Sulla manifestazione all’Aquila: qual è la vera vergogna?
Appello a prendere la parola
Come Associazione Solidarietà Parenti e Amici degli arrestati il
12 febbraio 2007 ci sentiamo chiamati in causa e soprattutto in dovere
di prendere la parola su quanto i mass media hanno scritto e detto
sulla manifestazione dell’Aquila del 3 giugno contro il barbaro regime
carcerario del 41 bis.
Ci sentiamo chiamati in causa, non solo perché i nostri parenti
sono in carcere da quattro mesi sottoposti alla tortura psicofisica
dell’isolamento in regime di EIV (Elevati Indice di Vigilanza) ma,
soprattutto perché vorremo dare uno scossone alla coscienza
politica di coloro che ancora non si ritengono arresi di fronte allo
strapotere servile di una informazione che sembra totalmente appiattita
ai nefasti interessi del potere. Questo soprattutto nei confronti di
quelle testate, radio libere, giornalisti indipendenti che è
importante si facciano sentire, pena il loro totale annullamento.
Ci indigna l’equazione che i mass media hanno formulato, su evidente
imbeccata di veline poliziesche e di stato, tra manifestanti e
“terroristi”. Come pure che la volontà di non isolare i compagni
arrestati, difendere la loro identità, aiutarli a resistere alle
condizioni inumane del carcere costituiscano "prove" del "capo d'accusa
mediatico" di terrorismo E’ come dire che anche noi che lottiamo contro
le condizioni di isolamento (EIV), non molto lontane da quelle del
41bis, a cui sono sottoposti i nostri compagni, figli, amici, siamo
tutti perseguibili per gli stessi reati a loro imputati: i reati
associativi di triste memoria fascista. Siamo indignati ma, non
stupiti, perché il tentativo di criminalizzare la
solidarietà è in corso palesemente da tempo.
Vogliamo prendere la parola per denunciare la distorsione della
realtà fatta sicuramente in malafede poiché per chi vuole
vedere i fatti parlano e hanno la testa dura. Basti solo dire che i
giornali hanno scritto, per dare la prova della loro equazione,
di un enorme striscione con il volto della compagna Nadia Lioce che,
peccato per loro, al corteo non c’era.
Un coro di voci ha gridato unanimemente allo scandalo e alla vergogna
dopo la manifestazione.
Ma qual è la vera vergogna?
La vera vergogna è che esista un trattamento di tortura bianca
con isolamento totale, deprivazioni, assenza di diritti, contro cui, e
la memoria noi l’abbiamo, hanno lottato non solo parenti e amici che in
passato si sonno trovati a sostenere i loro cari in carcere, ma un
ampio movimento, i prigionieri e parte consistente della società
civile nonché parte delle istituzioni. Un movimento che ha
vinto, quando nell’ottobre dell’84 non è stato più
rinnovato l’allora art. 90.
Il 41 bis è, infatti, un figlio cattivo dell’art. 90 che fu
usato nell’ordinamento penitenziario per la prima volta nel 1980 e per
il quale, più “democraticamente”, l’applicazione era: “… per un
periodo determinato, strettamente necessario…” .
Ricordiamo che il 41 bis prevede un solo colloquio al mese per il
detenuto, sempre isolato da un vetro e con la possibilità di
parlare solo attraverso un citofono; 22 ore al giorno di isolamento
totale; l'impossibilità a partecipare al proprio processo di
persona bensì in videoconferenza. In poche parole il 41 bis
è una forma di tortura legalizzata, già applicata a
centinaia di detenuti.
E la vergogna è anche che tutti fingano di dimenticare.
Come sepolcri imbiancati, istituzioni e partiti, da destra e da
“sinistra”, proclamano che il 41 bis serve, anzi, è molto
utile per la democrazia e per la lotta alla mafia. Dimenticano che
tutti noi sappiamo da tempo che per combattere la mafia bisogna
addentrarsi nei legami che essa ha con le istituzioni e la politica.
Tempi di oscurantismo e di inquisizione. Siamo tornati al medioevo?
No, sono tempi di guerra, tempi in cui lo Stato si mette l’elmetto e lo
indossa non solo per le missioni all’estero ma anche all’interno,
cercando di azzittire e terrorizzare tutti coloro che si oppongono e
non vogliono subire le ingiustizie che esso prevede.
Non accettiamo passivamente di omologarci a questa situazione per paura
di essere etichettati come “terroristi” e ci sentiamo di dire: ”Chi
tace acconsente!”.
Associazione di Solidarietà Parenti e Amici degli arrestati il
12 febbraio 2007 -Milano-
e-mail:
parentieamici@libero.it
Milano 5/6/2007