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Una svolta epocale
Il Congresso di Montesilvano del 28 e 29 febbraio 2004 ha palesato le
trasformazioni che da qualche tempo attraversavano il Movimento Sociale – Fiamma
Tricolore. Già nel 2002 la carica di segretario
nazionale era
passata nelle mani di Luca Romagnoli, ricercatore
dell'Università “La Sapienza”
di Roma ed europarlamentare, ponendo il fondatore e capo storico Pino Rauti,
personaggio chiave della strategia della tensione dai tempi di Ordine
Nuovo,
nella posizione più defilata di presidente del partito.
All’inizio del 2004 le
tensioni esistenti all’interno dell’organizzazione emergevano in tutta
la loro
asprezza quando Rauti e Romagnoli si estromettevano a vicenda dai
rispettivi
incarichi, inducendo il primo dei due a convocare il Congresso. In
quella sede
il colpo di scena: Rauti veniva espulso e costretto
a
crearsi un nuovo partito, il Movimento Idea Sociale, che per le
prossime
elezioni ha per altro già stretto accordi ufficiali con il
leader della Casa
delle Libertà Silvio Berlusconi. Questa scissione costituisce
una svolta
importante per la Fiamma Tricolore; una svolta che va ben oltre
l’avvicendamento alla leadership del partito e che colloca questa
minuscola
formazione in una nuova e pericolosa posizione nel panorama della
destra
radicale italiana.
Elettoralistiche convenienze: Fiamma Tricolore e Casa delle
Libertà
Le cause di questa svolta “epocale” andrebbero ricondotte alle
divergenti
vedute di Rauti e Romagnoli in tema di alleanze politiche, da ricercare
con i
partiti di governo nelle intenzioni del primo e con la lista di
Alessandra
Mussolini in quelle del secondo. Questa controversia non appare
però così
determinante se si prende in considerazione il comportamento adottato
fino ad
oggi dall’ex partito rautiano rispetto a questo tema. In effetti per la
Fiamma
Tricolore le convergenze di elettoralistica convenienza con la
coalizione di
Berlusconi non sono certo una novità dell’ultima consultazione
elettorale. I
voti di questa formazione della destra radicale già nel 2000
risultavano
determinanti per la vittoria della Casa delle Libertà nelle
elezioni regionali
in Abruzzo e in Calabria. Anche nelle elezioni politiche del 2001, dopo
aver
dichiarato di presentarsi autonomamente (con proprie liste e
candidati), la
Fiamma Tricolore concludeva con la coalizione di centro-destra patti di
desinenza espliciti, come in Sicilia, e mascherati, come nelle regioni
Lazio,
Abruzzo e Umbria, garantendosi in questo modo l’elezione del senatore
Luigi Caruso
nel collegio di Avola, un comune della provincia di Siracusa. Durante
il terzo
Congresso del partito, tenutosi nel febbraio del 2002, cioè
quando Romagnoli
assumeva la carica di segretario nazionale, veniva quindi formalizzata
la
“nuova tattica politica” incentrata sull’alleanza con la Casa delle
Libertà,
suggellata qualche tempo dopo in occasione delle elezioni parziali
amministrative con un accordo che coinvolgeva più della
metà dei Comuni
chiamati al voto. Questa “nuova tattica politica”, in realtà,
sembrerebbe non
essere stata accantonata nemmeno dopo l’espulsione di Rauti, come
dimostrerebbero i toni possibilisti rispetto a eventuali accordi con la
coalizione di centro-destra espressi da alcune componenti del partito
durante
lo stesso Congresso del 2004. L’esistenza di queste posizioni
troverà poi
conferma in occasione delle elezioni amministrative a giugno dello
stesso anno.
Il 21 marzo le formazioni facenti parte la lista di Alternativa Sociale
(a cui
la Fiamma Tricolore aveva inizialmente aderito) diffondevano un
comunicato
congiunto in cui si affermava l’incompatibilità del partito di
Romagnoli con la
lista della Mussolini. Vi si legge: «Lo spirito originario e
prioritario della
coalizione “Per una Alternativa Sociale” e delle forze che lo
compongono è
quello di porsi politicamente in antitesi sia verso la Casa delle
Libertà in
ogni sua componente che verso la sinistra. In queste settimane abbiamo
avuto
modo di constatare che la Fiamma Tricolore di Luca Romagnoli, al
contrario,
unilateralmente ha deciso di stringere in molte significative
realtà locali
accordi organici o di desistenza con la Casa delle Libertà e con
Alleanza
Nazionale in particolare. […] Questo atteggiamento mina alla base
l'accordo e
colloca di fatto al di fuori di Alternativa Sociale la Fiamma
Tricolore».
L’integrità di Alternativa Sociale rispetto a questo caposaldo
sembra comunque
essere stata messa in discussione negli ultimi mesi dai continui
ammiccamenti della Casa della Libertà all’indirizzo della
lista di
Alessandra Mussolini, di fronte ai quali la nipote del duce ha
manifestato
decisamente il proprio interesse, confermando ulteriormente la
preoccupante prossimità
culturale e politica delle diverse anime della destra italiana, dai
settori
più moderati e istituzionali fino alle formazioni più
radicali. Appare evidente
a questo punto come dietro all’espulsione di Rauti vi siano cause ben
più
profonde delle divergenze di vedute in materia di alleanze politiche,
cause
riconducibili in primo luogo alla volontà di rinnovamento
espressa da una
componente del partito tutt’altro che minoritaria.
Nuovi orientamenti
Per comprendere il nuovo orientamento della Fiamma Tricolore è
sufficiente un
rapido colpo d’occhio tra i nomi che compongono l’attuale segreteria
nazionale
del partito. In particolare due di questi nomi, comparsi dopo l’ultimo
Congresso, non possono che destare giustificata sorpresa, trattandosi
di due
personalità ben note già dai primi anni ’90 quali figure
di prim’ordine del
network nazista Base
Autonoma: Piero Puschiavo e Maurizio Boccacci. Il network, che
raccoglieva
a livello nazionale tutte le sigle e i principali gruppi della galassia
boneheads, aveva il proprio centro di coordinamento nell’associazione
Skinheads
d’Italia, composta, oltre che dall’organizzazione milanese Azione
Skinheads
(capeggiata da Duilio Canu, l’attuale coordinatore regionale di Forza
Nuova in
Lombardia, e divenuta in seguito la fazione madre italiana del network
nazista
Hammerskins), proprio dal Veneto Fronte Skinheads di Puschiavo e dal
Movimento
Politico romano di Boccacci e, secondo quanto segnalato dal numero
1/2005 di
Gnosis (rivista di intelligence pubblicata dal SISDe), «avrebbe
dovuto lavorare
per la nascita di un vero e proprio movimento politico di marca
naziskin,
legato al circuito internazionale Blood and Honour». Mentre nel
maggio del 1993
Base Autonoma veniva smantellata da una operazione di Polizia, questi
due
personaggi seguiteranno nella propria attività pressoché
indisturbati,
superando brillantemente le varie vicissitudini giudiziarie che negli
anni li
vedranno protagonisti.
Pericolose convergenze
Piero Puschiavo, imprenditore e padre di famiglia di 39 anni, è
considerato
fondatore e leader dell’associazione culturale “Veneto Fronte
Skinheads”,
l’organizzazione di boneheads più longeva e radicata della
penisola, che può
contare su alcune centinaia di attivisti disseminati nel bacino
compreso tra le
città di Verona, Vicenza, Padova e Treviso. Il Veneto Fronte
Skinheads è
collegato al network nazista internazionale Blood & Honour
attraverso l’etichetta
vicentina War Sound, già Tuono Records, di Andrea Bellini, un
altro leader
storico dell’organizzazione, e costituisce l’anima del circuito White
Power
Rock del nord-est, aderente già dalla fine degli anno ‘80 a
White Noise e in
grado di organizzare il suo primo raduno internazionale nazi-rock nel
1988.
L’organizzazione di Puschiavo giunge agli onori della cronaca il 29
gennaio
1993, quando la Magistratura emette quindici avvisi di garanzia per
ricostituzione del partito fascista nei confronti di altrettanti
esponenti
dell’organizzazione, nell’ambito della “Operazione Runa”, volta a
colpire il
network nazionale di Base Autonoma. Dopo questa operazione di Polizia
il Veneto
Fronte Skinheads è l’unica formazione del network a mantenere in
vita il proprio
tessuto organizzativo, ma i guai giudiziari sono appena cominciati. Il
4
ottobre 1994 lo stesso Puschiavo, insieme ad altri sei aderenti
all’organizzazione (tra cui Alessandro Castorina, componente della band
nazi-oi
Gesta Bellica), vengono arrestati con l’accusa di violazione della “Legge Mancino”. Tra gli
episodi
contestati l’esposizione di striscioni di stampo nazista allo stadio
Bentegodi
di Verona in occasione della partita Italia–Uruguay del 22 aprile 1989,
l’organizzazione di una cena conviviale avvenuta il 18 aprile dello
stesso anno
in occasione del centenario della nascita di Adolf Hitler e, tra gli
altri,
l’affissione in piazza Bra a Verona di un manifesto che recitava:
«Siamo un
gruppo di giustizieri nazifascisti. Rivendichiamo la nostra
territorialità
messa a dura prova con l’arrivo di questi cani negri che contaminano la
nostra
terra e che portano la loro droga nel sangue italiano». La
vicenda giudiziaria
volgerà alla conclusione solo il 22 ottobre del 2004 con
l’assoluzione di tutti
gli imputati, attraverso una sentenza del Tribunale di Vicenza,
presieduto da
Giuseppe Perillo, destinata a costituire un fortunato precedente per la
destra
radicale italiana. Il Collegio, pur riconoscendo la natura
dell’ideologia
politica, economica e sociale del Veneto Fronte Skinheads, «che
accoglie
integralmente le note dottrine del totalitarismo nazista e fascista,
dottrine
che si auspica diventino la guida degli Stati dell’Europa
occidentale», ha
ritenuto che i fatti oggetto del capo di imputazione, cioè
l’enunciazione dei
principi dell’associazione attraverso la diffusione della rivista
“l’Inferocito” (bollettino ufficiale dell’organizzazione) e di altri
volantini
e manifesti per sostenere una visione storico-ideologica che accredita
la
superiorità della razza bianca, vanno analizzati e confrontati
con l’articolo
18 e 21 della Costituzione: rispettivamente, il diritto dei cittadini
di
associarsi liberamente e la possibilità di manifestare
liberamente il proprio pensiero
con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. In
virtù di questi
dettami costituzionali, secondo Perillo, può essere punito dalla
norma
incriminatrice «non il contenuto del pensiero istigatore, ma
l’azione pratica
di questo, diretta ad influire sulla psiche della persona incitata,
spinta ad
operare, nella propria sfera di attività concreta, nel senso
voluto (e
frequentemente attuato come esempio da seguire) dall’agente».
Secondo la
sentenza del Tribunale di Vicenza, la propaganda razzista del Veneto
Fronte
Skinheads non costituirebbe perciò una violazione della “Legge
Mancino”, in
quanto si sarebbe avvalsa «soltanto dell’efficacia persuasiva
dell’argomentazione e della comunicazione, senza l’apporto di azioni
concrete
ed effettive di incitamento». E’ superfluo sottolineare come in
realtà le
“argomentazioni persuasive” del Veneto Fronte Skinheads si manifestino
spesso
attraverso forme che travalicano decisamente lo strumento della mera
comunicazione ed è lo stesso Puschiavo a confermarlo
nell’intervista concessa a
“Il Giornale di Vicenza”; alla giornalista che gli domanda
provocatoriamente se
oggi sarebbe disposto a ripetere tutto ciò che ha fatto in
passato «compresi
gli errori, le pestate e gli slogan sui muri», Puschiavo replica
lapidariamente:
«Senta, credo sia chiaro a tutti che noi non siamo certo per la
filosofia del
“porgi l'altra guancia”. Detto questo preciso anche che siamo sempre
stati
militanti di piazza e in piazza lo scontro può essere sempre
imminente. E
comunque ricordo che ogni nostra azione “pesante” era di riposta ad una
precedente provocazione pesante».
E’ importante mettere in evidenza come, nella battaglia giudiziaria del
Veneto
Fronte Skinheads per affermare la legittimità della propria
attività
propagandistica, l’organizzazione di Puschiavo abbia potuto beneficiare
della
solidarietà attiva di amministratori locali e rappresentanti di
partiti di
Governo, dimostrando un consolidato radicamento territoriale che si
manifesta
anche e soprattutto attraverso notevoli entrature nell’ambito della
politica
istituzionale. Nel marzo del 2001 si svolgeva presso la sala Verde
della
Provincia di Verona e con il patrocinio della regione Veneto, il
convegno
intitolato “Giustizia Giusta. Uso politico della giustizia e processi
alle idee.
Quali riforme attuare?” che si prefiggeva l’istituzione di un
osservatorio
sulla giustizia (che dispone per altro di un proprio organo di stampa,
il
periodico “Giustizia Giusta” diretto dall’ex leader di Ordine Nuovo e
Lotta di
Popolo Paolo Signorelli, in passato coinvolto
nelle indagini sulla stragi del 12 dicembre 1969, in Piazza Fontana a
Milano, e
del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna) contro il progetto
della
”magistratura comunista” di applicare in maniera discriminatoria la
“Legge
Mancino”. Il convegno, oltre a offrire una testimonianza eloquente
delle
entrature di cui dispone l’organizzazione di Puschiavo, costituisce la
riprova
delle inquietanti convergenze esistenti all’interno del variegato
panorama
della destra intollerante veronese; queste convergenze evidenziano una
volta di
più la prossimità culturale ravvisabile in questa
città (ma in modo meno
marcato anche altrove) dei partiti della Casa delle Libertà con
le frange più
“dure” del secessionismo, del tradizionalismo cattolico e delle
principali
sigle del neofascismo, da Forza Nuova, al Movimento Sociale-Fiamma
Tricolore,
fino al circuito boneheads, laddove l’amministrazione locale ha
rivestito essa
stessa un ruolo non marginale, supportando
e incoraggiando la promozione di una cultura antidemocratica e
intollerante.
Nel corso dell’incontro, salutato dal Presidente della regione
Giancarlo Galan
di Forza Italia, parteciparono il Veneto Fronte Skinheads, diversi
esponenti di
Forza Nuova e del tradizionalismo cattolico veronese, un giornalista de
“La
Padania”, un membro del gruppo dei “Serenissimi” della Liga Veneta (che
nel
1997, in abiti paramilitari, armati di un mitragliatore MAB e con un
mezzo
blindato furono autori del blitz per “liberare” il campanile di San
Marco a
Venezia), ma anche il vicesindaco di Verona Luca Bajona di Alleanza
Nazionale e
alcuni parlamentari sempre di Alleanza Nazionale e della Lega
Nord-Padania.
L’osservatorio sulla giustizia non era altro che la prosecuzione di
quel
comitato “vittime dell’ingiustizia” fortemente voluto dal parlamentare
di
Alleanza Nazionale Nicola Pasetto in seguito alle inchieste condotte
dal magistrato
Guido Papalia contro il Veneto Fronte Skinheads e le Guardie Verdi di
Mario
Borghezio, il corpo di sicurezza della Lega Nord-Padania. A richiedere
e
ottenere il patrocinio dell’iniziativa di marzo 2001 da parte della
regione è
il responsabile del comitato, Andrea Miglioranza, attivista del Veneto
Fronte
Skinheads e membro della band nazi-oi Gesta Bellica, anche egli allora
sotto
processo per violazione della “Legge Mancino”. Tutti i componenti dei
Gesta
Bellica appartengono al Veneto Fronte Skinheads e alcuni dei loro testi
offrono
prova inequivocabile dell’orientamento della band: «Tu rosso
compagno di negri
e immigrati, vigliacco e senza onore»; «Tu ebreo maledetto,
giudeo senza
patria»; «Tu vigliacco drogato senza futuro sei già
fallito»; «Bianco, potere
bianco!»; «Io sono camicia nera, la mia patria è la
mia bandiera». Il 4
novembre del 2000, in occasione del “Concerto per la vittoria”, i Gesta
Bellica
si esibiscono al teatro tenda “Estravagario”, convenzionato con il
Comune di
Verona. Già nel 1999, lo spazio “Estravagario” aveva ospitato il
“Concerto per
l’Europa” (in cui si esibirono le band naziste Aurora, 270 bis e
Roccaforte),
iniziativa patrocinata dall’Assessorato alle Politiche Giovanili del
Comune di
Verona, presieduto da Massimo Mariotti di Alleanza Nazionale. Il 16
novembre
del 2000 l’assessore Mariotti sponsorizzerà anche il “Concerto
per il Solstizio
d’Inverno”, un raduno nazista internazionale partecipato da oltre 500
boneheads
e in cui si esibiranno le band nazi-oi Ultima Thule, Fronte 82 e gli
inglesi
Condemned 84. L’iniziativa sarà patrocinata oltre che
dall’Assessorato comunale
alle Politiche Giovanili di Mariotti, da quello Provinciale alla
Cultura (!!),
anche questo retto da un esponente di Alleanza Nazionale.
Una finestra aperta sulla politica istituzionale
Nell’ambito di una intervista concessa a “Il Giornale di Vicenza” e
pubblicata
martedì 28 dicembre 2004, Puschiavo fa chiarezza sulla natura
del legame che
intercorre attualmente tra il Veneto Fronte Skinheads e la Fiamma
Tricolore.
Puschiavo motiva la sua decisione di entrare nel comitato centrale del
partito
di Romagnoli spiegando come fino a quel momento il Veneto Fronte
Skinheads
abbia agito «da una posizione rigorosamente extraparlamentare,
sostenendo
“collaborazioni” trasversali con i partiti che riteneva in sintonia con
il
proprio pensiero» e, con essi, portando avanti diverse iniziative
con successo
ma senza riscontri in termini politici; da ciò è emerso
«il bisogno di
raccogliere ciò che si semina e poi di quantificarlo».
Appare evidente come la
scelta individuale di Puschiavo risponda in realtà a un’esigenza
avvertita da
tutta la sua organizzazione, a maggior ragione considerato che, da
parte del
Veneto Fronte Skinheads, «il dialogo con la Fiamma, soprattutto a
livello
locale, c'è sempre stato, viste anche le precedenti
collaborazioni». Già il 6
marzo 1999 il Veneto Fronte Skinheads partecipava ad una manifestazione
nazionale indetta dalla Fiamma Tricolore a Verona contro l’immigrazione
e la
società multietnica. Alla manifestazione aderiva anche la Lega
Nord-Padania di
Umberto Bossi, i cui militanti descrivevano la loro partecipazione come
«un
atto dovuto» nei confronti della Fiamma Tricolore,
«dimostrazione che al di là
delle bandiere, ci accomunano i principi». Questo episodio, oltre
a dimostrare
la sostanziale concomitanza di vedute delle diverse anime della destra
italiana
intorno ad alcune tematiche specifiche come quella dell’immigrazione,
evidenzia
la pericolosa risorsa che la Fiamma Tricolore costituisce per il Veneto
Fronte
Skinheads, ponendosi come interlocutore riconosciuto della destra
istituzionale
e, per i boneheads di Puschiavo, un ponte verso di essa: «il
senso di tutto
questo è proprio quello di avere un referente preciso che sia la
voce di
tutti». Il Veneto Fronte Skinheads non si è però
avvicinato al partito di
Romagnoli con la sola intenzione di “prendere”, ma, come lascia
intendere
Puschiavo, facendosi interprete di una “nuova linea” e portando con
sé la
propria identità: «Io non entro in un partito per
“prendere”, bensì per "dare"
e per avere la possibilità di esplicitare a livello politico le
mie battaglie».
Anche rispetto alla propria appartenenza bonehead Puschiavo è
categorico quando
la giornalista gli domanda ironicamente se con la nuova investitura
politica
intenda farsi crescere i capelli: «Assolutamente no». La
saldatura del Veneto
Fronte Skinheads con il partito di Romagnoli si presenta perciò
come
espressione della reale volontà di rinnovamento della Fiamma
Tricolore e della
sua apertura verso questo movimento e le istanze che esso incarna; per
questo
motivo si tratta di una trasformazione molto pericolosa, beneficiando
la Fiamma
Tricolore di propri rappresentanti nel Parlamento italiano e in quello
europeo
e potendo costituire quindi per il Veneto Fronte Skinheads, come
già spiegato,
una pericolosa finestra aperta sulla politica istituzionale. Un
comunicato
pubblico dello stesso Puschiavo, diffuso in data 8 gennaio 2005 in
risposta
alla critiche ricevute dal Veneto Fronte Skinheads per la scelta
(reputata
“compromettente”) di affiancarsi ad una formazione partitica, fornisce
una
riprova di quanto appena affermato: «Il fatto “scandaloso”
è che per la prima
volta qualcuno, ha aperto la porta ad una realta' skinhead solida,
seria e
radicata, senza peraltro chiedere nulla e soprattutto senza imporre (o
solo
palesare) mire egemoniche e di controllo, secondo un rapporto chiaro e
rispettoso, basato sulla reciproca volontà di iniziare
un’attività politica con
una nuova mentalità e con una strategia mirante ad occuparsi di
quelle forti
tematiche di giustizia sociale che noi da sempre portiamo nel
cuore». In
effetti il ruolo rivestito da Puschiavo all’interno della segreteria
nazionale
della Fiamma Tricolore è tutt’altro che secondario. La
presentazione del
programma politico della Fiamma Tricolore per le elezioni del 2006,
avvenuta
nell’ufficio stampa della Camera dei Deputati del Parlamento italiano,
era
presieduta oltre che dal vice-segretario nazionale Roberto Bevilacqua,
anche da
Alfio Di Marco, Mario Coen Belinfanti e proprio Pietro Puschiavo, che
insieme
ad altri tre dirigenti della Fiamma Tricolore figura persino come
autore dello
stesso programma politico. L’iniziativa fu presieduta anche dal
deputato Antonio
Serena, che nell’occasione confermava il proprio sostegno alla
Fiamma
Tricolore fino alla fine della legislatura e che, quanto a prese di
posizione
pubbliche, incarna egregiamente la nuova linea del partito di
Romagnoli.
Serena, autore anche di alcune pubblicazioni revisioniste, nella
propria
carriera politica ha attraversato diverse formazioni della destra
italiana;
originariamente proveniente dal vecchio Movimento Sociale Italiano di
Giorgio
Almirante, compare in seguito tra i fondatori del movimento de “L’Uomo
Qualunque”, e confluirà con esso nella Liga Veneta, da cui
migrerà quindi nel
partito di Gianfranco Fini. Serena verrà quindi espulso dal
gruppo parlamentare
di Alleanza Nazionale nel novembre del 2003 per aver recapitato
provocatoriamente a tutti i deputati del Parlamento italiano il video
dell’autobiografia di Erich Priebke, l’ufficiale nazista delle SS
responsabile
del massacro delle “Fosse
Ardeatine” a Roma, la terribile rappresaglia in cui 335 civili, tra
cui 57
ebrei, vennero giustiziati con un colpo alla nuca e seppelliti in fosse
comuni,
in seguito ad un’azione dei Gruppi di Azione Partigiana dove persero la
vita 33
soldati (e altri 38 rimasero feriti) del battaglione nazista “Bozen”,
specializzato in azioni di rappresaglia. Il gruppo di partigiani dei
G.A.P.
attaccava la colonna nemica in via Rasella per rispondere a una serie
di
massacri perpetrati nei mesi precedenti dai soldati tedeschi nelle zone
intorno
alla capitale ai danni di persone innocenti, spesso donne, vecchi e
bambini. La
provocazione di Serena era tanto più grave perché
giungeva quattro giorni prima
della partenza del vicepresidente del Consiglio dei Ministri Gianfranco
Fini
per Israele, una svolta storica per Alleanza Nazionale, fortemente
contestata
dai settori più radicali della destra italiana. Già nel
luglio dello stesso
anno Serena era entrato nella polemica per la concessione della grazia
ad
Adriano Sofri proponendo un provvedimento di grazia anche per Priebke,
con la
motivazione che «concedere la grazia a Sofri e non a Priebke
rappresenterebbe
un’inaccettabile discriminazione nei confronti dei tedeschi».
D’altronde, la
questione delle “Fosse Ardeatine” è il cavallo di battaglia del
deputato del
partito di Romagnoli già da diverso tempo: il 14 ottobre del
1998, l’allora
presidente del Senato Nicola Mancino interrompe una interrogazione di
Serena
nella quale il deputato parlava, a proposito di via Rasella, di “vile
atto
terroristico” e di “innocenti uccisi barbaramente”. Il 22 luglio del
1997,
quando Priebke viene condannato in primo grado, dice: “c'è una
lobby ebraica
che sparge odio”, e all'inizio di novembre dello stesso anno il
senatore
dichiara che Erich Priebke è destinatario di “crudeli e inutili
comportamenti
che lo porteranno ad eliminazione fisica mediante condanna a morte per
carcerazione”. La battaglia di Serena in favore di Priebke costituisce
un
esempio particolarmente interessante di sinergia, trattandosi di una
campagna
condotta dall’allora deputato di Alleanza Nazionale all’interno del
Parlamento
italiano e condotta energicamente a Roma dai militanti del Movimento
Politico
di Maurizio Boccacci, attraverso azioni eclatanti e, in alcuni casi,
provocazioni molto gravi.
L’intramontabile Boccacci, il cognato di Morsello e altre storie
romane
Prima di approdare alla Fiamma Tricolore, Maurizio Boccacci ha alle
proprie
spalle una lunga carriera politica nelle fila della destra radicale,
anche
essa, come quella di Puschiavo, costellata da svariate vicissitudini
giudiziarie. Nonostante queste traversie, come si diceva inizialmente
comunque
superate sempre senza particolari intoppi, Boccacci conduce in modo
continuativo e indisturbato la propria attività fino ai giorni
nostri.
All’interno del network di Base Autonoma l’organizzazione da lui
capeggiata, il
Movimento Politico occuperà una posizione di particolare
rilevanza,
determinando la linea politica nel network. Infatti, mentre il Veneto
Fronte
Skinheads e la milanese Azione Skinheads si presentavano come
associazioni
culturali (costituendo concretamente le strutture di riferimento del
circuito
nazi-rock della propria regione e dedicandosi perciò in gran
parte
all’organizzazione di concerti), il Movimento Politico si presentava
come
un’organizzazione politica a tutti gli effetti. Anzi, la formazione di
Boccacci
costituì il primo tentativo di coniugare intorno a una sigla
un’organizzazione
politica di orientamento nazional-rivoluzionario, il Movimento Politico
Occidentale, con un progetto di tipo culturale, la “Divisione
Artistica” del
Fronte della Gioventù (la struttura giovanile del Movimento
Sociale Italiano),
nato alla fine degli anni ottanta con il proposito di creare
aggregazione
attraverso i codici della cultura “pop” ed in particolare la musica
rock, e
intorno al quale ruotava il circuito White Power Rock romano e nacque
la
storica band nazi-oi Intolleranza, la cui storia si intreccia
inestricabilmente
con la storia stessa di questa scena musicale a Roma. Tra gli
interpreti del
progetto politico troviamo anche Roberto Valachi, l’anima del primo
nucleo di
boneheads dei Colli Albani, confermando una volta di più
l’intuizione di
Boccacci che, cogliendo la trasformazione sociale in atto quegl’anni
nel mondo
della destra radicale, aggregava nel proprio gruppo politico coloro che
all’interno di questa trasformazione erano portatori di un fenomeno
culturale
nuovo: i boneheads. Il Movimento Politico, che diventò ben
presto la maggiore
organizzazione giovanile della destra radicale romana, presentava un
punto di
forza fondamentale: la capacità di nuotare con disinvoltura
nelle acque dello
spontaneismo xenofobo e dei “codici della strada”. Alla luce di
ciò è possibile
cogliere, con preoccupazione, le possibili motivazioni che hanno
determinato
l’ingresso di Boccacci nella segreteria nazionale della Fiamma
Tricolore in
qualità di responsabile dell’organizzazione; questo ruolo
è innanzitutto, come
nel caso di Puschiavo, per nulla secondario, e in secondo luogo
fortemente
strategico nelle gerarchie di un partito, il che rivela una volta di
più la
“nuova linea” della formazione di Romagnoli e l’intenzione di questa di
rivolgersi al movimento che Puschiavo e Boccacci in qualche modo
rappresentano.
Il dossier “Alla luce del sole”, pubblicato nella primavera del 2005 da
Bergamo
Antifa, permette di ricostruire l’esperienza politica di Maurizio
Boccacci dopo
la dissoluzione di Base Autonoma. Di seguito ne riportiamo un estratto.
«Dopo il 1993, non solo le organizzazioni che facevano parte del
network
continuano ad operare alla luce del sole, ma anche i suoi personaggi di
spicco
non abbandonano la scena. Così, mentre il Veneto Fronte Skinhead
conserva non
solo il nome ma anche il proprio tessuto organizzativo, sia Duilio Canu
che
Maurizio Boccacci saranno nuovamente al centro di una serie di fatti
eclatanti.
Per quanto riguarda Boccacci, l’ex leader di Movimento Politico si
è reso
protagonista di una serie di episodi di tutto rilievo: Il 16 aprile del
1994,
come già anticipato, guida un centinaio di boneheads all’assalto
del centro
sociale “Break Out” a Primavalle e, nello stesso anno, il 20 di
novembre,
partecipa agli scontri tra ultras e Polizia in occasione della partita
Brescia-Roma, quando viene accoltellato il vice questore Giovanni
Selmin.
Rispetto a quest’ultimo episodio è necessario sottolineare come
lo stadio
rappresenti per la destra radicale un bacino di utenza privilegiato e
come i
collegamenti di Boccacci, come di altri personaggi della destra
radicale, con
questo ambiente non siano episodici ma, come si spiegherà in
seguito, ben
strutturati. Il ritorno in scena vero e proprio ha luogo però
nel 1995, quando Boccacci
sarà impegnato nella campagna per la liberazione dell’ex
capitano SS Erich
Pribke; l’11 dicembre dello stesso anno viene infatti fermato, insieme
ad
alcuni ex militanti di Movimento Politico, durante l’affissione di
manifesti
che chiedono la libertà per il boia nazista responsabile
dell’eccidio delle
Fosse Ardeatine, per il quale, in occasione del processo nel 1996,
organizzerà
anche una manifestazione di solidarietà fuori dal tribunale di
Roma. Il
processo Pribke costituisce uno straordinario catalizzatore di energie
ed
un’occasione di mobilitazione permanente per i gruppuscoli intolleranti
della
destra radicale romana, rivelando il sostanziale fallimento della
“operazione
Runa”. Tra il 1996 e il 1997 a Roma, oltre a svariate aggressioni nei
confronti
di migranti, ha luogo uno stillicidio d’attentati e provocazioni. Ad
“aprire le
danze” è ancora l’organizzazione di Boccacci: il 16 gennaio 1996
viene
collocata una lapide commemorativa in via Rasella (teatro di una azione
partigiana nel corso della quale vennero uccisi 33 volontari
altoatesini delle
SS e alla quale seguì la violentissima rappresaglia nazista
delle Fosse
Ardeatine, in cui furono uccise 335 persone) accompagnata da una corona
ai
caduti fascisti e dalla successiva telefonata di rivendicazione:
«Movimento
Politico. Abbiamo messo una lapide in via Rasella». Carla
Capponi, bersaglio
delle provocazioni, minimizza: «Sono dei mentecatti, ci
mancherebbe. Ma
scrivetelo che sono stati ospiti di una sezione di Alleanza Nazionale,
scrivetelo». Alcuni mesi dopo tre individui si presentano a casa
dell’ex
deputata del Partito Comunista Italiano; al giardiniere, che li avverte
che la
signora non c’è, mostrano minacciosamente una pistola e
allontanandosi
velocemente avvertono: «Tanto prima o poi la dobbiamo
ammazzare». A
quest’episodio ne seguono altri:
_Nel gennaio 1996 viene saccheggiata e devastata la sede
dell’Associazione dei
familiari dei martiri caduti per la libertà della patria.
_A febbraio una bomba carta esplode all’ingresso della sede
dell’Associazione
partigiani e un ordigno disinnescato, accompagnato da volantini alla
memoria
delle SS tirolesi uccise dai partigiani, viene rinvenuto davanti agli
uffici
della Polizia giudiziaria di via Rasella.
_Nelle settimane seguenti si susseguono attentati contro alcune sedi
periferiche di partiti della sinistra (in quei mesi vengono colpite la
sede di
Torpignatara del Partito dei Democratici di Sinistra e ben 5 sedi di
Rifondazione Comunista) e contro quella del comitato di quartiere dell’
Alberone.
_Il 29 dicembre vengono profanate 13 tombe nel cimitero ebraico di
Prima Porta.
_Il 7 gennaio, per l’anniversario del massacro dell’Acca Larentia, in
un
migliaio sfilano in corteo in provincia di Roma; la manifestazione
è indetta
dal Movimento Sociale-Fiamma Tricolore e dall’associazione “Acca
Larentia”.
Quando un gruppo di un centinaio di manifestanti incappucciati si
stacca dal
corteo, muovendo verso la sede del Partito dei Democratici di Sinistra,
si
scatenano pesanti scontri con la Polizia, nei quali 4 poliziotti
rimangono
feriti e alcune camionette vengono date alle fiamme.
_Nel 1997, alla vigilia della visita dell’allora capo dello stato
Eugenio
Scalfaro, in occasione della ricorrenza della festa della Liberazione,
vengono
imbrattate le lapidi alla memoria dei martiri delle Fosse Ardeatine,
già
divelte la notte tra l’8 ed il 9 aprile del 1996.
Nel 1999 avranno quindi luogo nella capitale due attentati rivendicati
da un
sedicente “Movimento Antisionista” ricollegabili alla mobilitazione
antisemita
innescata dalla campagna per la liberazione di Pribke. Dei due
attentati sarà
incolpato l’ultras giallorosso di 23 anni Giuliano Castellino, legato
al
partito intollerante Forza Nuova, cognato di Morsello (come vedremo
ideatore
insieme a Fiore dello stesso partito) ed il cui nome ritornerà
in seguito
insieme a quello di Boccacci alla guida della nuova Base Autonoma. L’11
novembre una bomba esplode al museo della Liberazione di via Tasso e 5
giorni
dopo un ordigno viene collocato al cinema Nuovo Olimpia, dove è
in programma la
proiezione del film documentario sul processo al criminale nazista
Adolf
Heichmann. Per questo secondo attentato la Digos di Roma, che
indirizzò le
indagini verso l’ambiente degli ultras capitolini, denuncerà
come responsabile
proprio Castellino, inchiodato dalle riprese di una telecamera e da una
perizia
vocale da cui risultò che la sua voce era la stessa del
telefonista che aveva
rivendicato l’attentato. I legami di questo personaggio con Forza Nuova
rimarranno nell’ombra. […]»
Nel 2002 il nome di Base Autonoma fa la sua ricomparsa a Roma. Alla
guida della
nuova organizzazione troviamo l’intramontabile Boccacci e proprio
Giuliano
Castellino. Anche in questo caso un estratto del dossier “Alla luce del
sole”
riassume l’attività di questa organizzazione.
«Il 28 ottobre 2002, in occasione dell’ottantesimo anniversario
della marcia su
Roma, il nome di Base Autonoma fa la prima vera riapparizione pubblica
convocando una provocatoria sfilata a piazza Vittorio, nel cuore
multietnico
del quartiere Esquilino, per “liberare gli italiani prigionieri in
territorio
straniero” e per “riprendere le strade”. Una trentina di militanti di
Base
Autonoma il 14 dicembre dello stesso anno manifestano sotto il carcere
di
Regina Coeli ed un numero ancora più esiguo di loro assalta
tempo dopo un Mc
Donald’s per protestare contro la globalizzazione americana. Base
Autonoma ha
anche aderito al corteo di tutta la destra radicale romana,
nell’anniversario
della strage dell’Acca Larentia e, più di recente, i suoi
militanti hanno
tenuto una iniziativa a Genzano, con tanto di bastoni e disposizione
militare,
accompagnati peraltro da un consigliere comunale di Alleanza Nazionale.
Il nome
di Base Autonoma questa volta non rimanda ad un network nazionale,
bensì ad
un’organizzazione le cui dimensioni sono circoscritte alla provincia di
Roma. A
capo del gruppo intollerante, il cui insuccesso è dimostrato dai
numeri esigui
richiamati dalle iniziative fino ad ora messe in campo, troviamo
comunque dei
nomi non nuovi o, per meglio dire, sempre i soliti nomi: Maurizio
Boccacci e,
come accennato, Giuliano Castellino, quest’ultimo in più di una
occasione
pubblica presentatosi come responsabile politico della nuova Base
Autonoma».
Prima di intraprendere questo nuovo progetto, Boccacci è stato
per diversi anni
un dirigente del partito intollerante Forza Nuova,
per
il quale si è anche candidato sindaco il 13 giugno 1999 a
Frascati e al quale
la nuova Base Autonoma sembrava inizialmente (anche se non
ufficialmente)
collegata. Il capo e fondatore di Forza Nuova è l’ex leader di
Terza Posizione Roberto
Fiore, rifugiato
in Inghilterra sotto la protezione del Governo britannico per sfuggire
al
mandato di cattura spiccato nei suoi confronti per la strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.
Fiore,
durante la sua latitanza protetta, non è rimasto con le mani in
mano, dando
vita insieme al socio Massimo Morsello (anche egli latitante in
Inghilterra
poiché coinvolto nella strage alla stazione di Bologna e
fondatore di Forza
Nuova insieme a Fiore) alla holding “Meeting Point”, il cui patrimonio
ammonterebbe a una cifra superiore ai quindici milioni di euro e che
è presente
in Italia con la catena di agenzie di viaggio-studio “Easy London”, con
la quale
Forza Nuova finanzia la propria attività. Anche Castellino, per
altro legato da
vincolo parentale a Massimo Morsello (scomparso nel marzo del 2001),
è
transitato da Forza Nuova nella nuova Base Autonoma ed è
attualmente il
responsabile della federazione romana della Fiamma Tricolore, oltre a
figurare
tra i nomi di coloro che hanno partecipato alla realizzazione del
programma
politico per le elezioni del 2006 del partito di Romagnoli. Base
Autonoma, che
aveva sede nella sezione dell’Acca Larentia del Movimento Sociale,
è transitata
interamente all’interno della Fiamma Tricolore insieme ai suoi capi,
modificando il proprio nome in “Giovine Italia” e presentandosi come la
componente giovane, socialista e nazionale del partito di Romagnoli.
Giovine
Italia aderisce anche al coordinamento per il mutuo sociale dell’area
non conforme, che raccoglie le occupazioni di case della destra
radicale.
Possiamo fare per l’organizzazione di Boccacci e Castellino un discorso
analogo
a quello già affrontato rispetto al Veneto Fronte Skinheads di
Puschiavo,
potendo affermare che la Giovine Italia all’interno della Fiamma
Tricolore di
Roma influenza decisamente la linea del partito, innanzitutto per i
ruoli
rivestiti da suoi capi. E’ un segnale evidente di questa influenza la
stessa
manifestazione nazionale organizzata il 29 ottobre del 2005 a Roma (di
cui è
possibile scaricare un video
sul sito di new global vision), dal titolo evocativo “Marcia su
Roma”,
con evidente riferimento alla marcia sulla capitale delle camice nere,
con cui,
il 28 ottobre del 1922, il Partito Nazionale Fascista affermò la
presa del
potere e l’inizio della dittatura ventennale di Benito Mussolini. Dal
22
ottobre 2002 l’iniziativa per ricordare la marcia su Roma era stata
tenuta da
Base Autonoma, da quando Forza Nuova aveva rinunciato all’appuntamento
lasciando spazio all’organizzazione di Boccacci e Castellino. La Fiamma
Tricolore inglobando Base Autonoma fa proprio anche questo appuntamento
annuale, affermando la “nuova linea” del partito e presentandosi come
la prima
organizzazione della destra radicale romana. L’operazione non è
però circoscritta
solo alla capitale e si prefigura tutt’altro che indolore; il partito
di
Romagnoli svecchiandosi raccoglie i consensi di coloro che non avevano
accettato di buon grado la svolta elettoralistica di Forza Nuova, e in
questo
modo raccoglie la base militante a discapito della lista di Alessandra
Mussolini. L’avvicendamento tra il partito di Fiore e la Fiamma
Tricolore è
evidente. Forza Nuova, alla sua nascita, aveva di fatto raccolto
l’esperienza
movimentista del network di Base Autonoma, circostanza provata anche
dal fatto
che numerosi personaggi di spicco del network erano convogliati proprio
nel
partito di Fiore, esattamente come Boccacci. La trasformazione della
Fiamma
Tricolore segna un nuovo passaggio del testimone e il nuovo assetto
della
formazione di Romagnoli assume sempre di più le sembianze di un
inedito
“partito dei boneheads”. La pericolosità di personaggi politici
come Maurizio
Boccacci e Giuliano Castellino è riposta nella loro
capacità di parlare alla
strada e, anche se non sempre con efficacia, di coinvolgere lo
spontaneismo
razzista e nazistoide che da essa proviene. La forte presenza di cui
gode Base
Autonoma all’interno delle tifoserie ultras sia della Roma che della
Lazio
offre un’eloquente conferma di ciò ed è ancora il dossier
di Bergamo Antifa ha
fornirne uno spaccato fedele.
«Il fatto che Castellino provenga dall’ambiente ultras,
così come il
coinvolgimento di Boccacci negli scontri del 20 novembre 1994, sono
circostanze
tutt’altro che casuali ed il nome di Base Autonoma nelle tifoserie
delle due
squadre capitoline non è per nulla sconosciuto. Gli stessi
disordini avvenuti
durante la partita Brescia-Roma nel 1994, videro la partecipazione di
tifosi
appartenenti sia al gruppo romanista “Opposta Fazione” che a quello
laziale
degli “Irriducibili” (entrambi di non celata fede politica di destra),
fattore
che fa pensare ad una matrice politica dell’accaduto e al contempo
mette in
luce la convergenza di alcuni gruppi delle due diverse tifoserie
intorno a
questioni che di sportivo hanno gran poco. Dello stesso avviso
sarà la p.m. di
Brescia Paola De Martiis che, al processo per i fatti di Brescia,
contesterà ai
27 imputati (tra cui Boccacci), oltre a lesioni gravissime, porto e
detenzione
d’arma, resistenza aggravata e attentato alla pubblica sicurezza,
proprio il
reato d’apologia di fascismo. A conferma di quanto sostenuto, oltre a
Boccacci,
al quale sarà comminata una pena di 4 anni e 2 mesi, tra gli
imputati
figureranno vari nomi di militanti della destra radicale capitolina.
Legami e
contatti tra gruppi ultras ed organizzazioni della destra romana sono
comunque
ravvisabili da sempre nella curva nord laziale e già dai primi
anni ’90 anche
nella curva sud romanista. La cacciata dalla curva giallorossa del
gruppo
storico “Commando Ultrà”, avvenuta a metà anni ’90, viene
considerato infatti
lo spartiacque della colorazione politica della curva sud, dalla quale
comunque
già da qualche anno si assisteva ad un allontanamento dei
militanti della
sinistra antagonista che, forse poco inclini ad un certo modo di
intendere il
tifo e al giro d’affari che intorno ad esso cominciava a crescere,
lasciarono
agibilità ai militanti della destra radicale. In particolare,
per quanto
riguarda la curva nord laziale, sono noti i legami tra il gruppo degli
Irriducibili e Forza Nuova; nel 1996 Fiore, leader dell’allora neo nata
formazione intollerante, affida a Maurizio “Catena”, al tempo dei fatti
leader
degli Irriducibili, la gestione romana di Easy London, l’agenzia
turistica con
filiali in tutta Italia che assicura sostegno economico alle
attività di Forza
Nuova. L’egemonia degli Irriducibili sembra oggi messa in discussione
da un
gruppo di più recente formazione e con una forte connotazione
politica a
destra, “Banda Noantri”, all’interno della quale la nuova Base Autonoma
conta
per altro diversi militanti. Anche nella curva giallorossa troviamo un
gruppo
legato alla formazione intollerante capitolina, forse il più
politicizzato
della curva sud, che si rifà esplicitamente alla lezione
evoliana importata
alla stadio: “Tradizione-Distinzione”. Una riprova dei legami di questo
gruppo
con l’organizzazione di Boccacci e Castellino sarebbe fornita da un
episodio
avvenuto in occasione del derby del 27 ottobre 2002 allo stadio
Olimpico,
quando nel settore di Tradizione-Distinzione apparve uno striscione che
recitava “28.X.02 Marciare per non marcire”, con evidente riferimento
all’
iniziativa del giorno seguente, con cui il nome di Base Autonoma
avrebbe fatto
la propria ricomparsa ufficiale. A questo proposito sul sito della
Polizia di
Stato si può leggere: «L’infiltrazione di Base Autonoma
all’interno della due
curve ha contribuito a superare la storica rivalità tra le due
tifoserie, i cui
aderenti, oramai uniti dal medesimo orientamento politico, sono soliti
partecipare anche ad iniziative di piazza [...]».