Intervento dell’Avvocato Giuseppe Pelazza all’assemblea del 9 novembre
2007 promossa dall’Associazione parenti e amici degli arrestati il 12
febbraio 2007 tenutasi al Csoa Cox 18 di Milano.
E' riduttivo un’intervento avvocatesco su una materia come questa. Lo
dimostra il contesto in cui si colloca l'operazione “Tramonto”,
definita così per fare da controaltare alla rivista “Aurora” che
sarebbe, secondo l’accusa, espressione di alcuni degli imputati che si
pongono l'obiettivo della costruzione di un partito comunista che tenga
conto anche dell'aspetto militare (siamo sul livello di porsi degli
obiettivi). Cosa che per altro è stata propria di tutti i
partiti comunisti, da che sono esistiti, nella tradizione del
marxismo-leninismo, quella quindi di porsi il problema della presa del
potere anche con l'utilizzo delle armi. L’operazione “Tramonto” si
colloca specificamente in quel momento del febbraio legato ad una
temuta crisi di governo e alla questione del raddoppio della base di
Vicenza. Però, quest’operazione è espressione di un
qualcosa che si è mosso a più largo raggio e per un tempo
più lungo. E' espressione di un utilizzo dello strumento penale
delle indagini come costante inchiesta su delle aree politiche. E qui
ci sono dei riscontri di tipo obiettivo, documentabili. Nel senso che
molti degli imputati di questo processo erano costantemente sottoposti,
fin dal 2001, ad intercettazioni telefoniche, telematiche, ambientali e
così via.
Dal 2001 al 2002, ad esempio, era la procura di Trieste che,
nell'ambito dell'inchiesta sui così detti Nuclei Territoriali
Antimperialisti, (che poi si sono svelati essere un unico soggetto che
amava scrivere volantini di rivendicazione per pentole esplosive che
faceva scoppiare sotto qualche automobile di piloti o esponenti
dell'esercito americano dell'area Veneto-Friuli), ne approfittava per
tenere sotto controllo nel Veneto tutta un’ area della sinistra non "in
linea".
Si muove poi, nel 2002 e nel 2003, la procura di Bologna, tra l'altro
con delle forzature procedurali incredibili.
E' quella stessa procura della Repubblica che contesta la
finalità di terrorismo per l’autoriduzione nei cinema oppure per
l'occupazione di una copisteria nella lotta contro il copyright.
Contesta, appunto, la finalità di terrorismo perché i
fatti sono legati ad una motivazione politica.
Questa procura ha fatto perquisire ripetutamente persone, compagni che
oggi sono imputati in questo processo, sostenendo che però non
erano indagati ma pretendendo incredibilmente di interrogarli sugli
esiti delle perquisizioni stesse, facendo perizie grafologiche su
materiale loro sequestrato. Tutto però senza garantirgli
l'esercizio del diritto di difesa perché, appunto, non erano
formalmente indagati ma erano terze persone rispetto agli ignoti sotto
inchiesta. Salvo che poi, quando il tribunale del riesame faceva un
provvedimento di annullamento di questi arbitrari sequestri,
(assolutamente immotivati poichè non vi era alcun riferimento a
fattispecie di reato precise nei loro confronti) e, prima che il
materiale venisse riconsegnato ai soggetti interessati, il pm
provvedeva ad un nuovo ed autonomo sequestro svelando, questa volta,
che in realtà i soggetti erano oggetto d'indagine in relazione a
quell'inchiesta che lui andava svolgendo.
Quindi abbiamo visto Trieste, abbiamo visto Bologna e, più o
meno in quello stesso periodo si muove anche Foggia, con
intercettazioni ambientali e video sul centro Filorosso.
Poi, nel 2004, irrompe sulla scena il Sisde.
Il Sisde, con una operazione che non ha possibilità di ingresso
nella sistematica giuridica ordinaria, entra nel processo facendo
vestire le sue indagini (che non possono avere la connotazione di
indagini di polizia giudiziaria) attraverso delle relazioni della Digos
e facendo confluire comunque dei filmati e delle foto che aveva
raccolto nel corso del suo lavoro.
Nel 2004 si muove la procura di Milano collegandosi, perlomeno
apparentemente, a perquisizioni e dei sequestri avvenuti nel
condominio di Via Pepe.
Nel 2005 avviene un altro episodio di sequestro relativo ad un furgone
e così si aprei un altro filone di inchiesta milanese.
C'è l'utilizzo dell'inchiesta e non più del procedimento
penale. Il procedimento penale dovrebbe essere mirato a fatti specifici
e ad individuare delle responsabilità in ordine a fatti
specifici.
L'inchiesta è uno strumento giornalistico, amministrativo che,
in mano però ad un potere forte come la magistratura, consente
di tenere sotto controllo con strumenti di potere coattivo e cogente
tutta una schiera di persone.
Contemporaneamente ci sono soggetti, che poi troviamo oggi imputati,
che diventano oggetto di attenzione (perquisizioni, intercettazioni e
così via) nei filoni d'indagini che a Milano vengono svolte
sull'area che ormai viene comunemente definita anarco-insurrezionalista
(come se gli anarchici non esistessero più!).
In questo quadro vale la pena mettere in luce delle connotazioni
particolari di questa indagine, le eccessive disinvolture, da parte
della procura della Repubblica di Milano. Posso citare, a tal
proposito, alcuni esempi.
Ci sono persone che il p.m. ha voluto sentire come testi (persone
informate sui fatti), alle quali faceva poi domande che chiaramente
andavano ad incidere su ipotetiche e presunte loro
responsabilità. Ad esempio domande su foglietti che sono stati
loro sequestrati nel corso di perquisizioni. Quando queste persone si
sono ritrovate a rispondere davanti al p.m. hanno correttamente fatto
rilevare che, dal punto di vista giuridico, se venivano interrogate su
tali cose dovevano essere convocate come indagate e, quindi, con la
garanzia della presenza di un difensore. Queste persone sentite come
testi, con la pretesa poi di interrogarle su fatti concernenti loro
presunte responsabilità, hanno risposto correttamente facendo
irritare vistosamente il p.m.
Abbiamo poi altre anomalie.
Nell'indice di questi 106 faldoni che sono stati depositati c'è
una cosa che incuriosisce: un verbale di ritardato sequestro di alcune
foto avvenuto prima che venissero effettuati gli arresti, in data primo
febbraio.
Il verbale della polizia riferisce: "il sottoscritto assistente
capo tal dei tali, in servizio alla Digos di Padova riferisce che alle
ore 15.00 del 26 gennaio 07 unitamente al personale tecnico della ditta
Ellettronet-Enterprise ha provveduto al riallineamento delle
apparecchiature tecniche installate all'interno della Renoult Kangoo
targata .... di proprietà ....! Durante detta operazione si
notava la presenza all'interno dell'abitacolo dell'autovettura di una
macchina fotografica digitale di marca Canon. Da un primo esame
effettuato sulla stessa si poteva appurare che la memoria era vuota,
veniva pertanto collegata la fotocamera ad un pc provvisto di un
apposito programma atto a recuperare i files anche da memorie
già formattate. Con detta operazione venivano estrapolate numero
264 foto che sono state riversate su supporto compact disk.”
Durante questa operazione, per lo meno, però, sulla base di
alcune specifiche norme, seppur arbitrariamente applicate, già
si viola un ambito private, come è l'automobile, per metterci
apparecchiature tecniche, che si suppone abbiano la finalità di
intercettazioni ambientale, o dei gps, per tracciare poi percorsi che
questa automobile segue nel muoversi sul territorio. Nel fare questo
trovano anche una macchina fotografica, e senza nessun decreto di
perquisizione, se ne appropriano, la controllano, la verificano. La
collegano al loro personal computer, ne estrapolano 264 foto e il pm
poi tranquillamente le sequestra. Così, da vestito giuridico e
di legalità, si passa a quella che è un’operazione in
realtà da Sevizi e non da polizia giudiziaria, perché
è espressione di un'interferenza completamente arbitraria nella
sfera privata di un soggetto con impossessamento dei suoi oggetti
personali.
Tutto ciò è indice di questa struttura "a inchiesta" che
coinvolge più apparati dello Stato.
A Torino, ad esempio, per ricercare l'esistenza di nascondigli sugli
argini del Po, viene addirittura coinvolta la XXXII Brigata Alpina
Taurinense, con qualche decina di alpini che, facendo un piccolo ponte
mobile per arrivare sugli argini, hanno scavato ovunque per non trovare
altro che detriti alluvionali delle rive Po.
Anche qui c'è un'interferenza di un’apparato militare, che non
è della polizia giudiziaria, e che solo sulla base del pacchetto
sicurezza di D’Alema del 2001, poi ripreso dal decreto Pisanu nel 2005,
può svolgere compiti non certo di polizia giudiziaria ma, ben
delimitati, di presidio rispetto agli obiettivi sensibili. Qui invece
si inserisce al fianco della Digos nello svolgere attività di
ricerca di materiale probatorio.
Ci sono quindi degli spostamenti progressivi sul piano istituzionale
nel senso che vi è uno “smottamento”, che diventa sempre
più significativo, di quelle che erano le vecchie regole.
Proseguendo nel discorso dello snaturamento dell'indagine penale, che
dovrebbe essere volta a mirare responsabilità personali in
ordine a fattispecie specifiche di reato, noi vediamo come lo sviluppo
dell'inchiesta non si ferma con gli arresti del 12 febbraio 2007 ma
continua. Un’area politica è continuamente tenuta sotto
controllo dalla polizia tramite richieste di intercettazioni
telefoniche, ambientali, telematiche.
Il 20 marzo 2007 la Digos chiedeva, ad esempio, la proroga per le
intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni nei seguenti
luoghi: il Centro llic, la Fucina, l'abitazione di compagni e
così via. E, sempre questo ufficio, ha attivato I controlli
proprio “al fine di cogliere ogni commento che, come prevedibile,
sarebbe stato provocato dalla vasta operazione di polizia giudiziaria.
Le conversazioni intercettate sono risultate tutte riconducibili ad
attività di sostegno agli arrestati”. Viene così
monitorato tizio, caio e sempronio per vedere le reazioni che innescano
i meccanismi di solidarietà. Infatti, in data 22 marzo, si
legge: "Questo ufficio ha ritenuto estremamente utile sul piano
investigativo, al fine di cogliere ogni possibile commento o reazione
che come era prevedibile sono stati determinati". Dopo di che si
diffondono sull'attivismo di varie persone.
E' evidente e palese che tutto questo non centra assolutamente nulla
con l'indagine per 270 bis. Certo è che serve a monitorare
un'area.
Si prosegue poi con riferimenti a legami di tipo sentimentali fra
appartenenti alle diverse aree.
E ancora, in questo caso è la Digos di Padova che scrive: "Si
riportano di seguito, per una migliore interpretazione e valutazione,
tutte le conversazioni intercettate dalle quali emergono tra l'altro i
piani organizzativi del gruppo in parola". Si tratta dell'Associazione
Solidarietà Parenti e Amici e si aggiunge: "Nonché le
strategie difensive che potrebbero costituire ulteriori spunti
investigativi per la prosecuzione della presente indagine."
Vediamo così come l'indagine cresce su se stessa occupandosi
delle strategie difensive delle persone che sono vicine agli arrestati.
Si legge: "Ci sarà una riunione il 7 di giugno alla quale
però non parteciperà neanche un avvocato in quanto questi
avranno una riunione collegiale a Milano."
Così sanno, ancor prima che vengano espressi, i cambiamenti di
linea processuale.
Ad esempio, quando il tribunale del riesame respinge la scarcerazione
per Caprio e Mazzamauro, si riportano le opinioni di alcuni avvocati
che dicono sia meglio cambiare linea, rinunciare al ricorso ed
escogitare altre tattiche.
Tutto ciò dimostra l'interferenza clamorosa sia sul piano
di un'attività, che secondo me è costitutiva
di un valore fondamentale sul piano sociale, come la solidarietà
sia su un altro elemento che è centrale nel vecchio ordinamento
dello stato liberal-borghese che è il diritto di difesa.
L'interferenza sul diritto di difesa si esplica in vari modi, il codice
di procedura penale oramai vale sempre meno.
Del resto lo sappiamo.
E' il complessivo contesto normativo e politico che sta cambiando e qui
proprio collegherei ogni singolo e specifico fatto al quadro generale
di dissoluzione dello stato di diritto.
Bisogna avere sempre presente che noi stiamo vivendo una maledettamente
brutta “nuova fase costituente”. Una fase che è “costituente” di
un altro tipo di ordine che non ha più nulla a che spartire con
il precedente a partire dal piano internazionale dove la guerra
è elemento dominante: una restaurazione, in contrasto con le
vecchie normative internazionali, di forme di protettorati, di forme
rivendicate di colonialismo, con la Guerra come elemento che rimodella
tutti quanti i rapporti. E’ lo Stato guida su questo è il
modello degli Stati Uniti, che ha distrutto lo stato di diritto della
tripartizione dei poteri, ad esempio con l'ordine presidenziale che
prevede le commissioni penali militari, vedi Guantanamo, una
giurisdizione internazionale sugli "alieni", come li chiamano gli
statunitensi, cioè coloro che si pongono in contrasto con gli
Stati Uniti.
Sarebbe stato inimmaginabile, dieci o quindici anni, fa pensare alle
"Rendition": aerei della Cia che volano per portare nelle prigioni
segrete dei soggetti dove possono essere torturati cntro ogni regola di
civiltà.
Oggi c'è una rivendicazione esplicita di gestione del potere di
agire al di fuori di ogni regola cosa che un tempo si sarebbe tenuta
nascosta.
In Italia con il decreto del settembre 2001 si codifica la figura
dell'infiltrato e della sua non punibilità.
Nell'agosto 2007 è stata fatta la legge di riforma dei Servizi
Segreti che modifica la precedente del 1977 e prevede espressamente la
non punibilità per il personale dei Servizi di Informazione, o
per il personale non appartenente ai Servizi di Informazione,
però incaricato da qualcuno che appartiene ai Servizi, che ponga
in essere condotte previste dalla legge come reato purchè esse
non siano tali da mettere in pericolo e ledere la vita o
l'integrità fisica, la personalità individuale, la
libertà personale, la libertà morale, la salute,
l'incolumità di una o più persone ecc. Però la
gamma di reati comunque è enorme e possono essere commessi con
una autorizzazione da parte direttamente dall'esecutivo. C’è poi
una ulteriore esclusione che ha però al suo interno una deroga,
guarda caso significativa.
Il comma 4 dell'articolo 17 della legge sui Servizi prevede infatti che
non possono essere autorizzate le condotte, previste dalla legge come
reato, per le quali non è opponibile il segreto di Stato e sono
tutti i reati per finalità di terrorismo. Ad eccezione
però della fattispecie dell’articoli 270 bis.
Cioè, per quanto riguardail 270 bis, ’appartenente ai Sevizi
può organizzare un’associazione pur di coinvolgere alter perone.
E in questo caso c’è questo tipo di deroga.
E questo adesso viene rivendicato. Anche prima si sapeva della figura
dell'infiltrato, ma adesso lo si dice chiaro, anche perchè, in
questo rimodellamento, c'è tutto un ribaltamento complessivo dei
valori.
Va di pari passo con questo l'equiparazione fra nozione di terrorismo e
nozione di rivoluzione, nozione di comunismo e nozione di fattispecie
penalmente rilevanti, l'operazione culturale di battage pubblicitario
sull'annullamento della memoria del comunismo e delle esperienze
comuniste.
Addirittura ci sono proposte di legge, più o meno buttate
lì, che vorrebbero introdurre il reato di apologia del
comunismo. Tralasciando la rozzezza di queste proposte, troviamo poi
politici come Veltroni del Partito Democratico che sono in prima fila
nell'opera d’azzerare questo tipo di memoria.
Con una grossissima capacità, tra l'altro, d’incidenza,
perché, paradossalmente, sono l'espressione del partito
comunista di una volta, e che oggi negano in radice, spendendo gli
ultimi residui di credibilità che hanno presso le masse.
Anche per questo è fondamentale sottolineare l'importanza della
solidarietà come aspetto di difesa dell'identità politica
delle persone che sono oggi incarcerate, sottoposte a continui
trasferimenti da un carcere all'altro dell'Italia oppure costrette agli
arresti domiciliari con divieti di comunicazione in località
lontane da casa. La solidarietà nei loro confronti è
anche un aspetto di difesa della memoria.
Quello che va sottolineato in questa operazione è che è
di tipo culturale e politico e affianca il giudiziario, noi lo vediamo
con dei riscontri precisi. Ad esempio, quando fanno le ricerche delle
parti degli hard disk cancellate, cercano di far emergere quello che vi
era scritto, allora ricorrono a delle parole chiave. Una relazione
della polizia postale scrive: ..."In particolare secondo i criteri e
chiavi di ricerca suggeriti da personale della locale Digos,
fondamentalmente basati su termini, slogan, sigle con richiami di
natura politica, sindacalista e terroristica”. Quindi “di natura
politica, sindacalista e terroristica” vengono messi sullo stesso
piano. Mettono poi gli esempi, si legge: "Br, Brigate Rosse, Nuove Br,
lotta armata, rivoluzione, comunismo, proletariato, carceri,
imperialismo, capitalismo, nuovo partito comunista, Stato, giuslavoro”.
Cercano di far emergere tutto quello che attiene a questa materia che
è scritto in quel computer e quindi si capisce dove vogliono
andare a parare. E, ancora una volta, abbiamo dei riscontri normativi.
Abbiamo, ad esempio, una legislazione che dal livello europeo poi
precipita, e viene ulteriormente peggiorata, sul piano nazionale, che
definisce la finalità terroristica anche come quella
finalità che è volta a ottenere che lo Stato, o altre
autorità o enti pubblici nazionali o internazionali,
compiano o non compiano determinati atti.
E' stata così richiamata una decisione quadro a livello europeo
nel 2002, dove almeno hanno questo tipo di consapevolezza, e dicono
che, comunque, questa norma non può essere poi utilizzata per
comprimere libertà sindacali, esercizio del diritto di sciopero
e così via.
E lo dicono perché si rendono ben conto che in realtà
può succedere proprio questo..
E, quanto meno, inoltre, a livello europeo, ancorano questa
finalità a delle condotte concrete di rilevante gravità.
In Italia invece abbiamo il decreto Pisanu del luglio 2005 che porta le
fattispecie dal 270 bis e ter fino al 270 sexies che riporta questa
finalità di voler impedire o ottenere un qualche provvedimento
da parte delle autorità statali, senza però più
collegarlo ad alcun tipo di concreta, e grave, condotta di reato.
Il rimodellamento di cui sto parlando va di pari passo, poi, con un
riutilizzo incredibile della fattispecie dell’associazione eversiva o
con finalità di terrorismo. Questo consente l'utilizzo dello
strumento penale come diritto penale del nemico. Non c'è
più un problema di individuazione di condotte concrete,
c'è la volontà di colpire un settore politico
facendo continuamente avanzare la soglia della punibilità.
Se vediamo come è formulato il capo d’imputazione in questo
processo, che si riferisce appunto alla banda armata e al 270 bis. Non
si pone alcun problema di quello che, come si dice in termini
giuridici, la dottrina e la giurisprudenza consolidata hanno insegnato
nel corso degli anni e cioè che, quando c'è un reato di
tipo associativo, o comunque un reato, c'è un problema di
necessaria offensività della condotta. Cioè la condotta
di colui che viene imputato di un fatto deve essere per forza
offensiva, potenzialmente, almeno, lesiva del bene protetto. Il bene
protetto da questi reati è la personalità dello stato.
E allora, qui si deve spiegare come, un progetto di costruzione di un
'organizzazione politica e delle concrete condotte che hanno visto
un'esercitazione con delle armi, secondo l'accusa, e un tentato furto
ad un bancomat, pongano effettivamente in pericolo il funzionamento
degli organi costituzionali dello Stato.
Sul piano giuridico questo non esiste. Ma visto anche che questo
processo è fatto sulla base di una creazione di allarme sociale,
sarà estremamente difficile ottenere un riconoscimento di questo
tipo a tempi brevi.
Sarà una battaglia lunga, in cui sarà di fondamentale
importanza, e già lo è stata, la solidarietà.
Chi ha gestito questo tipo di operazione é stato completamente
spiazzato da quest’apettoi. Infatti, nei contenuti di questi 106
faldoni dell'inchiesta, troviamo non poche pagine, circa 400, dedicate
ad elenchi dettagliati di eventi, che partono dalla scritta nel
gabinetto di tal fabbrica, al volantinaggio in solidarietà agli
arrestati e ci sono poi le fotografie degli striscioni durante la
manifestazione di Vicenza e di quelli di altre manifestazioni,
fotografie di presidi come quello sotto il carcere dell'Aquila.
Tutto questo dimostra che per loro è scomodo l'aspetto della
solidarietà, proprio perché invece è utile al
sostegno della gestione del processo che loro giocano soprattutto sul
piano dei media ed è inoltre il segno di una “inaspettata”
resistenza politica. Il fatto che 6 degli imputati siano stati posti
agli arresti domiciliari è in totale contrasto con le cose che
veniva a dire il pm davanti al tribunale del riesame e che i media
enfatizzavano: mostri assetati di sangue. Il fatto che 6 degli indagati
siano agli arresti domiciliari non è infatti apparso sui media
se non con qualche trafiletto.
Allora, dato che il processo si gioca su questi vari livelli,
può anche essere che da qui al 12 dicembre, data dell'udienza
preliminare, questi provino a tirar fuori qualche fuoco d'artificio. In
realtà hanno cercato già di far uscire qualche fuoco
d'artificio ma non ci sono riusciti. Hanno cercato di far emergere che
le armi in questione chissà a che cosa erano servite negli anni
70, ma non hanno trovato assolutamente nulla. Hanno cercato di trovare
possibili collegamenti con l'estero, e non hanno cavato un ragno dal
buco. Cercano addirittura di stabilire dei nessi nel padovano con la
banda del Brenta (Felice Maniero che quando evade da Fossombrone
è assieme ad un certo esponente delle br che poi, secondo le
ricostruzioni della Digos, sarebbe arrivato anche lui nel padovano e
del quale si sarebbe ritrovata una valigia nel 1990 alla stazione
centrale di Milano con dentro qualche arma.
In tutto ciò dobbiamo sottolineare la irrilevanza sul piano del
fatto concreto. Perchè anche se, ad esempio, qualcuna di queste
armi ritrovate fosse servita, 20 o più anni fa a qualcosa, non
prova nulla sulle responsabilità di questi soggetti, ma
consentirebbe un'esplosione sul piano mediatico. Basti pensare alla
strumentalizzazione della mitraglietta Skorpion come un simbolo
riconducibile agli anni 70. Sembrerebbe quasi trasudare dalla testa
degli inquirenti il bisogno della costruzione di una entità da
poter presentare come sommo pericolo. Questo, probabilmente, anche per
esorcizzare delle loro paure, perché sono convinto che nello
sfracello dello stato sociale che loro hanno provocato, nello sfracello
che noi purtroppo non abbiamo mai presente costantemente, e che avviene
anche in questo momento in Afghanistan, in Iraq, che si preparano a
fare sull'Iran, che succede continuamente in Palestina; ecco in tutti
questi sfracelli loro hanno paura che, prima o poi, qualche nodo possa
rimanere aggrovigliato nel pettine.
Allora hanno bisogno di questa costruzione già adesso, hanno
bisogno di un nemico da colpire preventivamente e allora proprio su
questi aspetti qui io sono convinto che è di fondamentale
importanza la solidarietà.
Solidarietà non vuol dire una solidarietà acritica o che
è per forza di cose d'accordo con le idee di questi imputati,
anche perché questi imputati sono tra l'altro frastagliati nelle
loro opinioni politiche e nelle loro pratiche politiche.
C'è chi rivendica un certo tipo di progetto di costruzione
organizzativa, c'è invece chi ha fatto parte solo di un
movimento in senso largo, comunista e che respinge l’accusa di
appartenenza ad organizzazioni di questo tipo, comunque in un discorso
che ammette una contiguità fra queste cose, come c'è nei
fatti e come c'è nella storia.
Mi viene in mente un bellissimo intervento di Sergio Spazzali sulla
giustezza della linea difensiva che non si gioca sulle prese di
distanza dagli altri “che sono i cattivi mentre io faccio parte dei
buoni”. Questo del resto è quello che costantemente tentano di
fare i pm per rompere la solidarietà, sia all'interno del corpo
degli imputati che all'interno del corpo sociale. Ma che si gioca
invece all'interno della contiguità: io sono vicino a loro ma
non sono parte del loro gruppo. Però rispetto e condivido la
loro tensione verso un progetto di cambiamento radicale.
Quid siamo importanti sull’aspetto della solidarietà tutte le
volte che riusciamo a crescere attorno alla difesa dell'identità
e alla difesa della storia.
La trascrizione dell’intervento risente dell’impossibilità di
comunicare per iscritto tutti quegli effetti comunicativi propri di un
intervento parlato.