inchiesta
12.02.07
aggiornamenti
aprile 2008
PROSSIME UDIENZE DEL PROCESSO AI COMPAGNI ARRESTATI NELL'INCHIESTA
12-02-07.
TENIAMO ALTA LA BANDIERA DELLA SOLIDARIETA'!
E' UN PROCESSO CONTRO TUTTI,
MOBILITIAMOCI TUTTI!!!
APRILE
Martedì 15
Mercoledì 23
MAGGIO
Lunedì 5
Lunedì 12
Mercoledì 21
Lunedì 26
Mercoledì 28
GIUGNO
Martedì 17
Mercoledì 25
LUGLIO
Mercoledì 2
Mercoledì 16
Venerdì 18
Cari compagni e compagni, parenti
e amici,
inviamo la lettera dei compagni arrestati che racconta
"dalle gabbie" la prima giornata del processo.
Fatela girare!!!
INVITIAMO TUTTI E TUTTE A TENERE ALTA LA BANDIERA DELLA SOLIDARIETA'
PARTECIPANDO ALLA PROSSIMA UDIENZA AL TRIBUNALE DI MILANO: IL 15 APRILE
2008, ORE 9.30!
RILANCIAMO - ESTENDIAMO LA SOLIDARIETA' DI CLASSE!!!
UNITI SI VINCE!!!
27 Marzo 2008: prima udienza del processo ai compagni arrestati il
12-02-07
CORRISPONDENZA DALLE GABBIE
Il processo ai compagni arrestati il 12 febbraio 2007 si apre davanti
alla prima sezione della corte d'Assise di Milano il 27 Marzo 2008 con
tutte le questioni che sono rimaste aperte nella udienza preliminare di
fine dicembre.
La costituzione della parti civili rivela il carattere politico del
processo più di quanto possono fare le dichiarazioni fin qui
impedite agli imputati e a dispetto della risoluta e reiterata
negazione dello stesso carattere da parte della pubblica accusa.
Tra le numerose parti lese individuate da quest'ultima solo tre hanno
formalizzato la costituzione a parte civile.
L'organizzazione Forza Nuova, la cui istanza era stata già
accolta dal Gup nell'ambito dell'udienza preliminare, il giornale
Libero e il giuslavorista prof. Ichino.
La prima è un'organizzazione dichiaratamente nazi-fascista nota
per le sue posizioni ultrareazionarie e razziste oltre che per l'uso
sistematico della violenza contro gli immigrati e le aggressioni ai
movimenti di sinistra. Questi teorici del superuomo lamentano una sede
danneggiata da una azione antifascista a Padova.
Il giornale Libero, fogliaccio della più bassa propaganda
reazionaria, antiproletaria e antioperaia, il cui vicedirettore
è stato condannato per aver prestato, sotto lauto pagamento, la
sua opera per le oscure trame dei servizi segreti nostrani e della CIA,
si lamenta del danno di un potenziale attentato di fatto mai subito.
Infame il prof. Ichino, noto capofila dei peggiori attacchi ai
lavoratori, ideologo della "liberalizzazione" dei rapporti di
sfruttamento e della precarizzazione del lavoro, distintosi in
particolare per le sue prese di posizione contro gli operai
metalmeccanici in lotta per il rinnovo del CCNL e per la sua veemenza
contro i presunti fannulloni del pubblico impiego e ora promotore del
cosiddetto contratto unico che, se approvato, getterebbe nella
precarietà dell'assenza dell'articolo 18 dello statuto dei
lavoratori l'interra classe lavoratrice, lamenta anche lui il danno di
un attentato mai subito. E, cosa ancora più incredibile lamenta
il danno psico-fisico dovuto al servizio di scorta che come datazione
è stato da lui richiesto ben prima dell'inizio delle indagini
contro gli imputati.
D'altronde viviamo in un'epoca in cui c'è poco da stupirsi di
questi paradossi.
Lo stesso liberalismo, le cosiddette leggi del mercato, ad esempio,
valgono di fatto solo per i lavoratori che possono essere licenziati,
per i popoli oppressi che possono essere affamati,
o per i titolari di mutui che possono essere strozzati e costretti
all'insolvenza e quindi privati della casa, ma non certo per le grandi
banche d'affari come la Bears Stern di Wall Street che quando subisce
un crollo e per le leggi di mercato dovrebbe essere liquidata, invece
viene "salvata" favoreggiandola con linee di credito a fondo perduto
fino a 30 mld di dollari di denaro pubblico. Chissà come mai il
prof. Ichino non trova il tempo di esprimersi con la sua nota veemenza
liberista anche contro questa operazione da "conservatori" che qualche
suo collega di intellettualità borghese ha già definito
come "socialismo dei ricchi".
Tornando al processo, Libero e Ichino devono attendere cosa ne pensa la
corte che si è riservata di rispondere in seguito con
un'ordinanza, mentre i fascisti di Forza Nuova possono fin da ora
affiancare la dott.ssa Bocassini nell'accusa contro gli imputati a
perfetta dimostrazione che fascismo e revisionismo vanno a braccetto.
D'altronde è pur vero che i nostri "bravi ragazzi" della
missione di pace e umanitaria in Afghanistan sponsorizzata dai
revisionisti cantano "faccetta nera" e dipingono le effigi dell'Africa
Corps di Rommel sui loro carri armati.
Il capitolo "condizioni di trattamento degli imputati" riserva altri
interessanti paradossi.
Imputati agli arresti domiciliari che, quando sono usciti dal carcere,
hanno potuto raggiungere il loro domicilio da soli, ora devono essere
accompagnati al processo da scorte della polizia penitenziaria con il
conseguente notevole spreco di denaro pubblico sull'altare della
scenografia emergenziale.
Imputati detenuti sparsi in tutto il nord Italia, da Asti a Vicenza che
ad ogni udienza devono essere tradotti a Milano, con il caso
particolare di un compagno trasferito da Cuneo, per avvicinamento al
processo, niente popò di meno nel carcere di Ferrara.
Naturalmente non si tratta di una questione di ignoranza geografica da
parte dei funzionari del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria
ma di una nuova strategia della vessazione basata su torture a bassa
intensità, levatacce nel cuore della notte e su ore di
sballottamento ammanettati e chiusi dentro sarcofagi di metallo di
70x70x170 centimetri, cosa da far venire i capelli dritti ai
benpensanti della protezione animali.
Ma il problema non si pone perchè in definitiva si tratta solo
di nemici dello Stato.
A parte le teste frastornate e gli stomaci rovesciati, la cosa assume
toni drammatici quando un compagno sofferente di discopatia lombare
viene costretto a 4-5 ore di questo supplizio, da Ferrara a Milano e
ritorno, su furgoni di cui l'efficienza degli ammortizzatori è
un lontano ricordo.
Il capitolo "possibilità di espressione degli imputati" la dice
lunga sul grado di fascistizzazione raggiunta.
La debolezza dell'impianto processuale si riscontra nell'inevitabile
carattere politico del processo definito dallo stesso reato contestato
(associazione sovversiva) e dalla contestuale necessità di
negare tale carattere. Il processo è politico ma nello stesso
tempo non può esserlo.
E' politico per l'impianto dell'accusa ma non può esserlo per
quello della difesa.
Non può esserlo perchè il sistema è troppo carico
di contraddizioni e l'espressione politica dei militanti comunisti
imputati è foriera di un costo politico troppo alto per la
borghesia.
Il risultato è la negazione del diritto di parola sia scritta
che orale.
Un bavaglio che inizia con le perquisizioni prima di salire in furgone
per essere tradotti al tribunale dove viene sequestrato qualsiasi testo
scritto e continua con le interruzioni degli interventi degli imputati
e il divieto di espressione degli stessi in aula e si conclude con le
espulsioni collettive dall'aula quando questo divieto non viene
rispettato.
Un copione che si è irrimediabilmente ripetuto oltre che nelle
udienze preliminari anche in questa prima udienza in Corte d'Assise.
Ma i fatti hanno la testa dura e che il processo sia politico è
un fatto che neppure la stampa borghese può negare facendo
notare come il divieto del PM Bocassini a far divenire il processo un
"agone politico" risulti alquanto vano ed inefficace.
Un fatto che trova il suo riscontro oltre che nell'impostazione
politica dell'accusa, anche nella figura sociale degli imputati per la
maggior parte reali avanguardie operaie e proletarie.
Militanti comunisti che considerano la via rivoluzionaria l'unica
strada per difendere realmente gli interessi della loro classe.
Un fatto che si è manifestato anche nella splendida e massiccia
partecipazione tra il pubblico di operai e operaie, proletari e
proletarie e compagni e compagne di movimento che ci ha fatto sentire
anche dentro alle gabbie il calore della solidarietà di classe.
RESISTIR ES VENCER
Alla prossima
MILITANTI COMUNISTI PRIGIONIERI
Cari compagni e compagne, parenti
e amici,
vi informiamo che il video autoprodotto sull'inchiesta del 12/02/07:
"SIAMO NATI PER IL SOLE CHE SORGE, NON PER QUELLO CHE TRAMONTA" si
trova al seguente indirizzo:
www.youtube.com/cpogramigna
E' diviso in 5 parti perché youtube non permette di inserire
video di durata superiore ai 10 minuti......
RILANCIAMO LA SOLIDARIETA' DI CLASSE!!!
DOCUMENTO ALLEGATO AGLI ATTI
DELL’UDIENZA DEL 15.04.2008:
ALLA CORTE DI ASSISE DI MILANO
SULLA QUESTIONE DEL PROCESSO POLITICO
Fin dall’udienza preliminare la pubblica accusa,rappresentata dalla
D.ssa Bocassini,ha dichiarato che il processo iniziato il 27 marzo non
potrà in nessun modo essere definito un processo politico
perché ella lo impedirà a chiunque,imputati o avvocati.
Un bell’esempio di arroganza repressiva che si giustifica solo o con
l’ignoranza o con la malafede. Ad attestare che il nostro non è
un processo politico c’è solo il fatto che la D.ssa Bocassini
stessa ne è garante. Insomma è come l’oste che
dichiara che il vino è buono.
Un chiaro segno di debolezza politica della controrivoluzione in chiave
socialdemocratica. Di fronte alla crisi di un sistema di sfruttamento
ed oppressione che scivola inesorabilmente verso la catastrofe della
guerra,la pubblica accusa non sa far di meglio che negare la
contraddizione rappresentata dall’opzione della rivoluzione
proletaria,riducendo un percorso politico volto alla distruzione e al
superamento radicale dello sfruttamento e dell’oppressione in una serie
di “episodi e sodalizi criminosi”. Fa questo per cercare inutilmente di
impedire che dal mare di sofferenza e di assenza di prospettive a cui
il sistema capitalista sta sempre di più condannando la
stragrande maggioranza dei lavoratori,dei proletari e
dell’umanità affiori la soggettività che spazzerà
via la borghesia in quanto classe di sfruttatori ed oppressori.
Per questo,prima che la condanna,la pubblica accusa persegue la
distruzione dell’identità rivoluzionaria degli imputati. Nega il
processo politico per negare l’identità politica dei processati.
Ma tutto ciò non è semplice e presenta molteplici
contraddizioni. In primo luogo naturalmente c’è
l’identità collettiva rivoluzionaria che gli imputati
rappresentano fondata sull’inequivocabile identità sociale e
politica,per la maggior parte operai e lavoratori impegnati nella
difesa degli interessi materiali della loro classe. Un osso duro da
digerire nel processo di spoliazione dell’identità politica.
Nella stessa sfera giuridica la contraddizione si ripresenta
chiaramente nel contenuto delle fattispecie di reato utilizzate come ad
esempio quella del reato tipicamente “politico” dell’associazione
sovversiva definita dall’art.270 e seguenti che,da buoni derivati del
codice fascista Rocco,da cui traggono origine,perseguono esplicitamente
chiunque sulla base della lotta di classe voglia sovvertire l’ordine
costituito. Questo naturalmente al fine non dichiarato di salvaguardare
la dittatura borghese vestita da democrazia formale. Ma a parte queste
considerazioni di sostanza che,nella dimensione del conflitto che
oppone la borghesia al proletariato,si possono definire di parte,ne
esistono altre che potremmo definire di forma.
Infatti nella stessa formalità della dottrina della
giurisprudenza borghese si determina la politicità del processo
anche dal carattere speciale,d’eccezione,del giudice. E’il caso del
tribunale speciale fascista o quelli più recenti dei vari
tribunali internazionali come quello dell’Aja o ancora quello delle
Corti USA che giudicano i prigionieri di guerra detenuti a Guantanamo.
Nel nostro processo a dire il vero non c’è un giudice
speciale,ma quello di turno rappresentato dalla prima sezione della
Corte di Assise di Milano. Però questo fatto,come tutti i fatti
della vita,e soprattutto della macchina della giustizia
borghese,può essere aggirato. Vediamo come nel caso specifico
ciò è stato fatto.
Nei mesi successivi all’arresto praticamente tutti gli imputati sono
stati arbitrariamente allontanati di centinaia fino anche ad un
migliaio di chilometri dalla sede del tribunale dove si svolge il
processo e conseguentemente anche dalla sede della maggior parte dei
difensori di fiducia. Imputati arrestati a Padova per un’inchiesta di
Milano sono stati mandati,benché in attesa di
giudizio,all’Ucciardone di Palermo o a Catanzaro; altri, arrestati a
Milano,sono finiti a Poggioreale di Napoli e questo sicuramente non per
mancanza di posto in sedi più vicine.
Tutti gli imputati sono stati sottoposti a periodi di isolamento di
parecchi mesi. Uno di essi è stato in isolamento dall’arresto
per più di un anno.
L’artificio utilizzato è un vero e proprio sotterfugio
amministrativo: pur essendo classificati EIV (Elevato Indice di
Vigilanza) vengono sistematicamente collocati in carceri sprovvisti di
Sezioni EIV cosicché la Direzione Penitenziaria locale si vede
in obbligo di detenerli in condizioni di assoluto isolamento.
Altri imputati sono sottoposti a regime di censura della corrispondenza
non legittimato da esigenze investigative formalmente eccepite dalla
pubblica accusa,ma stranamente richiesto dall’autorità
penitenziaria. Stranamente perché si tratta sempre di detenuti
in attesa di giudizio e quindi essenzialmente sottoposti
all’autorità giudiziaria.
Queste situazioni si perpetuano anche con l’inizio del processo di
primo grado. Un imputato è stato assurdamente “avvicinato”alla
sede processuale di Milano con un trasferimento da Cuneo a Ferrara. Un
altro da Palermo a Vicenza ed entrambi si trovano in regime di
isolamento. Inoltre l’imputato attualmente detenuto a Ferrara soffre di
discopatia lombare cosicché le lunghe traduzioni a Milano
risultano alquanto dolorose e potrebbero aggravare la sua patologia e
compromettere la sua presenza futura alle udienze.
Di fatto queste sono tutte misure intraprese da un’ autorità
amministrativa che ha la caratteristica di celarsi tra le pieghe del
sistema penitenziario e che è formalmente estranea al processo
in questione.
In aggiunta nella situazione in cui si trovano, gli imputati possono
interloquire con i loro difensori di fiducia,oltre che tramite la
corrispondenza censurata,direttamente solo tramite il telefono, a meno
di non impegnare gli avvocati stessi in estenuanti trasferte che
sottraggono in ogni caso tempo e denaro alle esigue risorse difensive.
In specifico la legge da facoltà di telefonare agli avvocati,ma
ecco nuovamente l’ interferire dell’autorità amministrativa
estranea,che sotto la copertura di un normale regolamento (regolamento
penitenziario del 2000) considera equiparabile il difensore di fiducia
ad un semplice conoscente dell’imputato e come tale lo tratta
pretendendo di conoscere le motivazioni alla base della richiesta di
colloquio telefonico e riservandosi arbitrariamente di concedere o non
concedere la conversazione telefonica con questo “conoscente di fiducia”
In definitiva questa autorità amministrativa estranea al
processo di fatto si erge a deus ex machina della vicenda processuale.
Nello specifico delle telefonate al difensore di fiducia autorizza o
non autorizza senza giustificazione anche a fronte di autorizzazioni
già concesse dall’autorità giudiziaria.
In alcuni casi considera addirittura che le telefonate al difensore
vadano a sottrarsi a quelle mensilmente consentite ai familiari. Tutto
ciò comporta che gli imputati siano posti in gravi
difficoltà per quanto riguarda la pianificazione del loro
discorso difensivo.
In pratica questo deus ex machina utilizza l’amministrazione
penitenziaria centrale e le sue articolazioni nelle direzioni dei vari
penitenziari in cui gli imputati sono detenuti per interferire
direttamente sulle capacità di difesa. In questo modo aggira le
stesse disposizioni di legge,che tutelano formalmente il diritto alla
difesa, coprendo i suoi arbitrii in merito alla collocazione degli
imputati con imperscrutabili decisioni del DAP (Dipartimento
Amministrazione Penitenziaria) o quelli in merito alle telefonate ai
difensori con sue circolari interne che qualificano gli avvocati come
individui poco raccomandabili quando sono al telefono mentre diventano
rispettabili quando possono fisicamente presentarsi alle porte del
carcere.
Qualche giurista particolarmente formalista potrà contestare la
necessità del contatto con l’avvocato sostenendo che
quest’ultimo,una volta nominato, sa cosa è meglio per il suo
assistito. Ma questo non corrisponde al vero per la stessa
giurisprudenza borghese che,nel rapporto che lega l’imputato
all’avvocato, vede l’imputato come parte dominante. E’cioè lui
che determina quale sia il suo interesse da tutelare nel processo e
questo interesse può non essere la semplice assoluzione, o la
riduzione del danno di tipo penale. Infatti il diritto alla
difesa,sancito dalla costituzione borghese,non riguarda un fatto
meramente tecnico.
Riepilogando,nel merito della questione della specialità del
giudice come condizione per la classificazione di un processo come
politico da parte del diritto borghese italiano,cosa c’è di
più speciale dell’intervento amministrativo reiterato di un
organo amministrativo estraneo al processo che allontana gli imputati
di centinaia di chilometri dalla sede del processo,che li confina con
artifici burocratici,che ne limita la comunicazione con i difensori di
fiducia con tattiche ostruzionistiche?
La successiva questione che si pone è se l’intervento di questa
entità amministrativa estranea al processo è unicamente
frutto della solerzia di alcuni burocrati, oppure se questa solerzia
è stata sollecitata direttamente dalla pubblica accusa
rappresentata dalla D.ssa Bocassini che si è fatta garante della
non politicità del processo.
In entrambi i casi,come si è visto dallo stesso punto di vista
della forma,della giurisprudenza borghese,il processo è
già politico. Come lo è d’altra parte nella sostanza: nei
suoi soggetti,nelle sue finalità,e nella sua parte
giuridica,visto che l’art. 270 è di contenuto espressamente
politico.
E questo nessuna arroganza repressiva lo può negare!!!
Cogliamo l’occasione per chiedere alla corte oltre che
l’autocomposizione delle gabbie durante le udienze,anche la fine di
qualsiasi forma di isolamento illegittimo degli imputati in carcere e
il raggruppamento di tutti gli imputati in un unico carcere vicino a
Milano nel periodo del processo.
INTERVENTO DI CLAUDIO LATINO
ALL’UDIENZA DEL 15-04-2008
ALLEGATO AGLI ATTI
Premesso che voi siete qui a difendere uno stato che noi vogliamo
abbattere perché lo consideriamo una dittatura della borghesia
sul proletariato e sulle masse popolari e che quindi c’è una
radicale opposizione di interessi tra voi magistratura inquirente e
giudicante e noi militanti comunisti rivoluzionari. Premesso questo si
tratta di stabilire se qui intendete rispettare quello che nella forma
è un diritto fondamentale per la stessa giurisprudenza borghese
cioè il diritto di parola e di espressione. Nel nostro caso il
diritto di esprimerci liberamente a nostra difesa. In particolare
se possiamo utilizzare le nostre parole e i nostri concetti o se
invece dobbiamo attendere istruzioni e delucidazioni dalla pubblica
accusa e attenerci di fatto alle sue decisioni in merito a come noi
possiamo difenderci.
Noi di fronte a questa corte siamo accusati oltre che di alcuni fatti
cosiddetti specifici anche e principalmente di reati cosiddetti
associativi. In particolare di quello che è descritto nell’art.
270 bis,cioè”Associazione sovversiva con finalità di
eversione dell’ordinamento democratico”. Questo articolo,nella sua
stessa formulazione,sanziona un comportamento,o meglio un progetto di
tipo politico. In particolare è riferito,citando il testo,a
“chiunque promuove,costituisce,organizza,dirige e finanzia associazioni
che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità
di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico”.
E’ chiaro quindi che l’impianto dell’accusa è politico e
perciò respingiamo la pretesa dell’accusa di impedire la nostra
difesa politica.
Questa pretesa è determinata dalla debolezza politica
dell’accusa che poi è un riflesso della debolezza politica della
borghesia e in particolare della sinistra borghese di fronte alla crisi
del sistema capitalista e alle lotte operaie e proletarie.
E’ la stessa debolezza che impone di chiamare”missioni umanitarie” o
“operazioni di pace”la guerra di conquista e la devastazione di
territori altrui,di chiamare “riforma del mercato del
lavoro”l’indiscriminato aumento dello sfruttamento e la precarizzazione
dei rapporti di lavoro.
Una debolezza che nel nostro caso ha come conseguenza la
necessità della accusa di ridurre il tutto ad una mera questione
di soggetti e d episodi di criminalità senza identità e
motivazioni politiche.
Schizofrenia vuole che dovremmo essere accusati,cioè attaccati
come associazione politica,che per come la pensiamo noi ha una
finalità rivoluzionaria,difenderci invece come individui
portatori di comportamenti criminali,o forse meglio ancora non
difenderci affatto.
Noi qui non abbiamo la pretesa di convincervi della giustezza delle
nostre idee e dei nostri progetti perché siamo su due fronti
opposti del conflitto di classe che spacca in due questa
società: tra sfruttatori e sfruttati,tra borghesi e
proletari,tra padroni e operai.
Ma non rinunceremo al compito,anche in quest’aula, di fornire a tutti
quelli che vogliono capire, la nostra spiegazione del perché
siamo qui in questa condizione di imputati.
La nostra difesa politica sarà quella di chiarire le ragioni
della rivoluzione proletaria,le motivazioni del nostro operare in
questa prospettiva. Cioè quelli che il vostro codice definisce
“eversione dell’ordine democratico”,che noi consideriamo l’ordine della
classe degli sfruttatori che si copre con la parola “democratico”.
Un ordine che come tutte le cose di questo mondo è destinato a
perire e a essere sostituito con un ordine superiore in cui saranno
superate le distinzioni di classe,in cui gli sfruttati si libereranno
dagli sfruttatori.
La nostra piccola vicenda si colloca in questo processo storico.
CORRISPONDENZA DALLE GABBIE
23 APRILE 2008: TERZA UDIENZA
Colpo di scena alla terza udienza del processo per associazione
sovversiva ai militanti comunisti arrestati il 12-02-07.
Dopo aver inserito nel processo anche la posizione dell'ultimo
arrestato, Michele Magon (attualmente agli arresti domiciliari), la
Prima Sezione della Corte d'Assise di Milano, rispondendo alle
eccezioni di nullità sollevate dalla difesa degli imputati, ha
deciso di chiedere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri se
intende costituirsi parte civile nel processo, visto che il reato
contestato di associazione sovversiva con finalità di eversione
dell'ordine democratico è lesivo della personalità dello
Stato.
Conseguentemente, in attesa della risposta del Presidente del
Consiglio, ha rinviato il processo all'udienza che si terrà il
28 Maggio depennando ben 4 udienze del calendario.
Tutte le altre decisioni in merito alle eccezioni di nullità
sono state rimandate successivamente all'acquisizione di questa
risposta.
Il non aver indicato tra le parti lese lo Stato, in modo tale da
permettere eventualmente la costituzione come parte civile, è
una clamorosa svista della pubblica accusa. La foga repressiva e il
delirio di onnipotenza della d.ssa Bocassini evidentemente mal si
combinano con la lucidità. E nemmeno possono coprire la mancanza
di preparazione che sfiora l'ignoranza degli stessi codici della
giurisprudenza borghese sui quali la signora dovrebbe basare la sua
azione inquisitoria.
Una lacuna resa ancora più evidente dall'ennesima coda del
dibattito sul carattere politico del processo di nuovo innescato
dall'immancabile sottrazione di documentazione scritta operata dalle
scorte della polizia penitenziaria ai danni dei compagni prigionieri.
In particolare l'arroganza con cui la pubblica accusa vuole negare il
carattere politico di questo processo riducendolo ad una questione di
meri episodi criminosi, rivela l'ignoranza dell'art. 8 del codice
penale che così recita: "[...] Agli effetti della legge penale,
è delitto politico ogni delitto, che offende un interesse
politico dello Stato, [...]". E ancora: "E' altresì considerato
delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da
motivi politici". In realtà le tre cose - lesione della
personalità dello Stato, carattere politico del processo e
difesa politica collettiva dei militanti comunisti prigionieri - sono
legate tra di loro. Un legame oggettivo che però la pubblica
accusa non è riuscita a cogliere, forse perchè offuscata
da una acredine repressiva che sfiora il patologico. D'altronde questo
Stato, in quanto strumento di oppressione di quella classe criminale
che è la borghesia imperialista, non può che essere
degnamente rappresentato da individui selezionati sulla base
dell'arroganza e dell'arrivismo. Soggetti caratterizzati dalla totale
deficienza ideologica e che si fanno forti di un potere senza
giustificazioni. Emblematico è il caso della querelle sulla
questione dei testi politici degli imputati.
Il punto a cui siamo arrivati è che un testo non può
essere fisicamente presente nelle gabbie.
La sua vita processuale si concretizza nell'essere preso dalla scorta,
portato al Presidente della Corte, da questo è poi dirottato al
PM per essere visionato. Nel frattempo il compagno a cui è stato
sottratto ne richiede la restituzione o l'acquisizione agli atti del
processo in modo che poi possa essere reso pubblico.
La Corte lo acquisisce ma non ne restituisce copia all'interessato che
potrà tornarne in possesso solo con una richiesta formale di
copia, a pagamento, da parte del suo difensore. Il quale però
per consegnarlo al proprio assistito dovrà fare altra richiesta
alla Corte che ne dispone la consegna. Consegna che però viene
bloccata dalla polizia penitenziaria perchè il testo in
questione non può essere riportato in carcere. Il regolamento
penitenziario lo vieta!!!
Un labirinto burocratico di tipo Kafkiano, che a fianco dell'aspetto
negativo di limitare pesantemente la nostra discussione e le prese di
posizione collettive, riserva anche il simpatico paradosso che i nostri
testi, che noi non abbiamo diritto di detenere e tantomeno di leggere
in aula, siano letti dalla pubblica accusa.
Così in questa udienza si è visto il PM leggere in aula:
"Elezioni 2008: il sistema capitalista si deve abbattere, non si
può riformare. Con questo scritto ci rivolgiamo alle avanguardie
operaie, a tutti i proletari che lottano, ai giovani e alle donne
oppresse che si ribellano alle insopportabili condizioni di vita e di
lavoro imposte da questo sistema economico-politico. Noi, comunisti
imputati in questo processo, proveniamo dalle file della classe operaia
e del proletariato". Anche se declamato con le più fiere
intenzioni repressive non perde niente del suo significato.
Così la volontà di criminalizzazione produce in maniera
surreale la pubblicizzazione che voleva negare.
A parte questi piccoli cortocircuiti il dato nuovo è che
prossimamente, con ogni probabilità, avremo il neo insediato
premier Berlusconi, come parte civile. Un governo espressione di una
riforma istituzionale di fatto determinata dalla stretta del
bipartitismo imposto con le elezioni del 13 Aprile. Un passaggio
attraverso cui la borghesia Italiana persegue la necessità del
governo forte. Forte per portare nuovi attacchi alle condizioni di vita
e di lavoro della classe operaia, del proletariato e delle masse in
genere. Forte anche per compiere il salto dalle finte "missioni di
pace" alle vere missioni di guerra contro i popoli oppressi in giro per
il mondo.
Questo passaggio ha avuto come battistrada la politica anti-proletaria
fatta dalla sinistra borghese e la politica del meno-peggio fatta dalla
cosidetta (ormai ex) sinistra radicale. Ancora una volta il tradimento
dei riformisti apre la strada alla reazione. Ma mostra anche che la
vera via del cambiamento è la rivoluzione proletaria.
Con questo per il momento è tutto.
Ci sentiamo tra un mese per una nuova "corrispondenza dalle gabbie".
A pugno chiuso.
Militanti comunisti prigionieri.
W il 25 Aprile - W il primo Maggio
Comunicato sulla terza udienza
del processo contro i compagni arrestati lo scorso 12/02/2007
L’udienza del 23 aprile 2008 ha segnato dei passaggi significativi
nella battaglia processuale e politica a difesa dei compagni arrestati
lo scorso 12/02/07 nella cosiddetta operazione “Tramonto”.
Capita spesso che una cieca ira annebbi le capacità raziocinanti
degli individui e, deve essere stata proprio questa pervicace antipatia
del pm Bocassini nei confronti dei compagni e in generale dei comunisti
coerenti, ad averle fatto perdere un po’ di senno facendole commettere
un errore che più enorme non si potrebbe: aver dimenticato di
chiamare lo Stato a costituirsi parte lesa in un processo i cui i capi
di accusa sussistono unicamente in ragione di delitti (presunti)
commessi contro lo Stato. Insomma, nella farsesca campagna
criminalizzatrice ordita contro i nostri cari... manca proprio il
“diretto interessato”, senza il quale il processo perde ogni senso!
Il collegio di difesa, rilevata l’insolita “assenza”, aveva presentato
nella precedente udienza un’eccezione di nullità che la giuria
ha oggi accolto, disponendo un rinvio del processo al 28 maggio per
dare modo allo Stato di riparare all’errore. Tra un mesetto sapremo
dunque se lo Stato, tramite il suo governo, ossia Berlusconi,
vorrà costituirsi nel processo contro i nostri compagni oppure
no, svuotando di senso le accuse contro i compagni.
Riteniamo ovviamente più credibile la prima ipotesi, grazie alla
quale l’angoscia per la forzata assenza dei nostri cari verrà
almeno alleviata dall’esilarante spettacolo comico cui potremo
assistere nel prosieguo del processo: la “toga rossa” Bocassini
spalleggiata dagli avvocati del governo Berlusconi (ci auguriamo sia
Ghidini in persona...), a difendere i fascisti di Forza Nuova e i
pusillanimi opportunisti come Ichino. Anche ai ciechi dovrebbe allora
risultare chiaro da che parte sta il marcio. E, forse proprio per
questo, il pm ha continuato ad accanirsi nel negare la natura politica
del processo, fino a commettere una “svista”, forse voluta
appositamente, per svuotare di politicità il processo.
Ma anche su questo punto oggi la giuria ha dovuto riconoscere,
finalmente in maniera formale, che trattasi di processo politico. Dopo
l’ennesimo sequestro di documenti che alcuni compagni avevano scritto e
volevano far mettere agli atti, e dopo l’ennesima opposizione del pm a
che tali comunicati fossero ammessi, trattandosi a suo dire non di
documenti atti alla difesa tecnica, gli avvocati della difesa hanno
ribadito con forza, citando la giurisprudenza e il buon senso, che se
gli imputati sono accusati di reati politici ergo si tratta di un
processo politico e dunque gli imputati hanno diritto a difendersi
politicamente esprimendo il loro pensiero, e non solo “tecnicamente”.
La giuria, in base all’art. 8 del CP, ha riconosciuto la
validità delle argomentazioni della difesa e disposto
l’ammissione degli scritti politici dei compagni agli atti, sancendo
-speriamo una volta per tutte- che di processo politico si tratta, con
buona pace della testardaggine del pm.
Il tentativo di negare l’identità e le ragioni politiche dei
compagni sotto processo è stato ancora una volta sbugiardato,
stavolta in modo formale e dalla giuria stessa; non dubitiamo
però che la malafede e l’astio politico del pm, dimostratisi
ampiamente anche arrivando a sotterfugi come nella seconda udienza, le
permetterà di architettare altre mosse per dimostrare il suo
teorema, ma il risultato di oggi permetterà anche ai compagni
arrestati di avere maggiori spazi per affermare la loro
identità.
Uscendo dall’aula stamane qualcuno ha gridato “Ieri altri sei operai
morti sul lavoro, perché nessun padrone è mai alla
sbarra?” Alla sbarra invece ci sono in questo caso dei lavoratori,
delegati rsu, militanti di centri sociali, comunisti, o in altri casi
gli antifascisti come nel processo per i fatti dell’11 marzo, o in
quello per Genova o del Sud Ribelle.
Nel rinnovare l’invito alla presenza in aula il prossimo 28 maggio, ci
associamo e rilanciamo il grido uscito dalla gabbia dei compagni
stamattina:
“Ora e sempre Resistenza!”
E diamo appuntamento al corteo del 25 aprile a Milano, alle ore 14 in
Palestro, per continuare la mobilitazione.
Associazione solidarietà Parenti e Amici degli arrestati il
12/02/07
Milano, 23/04/08