NECESSITA’ DI UNA OPPOSIZIONE DI CLASSE AL GOVERNO DELL’UNIONE.
Abbiamo ancora negli occhi e nella mente la propaganda che i partiti
dell’Unione Prodiana hanno messo in campo nella passata tornata
elettorale quando hanno riversato sul governo Berlusconi l’intera
responsabilità della crescente diffusione della
precarietà del lavoro. A distanza di poco più di 100
giorni dall’insediamento del governo Prodi le misure legislative finora
approvate e quelle che si annunciano sono incardinate ad una linea di
condotta economica e sociale attenta, esclusivamente, al risanamento
dei conti dell’Azienda/Italia e all’adeguamento strutturale del
capitalismo tricolore alle nuove sfide della competizione globale
imperialistica.
La recente Legge Finanziaria, l’avvio dello scippo del TFR,
l’annunciata nuova manomissione al sistema pensionistico e
previdenziale sono tutti segnali indirizzati alla tranquillizzazione
dei mercati finanziari e delle loro istituzioni sovranazionali
assicurando, nel contempo, l’osservanza alle compatibilità
economiche sancite dalla vigenza dei trattati e dei patti
internazionali, in primis quelli dell’Unione Europea.
Certo il governo Prodi sta manifestando una capacità d’azione e
di gestione più articolata di quello precedente di Berlusconi.
Fin dal suo esordio, per meglio accreditare la propria immagine,
l’esecutivo dell’Unione ha prodotto un articolato mix di misure
propagandistiche e simboliche, come quelle contro la categoria dei
tassinari o la presunta nuova tassazione dei “ceti medi” con il
dichiarato scopo di accreditarsi, tra le fasce dei lavoratori, come un
“governo equo e/o amico”.
Infatti la Legge Finanziaria di Prodi si picca di affrontare, seppur
limitatamente, alcune questioni redistributive con la presunta
volontà di intaccare, almeno formalmente, le grandi rendite
parassitarie e la diffusione dell’evasione fiscale. Ma, se si osservano
bene i codicilli e gli articolati della Finanziaria e se, come
probabile, la discussione parlamentare accoglierà i numerosi
emendamenti presentati, sotto la spinta delle proteste che le varie
corporazioni professionali stanno esercitando in questi giorni, questa
Finanziaria sarà qualcosa di profondamente diversa da un
prodotto di una azione di qualche novello Robin Hood. Altro – quindi –
dalle fantasie sui ricchi che piangerebbero o le altre stupidaggini di
cui parla la miserevole propaganda del PRC.
Tale azione, naturalmente, si è intrecciata con la continuazione
della pluridecennale opera di smantellamento di ciò che residua
dello “stato sociale” e della vecchia rigidità del lavoro con
provvedimenti che faranno avvertire i loro rovinosi effetti nel medio
periodo ed attraverso il trasferimento di alcune gabelle alle
amministrazioni locali e regionali.
Questo intelligente metodo di governo di Prodi punta a prevenire, per
tempo, qualsiasi opposizione di carattere sindacale e politico alla sua
sinistra. Una capacità – questa di Prodi and company –
già testata, nelle scelte di politica internazionale di questa
estate, con il rinnovato interventismo bellico in Medio Oriente e
l’invio delle truppe italiane in Libano sotto la mistificante bandiera
dell’ONU.
Non sarà facile agglutinare un consistente ed autorevole
schieramento sociale caratterizzato da una politica di opposizione di
classe. L’illusione e le aspettative sulle misure del governo Prodi
stanno provocando una opacizzazione delle ragioni sociali e delle
mobilitazioni che negli anni scorsi avevano, positivamente,
caratterizzato la stagione politica.
E’ evidente che la sindrome del “governo amico” non è una
categoria astratta della politica ma è una tendenza materiale,
che agisce come fattore di depotenziamento e di depoliticizzazione di
tutte le istanze sociali. Persino il poderoso movimento che aveva
riempito le piazze “contro la guerra senza se e senza ma” ha abdicato
al suo ruolo rimanendo in silenzio nonostante l’incrudirsi delle
aggressioni imperialiste arrivando, anzi, con i pacifinti di
professione, al vergognoso sostegno alle scelte interventiste e
militariste dell’esecutivo: dal voto obbligato e blindato in appoggio
alla missione di guerra in Afghanistan al vergognoso “Forza ONU” di
questa estate fino al sostegno dell’invio delle truppe in Libano e la
esplicita complicità con Israele a fronte del quotidiano
massacro a cui è sottoposto il popolo palestinese.
Sul piano sociale i sindacati collaborazionisti CGIL-CISL-UIL
sostengono, nei fatti, le controriforme di questo governo e quando, a
volte, alzano la voce, lo fanno, esclusivamente, perché pressati
dai lavoratori. E’ il caso della FIOM la quale critica, sul piano
generale, la precarietà e poi stipula centinaia di accordi
peggiorativi delle condizioni di lavoro; è il caso della CGIL-
Funzione Pubblica la quale riparla di sciopero mentre sta per
abbattersi una vera e propria tempesta sulla intera categoria.
Inoltre, fino ad ora, continuano a funzionare i lager (i cosiddetti CPT
istituiti dalla Legge Turco-Napolitano) dove vengono rinchiusi i
migranti mentre vanno avanti, con maggiore determinazione, le politiche
di privatizzazione e di liberalizzazione in tutti i comparti.
In questo contesto la Manifestazione del 4 Novembre, anche se
organizzata intorno ad obiettivi sacrosanti, si limitata però ad
una contestazione dei provvedimenti di Berlusconi evitando di prendere
posizione sull’insieme delle politiche e dei singoli provvedimenti del
governo Prodi, rischia di caratterizzarsi solo come una mobilitazione
di “pressione” verso un governo ritenuto amico affinché rimedi
alle malefatte del precedente governo e corre il serio rischio di non
lasciare traccia ai fini di una ripresa generalizzata di un movimento
di lotta.
Non a caso, nel momento in cui la Confederazione COBAS ha criticato
esplicitamente il Ministro Damiano, si è scatenato un ignobile
linciaggio contro questo organismo con l’obiettivo non solo di
emarginare una forza sindacale non compatibilizzata, ma di mettere in
mora, anche preventivamente, ogni espressione critica futura verso
l’Unione.
Come interpretare altrimenti le grida scandalizzate nonché
servili de “il Manifesto”, le minacce da parte della segreteria della
CGIL verso qualsiasi dissenso interno, la fuga dei burocrati della
cosiddetta “Sinistra DS” e gli articoli preoccupati de
“l’Unità”, del “Corriere della Sera” e della “Repubblica”?
Evidentemente gli apprendisti stregoni che siedono a Palazzo Chigi non
hanno nessuna intenzione di rimuovere nemmeno i provvedimenti
più odiosi del governo Berlusconi mentre i loro
interlocutori di movimento vorrebbero irreggimentare anche
manifestazioni come quella del 4 Novembre che potrebbe catalizzare
oggettivamente, come è già accaduto lo scorso 6 Ottobre
alla manifestazione dei precari del Pubblico Impiego indetta
dall’RdB/CUB, il crescente malcontento e l’evidente disagio sociale che
si registra nei posti di lavoro e nelle città.
Noi ci auguriamo che durante la giornata romana del 4 Novembre
sarà visibile questa acuta contraddizione, prodotto delle
difficoltà oggettive di questo periodo, tra le posizioni e
l’attitudine della gran parte degli organizzatori e la variegata
domanda sociale presente nella piazza.
Questo governo, per rispondere adeguatamente alle attuali esigenze del
capitalismo tricolore, deve proseguire il suo operato ben oltre la
Finanziaria e si appresta a compiere scelte antipopolari di tipo
strategico recuperando anche alcuni ritardi strutturali ereditati dalle
incertezze mostrate da Berlusconi.
Tale, annunciata, linea di condotta non può consentire
l’esistenza ed il rafforzamento di una opposizione di classe, specie se
questa si manifesta nelle piazze ed attraverso la pratica del conflitto.
Assumono, quindi, crescente importanza tutte le manifestazioni e i
momenti di rottura che contribuiscono ad infrangere la pace sociale
favorendo l’attivizzazione, anche tendenziale, dei settori sociali,
oggi dispersi e frammentati dai colpi della crisi e delle
ristrutturazioni.
Quanti sono impegnati al rafforzamento dell’autonomia dei movimenti
devono essere consapevoli che i problemi più scottanti si
porranno a partire dal giorno dopo quando occorrerà prospettare
tempi, forme e modalità di uno scontro politico e sociale che,
per quanto ancora allo stato embrionale, è incompatibile con
questo governo e con la sua politica “interna” ed “esterna”.
INTANTO LAVORIAMO, IN OGNI LUOGO E NEI DIVERSI TERRITORI, PER IL
RAFFORZAMENTO DELLO SCIOPERO GENERALE NAZIONALE, PROCLAMATO
UNITARIAMENTE DA TUTTE LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI DI BASE, PER
IL PROSSIMO 17 NOVEMBRE.
I compagni di Red
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