*Una riflessione sull'audizione del 3/05/07 del ministro della
giustizia Clemente Mastella
in commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della
"criminalità organizzata mafiosa o similare"*
Nel percorso di lotta intrapreso abbiamo posto al centro della
nostra prassi la lotta contro la differenziazione,
l'isolamento e l'annientamento carcerario, per poter
effettivamente rilanciare la solidarietà fra interno ed
esterno. Consideriamo questo il presupposto per combattere la
violenza e il terrorismo dello stato, l'intimidazione e
la deterrenza che esso esercita. All'inizio di questo percorso
proponevamo di mettere al centro della
mobilitazione contro il carcere e la repressione, il regime
speciale applicato con il 41 bis, poiché consideravamo
questo il trattamento carcerario che, con la sua durezza,
informava di sé, dava l'impronta all'intero sistema. Il
41 bis è solo il nome dato al grado massimo della violenza
esercitata dal carcere, la quale, come in una scala, viene
applicata in gradi e forme più o meno aperte e dure. E' solo un
nome che però incarna un ben preciso orientamento in
materia carceraria; l'art. 41 bis non è stato infatti
definito una volta per tutte ma fin dalle sue origini, in
quindici anni,
ha conosciuto varie modificazioni, come ad esempio l'introduzione
del processo in videoconferenza
(1998), la sua stabilizzazione all'interno dell'ordinamento
penitenziario (2002), fino ad arrivare ai progetti qui
analizzati. E' dunque uno strumento flessibile che si riflette
sull'intera struttura differenziata carceraria.
Prigionieri trasferiti dalle sezioni di 41 bis alle sezioni Elevato
Indice di Vigilanza (EIV) scrivono di aver trovato
in queste ultime condizioni ben peggiori e questo significa
che l'annientamento carcerario non viene praticato solo
nelle sezioni di 41 bis ma che esse lo rafforzano e lo estendono
lungo tutti i gradini della scala cercando di
renderlo normalità ovunque . Ogni livello di resistenza a questa
società -- quindi non soltanto dentro e contro il
carcere -- trova lo stato già predisposto per isolarlo e
vincerlo fino ad applicare se necessario l'armamentario del
41 bis. Questo trattamento mira all'annientamento dell'identità
politica e sociale anche con il processo in
videoconferenza o "a distanza", che nega all'imputato la presenza
nei processi che lo riguardano e, con ciò, di
rivendicare le proprie ragioni. Ci sono parti dello Stato che oggi, in
perfetta sintonia e continuità con i governi
precedenti, vogliono perpetuare ed estendere, come emerge dagli
stralci quì sotto riportati, le particolari forme di
isolamento e di restrizione operanti nelle sezioni a 41 bis , ed
estenderne l'applicabilità.
Dall'audizione citata:
·
/"Innanzitutto la durata del regime speciale.
Essa potrebbe essere utilmente portata a tre anni
prorogabili per i successivi di durata non inferiore ai due
anni"./
Attualmente il provvedimento ha durata non inferiore ad un
anno e non superiore ai due ed è prorogabile nelle stesse
forme per i periodi successivi di anno in anno.
· /"...il
regime speciale può essere applicato
ove
ne ricorrono altre condizioni, agli autori dei reati
previsti all'art. 4 bis dell'o.p. 'anche ove tali reati non
costituiscano titolo di attuale detenzione'"./
Questo può significare che nonostante si sia terminato di
scontare una condanna per "associazione di stampo mafioso",
"associazione terroristica o eversiva" per le quali è
previsto il 41 bis, questo trattamento può essere
applicato anche nelle detenzioni successive anche se i "reati"
contestati non prevedono formalmente l'applicazione di
questo regime speciale.
Questo carattere preventivo viene esplicitato nel paragrafo successivo:
· /
"Autorevoli opinioni hanno anche di recente
sostenuto l'opportunità di adeguare la struttura del
regime speciale alla sua finalità di prevenzione, volta a
impedire il perdurare dei collegamenti tra le persone condannate
per
reati previsti all'art 4 bis o.p. e le associazioni
criminali di tipo mafioso, terroristico o eversivo. Secondo
tali opinioni, dovrebbe esse normativamente esplicitata la
natura propria di un 'regime detentivo di prevenzione'
fondato sull'esigenza di prevenire il compimento di reati
mediante la sospensione dell'ordinario trattamento per
autori di delitti di cui all'art 4 bis o.p., in relazione
ai quali sia necessario impedire i collegamenti con una
organizzazione mafiosa, terroristica o eversiva"./
· /"...la
riformata normativa potrebbe
addirittura sganciare il provvedimento dall'esigenza del controllo
sull'attualità dei collegamenti con l'esterno, fissandone
i requisiti nella pericolosità del soggetto, desumibili da
una serie di indicatori..."./
Di seguito ne riportiamo alcuni:
/"b)in indagini in corso sul gruppo criminale;
h)nei contatti delle persone ammesse a colloquio con altri
soggetti appartenenti al medesimo gruppo criminale;
k)in colloqui straordinari.
L'inapplicabilità o il mancato rinnovo del regime 41 bis
o.p., secondo questa impostazione deve poter avvenire
solamente in presenza di elementi specifici e concreti in
grado di supportare il convincimento del venir meno della
pericolosità sociale del detenuto e della sua
capacità
di mantenere collegamenti con l'esterno"./
In linea con l'essenza stessa del provvedimento, ovvero quella di
spingere il prigioniero a rinnegare se stesso,
diventando di fatto un "collaboratore di giustizia", in questo
passaggio si mira ad approfondire il carattere
arbitrario e discrezionale nella decisione di applicare il
trattamento di 41 bis.
· /"Opportuna appare altresì l'introduzione,
richiesta
da ultimo dalla Direzione Nazionale Antimafia, di una norma
sanzionatoria per chiunque ponga in essere comportamenti
diretti a tenere o consentire collegamenti tra il detenuto
sottoposto a 41 bis o.p. e gli ambienti esterni. Infatti,
nel caso di comportamenti del genere risultano inapplicabili
al detenuto o a i suoi congiunti le fattispecie del
favoreggiamento personale o della procurata inosservanza di
pena"./
Un attacco esplicito e diretto alla solidarietà e persino agli
affetti nel tentativo di criminalizzare entrambi.
· /"Altro
problema che può trovare un'esplicita
soluzione in una prospettiva di riforme è quello di
evitare la possibilità oggi assai concreta di un intervento
giudiziario modificativo del contenuto delle misure
adottate . Il reclamo deve riguardare soltanto la
legittimità del provvedimento di applicazione, nel senso
che il tribunale potrà accogliere o rigettare --
pervenendo se del caso ad un totale annullamento -- ma non
modificare
il provvedimento, aumentando, ad esempio, il numero dei
colloqui, le ore di socialità o il numero dei pacchi"./
Ciò equivale a perpetuare il trattamento di 41 bis e ad
eliminare la possibilità di fare ricorso per modificare
il trattamento a cui si è sottoposti.
· /"In
linea con la disciplina vigente in materia
di benefici penitenziari a favore dei collaboratori di
giustizia, per i detenuti sottoposti al 41bis o.p. la
competenza potrebbe essere individuata nel Tribunale di
Sorveglianza del luogo presso il quale ha sede il Ministro
della Giustizia, autorità che ha emesso il provvedimento
sottoposto a reclamo. Affidare la competenza al solo
Tribunale di Sorveglianza presso la Corte di Appello di
Roma, aumentandone, ove necessario l'organico,
assicurerebbe uniformità nell'applicazione della
normativa..."./
Questo evidenzia la decennale volontà dello stato di istituire
un tribunale speciale, come durante il ventennio
fascista, cioè un tribunale direttamente dipendente dalla
volontà del governo.
*Lottare contro il 41 bis assume il significato di ostacolare il
dispiegamento dell'isolamento, del sistema
disgregante fondato sul premio e la punizione e della sua
proiezione intimidatoria e terroristica all'esterno,
rilanciando così la solidarietà di classe che
è il presupposto di lotte unitarie, sia fuori che dentro il
carcere.*
Va in questo senso la giornata di lotta sotto il carcere di L'Aquila
che del 41 bis é l'emblema.