Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo
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Comunicato del 15.05.08
Prima udienza preliminare: l’arroganza del persecutore, la forza della
mobilitazione
Il 13 maggio alla Procura della Repubblica di Bologna è iniziata
l’udienza preliminare dell’inchiesta contro i compagni del Partito dei
CARC, dell’ASP e del (n)PCI.
L’udienza si è svolta mentre si teneva un presidio organizzato
per l’occasione nei giardini davanti alla Procura. Alle h. 9.30, un
picchetto d’onore con le bandiere rosse sventolanti e i pugni alzati,
la musica dell’Internazionale e una nuvola di fumogeni rossi hanno
accompagnato i compagni che entravano in aula ad accusare i loro
accusatori. Il presidio è stato un momento importante di lotta e
di solidarietà. Erano presenti circa 150 compagni, di varie
organizzazioni: oltre ai militanti dei CARC, dell’ASP e del Sindacato
Lavoratori in Lotta (SLL), hanno dato la loro solidarietà e
hanno partecipato al presidio i compagni di Proletari Comunisti, della
Rete Antifascista Perugina, del comitato 18 giugno di Torino, della
Rete dei comunisti, del PCL, del circolo Iqbal Masiq di Lecce e il
circolo Iqbal Masiq di Bologna, presente anche un rappresentate del
CLEA arrivato per l’occasione direttamente da Bruxelles. Hanno espresso
la loro solidarietà, pur non potendo essere presenti, i compagni
di Piattaforma Comunista, di Lampada – organizzazione migranti di
Milano e tante organizzazioni e partiti stranieri: il MLPD –
Germania; Fronte Nazionale Democratico delle Filippine; Union of
African Workers /Senegal; CEBRASPO - Centro Brasiliano di
solidarietà ai popoli; The United Peoples – USA; KKEml – Grecia;
KOE – Grecia; MLKP - Turchia e Nord Kurdistan; Arnljot Ask –
Responsabile Relazioni Internazionali del Party Red di Norvegia;
Comitato per la Libertà di espressione e di associazione (CLEA)
del Belgio; We Want Freedom; ICAD - International Committee against
Disappearances; Sinistra Radicale dell’Afghanistan – LRA; Partito
Comunista di Cecoslovacchia; Consiglio di Coordinamento del Movimento
Operaio dell’Ucraina.
Il presidio è stato un momento di lotta e di festa. Presente un
nutrito gruppo di bambini e ragazzi, anche loro a Bologna per sostenere
i loro genitori e parenti inquisiti da Giovagnoli, che hanno
vivacizzato il presidio con i loro giochi, i loro slogan, i loro canti
e la loro vivacità e voglia di fare, di testimoniare il futuro
che i genitori e i loro compagni sono impegnati a costruire anche per
loro.
Il presidio si è prolungato per tutta la durata dell’udienza con
canti di lotta, slogan, sventolare di bandiere rosse, volantinaggi,
diffusione di Resistenza e comizi. Hanno parlato il segretario
nazionale del Partito dei CARC (anch’esso imputato nell’inchiesta) e i
rappresentanti delle varie organizzazioni presenti che hanno portato la
loro solidarietà ed espresso la necessità di costruire un
fronte comune contro la repressione e la persecuzione dei comunisti.
Alcuni compagni hanno portato inoltre la testimonianza della
repressione subita direttamente dalle loro organizzazioni.
Varie le manifestazioni di simpatia e sostegno da parte dei passanti, a
confermare la solidarietà con i comunisti diffusa tra le masse
popolari e che si è espressa nelle oltre 7.000 firma al nostro
appello NO alla persecuzione dei comunisti!: chi ha comprato la
maglietta con scritto NO alla persecuzione dei comunisti-Fermiamo il
giudice Giovagnoli, chi ha acquistato il nostro foglio mensile (ne
abbiamo vendute 53 copie), chi ci ha detto che facevamo bene a
protestare, chi storceva il naso quando nominavamo Giovagnoli, chi ha
firmato l’appello, chi ci ha chiesto di fargli avere il nostro
materiale informativo...
Molte le testate giornalistiche presenti: l’Unità, il Corriere
della Sera, l’Agenzia di stampa Dire, Radio Popolare di Milano e altre.
I giornalisti sono stati molte ore al presidio con noi, hanno raccolto
documenti, fatto interviste e fotografie. Malgrado il loro impegno
professionale, il giorno successivo nessun giornale ha riportato la
notizia dell’udienza e del presidio, ad eccezione del Manifesto, della
Repubblica e del Resto del Carlino di Bologna, di Radio Popolare di
Milano e di Radio Città Aperta di Roma: segnale, anche questo,
dei rapporti ad alto livello coltivati da Giovagnoli che gli permettono
di far scattare la censura dei mass-media quando ha bisogno di mettere
a tacere la contestazione e la protesta contro il suo operato, quando
non gli riesce di indurre i compagni a nascondersi, a giustificarsi, a
rinnegare quello per cui li perseguita: essere “fautori presso gli
operai e le altre classi delle masse popolari di un futuro in cui tutta
la popolazione nel nostro paese e nel mondo intero disporrà
delle condizioni base per una vita dignitosa, con la stessa sicurezza e
naturalezza con cui oggi dispone dell'aria che respira e
parteciperà finalmente alla ricchezza e al patrimonio di
attività intellettuali e morali da cui da sempre le classi
dominanti hanno escluso la gran parte dell'umanità”, essere
“fautori del comunismo e indicare agli operai e alle altre classi delle
masse popolari l'instaurazione del socialismo come unica via realistica
per uscire dal marasma sociale, intellettuale, morale e ambientale in
cui la borghesia imperialista ha condotto il nostro paese e il mondo
intero”.
In aula erano presenti gli avvocati difensori, alcuni dei compagni
imputati, il PM Giovagnoli e Mario Zito dell’Avvocatura dello Stato
(che si è costituito parte civile): nel nostro paese il “popolo
è sovrano”, però non può neanche presenziare ad
una udienza preliminare visto che la presenza del pubblico è
vietata. L’udienza si è limitata ai preliminari: la costituzione
delle parti (l’elenco dei presenti e degli assenti) e l’esame delle
eccezioni procedurali. Anche solo dai preliminari si è
confermata l’attitudine da inquisitore di Giovagnoli e il suo intento
persecutorio contro i rappresentanti del movimento comunista, contro i
promotori della resistenza popolare al procedere della crisi generale
del sistema capitalista e contro tutti i lavoratori e le masse
popolari.
Per quanto riguarda la costituzione delle parti, i nostri
avvocati hanno chiesto
- che uno degli imputati fosse dichiarato assente per valido
impedimento e non contumace dando lettura del certificato con cui il
medico curante attestava che è affetto da un tumore e dichiarava
inopportuna la presenza all’udienza in quanto avrebbe interferito
negativamente con le terapie in corso e avrebbe avuto delle ricadute
negative in termini psicologici ed emotivi. Giovagnoli ha preso
la parola insinuando che quanto dichiarato dal medico curante non
è attendibile perché quest’ultimo è un sostenitore
della stessa causa politica del suo paziente e che comunque non
costituisce un valido motivo di impedimento;
- la nullità del provvedimento di rinvio a giudizio per Giuseppe
Maj in quanto non è stata data risposta alla richiesta di
patrocinio gratuito presentata da quest’ultimo con autentica della
firma da parte del suo avvocato difensore nonostante le indagini che
comunque Giovagnoli aveva disposto per verificare l’autenticità
della lettera di richiesta (evidentemente per Giovagnoli tutti coloro
che “osano” curare o difendere dei comunisti sono inattendibili,
probabilmente dei sospetti “terroristi”!!!) avessero stabilito che si
poteva considerare autentica e che non era possibile verificare lo
stato patrimoniale dell’imputato. Giovagnoli ha rivendicato la
legittimità delle sue indagini e ha detto che dall’inchiesta
è emerso che Maj ha disponibilità economiche, tanto
è vero che quando è stato arrestato a Parigi nel giugno
2003 aveva con sé alcune migliaia di euro… si riferisce ai soldi
di cui, nel comunicato del 26.03.06, il (n)PCI ha denunciato il furto
ad opera dell’ispettore della DIGOS di Bologna “Paolo Vicini, che
protetto dai superiori (impossibile depositare querele contro di lui)
arrotonda lo stipendio rubando quanto di valore trova durante le
perquisizioni”?
Infine Giovagoli ha comunicato di aver consegnato quel giorno stesso un
seguito di indagine (un fascicolo contenente l’analisi degli atti del
procedimento francese fatta dalla DIGOS di Modena), “se gli avvocati
vogliono darci uno sguardo”: è in questo modo che Giovagnoli
rispetta il diritto alla difesa!!!
Il GUP Zaccariello si è ritirato per circa un’ora al fine di
valutare le questioni e alla fine ha respinto tutte e due le eccezioni
sollevate dagli avvocati difensori.
Per quanto riguarda gli aspetti procedurali, i nostri avvocati
- hanno chiesto il trasferimento dell’udienza in altra sede
perché Bologna è incompetente (sia dal punto di vista
funzionale che territoriale) in quanto nella richiesta di rinvio a
giudizio Giovagnoli ha dichiarato che i reati contestati sarebbero
avvenuti in Francia e in Italia, a Modena e altrove e non
specificatamente a Bologna;
- hanno chiesto l’inutilizzabilità del materiale sottoposto a
sequestro a seguito della perquisizione del giugno 2003 visto che la
perquisizione e il sequestro a carico di Maj e Czeppel sono da
ritenersi nulli per violazione del diritto di difesa: infatti a
Giuseppe Maj, che risultava già indagato visti i pedinamenti e
le intercettazioni effettuati dalla polizia italiana e francese, non
è stato notificato alcun avviso di garanzia e Giuseppe Czeppel
ha subito una perquisizione senza né una richiesta delle
autorità italiane né alcuna richiesta rogatoriale per
l’acquisizione degli atti a suo carico; entrambi, inoltre, sono stati
trattenuti in stato di fermo per 72 ore senza potersi rivolgere a un
avvocato;
- hanno chiesto l’inutilizzabilità degli atti successivi allo
scadere dei due anni dall’inizio dell’inchiesto. Gli avvocati hanno a
questo proposito sottolineato che questa inchiesta ha sforato qualsiasi
termine di durata massima delle indagini, come confermato anche dalla
circolarità e contemporaneità delle inchieste aperte per
lo stesso reato contro la stessa area da diverse procure a partire da
quella di Bergamo nel 1981. Su quest’ultimo punto, guarda caso,
Giovagnoli ha interrotto prontamente l’avvocato affermando che
l’argomento non era pertinente in quanto è in discussione la
procedura e non il contenuto dell’inchiesta. Il GUP ha accettato
altrettanto prontamente l’opposizione di Giovagnoli;
- hanno denunciato le violazioni commesse negli accertamenti effettuati
sui computer sequestrati che modificano la struttura dell’hard disk
senza che ne sia stato dato avviso alcuno agli indagati; fanno inoltre
presente che almeno in un caso non risultava ancora compiuta
l’estrazione dei dati dal computer sequestrati nel febbraio del 2006
nonostante fosse stata data comunicazione della chiusura delle
indagini: a conferma, aggiungiamo noi, che l’obiettivo delle
perquisizioni e dei sequestri è quello di impedire e ostacolare
l’attività del nostro Partito e non quello di acquisire prove di
reato;
- fanno presenti le grosse perplessità suscitate dall’esistenza
e dall’attività di un Gruppo bilaterale italo-francese sul
terrorismo e le minacce gravi (di cui Giovagnoli è esponente e
promotore) a causa della commistione tra autorità giudiziaria e
governative. Il GUP lo interrompe facendo presente che questa questione
riguarda il contenuto dell’inchiesta e non le procedure. Su questo
argomento Giovagnoli vuole dire la sua, afferma che vuole chiarire
questo aspetto in quanto a causa di esso è stato oggetto di
proteste. Ma il GUP lo interrompe facendo presente che questa questione
riguarda il contenuto dell’inchiesta e non la procedura.
Giovagnoli, manco a dirlo, chiede che vangano respinte tutte le
richieste degli avvocati; in particolare per quanto riguarda la
competenza territoriale appare evidente che vuole tenersi stretta
l’inchiesta… ha forse paura che altri giudici possano smontare la sua
montatura giudiziaria? Sulla perquisizione di Parigi, Giovagnoli
afferma, in sintesi, che quella degli avvocati è una
ricostruzione soggettiva che non trova conferma nello svolgimento
effettivo dei fatti. La perquisizione è stata fatta
perché si presumeva che Maj fosse a conoscenza degli autori
dell’omicidio Biagi. Dopo l’acquisizione degli atti della perquisizione
e del sequestro è stato aperto un procedimento diverso da quello
sull’omicidio Biagi … in sostanza: l’omicidio Biagi è scomparso
dalle rogatorie con cui Giovagnoli strumentalizzava le autorità
francesi quando gli appoggi acquisiti attraverso il Gruppo bilaterale
non rendono più necessario usare a tal fine questo argomento
pretestuoso. Proseguendo nella sua ricostruzione riveduta e corretta
dei fatti, Giovagnoli afferma che Czeppel era sconosciuto alle
autorità italiane; è stato perquisito perché
ritenuto membro dei GRAPO e a seguito di ciò è diventato
imputato delle autorità francesi per i documenti falsi e solo
successivamente, sulla base di quanto emerso, è stato imputato
in Italia. Sugli accertamenti fatti sui computer, dice che la polizia
postale usa un programma di nome ENKEY che non modifica la struttura
dell’hard disk ed estrae solo i dati.
Malgrado l’eccezione sollevata dagli avvocati sulla durata delle
indagini, Giovagnoli ha contestato a uno degli inquisiti ulteriori
reati, connessi a quelli oggetto dell’inchiesta ed emersi, a suo dire,
dalle perquisizioni del febbraio 2006, quindi ben oltre il termine
temporale indicato nella sua stessa ordinanza di rinvio a giudizio, che
fissava tale termine nel 26 maggio 2005. Quando gli avvocati fanno
notare la questione, Giovagnoli chiede di aggiungere dopo l’indicazione
temporale del 26 maggio 2005 la dicitura “e successivamente
perdurante”. Gli avvocati fanno notare che in tal modo il reato diventa
a tempo indeterminato e Giovagnoli sbotta, dicendo che gli avvocati
devono chiedere ai loro assistiti se intendono o meno continuare a
commettere reati! Il GUP allora esorta Giovagnoli a formulare la sua
richiesta in modo compatibile con quanto indicato nella richiesta di
rinvio a giudizio, ma Giovagnoli, da buon Torquemada, si impunta
affermando che è sua facoltà contestare nuovi reati e
modificare il termine temporale.
Inutile dire che Mario Zito, dell’Avvocatura dello Stato, aderisce alle
argomentazioni di Giovagnoli e chiede di rigettare tutte le eccezioni
presentate dai nostri avvocati.
A questo punto il GUP decide di aggiornare l’udienza al 1° luglio
2008 h. 10.00 e, se necessario (cioè se respingerà le
eccezioni presentate dagli avvocati e procederà all’esame della
richiesta di rinvio a giudizio fatta da Giovagnoli), di proseguire
anche il 2 luglio.
Già dalla prima udienza si è visto che la denuncia, la
mobilitazione e la solidarietà rendono difficile ai persecutori
dei comunisti portare avanti il loro sporco lavoro e li costringono a
mettere le mani avanti. Tre giorni prima del presidio la Digos è
stata inviata alla sede centrale del nostro Partito per notificare le
varie prescrizioni di piazza, cosa mai avvenuta prima. Durante
l’udienza preliminare Giovagnoli ha cercato “di spiegare e
giustificare” l’esistenza del Gruppo italo-francese sul terrorismo e
le minacce gravi e dopo l’udienza ha tentato di mettere a tacere
la stampa. Il giudice Zaccariello ha fissato la prossima udienza
preliminare a un mese e mezzo di distanza dalla prima. Due giorni dopo
l’udienza la Digos di Modena ha comunicato la restituzione di tutti i
computer che ci avevo sequestrato nel febbraio 2006…
Al termine dell’udienza i compagni hanno preso il microfono in piazza e
hanno illustrato ai presenti quanto era avvenuto in aula, hanno
ribadito l’importanza della mobilitazione e della solidarietà
per far fronte alla repressione e alla persecuzione contro i comunisti
e contro quanti promuovono e organizzano la lotta contro il programma
di miseria, sfruttamento, oppressione e guerra dei padroni, hanno
sottolineato che è stato importante ed emozionante sentire,
mentre erano in aula, gli slogan, i canti e i botti e vedere gli
striscioni e le bandiere rosse dei compagni del presidio e, infine,
hanno fissato un nuovo appuntamento:
il 1° luglio tutti in piazza a Bologna!!!
Il 2 luglio si aprirà la seconda festa Nazionale di Resistenza a
Massa-Carrara, il Partito dei CARC ha deciso di anticiparne l’apertura
e svolgere il primo giorno della festa proprio a Bologna davanti alla
Procura. La festa proseguirà nei giorni successivi, come
previsto, a Massa-Carrara.
Il primo immediato risultato della mobilitazione in occasione
dell’udienza è stato che la DIGOS di Modena ci ha contattati per
comunicarci che restituiscono tutti i computer che ci avevano
sequestrato durante le perquisizione del febbraio 2006!
Avanti, compagni!
Costruire un fronte comune contro la repressione!
La solidarietà è un’arma!
La lotta paga!
No alla persecuzione dei comunisti!