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documenti e iniziative a favore dei compagni vittime della repressione repressione di stato internazionale

INTERVENTO ALL'ATTIVO FIOM SUL TERRORISMO 19-02-2007

PREMESSA:

1. QUANDO HO COMINCIATO A FARE SINDACATO ( e politica): perché e in cosa credevo. Diritti, dignità, emancipazione.x me e x gli altri.

2. COSA HO POTUTO SCOPRIRE OGGI- La lotta di classe è relegata fra gli ideali e , insieme alla tolleranza e all'umanità deve accontentarsi di fungere da slogan nei discorsi dei segratari dei sindacati. L'onnipotenza della repressione e la sua invisibilità sono la stessa cosa. Dovunque l' autoconservazione spinge oltre il collettivo, alla cricca, al clientelismo. Il dinamismo di ieri si conferma come l'iirigidito passato di oggi, la classe anonima come dittatura dell'elite autoeletta. - Adorno- "scritti sociologici"

3. COSA CREDO CHE SI POSSA ANCORA FARE - una prospettiva diversa non puo' che richiamarsi al concetto di solidarietà.Non alla liberta' di pochi liberi ,come già è, e tanto meno ad una falsa razionalita' che rimanda la felicità dopo la morte.

4. ANALISI:

I FATTI DI OGGI E LA SITUAZIONE CHE SI E' DELINEATA.

La scorsa settimana tutti noi ci siamo trovati coinvolti in una situazione che si presupponeva appartenere ormai al passato.

Ora non voglio entrare nel merito del perché non è stato così, cioè che un certo fenomeno sia tornato sulla scena italiana, anche se una riflessione più approfondita sarebbe urgente e necessaria. Il dato di fatto è che è accaduto.

In quest'ultima settimana io ho dovuto fare i conti con tutto quello che pensavo fino a poco tempo fa, con la mia ingenuità, con il mio voler credere ancora alle favole. Io ed altri compagni ( alcuni molto più di me) siamo stati travolti da un clima di criminalizzazione, sospetto costante, di insinuazioni, di espliciti attacchi e accuse.

E il tentativo di zittirci riguardo quello che avevamo da dire è stato forte.

Mentre tutti parlavano di noi delegati e lavoratori, di noi frequentatori dei centri sociali, tra cui la fucina di sesto, di noi giovani... ecco che noi non potevamo parlare. Un esempio è quello che è successo venerdì al presidio organizzato dalla giunta e da varie associazioni qua a Sesto contro il terrorismo : come redazione del giornale "Assemblea!", che avete avuto modo di conoscere durante l' ultimo attivo, avevamo chiesto di poter spiegare alla città che il tentativo di criminalizzare i luoghi di ritrovo, di discussione e produzione di noi giovani lavoratori era forte. Volevamo spiegare che bisogna stare attenti a generalizzare, che lì non si fa attività terroristica o sovversiva, ma ci hanno detto chiaramente che eravamo persone sgradite.

Negli stessi giorni, sui giornali e nelle riunioni, dai massimi esponenti del sindacato emergono volontà di "epurazioni" e " pulizie etniche". La situazione quindi è molto preoccupante.

Una persona che fa attività sindacale e politica, quando accadono certi fatti, si fa delle domande, prova a capire quello che fa in relazione a quello che succede. E due sono le conclusioni: o ascolta tutti tranne se stesso, si intimorisce e si chiude in una idealità dettata da altri o collega il cervello, capisce che qualcosa non funziona, cerca di approfondire la situazione e di andare avanti, cioè cerca di essere materialista.

Io ho scelto la seconda strada.

Per chi crede in un mondo diverso non può che essere questa la strada, ma la si può intraprendere solo ad una condizione. Non bisogna avere paura.

E io non ho intenzione di aver paura di quello in cui credo. E non ho intenzione di farmi dire ciò che sarebbe meglio per me. Perché quello che è meglio per me lo posso sapere solo io, come quello che è meglio per i lavoratori lo possono sapere solo i lavoratori.

Tutto quello che è successo in questi giorni ha fatto scattare una serie di strumentalizzazioni, da tutte le parti; se ne sono sentite di cotte e di crude, ma mai ci si chiede perché ci si affanni tanto a trovare un colpevole da mettere alla gogna.

Analizzando il momento storico qualche elemento lo si può trovare. E mi limito all'Italia.

Il governo di centro sinistra, nato non certo sotto i migliori auspici, sta vivendo un momento di forte empasse. Con la Finanziaria approvata a dicembre, con il Memorandum segreto tra Governo e sindacati, con i rifinanziamenti alle missioni militari e il servilismo e concessioni agli Stati Uniti, con le già annunciate manovre sulle pensioni, con l'immobilismo e il lassismo di fronte al fenomeno del precariato, con gli attacchi sempre più pesanti ai salari dei lavoratori e con i malumori all'interno della stessa maggioranza (per cui a volte capita anche che alcune manovre vengano approvate grazie al voto favorevole dell'opposizione), non sa più come giustificare la parola "sinistra"..

La situazione è chiara, come è chiara la difficoltà del sindacato (soprattutto della Cgil) a sostenere e giustificare agli occhi della propria base - I LAVORATORI - questa maggioranza di governo.

È evidente che ciò che è successo in questi giorni ha fatto emergere in tutto il suo essere questa crisi di rappresentanza, sia politica che sindacale.

Una crisi amplificata dall'incapacità del sindacato di smettere di essere la famosa "cinghia di trasmissione". E questo vale anche x la Fiom. Dall'ultimo congresso era emerso forte il grido, il bisogno di indipendenza, ma tra il dire e il fare è vero, c'è di mezzo uno spazio infinito. Lo abbiamo vissuto con la Finanziaria, lo stiamo vivendo con il TFR e molto probabilmente lo vivremo anche con altro.

I governi sono formati dai partiti, i partiti sono finanziati anche dalle aziende, lo sappiamo tutti. Se il sindacato non è capace di essere indipendente, alla fine.. Chi detta le regole? Le aziende e quindi i padroni.

Il momento storico è quello di una piena subalternità culturale e politica alle filosofie aziendalistiche e questo lo viviamo sulla nostra pelle tutti i giorni, quando i dirigenti continuano a ripetere che l'interesse dell'azienda è l'interesse del lavoratore xchè è lei che nella sua bontà gli concede un salario e gli permette di arrancare fino alla fine del mese.

La rappresentatività è in crisi, ma nella sua arroganza nemmeno il sindacato ha il coraggio di ammettere i propri errori. E quindi cosa fa? Comincia a sparare all'impazzata al suo interno cercando di mettere a tacere i "grilli parlanti".

Ma questa via di fuga, questa scorciatoia, non funziona più.

In passato è già successo: nel '48-'49, subito dopo la vittoria della Resistenza e la Liberazione, la Cgil, all'inizio sindacato unitario dei lavoratori, decise una strategia di collaborazione coi padroni nella speranza che ciò non pregiudicasse occupazione e condizioni di lavoro. Ciò non si verificò, molte fabbriche chiusero, molti attivisti sindacali, fra cui Battista Santhià protagonista delle lotte degli anni Venti e della Resistenza degli Operai in Fiat durante Fascismo e occupazione, furono licenziati su due piedi o spediti in reparti confino. La Cgil, incapace al tempo stesso di leggere i cambiamenti che avvenivano con l'ingresso di tantissimi contadini e braccianti meridionali privi di alcuna cultura politica e sindacali, subì cocenti sconfitte alle elezioni delle Commissioni interne negli anni Cinquanta, come dimostrato alla Fiat di Mirafiori nel 1955, quando la Fiom perse per la prima volta la maggioranza assoluta. Oggi,  sempre a Mirafiori, ci arriva lo stesso segnale: tutti saranno a conoscenza della batosta subita negli ultimi rinnovi RSU dello scorso anno. Ieri, negli anni cinquanta e sessanta, il non aver capito cosa stava cambiando nelle fabbriche portò le nuove generazioni di lavoratori ad organizzarsi per conto proprio, a volte anche in maniera ribellistica, venendo prima tacciati come "provocatori" (pensiamo ai fatti di Piazza Statuto a Torino nel '62), salvo poi venire rincorsi dal sindacato negli anni successivi perché le cose non stavano proprio così. Da lì partì un grande movimento di lotta, contro il quale padronato e governi non esitarono a ricorrere alla criminalizzazione e al terrorismo stragista (come denunciava lo stesso PCI e la stessa Cgil). Un movimento che fece della battaglia sul salario, sulla riduzione d'orario, contro il dispotismo dei capi in fabbrica, sulla critica alle forme di rappresentanza esistenti (tant'è che da questo punto il governo fu costretto ad emanare lo Statuto dei lavoratori), sulla sicurezza e l'ambiente nei luoghi di lavoro, il centro di una critica al sistema produttivo basata sul conflitto e non sulla concertazione.

Dunque sembra che la storia si stia ripetendo.

In un clima di concertazione, dove i rappresentati si sentono sempre più lontani dai loro rappresentanti, dove i loro bisogni non vengono più capiti e soddisfatti è chiaro che interviene l'autorganizzazione. E là dove ci sono dei rappresentanti che cercano di fare il loro mestiere ecco che interviene la denigrazione, l'isolamento e la repressione. (Abbiamo molti esempi: dalla Fiat Avio di Pomigliano, dove un delegato RSU Fiom - Peppe Iannaccone - si è rifiutato di firmare un accordo sottoscritto dalle organizzazioni, ma bocciato dai lavoratori; alla Piaggio di Pontedera, dove alcuni delegati RSU Fiom si sono "permessi" di denunciare comportamenti illeciti del sindacato; alla Savema di Viareggio, dove un ordine del giorno congressuale sulle scelte sindacali votato in assemblea è stato passato alla Digos dal segretario provinciale della CGIL con l'accusa di terrorismo; e tanti altri esempi si potrebbero fare).

Questo è un fatto molto grave, che io, molto più rispetto ai fatti accaduti la scorsa settimana, ritengo pericoloso. Là dove ci sono voci discordanti, invece di essere considerate un "valore aggiunto" si cerca di metterle a tacere. Dai congressi della Fiom ho imparato che la democrazia è un valore fondante della nostra categoria, ma quello che si sta sviluppando oggi non è democrazia.

Oggi si stanno consumando delle profonde ingiustizie nel tentativo di ricostruirsi una verginità lesa da qualcosa che non appartiene al movimento operaio e sindacale italiano. Per la scelta stupida di pochi che si dichiarano prigionieri politici non possono pagare tutti.

Bisogna stare molto attenti a buttare nel calderone anche chi invece lotta per la costruzione di una coscienza di classe, l'unico strumento valido insieme alla lotta e al conflitto nei luoghi di lavoro per giungere all'emancipazione della classe operaia.

A chi si erge ad inquisitore (visto che già ci dovrebbe bastare la magistratura per questo), a chi pensa di avere la verità in tasca rispondo con una citazione di Di Vittorio :" coloro i quali pensano che negli uffici governativi risiede e si concentra ogni possibile saggezza procedono con un ragionamento che discende da un principio antidemocratico, fascista.noi abbiamo una grande fiducia nella capacità creatrice ed organizzatrice delle masse popolari".

Oggi ci sono delle lavoratrici e dei lavoratori che provano a costruire qualcosa, a dare qualcosa, che tentano di cambiare lo stato delle cose, come diceva qualcuno di abbastanza famoso che tutti i dirigenti della CGIL dovrebbero conoscere a memoria, ma questo sforzo non viene apprezzato, anzi, si cerca di liquidarlo in fretta e furia e di tacciarlo come provocatorio e terrorista, in barba a quanto dichiarato nell'art 7 comma c dello statuto della FIOM: "In ogni organismo del sindacato - dalle assemblee primarie degli iscritti agli organi direttivi della Fiom - é garantita a tutti i componenti la piena libertà di espressione sulle questioni in discussione, la manifestazione anche pubblica di eventuali dissensi sulle decisioni prese, il rispetto delle opinioni politiche, delle convinzioni ideologiche e della fede religiosa di ciascuno".

Quando ci sono dei giovani che si muovono, quei giovani a cui tanto vi rivolgete, e che tanto vorreste con voi perché vi rendete conto che fra un po' non saprete più come coprire quei vuoti generazionali che avete creato in questi anni di gestione concertativa.per paura di essere tacciati come il "brodo di cultura" in cui si moltiplicano i terroristi, invece di rigettare tutte le accuse ai confederali e alle loro strumentalizzazioni, scegliete la via più facile.

La lotta al terrorismo la si fa con la lotta al capitalismo. Sono convinta che come Gramsci affermava nel suo articolo apparso su "L' Ordine Nuovo" del 21 giugno del 1919 " [Ma] La vita sociale della classe lavoratrice è ricca di istituti, si articola in molteplici attività. Questi istituti e queste attività bisogna appunto sviluppare, organizzare complessivamente, collegare in un sistema vasto e agilmente articolato che assorba e disciplini l'intera classe lavoratrice", questa disciplina collettiva dei lavoratori è la garanzia della sua unità, e della sua possibilità di emanciparsi dal capitalismo, che finchè non sarà superato continuerà a generare miseria, violenza e guerra.

Elena Cinzia Bega
Delegata RSU FIOM
Siemens Bicocca