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inchiesta 12.02.07
aggiornamenti aprile 2008


PROSSIME UDIENZE DEL PROCESSO AI COMPAGNI ARRESTATI NELL'INCHIESTA 12-02-07.

TENIAMO ALTA LA BANDIERA DELLA SOLIDARIETA'!
E' UN PROCESSO CONTRO TUTTI,
MOBILITIAMOCI TUTTI!!!

APRILE
Martedì 15
Mercoledì 23

MAGGIO
Lunedì 5
Lunedì 12
Mercoledì 21
Lunedì 26
Mercoledì 28

GIUGNO
Martedì 17
Mercoledì 25

LUGLIO
Mercoledì 2
Mercoledì 16
Venerdì 18

Cari compagni e compagni, parenti e amici,
inviamo la lettera dei compagni arrestati che racconta
"dalle gabbie" la prima giornata del processo.

Fatela girare!!!

INVITIAMO TUTTI E TUTTE A TENERE ALTA LA BANDIERA DELLA SOLIDARIETA' PARTECIPANDO ALLA PROSSIMA UDIENZA AL TRIBUNALE DI MILANO: IL 15 APRILE 2008, ORE 9.30!

RILANCIAMO - ESTENDIAMO LA SOLIDARIETA' DI CLASSE!!!
UNITI SI VINCE!!!
27 Marzo 2008: prima udienza del processo ai compagni arrestati il 12-02-07

CORRISPONDENZA DALLE GABBIE

Il processo ai compagni arrestati il 12 febbraio 2007 si apre davanti alla prima sezione della corte d'Assise di Milano il 27 Marzo 2008 con tutte le questioni che sono rimaste aperte nella udienza preliminare di fine dicembre.
La costituzione della parti civili rivela il carattere politico del processo più di quanto possono fare le dichiarazioni fin qui impedite agli imputati e a dispetto della risoluta e reiterata negazione dello stesso carattere da parte della pubblica accusa.
Tra le numerose parti lese individuate da quest'ultima solo tre hanno formalizzato la costituzione a parte civile.
L'organizzazione Forza Nuova, la cui istanza era stata già accolta dal Gup nell'ambito dell'udienza preliminare, il giornale Libero e il giuslavorista prof. Ichino.
La prima è un'organizzazione dichiaratamente nazi-fascista nota per le sue posizioni ultrareazionarie e razziste oltre che per l'uso sistematico della violenza contro gli immigrati e le aggressioni ai movimenti di sinistra. Questi teorici del superuomo lamentano una sede danneggiata da una azione antifascista a Padova.
Il giornale Libero, fogliaccio della più bassa propaganda reazionaria, antiproletaria e antioperaia, il cui vicedirettore è stato condannato per aver prestato, sotto lauto pagamento, la sua opera per le oscure trame dei servizi segreti nostrani e della CIA, si lamenta del danno di un potenziale attentato di fatto mai subito.
Infame il prof. Ichino, noto capofila dei peggiori attacchi ai lavoratori, ideologo della "liberalizzazione" dei rapporti di sfruttamento e della precarizzazione del lavoro, distintosi in particolare per le sue prese di posizione contro gli operai metalmeccanici in lotta per il rinnovo del CCNL e per la sua veemenza contro i presunti fannulloni del pubblico impiego e ora promotore del cosiddetto contratto unico che, se approvato, getterebbe nella precarietà dell'assenza dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori l'interra classe lavoratrice, lamenta anche lui il danno di un attentato mai subito. E, cosa ancora più incredibile lamenta il danno psico-fisico dovuto al servizio di scorta che come datazione è stato da lui richiesto ben prima dell'inizio delle indagini contro gli imputati.
D'altronde viviamo in un'epoca in cui c'è poco da stupirsi di questi paradossi.
Lo stesso liberalismo, le cosiddette leggi del mercato, ad esempio, valgono di fatto solo per i lavoratori che possono essere licenziati, per i popoli oppressi che possono essere affamati,
o per i titolari di mutui che possono essere strozzati e costretti all'insolvenza e quindi privati della casa, ma non certo per le grandi banche d'affari come la Bears Stern di Wall Street che quando subisce un crollo e per le leggi di mercato dovrebbe essere liquidata, invece viene "salvata" favoreggiandola con linee di credito a fondo perduto fino a 30 mld di dollari di denaro pubblico. Chissà come mai il prof. Ichino non trova il tempo di esprimersi con la sua nota veemenza liberista anche contro questa operazione da "conservatori" che qualche suo collega di intellettualità borghese ha già definito come "socialismo dei ricchi".
Tornando al processo, Libero e Ichino devono attendere cosa ne pensa la corte che si è riservata di rispondere in seguito con un'ordinanza, mentre i fascisti di Forza Nuova possono fin da ora affiancare la dott.ssa Bocassini nell'accusa contro gli imputati a perfetta dimostrazione che fascismo e revisionismo vanno a braccetto.
D'altronde è pur vero che i nostri "bravi ragazzi" della missione di pace e umanitaria in Afghanistan sponsorizzata dai revisionisti cantano "faccetta nera" e dipingono le effigi dell'Africa Corps di Rommel sui loro carri armati.
Il capitolo "condizioni di trattamento degli imputati" riserva altri interessanti paradossi.
Imputati agli arresti domiciliari che, quando sono usciti dal carcere, hanno potuto raggiungere il loro domicilio da soli, ora devono essere accompagnati al processo da scorte della polizia penitenziaria con il conseguente notevole spreco di denaro pubblico sull'altare della scenografia emergenziale.
Imputati detenuti sparsi in tutto il nord Italia, da Asti a Vicenza che ad ogni udienza devono essere tradotti a Milano, con il caso particolare di un compagno trasferito da Cuneo, per avvicinamento al processo, niente popò di meno nel carcere di Ferrara.
Naturalmente non si tratta di una questione di ignoranza geografica da parte dei funzionari del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria ma di una nuova strategia della vessazione basata su torture a bassa intensità, levatacce nel cuore della notte e su ore di sballottamento ammanettati e chiusi dentro sarcofagi di metallo di 70x70x170 centimetri, cosa da far venire i capelli dritti ai benpensanti della protezione animali.
Ma il problema non si pone perchè in definitiva si tratta solo di nemici dello Stato.
A parte le teste frastornate e gli stomaci rovesciati, la cosa assume toni drammatici quando un compagno sofferente di discopatia lombare viene costretto a 4-5 ore di questo supplizio, da Ferrara a Milano e ritorno, su furgoni di cui l'efficienza degli ammortizzatori è un lontano ricordo.
Il capitolo "possibilità di espressione degli imputati" la dice lunga sul grado di fascistizzazione raggiunta.
La debolezza dell'impianto processuale si riscontra nell'inevitabile carattere politico del processo definito dallo stesso reato contestato (associazione sovversiva) e dalla contestuale necessità di negare tale carattere. Il processo è politico ma nello stesso tempo non può esserlo.
E' politico per l'impianto dell'accusa ma non può esserlo per quello della difesa.
Non può esserlo perchè il sistema è troppo carico di contraddizioni e l'espressione politica dei militanti comunisti imputati è foriera di un costo politico troppo alto per la borghesia.
Il risultato è la negazione del diritto di parola sia scritta che orale.
Un bavaglio che inizia con le perquisizioni prima di salire in furgone per essere tradotti al tribunale dove viene sequestrato qualsiasi testo scritto e continua con le interruzioni degli interventi degli imputati e il divieto di espressione degli stessi in aula e si conclude con le espulsioni collettive dall'aula quando questo divieto non viene rispettato.
Un copione che si è irrimediabilmente ripetuto oltre che nelle udienze preliminari anche in questa prima udienza in Corte d'Assise.
Ma i fatti hanno la testa dura e che il processo sia politico è un fatto che neppure la stampa borghese può negare facendo notare come il divieto del PM Bocassini a far divenire il processo un "agone politico" risulti alquanto vano ed inefficace.
Un fatto che trova il suo riscontro oltre che nell'impostazione politica dell'accusa, anche nella figura sociale degli imputati per la maggior parte reali avanguardie operaie e proletarie.
Militanti comunisti che considerano la via rivoluzionaria l'unica strada per difendere realmente gli interessi della loro classe.
Un fatto che si è manifestato anche nella splendida e massiccia partecipazione tra il pubblico di operai e operaie, proletari e proletarie e compagni e compagne di movimento che ci ha fatto sentire anche dentro alle gabbie il calore della solidarietà di classe.

RESISTIR ES VENCER

Alla prossima

MILITANTI COMUNISTI PRIGIONIERI

Cari compagni e compagne, parenti e amici,
vi informiamo che il video autoprodotto sull'inchiesta del 12/02/07: "SIAMO NATI PER IL SOLE CHE SORGE, NON PER QUELLO CHE TRAMONTA" si trova al seguente indirizzo:

www.youtube.com/cpogramigna

E' diviso in 5 parti perché youtube non permette di inserire video di durata superiore ai 10 minuti......

RILANCIAMO LA SOLIDARIETA' DI CLASSE!!!


DOCUMENTO ALLEGATO AGLI ATTI DELL’UDIENZA DEL 15.04.2008:


ALLA CORTE DI ASSISE DI MILANO

SULLA QUESTIONE DEL PROCESSO POLITICO

Fin dall’udienza preliminare la pubblica accusa,rappresentata dalla D.ssa Bocassini,ha dichiarato che il processo iniziato il 27 marzo non potrà in nessun modo essere definito un processo politico perché ella lo impedirà a chiunque,imputati o avvocati.
Un bell’esempio di arroganza repressiva che si giustifica solo o con l’ignoranza o con la malafede. Ad attestare che il nostro non è un processo politico c’è solo il fatto che la D.ssa Bocassini stessa  ne è garante. Insomma è come l’oste che dichiara che il vino è buono.
Un chiaro segno di debolezza politica della controrivoluzione in chiave socialdemocratica. Di fronte alla crisi di un sistema di sfruttamento ed oppressione che scivola inesorabilmente verso la catastrofe della guerra,la pubblica accusa non sa far di meglio che negare la contraddizione rappresentata dall’opzione della rivoluzione proletaria,riducendo un percorso politico volto alla distruzione e al superamento radicale dello sfruttamento e dell’oppressione in una serie di “episodi e sodalizi criminosi”. Fa questo per cercare inutilmente di impedire che dal mare di sofferenza e di assenza di prospettive a cui il sistema capitalista sta sempre di più condannando la stragrande maggioranza dei lavoratori,dei proletari e dell’umanità affiori la soggettività che spazzerà via la borghesia in quanto classe di sfruttatori ed oppressori.
Per questo,prima che la condanna,la pubblica accusa persegue la distruzione dell’identità rivoluzionaria degli imputati. Nega il processo politico per negare l’identità politica dei processati.
Ma tutto ciò non è semplice e presenta molteplici contraddizioni. In primo luogo naturalmente c’è l’identità collettiva rivoluzionaria che gli imputati rappresentano fondata sull’inequivocabile identità sociale e politica,per la maggior parte operai e lavoratori impegnati nella difesa degli interessi materiali della loro classe. Un osso duro da digerire nel processo di spoliazione dell’identità politica.
Nella stessa sfera giuridica la contraddizione si ripresenta chiaramente nel contenuto delle fattispecie di reato utilizzate come ad esempio quella del reato tipicamente “politico” dell’associazione sovversiva definita dall’art.270 e seguenti che,da buoni derivati del codice fascista Rocco,da cui traggono origine,perseguono esplicitamente chiunque sulla base della lotta di classe voglia sovvertire l’ordine costituito. Questo naturalmente al fine non dichiarato di salvaguardare la dittatura borghese vestita da democrazia formale. Ma a parte queste considerazioni di sostanza che,nella dimensione del conflitto che oppone la borghesia al proletariato,si possono definire di parte,ne esistono altre che potremmo definire di forma.
Infatti nella stessa formalità della dottrina della giurisprudenza borghese si determina la politicità del processo anche dal carattere speciale,d’eccezione,del giudice. E’il caso del tribunale speciale fascista o quelli più recenti dei vari tribunali internazionali come quello dell’Aja o ancora quello delle Corti USA che giudicano i prigionieri di guerra detenuti a Guantanamo.
Nel nostro processo a dire il vero non c’è un giudice speciale,ma quello di turno rappresentato dalla prima sezione della Corte di Assise di Milano. Però questo fatto,come tutti i fatti della vita,e soprattutto della macchina della giustizia borghese,può essere aggirato. Vediamo come nel caso specifico ciò è stato fatto.
Nei mesi successivi all’arresto praticamente tutti gli imputati sono stati arbitrariamente allontanati di centinaia fino anche ad un migliaio di chilometri dalla sede del tribunale dove si svolge il processo e conseguentemente anche dalla sede della maggior parte dei difensori di fiducia. Imputati arrestati a Padova per un’inchiesta di Milano sono stati mandati,benché in attesa di giudizio,all’Ucciardone di Palermo o a Catanzaro; altri, arrestati a Milano,sono finiti a Poggioreale di Napoli e questo sicuramente non per mancanza di posto in sedi più vicine.
Tutti gli imputati sono stati sottoposti a periodi di isolamento di parecchi mesi. Uno di essi è stato in isolamento dall’arresto per più di un anno.
L’artificio utilizzato è un vero e proprio sotterfugio amministrativo: pur essendo classificati EIV (Elevato Indice di Vigilanza) vengono sistematicamente collocati in carceri sprovvisti di Sezioni EIV cosicché la Direzione Penitenziaria locale si vede in obbligo di detenerli in condizioni di assoluto isolamento.
Altri imputati sono sottoposti a regime di censura della corrispondenza non legittimato da esigenze investigative formalmente eccepite dalla pubblica accusa,ma stranamente richiesto dall’autorità penitenziaria. Stranamente perché si tratta sempre di detenuti in attesa di giudizio e quindi essenzialmente sottoposti all’autorità giudiziaria.
Queste situazioni si perpetuano anche con l’inizio del processo di primo grado. Un imputato è stato assurdamente “avvicinato”alla sede processuale di Milano con un trasferimento da Cuneo a Ferrara. Un altro da Palermo a Vicenza ed entrambi si trovano in regime di isolamento. Inoltre l’imputato attualmente detenuto a Ferrara soffre di discopatia lombare cosicché le lunghe traduzioni a Milano risultano alquanto dolorose e potrebbero aggravare la sua patologia e compromettere la sua presenza futura alle udienze.
Di fatto queste sono tutte misure intraprese da un’ autorità amministrativa che ha la caratteristica di celarsi tra le pieghe del sistema penitenziario e che è formalmente estranea al processo in questione.
In aggiunta nella situazione in cui si trovano, gli imputati possono interloquire con i loro difensori di fiducia,oltre che tramite la corrispondenza censurata,direttamente solo tramite il telefono, a meno di non impegnare gli avvocati stessi in estenuanti trasferte che sottraggono in ogni caso tempo e denaro alle esigue risorse difensive. In specifico la legge da facoltà di telefonare agli avvocati,ma ecco nuovamente l’ interferire dell’autorità amministrativa estranea,che sotto la copertura di un normale regolamento (regolamento penitenziario del 2000) considera equiparabile il difensore di fiducia ad un semplice conoscente dell’imputato e come tale lo tratta pretendendo di conoscere le motivazioni alla base della richiesta di colloquio telefonico e riservandosi arbitrariamente di concedere o non concedere la conversazione telefonica con questo “conoscente di fiducia”
In definitiva questa autorità amministrativa estranea al processo di fatto si erge a deus ex machina della vicenda processuale. Nello specifico delle telefonate al difensore di fiducia autorizza o non autorizza senza giustificazione anche a fronte di autorizzazioni già concesse dall’autorità giudiziaria.
In alcuni casi considera addirittura che le telefonate al difensore vadano a sottrarsi a quelle mensilmente consentite ai familiari. Tutto ciò comporta che gli imputati siano posti in gravi difficoltà per quanto riguarda la pianificazione del loro discorso difensivo.
In pratica questo deus ex machina utilizza l’amministrazione penitenziaria centrale e le sue articolazioni nelle direzioni dei vari penitenziari in cui gli imputati sono detenuti per interferire direttamente sulle capacità di difesa. In questo modo aggira le stesse disposizioni di legge,che tutelano formalmente il diritto alla difesa, coprendo i suoi arbitrii in merito alla collocazione degli imputati con imperscrutabili decisioni del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) o quelli in merito alle telefonate ai difensori con sue circolari interne che qualificano gli avvocati come individui poco raccomandabili quando sono al telefono mentre diventano rispettabili quando possono fisicamente presentarsi alle porte del carcere.
Qualche giurista particolarmente formalista potrà contestare la necessità del contatto con l’avvocato sostenendo che quest’ultimo,una volta nominato, sa cosa è meglio per il suo assistito. Ma questo non corrisponde al vero per la stessa giurisprudenza borghese che,nel rapporto che lega l’imputato all’avvocato, vede l’imputato come parte dominante. E’cioè lui che determina quale sia il suo interesse da tutelare nel processo e questo interesse può non essere la semplice assoluzione, o la riduzione del danno di tipo penale. Infatti il diritto alla difesa,sancito dalla costituzione borghese,non riguarda un fatto meramente tecnico.
Riepilogando,nel merito della questione della specialità del giudice come condizione per la classificazione di un processo come politico da parte del diritto borghese italiano,cosa c’è di più speciale dell’intervento amministrativo reiterato di un organo amministrativo estraneo al processo che allontana gli imputati di centinaia di chilometri dalla sede del processo,che li confina con artifici burocratici,che ne limita la comunicazione con i difensori di fiducia con tattiche ostruzionistiche?
La successiva questione che si pone è se l’intervento di questa entità amministrativa estranea al processo è unicamente frutto della solerzia di alcuni burocrati, oppure se questa solerzia è stata sollecitata direttamente dalla pubblica accusa rappresentata dalla D.ssa Bocassini che si è fatta garante della non politicità del processo.
In entrambi i casi,come si è visto dallo stesso punto di vista della forma,della giurisprudenza borghese,il processo è già politico. Come lo è d’altra parte nella sostanza: nei suoi soggetti,nelle sue finalità,e nella sua parte giuridica,visto che l’art. 270 è di contenuto espressamente politico.
E questo nessuna arroganza repressiva lo può negare!!!
Cogliamo l’occasione per chiedere alla corte oltre che l’autocomposizione delle gabbie durante le udienze,anche la fine di qualsiasi forma di isolamento illegittimo degli imputati in carcere e il raggruppamento di tutti gli imputati in un unico carcere vicino a Milano nel periodo del processo.


INTERVENTO DI CLAUDIO LATINO ALL’UDIENZA DEL 15-04-2008
ALLEGATO AGLI ATTI

Premesso che voi siete qui a difendere uno stato che noi vogliamo abbattere perché lo consideriamo una dittatura della borghesia sul proletariato e sulle masse popolari e che quindi c’è una radicale opposizione di interessi tra voi magistratura inquirente e giudicante e noi militanti comunisti rivoluzionari. Premesso questo si tratta di stabilire se qui intendete rispettare quello che nella forma è un diritto fondamentale per la stessa giurisprudenza borghese cioè il diritto di parola e di espressione. Nel nostro caso il diritto di esprimerci liberamente a nostra difesa. In particolare se  possiamo utilizzare le nostre parole e i nostri concetti o se invece dobbiamo attendere istruzioni e delucidazioni dalla pubblica accusa e attenerci di fatto alle sue decisioni in merito a come noi possiamo difenderci.
Noi di fronte a questa corte siamo accusati oltre che di alcuni fatti cosiddetti specifici anche e principalmente di reati cosiddetti associativi. In particolare di quello che è descritto nell’art. 270 bis,cioè”Associazione sovversiva con finalità di eversione dell’ordinamento democratico”. Questo articolo,nella sua stessa formulazione,sanziona un comportamento,o meglio un progetto di tipo politico. In particolare è riferito,citando il testo,a “chiunque promuove,costituisce,organizza,dirige e finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico”.
E’ chiaro quindi che l’impianto dell’accusa è politico e perciò respingiamo la pretesa dell’accusa di impedire la nostra difesa politica.
Questa pretesa è determinata dalla debolezza politica dell’accusa che poi è un riflesso della debolezza politica della borghesia e in particolare della sinistra borghese di fronte alla crisi del sistema capitalista e alle lotte operaie e proletarie.
E’ la stessa debolezza che impone di chiamare”missioni umanitarie” o “operazioni di pace”la guerra di conquista e la devastazione di territori altrui,di chiamare “riforma del mercato del lavoro”l’indiscriminato aumento dello sfruttamento e la precarizzazione dei rapporti di lavoro.
Una debolezza che nel nostro caso ha come conseguenza la necessità della accusa di ridurre il tutto ad una mera questione di soggetti e d episodi di criminalità senza identità e motivazioni politiche.
Schizofrenia vuole che dovremmo essere accusati,cioè attaccati come associazione politica,che per come la pensiamo noi ha una finalità rivoluzionaria,difenderci invece come individui portatori di comportamenti criminali,o forse meglio ancora non difenderci affatto.
Noi qui non abbiamo la pretesa di convincervi della giustezza delle nostre idee e dei nostri progetti perché siamo su due fronti opposti del conflitto di classe che spacca in due questa società: tra sfruttatori e sfruttati,tra borghesi e proletari,tra padroni e operai.
Ma non rinunceremo al compito,anche in quest’aula, di fornire a tutti quelli che vogliono capire, la nostra spiegazione del perché siamo qui in questa condizione di imputati.
La nostra difesa politica sarà quella di chiarire le ragioni della rivoluzione proletaria,le motivazioni del nostro operare in questa prospettiva. Cioè quelli che il vostro codice definisce “eversione dell’ordine democratico”,che noi consideriamo l’ordine della classe degli sfruttatori che si copre con la parola “democratico”.
Un ordine che come tutte le cose di questo mondo è destinato a perire e a essere sostituito con un ordine superiore in cui saranno superate le distinzioni di classe,in cui gli sfruttati si libereranno dagli sfruttatori.
La nostra piccola vicenda si colloca in questo processo storico.


CORRISPONDENZA DALLE GABBIE
23 APRILE 2008: TERZA UDIENZA

Colpo di scena alla terza udienza del processo per associazione sovversiva ai militanti comunisti arrestati il 12-02-07.
Dopo aver inserito nel processo anche la posizione dell'ultimo arrestato, Michele Magon (attualmente agli arresti domiciliari), la Prima Sezione della Corte d'Assise di Milano, rispondendo alle eccezioni di nullità sollevate dalla difesa degli imputati, ha deciso di chiedere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri se intende costituirsi parte civile nel processo, visto che il reato contestato di associazione sovversiva con finalità di eversione dell'ordine democratico è lesivo della personalità dello Stato.
Conseguentemente, in attesa della risposta del Presidente del Consiglio, ha rinviato il processo all'udienza che si terrà il 28 Maggio depennando ben 4 udienze del calendario.
Tutte le altre decisioni in merito alle eccezioni di nullità sono state rimandate successivamente all'acquisizione di questa risposta.
Il non aver indicato tra le parti lese lo Stato, in modo tale da permettere eventualmente la costituzione come parte civile, è una clamorosa svista della pubblica accusa. La foga repressiva e il delirio di onnipotenza della d.ssa Bocassini evidentemente mal si combinano con la lucidità. E nemmeno possono coprire la mancanza di preparazione che sfiora l'ignoranza degli stessi codici della giurisprudenza borghese sui quali la signora dovrebbe basare la sua azione inquisitoria.
Una lacuna resa ancora più evidente dall'ennesima coda del dibattito sul carattere politico del processo di nuovo innescato dall'immancabile sottrazione di documentazione scritta operata dalle scorte della polizia penitenziaria ai danni dei compagni prigionieri.
In particolare l'arroganza con cui la pubblica accusa vuole negare il carattere politico di questo processo riducendolo ad una questione di meri episodi criminosi, rivela l'ignoranza dell'art. 8 del codice penale che così recita: "[...] Agli effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, [...]". E ancora: "E' altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici". In realtà le tre cose - lesione della personalità dello Stato, carattere politico del processo e difesa politica collettiva dei militanti comunisti prigionieri - sono legate tra di loro. Un legame oggettivo che però la pubblica accusa non è riuscita a cogliere, forse perchè offuscata da una acredine repressiva che sfiora il patologico. D'altronde questo Stato, in quanto strumento di oppressione di quella classe criminale che è la borghesia imperialista, non può che essere degnamente rappresentato da individui selezionati sulla base dell'arroganza e dell'arrivismo. Soggetti caratterizzati dalla totale deficienza ideologica e che si fanno forti di un potere senza giustificazioni. Emblematico è il caso della querelle sulla questione dei testi politici degli imputati.
Il punto a cui siamo arrivati è che un testo non può essere fisicamente presente nelle gabbie.
La sua vita processuale si concretizza nell'essere preso dalla scorta, portato al Presidente della Corte, da questo è poi dirottato al PM per essere visionato. Nel frattempo il compagno a cui è stato sottratto ne richiede la restituzione o l'acquisizione agli atti del processo in modo che poi possa essere reso pubblico.
La Corte lo acquisisce ma non ne restituisce copia all'interessato che potrà tornarne in possesso solo con una richiesta formale di copia, a pagamento, da parte del suo difensore. Il quale però per consegnarlo al proprio assistito dovrà fare altra richiesta alla Corte che ne dispone la consegna. Consegna che però viene bloccata dalla polizia penitenziaria perchè il testo in questione non può essere riportato in carcere. Il regolamento penitenziario lo vieta!!!
Un labirinto burocratico di tipo Kafkiano, che a fianco dell'aspetto negativo di limitare pesantemente la nostra discussione e le prese di posizione collettive, riserva anche il simpatico paradosso che i nostri testi, che noi non abbiamo diritto di detenere e tantomeno di leggere in aula, siano letti dalla pubblica accusa.
Così in questa udienza si è visto il PM leggere in aula: "Elezioni 2008: il sistema capitalista si deve abbattere, non si può riformare. Con questo scritto ci rivolgiamo alle avanguardie operaie, a tutti i proletari che lottano, ai giovani e alle donne oppresse che si ribellano alle insopportabili condizioni di vita e di lavoro imposte da questo sistema economico-politico. Noi, comunisti imputati in questo processo, proveniamo dalle file della classe operaia e del proletariato". Anche se declamato con le più fiere intenzioni repressive non perde niente del suo significato.
Così la volontà di criminalizzazione produce in maniera surreale la pubblicizzazione che voleva negare.

A parte questi piccoli cortocircuiti il dato nuovo è che prossimamente, con ogni probabilità, avremo il neo insediato premier Berlusconi, come parte civile. Un governo espressione di una riforma istituzionale di fatto determinata dalla stretta del bipartitismo imposto con le elezioni del 13 Aprile. Un passaggio attraverso cui la borghesia Italiana persegue la necessità del governo forte. Forte per portare nuovi attacchi alle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia, del proletariato e delle masse in genere. Forte anche per compiere il salto dalle finte "missioni di pace" alle vere missioni di guerra contro i popoli oppressi in giro per il mondo.
Questo passaggio ha avuto come battistrada la politica anti-proletaria fatta dalla sinistra borghese e la politica del meno-peggio fatta dalla cosidetta (ormai ex) sinistra radicale. Ancora una volta il tradimento dei riformisti apre la strada alla reazione. Ma mostra anche che la vera via del cambiamento è la rivoluzione proletaria.

Con questo per il momento è tutto.
Ci sentiamo tra un mese per una nuova "corrispondenza dalle gabbie".
A pugno chiuso.
Militanti comunisti prigionieri.

W il 25 Aprile - W il primo Maggio

Comunicato sulla terza udienza del processo contro i compagni arrestati lo scorso 12/02/2007

L’udienza del 23 aprile 2008 ha segnato dei passaggi significativi nella battaglia processuale e politica a difesa dei compagni arrestati lo scorso 12/02/07 nella cosiddetta operazione “Tramonto”.

Capita spesso che una cieca ira annebbi le capacità raziocinanti degli individui e, deve essere stata proprio questa pervicace antipatia del pm Bocassini nei confronti dei compagni e in generale dei comunisti coerenti, ad averle fatto perdere un po’ di senno facendole commettere un errore che più enorme non si potrebbe: aver dimenticato di chiamare lo Stato a costituirsi parte lesa in un processo i cui i capi di accusa sussistono unicamente in ragione di delitti (presunti) commessi contro lo Stato. Insomma, nella farsesca campagna criminalizzatrice ordita contro i nostri cari... manca proprio il “diretto interessato”, senza il quale il processo perde ogni senso!

Il collegio di difesa, rilevata l’insolita “assenza”, aveva presentato nella precedente udienza un’eccezione di nullità che la giuria ha oggi accolto, disponendo un rinvio del processo al 28 maggio per dare modo allo Stato di riparare all’errore. Tra un mesetto sapremo dunque se lo Stato, tramite il suo governo, ossia Berlusconi, vorrà costituirsi nel processo contro i nostri compagni oppure no, svuotando di senso le accuse contro i compagni.
Riteniamo ovviamente più credibile la prima ipotesi, grazie alla quale l’angoscia per la forzata assenza dei nostri cari verrà almeno alleviata dall’esilarante spettacolo comico cui potremo assistere nel prosieguo del processo: la “toga rossa” Bocassini spalleggiata dagli avvocati del governo Berlusconi (ci auguriamo sia Ghidini in persona...), a difendere i fascisti di Forza Nuova e i pusillanimi opportunisti come Ichino. Anche ai ciechi dovrebbe allora risultare chiaro da che parte sta il marcio. E, forse proprio per questo, il pm ha continuato ad accanirsi nel negare la natura politica del processo, fino a commettere una “svista”, forse voluta appositamente, per svuotare di politicità il processo.

Ma anche su questo punto oggi la giuria ha dovuto riconoscere, finalmente in maniera formale, che trattasi di processo politico. Dopo l’ennesimo sequestro di documenti che alcuni compagni avevano scritto e volevano far mettere agli atti, e dopo l’ennesima opposizione del pm a che tali comunicati fossero ammessi, trattandosi a suo dire non di documenti atti alla difesa tecnica, gli avvocati della difesa hanno ribadito con forza, citando la giurisprudenza e il buon senso, che se gli imputati sono accusati di reati politici ergo si tratta di un processo politico e dunque gli imputati hanno diritto a difendersi politicamente esprimendo il loro pensiero, e non solo “tecnicamente”. La giuria, in base all’art. 8 del CP, ha riconosciuto la validità delle argomentazioni della difesa e disposto l’ammissione degli scritti politici dei compagni agli atti, sancendo -speriamo una volta per tutte- che di processo politico si tratta, con buona pace della testardaggine del pm.

Il tentativo di negare l’identità e le ragioni politiche dei compagni sotto processo è stato ancora una volta sbugiardato, stavolta in modo formale e dalla giuria stessa; non dubitiamo però che la malafede e l’astio politico del pm, dimostratisi ampiamente anche arrivando a sotterfugi come nella seconda udienza, le permetterà di architettare altre mosse per dimostrare il suo teorema, ma il risultato di oggi permetterà anche ai compagni arrestati di avere maggiori spazi per affermare la loro identità.
Uscendo dall’aula stamane qualcuno ha gridato “Ieri altri sei operai morti sul lavoro, perché nessun padrone è mai alla sbarra?” Alla sbarra invece ci sono in questo caso dei lavoratori, delegati rsu, militanti di centri sociali, comunisti, o in altri casi gli antifascisti come nel processo per i fatti dell’11 marzo, o in quello per Genova o del Sud Ribelle.

Nel rinnovare l’invito alla presenza in aula il prossimo 28 maggio, ci associamo e rilanciamo il grido uscito dalla gabbia dei compagni stamattina:

“Ora e sempre Resistenza!”

E diamo appuntamento al corteo del 25 aprile a Milano, alle ore 14 in Palestro, per continuare la mobilitazione.

Associazione solidarietà Parenti e Amici degli arrestati il 12/02/07
Milano, 23/04/08