SULL’ASSEMBLEA DEL 1° OTTOBRE 2006 A ROMA
Questo secondo incontro, tappa del
percorso avviato sulla base della proposta del collettivo Olga del
luglio di quest'anno, nasceva dall'esigenza di un momento ulteriore di
confronto e chiarimento e doveva assolvere fondamentalmente a due
compiti: elaborare una proposta di lotta comune e convocare sulla
stessa un'assemblea nazionale alla quale sarebbe spettato di definire
le successive iniziative.
Nell'assemblea si sono rimarcate alcune differenze già emerse
nei precedenti incontri ma si è anche manifestata un'adesione
sostanziale alla proposta del collettivo promotore.
Di seguito esponiamo una serie di punti sui quali si è
verificata una convergenza con alcuni approfondimenti elaborati e
proposti dagli estensori.
• Del terrorismo dello stato, la differenziazione carceraria – dagli
arresti domiciliari, ai CPT, fino all'articolo 41bis – è lo
strumento principe a cui è affidato lo specifico compito di
intimidire, sottomettere e annullare persino l'idea della ribellione,
sia nei prigionieri che in tutta la classe. Aggredire il 41bis, ultimo
piolo di quella scala fatta di premi e punizioni, senza però
trascurare alcun altro gradino, poiché ad ognuno di essi la
posta in gioco è sempre e comunque la coscienza e la
dignità dei prigionieri, significa smascherare i propositi della
differenziazione ed iniziare ad inceppare il loro realizzarsi.
Così, contemporaneamente, si affermano la solidarietà e
l'unità di lotta fra i prigionieri, fra questi e l'esterno; ed
anche le lotte fuori avvertiranno meno la pressione terroristica e
deterrente dello stato.
• Costruzione di momenti che diano la possibilità alla lotta
contro il carcere, la repressione e, in particolare, contro il 41bis,
di trovare posto e svilupparsi all'interno di ogni altra lotta
contro la società capitalistica, collegando la variegata
mobilitazione a sostegno della lotta interna alle iniziative che
avvengono nel territorio, anche tessendo rapporti con realtà
esistenti in altri paesi che agiscono nella stessa direzione.
• L'assemblea si è trovata d'accordo a promuovere, su queste
basi, una mobilitazione contro il 41bis davanti al carcere dell'Aquila
per la funzione che esso ha avuto e che riveste tuttora nei confronti
dei prigionieri rivoluzionari e non.
• A partire da questo lavoro, auspichiamo che, in corso d'opera, i
collegamenti fra le diverse realtà possano consolidarsi ed
esprimersi con maggiore responsabilità, tenendo conto delle
connessioni fra la guerra imperialista e le trasformazioni che essa
determina, in particolare, nella forma-stato sempre più
caratterizzata in funzione della controrivoluzione preventiva.
La controrivoluzione si esprime in modo
puntuale nei momenti e nei punti caldi del conflitto e della lotta di
classe sebbene non in modo immediatamente palpabile. Ma, se guardiamo
più in profondità, possiamo ben cogliere la sostanza e i
contorni di questo processo. Alcuni esempi esplicativi:
- si tenta di impedire le manifestazioni di piazza mettendole di fronte
a una legislazione di guerra (“associazione sovversiva… con
finalità di terrorismo”, “devastazione e saccheggio”, “concorso
morale”, ecc) che legittimano l’uso della “carcerazione preventiva”
peraltro già largamente applicata specialmente in relazione alla
recidiva;
- nelle lotte per la salvaguardia dell’ambiente e, più in
generale, delle condizioni di vita di intere popolazioni – parlano per
tutte le mobilitazioni di massa a Scanzano, Acerra, la resistenza in
Val di Susa e recentemente a Vicenza, come in Sardegna, contro
l’esistenza e l’estensione delle basi militari, strutturalmente
connesse alle esigenze della guerra imperialista – lo stato interviene
con la militarizzazione di interi territori;
- la legge antisciopero (n. 146/90) e successive modifiche;
- il “pacchetto Pisanu”, dell’estate 2005, ha determinato una forte
restrizione nella comunicazione e nella socialità della
popolazione immigrata, con particolare accanimento nei confronti di
quella araba, mediante il controllo ossessivo soprattutto dei phone
center; l’elargizione di “privilegi” a chi collabora ed espulsioni
immediate con decreto ministeriale per motivi di “sicurezza nazionale”;
- consolidamento dei Centri di Permanenza Temporanea (e della
“detenzione amministrativa”) quali anelli sempre più integrati
nel circuito carcerario, presupposto il vincolo fra permesso di
soggiorno e posto lavoro. Solo come ultimo esempio, i prigionieri
originari di altri paesi, scarcerati dal recente indulto, nella grande
maggioranza sono stati trasferiti nei CPT e da li espulsi dall’Italia;
- potenziamento ed estensione del carcere e, nello specifico, della sua
funzione deterrente, quale potere assoluto della classe dominante su
qualsiasi persona, in particolare, naturalmente, nei confronti di chi
lotta e resiste ai suoi piani di desolidarizzazione, sfruttamento,
devastazione ambientale e di guerra.
La trasformazione del carcere nel senso della guerra bisogna coglierla
nella sua funzione assassina: nell’isolamento, nella differenziazione e
nell’annientamento. La controrivoluzione in Italia non ha niente da
imparare da altri stati imperialisti anzi ha dato loro indicazioni
notevoli: molti sono i casi di funzionari ministeriali, compresi interi
gruppi di guardie, andati in altri paesi ad istruire e collaborare alla
costruzione dei rispettivi sistemi carcerari (Albania, Afghanistan,
Iraq, Guantanamo, solo per fare gli esempi ufficialmente documentati).
Del resto lo stato in Italia si è dovuto confrontare per oltre
10 anni con un forte movimento rivoluzionario. Questo lo diciamo
perché il carcere di guerra in Italia esiste almeno dal 1974-75.
Oggi, si adegua alle trasformazioni sociali determinate dalla guerra
imperialista, soprattutto per quel che riguarda i flussi migratori. I
prigionieri, originari dei paesi aggrediti o occupati militarmente,
rinchiusi nelle carceri italiane, devono scontrarsi con una
realtà che li considera immediatamente nemici. Sono noti molti
casi in cui a prigionieri di orgine irachena e in generale agli arabi
è stato riservato un trattamento in perfetta armonia con quello
praticato ad Abu Ghraib o Guantanamo.
Riferendoci ai prigionieri in generale, ogni comportamento di
ribellione, o di semplice salvaguardia della propria identità e
dignità, viene sanzionato a vari gradi – a seconda del carattere
e della forma che assume la protesta: se è pacifica o violenta,
se è individuale o collettiva, se è casuale o voluta, ecc
– con la differenziazione nel trattamento, con l’isolamento e, non di
rado, con l’assassinio. Queste pratiche deterrenti e desolidarizzanti,
direttamente rivolte a chi sta in carcere e potenzialmente a tutti i
proletari che stanno fuori, sono state formalizzate ed hanno assunto
dei nomi: EIV (Elevato Indice di Vigilianza), 41bis, ecc. Ad oggi, il
massimo dell’isolamento, della differenziazione in termini di
privazioni, dell’annientamento della propria identità, lo stato
lo dispiega nel regime previsto dall’articolo 41bis, dove, tra l’altro,
nega la presenza fisica dell’accusato nell’aula del tribunale in cui
viene processato. Inoltre il prigioniero sottoposto al regime del 41bis
è controllato da personale dei Gruppi Operativi Mobili della
Polizia Penitenziaria, i famigerati GOM, noti soprattutto per le
torture nella caserma di Genova Bolzaneto, in occasione del G8 del
2001, e per essere impiegati nei teatri di guerra come ad esempio in
Iraq.
Contrastare i processi di controrivoluzione in atto non significa
affrontare genericamente il terreno del carcere ma aggredire il
terrorismo che lo stato cerca di esercitare nei confronti della
coscienza, delle pratiche, dell’agire del proletariato e non solo, per
imporre l’accettazione passiva della guerra, dello sfruttamento, della
superiorità dei “valori occidentali” che come campane a lutto
rintoccano i vari Magdi Allam e, purtroppo non solo la domenica, i vari
Nazinger.
• E' emersa l'esigenza di un ulteriore incontro,
prima di un'assemblea nazionale, che abbia tra i suoi obiettivi quello
di definire una iniziale proposta di mobilitazione contro l'isolamento,
la differenziazione, il 41bis e di consolidare attorno a questa
un'assunzione di responsabilità collettiva finalizzata a
coordinare e a promuovere le ulteriori tappe di questo percorso.
Per preparare questo ultimo incontro, crediamo necessario confrontarci
con una serie di realtà, alcune delle quali non hanno potuto
partecipare a questa prima serie di incontri.
Seguirà perciò nei prossimi giorni la
convocazione/appello della prossima riunione.
I materiali prodotti nel corso degli incontri sono consultabili
all’indirizzo
http://www.autprol.org/olga
novembre 2006
OLGa – è Ora di Liberarsi dalle GAlere
olga2005@autistici.org