebre in cui ci
dibattiamo oggi. Non sono io a dover essere processato né chi si
“ribella” ovunque contro il capitalismo e le sue prigioni.
Colgo l’occasione per salutarvi, da
oggi mi sto facendo dieci giorni di isolamento e cinque di interdizione
attività in comune per aver avuto da ridire con una guardia in
carcere, e con una che si è frapposta tra me in gabbia e
l’avvocato.
Ordinaria amministrazione e miseria
carceraria.
Saluti comunisti,
Bruno