I FATTI DI SASSUOLO : FRA REPRESSIONE ED EMARGINAZIONE
I fatti di Sassuolo ci offrono, per l ennesima volta, la dimostrazione del
livello di ( ben studiata) idiozia raggiunto da mass media politica
istituzionale. La realtà , in fin dei conti , è che un presunto delinquente ha
subito un pestaggio feroce e si trova in carcere, mentre tre sicuri torturatori
(esistono i filmati delle loro imprese) se ne stanno tranquillamente in libertà
acclamati da un'opinione pubblica modellata secondo le esigenze del potere.
Questi eventi avrebbero dovuto suggerire alcune domande riguardo alla violenza
istituzionale: se questo è quello che accade nelle strade per un controllo,
cosa succede a chi si trova a dover varcare lingresso di una caserma, di un
cellulare della polizia, di un carcere o di un CPT?
Non è così difficile immaginarlo: punizioni corporali e violenze psicologiche
non hanno mai smesso di essere all'ordine del giorno ai margini della pace
democratica.
L'estensione legislativa di misure quali l'isolamento (una forma incruenta ma
non per questo meno violenta di tortura) non fa che dimostrarci che è in atto
un pericoloso innalzamento dei livelli repressivi, che avviene non a caso in un
momento in cui sono ben visibili i segni di un essere sociale diffuso.
Chi oggi invoca con superficialità una mano ancora più pesante dovrà poi
assumersi la responsabilità di un inevitabile innalzamento della
conflittualità. E proprio linnalzamento di un genere di conflittualità che non
scalfisca sfruttamento e gerarchia sociali sembra essere l'obiettivo del potere
(regola che vale a Sassuolo come a Baghdad).
Sassuolo rappresenta una realtà archetipica della provincia
industrializzata: qui un manipolo di potenti avvelena la città con le sue
fabbriche, specula selvaggiamente su un mercato immobiliare che è totalmente
sotto il suo controllo, e rinchiude i suoi schiavi in ghetti dove tutto è
permesso, compreso sgomberare dei proprietari di casa con un blitz militare in
grande stile. Qui si scaricano tutte le contraddizioni di una società che
produce profitti e miseria, progresso e alienazione, piastrelle ed eroina,
ville e tuguri. Qui, perché i lussi di pochi non ne siano scalfiti, una classe
lavoratrice in gran parte composta da migranti sperimenta gli effetti della
crisi, che da queste parti prende le vesti di una intensificazione di
precarietà, esclusione, clandestinità.
Non è nostra intenzione prendere le parti dello spaccio di eroina o della
delinquenza in genere. Sappiamo però che questi fenomeni non avvengono nei
quartieri bene della città, ma riguardano solo quella parte che si vuole
controllare e reprimere. E sappiamo che alle loro origini vi è lemarginazione
pianificata di coloro che il padronato reputa inutili e quindi estranei a una
comunità che non esiste, perché non esistono né patria né Europa, né regolari
né clandestini, ma solo sfruttati e sfruttatori. Ed è indubbio luso strumentale
che viene fatto di una delinquenza gestita dallalto.
Come scrive Foucault: la messa in opera di una delinquenza che costituisca una
sorta di legalismo chiuso presenta in effetti un certo numero di vantaggi.
Prima di tutto è possibile controllarla. E possibile inoltre
indirizzare questa delinquenza ripiegata su sé stessa verso forme meno
pericolose di legalismo. Mantenuta dalla pressione dei controlli al limite
della società, ridotta a condizioni di esistenza precarie, senza legami con una
popolazione che avrebbe potuto sostenerla (come accadeva un tempo per i
contrabbandieri e per alcune forme di banditismo), la delinquenza ripiega
fatalmente su una criminalità localizzata, senza potere di attrazione
politicamente priva di pericolo. Ora, questo illegalismo concentrato,
controllato, disarmato è direttamente utile, votato ad una criminalità violenta
di cui le classi povere sono spesso le prime vittime. La delinquenza,
illegalismo signoreggiato, è un agente per lillegalismo dei gruppi dominanti.
Inutile rimarcare come spaccio e delinquenza siano stati il veicolo ideologico
dello sgombero del palazzo verde lo scorso anno e lo saranno degli sgomberi già
annunciati, tutti finalizzati a evidenti speculazioni edilizie. E ovvio che
tutto questo
non serve ad altro che a giustificare maggiore controllo sociale e a
limitare il conflitto alla lotta tra proletariato e marginalità o tra italiani
e stranieri.
E al di sopra di tutto la sovranità poliziesca esibita con atti sopraffattori
come quelli visti in tv.
A nostro avviso, è meglio guardarsi dalla logica del pogrom e individuare con
attenzione i veri nemici delle masse: la borghesia e i suoi apparati
repressivi.
COLLETTIVO AUTOGESTITO MODENESE